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Post n°515 pubblicato il 06 Luglio 2019 da carlopicone1960
 
Foto di carlopicone1960

Il calore asfissiante di questi giorni, per chi non può già godersi una vacanza, si sta rivelando un autentico supplizio. Una “croce”, difficile da sopportare in una città come Avellino. Dove, clamorosamente, negli anni, è stato permesso di costruire più del dovuto, cementificando quello che era un invidiabile patrimonio di verde pubblico. 

 

I successivi “abbellimenti”, apportati grazie ai finanziamenti della Comunità europea, hanno progressivamente ridotto, fin quasi ad azzerarle, le dimensioni dei cosiddetti “polmoni verdi”, che consentivano ai cittadini di respirare meglio per tutto l’anno, offrendo loro, d’estate, la frescura di spazi di aria condizionata naturale. 

Fino a dopo il terremoto dell’Ottanta, e in avanti fino alla stagione del sindaco Di Nunno e la sua utopia di “città giardino”, l’afa estiva veniva combattuta con successo nelle molteplici zone d’ombra che la natura, allora rigogliosa, regalava agli avellinesi, sotto alberi d’alto fusto o lungo refrigeranti viali di platani, non ancora mortalmente avvelenati. Ed il panorama, che cingeva e attraversava il capoluogo, era completamente diverso. Minori concessioni edilizie e pochi cantieri sospesi, con maggiori espansioni boschive e terreni coltivati. 

Più problematico, in questo deja vu ambientale, il rapporto avuto dalla popolazione e dai suoi amministratori con i fiumi ed i torrenti, essiccati o intombati, malgrado un tempo insistessero in maniera veemente sul territorio urbano e lo ricorderanno bene quanti, oggi più o meno settantenni, sono stati testimoni di devastanti alluvioni. 

Comunque, cercando di tenerci lontani dalle malinconie del passato, si può riconoscere che, negli ultimi venti anni, in una città già profondamente cambiata dai disastri del sisma e del post-terremoto, la nostra condizione sotto il profilo ecologico è rapidamente peggiorata. Fino a giungere all’attuale disinteresse generale nei confronti della natura, prodotta dalla mancanza di sensibilità ambientale e dall’inciviltà incontrollata. Con la parossistica incuria, associata ad approssimazione diffusa verso il verde, che la fa da padrona. 

La trascuratezza, spesso indotta da mancanza di risorse finanziarie, s’è infatti impossessata dei nostri amministratori, sebbene, nel tempo, siano state aperte, e poi chiuse quasi subito, aree di verde attrezzato prima sconosciute ai più. 

Basta contare quanti parchi pubblici siano stati restituiti alla comunità. Assieme a strutture recuperate e restaurate, ma solo dopo pochi anni abbandonate al degrado: un patrimonio immenso che potrebbe essere sfruttato al meglio dagli accaldati cittadini in questi giorni di temperature africane. 

Una volta, infatti, c’era la Villa comunale-orto botanico, le cui piante si estendevano fin dentro il giardino della Biblioteca provinciale. Parliamo al passato perché il loro stato attuale restituisce tutta un’altra cosa. 

Per passare di seguito alla spettacolare Villa Amendola, il cui assemblaggio di piante rare solo per qualche frangente è stato reso accessibile al pubblico; o ai giardini recintati del Teatro Carlo Gesualdo, mai di fatto fruiti dalla popolazione. 

Intanto che veniva stravolto completamente l’assetto del Corso Vittorio Emanuele, trasformato in isola pedonale priva però di vegetazione, perché tale non può essere considerata l’aggiunta di aiuole non curate e alberelli inscatolati. 

Che dire poi di quella che prima era la cartolina della città: Viale Platani. Qui, incuria e cancri colorati hanno più che decimato gli alti fusti che tanto erano utili d’estate ed esteticamente rilevanti. Ora i vuoti non colmati e le aiuole incolte fino alla Caserma Berardi restituiscono un’immagine avvilente a quanti entrano in città. Ci sarebbe, allora, Parco Santo Spirito o “Manganelli”, ma anche nei suoi confronti prevale una certa superficialità ed il continuo rimando rispetto ai problemi da risolvere e alla manutenzione del verde da curare costantemente e non solo in un determinate occasioni. 

 

Ed è proprio questo l’aspetto più triste, al momento. La città appare complessivamente sporca, nonostante la raccolta differenziata di IrpiniAmbiente che, per contratto, si occupa soltanto di ritirare la spazzatura e depositarla altrove. Coi rifiuti, incivilmente lasciati per strada al di là delle zone di deposizione, che possono restare lì pure in eterno. Questo vale anche per il verde urbano tenuto colpevolmente in stato di abbandono. Sono anni che il problema fondamentale è la mancanza di manutenzione da parte del Comune, motivata da carenze di personale da impiegare sul campo per risolvere le tante questioni aperte che fanno incazzare i cittadini che pagano tasse alquanto elevate per servizi pressoché inesistenti.       

 
 
 
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