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Irpinia paradigma politico

Post n°379 pubblicato il 13 Febbraio 2018 da carlopicone1960
 
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Non è passato di certo inosservato l’interesse del Corriere della Sera alle vicende politiche irpine in relazione al mutamento genetico che investe l’elettorato italiano, in vista delle prossime elezioni del 4 marzo. Avellino, capitale di una provincia che ha dato alla politica italiana tutta una serie di personalità di spicco, come i leggendari “magnifici sette” del potere democristiano, è stata elevata a paradigma dei fenomeni di cambiamento che stanno investendo il Mezzogiorno d’Italia, con l’inarrestabile affermazione del Movimento Cinque Stelle, che vede ormai nel Sud la propria roccaforte elettorale. Dopo essersi progressivamente sostituito alla Balena bianca, grazie anche ad un’efficace opera di rinforzamento delle proprie liste, coinvolgendo sempre più membri dell’intellettualità (professori universitari) e dell’imprenditoria, fino a poco tempo fa ostili ai programmi pentastellati. Ebbene, per suffragare la sua tesi, il più importante quotidiano italiano ha affidato alla penna di una delle sue firme più autorevoli, Antonio Polito, un lungo articolo intitolato “Qui, fronte del Sud la partita decisiva”. Un’intera pagina dedicata a quello che sta avvenendo nei collegi meridionali, incentrata sul “caso emblematico di Avellino in cui il M5S candida esponenti dell’establishment contrapposti al vecchio blocco di potere”. Significativa la scelta operata dal giornalista di far partire il suo reportage dal Circolo del Nuoto, club esclusivo dell’Avellino bene, “buona borghesia” economica e intellettuale, presente in città. Qui, la prima guida del reportage è “il nipote di uno storico sindaco democristiano” (probabilmente Marco Staglianò di Orticalab). Da lui l’abbrivio del discorso sviluppato dall’inappuntabile Polito: c’è anche qui, nella tranquilla e sonnolenta Avellino, una contrapposizione sempre più evidente tra “padri e figli”. I primi arroccati a “un antico sistema di potere”, a cui si sentono vincolati da legami di riconoscenza per quello che hanno ottenuto; i secondi che “non hanno più niente da perdere”. Ed il tema finisce presto di essere quello portante nell’“escursione” compiuta, da queste parti, dall’attuale direttore del Corriere del Mezzogiorno. “Da questo dibattito interno alle famiglie meridionali dipenderà l’esito delle elezioni, se cioè ci sarà una qualche maggioranza in Parlamento o i Cinquestelle riusciranno a prendere abbastanza seggi da impedirle tutte. La sorte della prossima legislatura si gioca sul fronte del Sud”. Ed il capoluogo irpino diviene il prototipo di questo voto meridionale, probabilmente decisivo per le elezioni del 4 marzo. Un Mezzogiorno profondamente cambiato rispetto al passato. Non sappiamo se inorgoglirci, nel leggere di una provincia dove il vecchio sistema di potere democristiano, nonostante la longevità di Ciriaco De Mita, s’appresta a subire uno tsunami a Cinquestelle. Proprio qui, nella terra di Francesco De Sanctis, il grande critico letterario oltre che primo ministro della Pubblica Istruzione dell’Italia unita, autore del celebre “Viaggio elettorale” (1876), “la ribellione si è fatta strada persino nelle famiglie della classe dirigente, in quella borghesia intellettuale che dall’Unità in poi ha garantito la fedeltà del Mezzogiorno”. Ma alla suggestione desanctisiana presto si affianca la descrizione di quelli che appaiono i protagonisti principiali del “nuovo che avanza”: i “grillini” antropologicamente modificati pronti a diventare ceto dirigente. A cominciare da Ugo Grassi, docente universitario, candidato al Senato nel collegio maggioritario, marito della nipote dell’influente banchiere ed economista Pellegrino Capaldo. Per passare poi all’altro candidato, l’imprenditore “neanche quarantenne” Michele Gubitosa, reduce da successi in serie, “un self made man”, fondatore del gruppo “HS soluzioni informatiche”, che, come ricorda Polito, “ha garantito il funzionamento dei sistemi informatici dell’intera Expo di Milano”, anche se sul riconoscimento di essere stato pure “presidente onorario dell’Avellino calcio” nutriamo qualche dubbio (di sicuro ne è stato il vicepresidente). Resta il fatto che ci troviamo, a detta dell’articolista, “in pieno establishment”. In linea con le esigenze del nuovo sistema elettorale, il Rosatellum, il M5S è corso ai ripari per colmare le lacune di notorietà dei loro militanti sul territorio, mettendo su liste di “canditati esterni di peso”. E Polito cita, a questo punto, il caso di Piero Mastroberardino, “uno dei nomi più noti del vino italiano nel mondo” (dimenticando il Taurasi, cita il Lacryma Christi e il Greco di Tufo), poi tiratosi fuori. Il giudizio comunque è oltremodo positivo. I pentastellati hanno concrete possibilità di conquistare il voto meridionale e quindi mettere fuori gioco sia la maggioranza di centrodestra che le larghe intese. Tutto grazie alla “conversione della borghesia meridionale”. Fenomeno discusso con un professore di filosofia dell’Università di Salerno (Francesco Saverio Festa?). Testimonianza emblematica di come i “grillini” riscuotano oggi consensi anche tra chi prima li osteggiava. I docenti universitari, appunto. Pronti a provare la nuova strada tracciata dal Movimento di Di Maio e Casaleggio. Sicché il quadro che emerge dall’analisi della campagna elettorale con punto di riferimento avellinese sul Corriere della Sera, è di un “Nord più prudente sull’avventura perché teme che le ricette economiche di Di Maio facciano disastri, il Sud garantito e/o dimenticato che invece è più disposto a rischiare”. Intanto, però, nel Mezzogiorno, “si avverte anche nei ceti intellettuali, nella burocrazia, tra gli insegnanti, un disagio politico che si fonde con un senso di rivalsa per la subalternità del Sud, e che potrebbe prendere la strada del M5S, tradendo così il vecchio blocco di potere”. Oltretutto, i partiti tradizionali, rammenta Polito, schierano in questa campagna elettorale il figlio di De Luca, il nipote di De Mita, la figlia di Cardinale e la moglie di Mastella. In una visibilmente ottusa ricerca di continuità. In conclusione, la pagina del Corriere della Sera si chiude con una valutazione molto vicina al vero. Nell’elettorato meridionale, sembra essere tramontata la competizione classica tra centrodestra e centrosinistra, mentre si “avverte la corsa elettorale come una gara Cinquestelle-sistema. Può darsi che scelga il secondo, come ha sempre fatto. Oppure no”. Che dire, il pizzico di orgoglio campanilistico per aver ispirato un intero foglio del giornale più diffuso sul piano nazionale, lascia spazio all’amaro in bocca per la constatazione che la “trasmutazione” del Movimento di Di Maio non lascia ben sperare per il futuro della nostra terra. L’amorfa e sonnolenta “borghesia intellettuale” avellinese, cresciuta, al pari del “ceto dirigente”, da decenni di assistenzialismo clientelare democristiano, potrebbe pure decidere di cambiare ma per un “salto nel vuoto” ed una scelta politica in favore di un Movimento su cui permangono ancora troppe ombre per essere affidabile. 

 
 
 
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