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ULTIMA ORA, LA FOTO CHE ZITTISCE IL MONDO,IL TEMPO DELLA VERGOGNA, IL DECLINO DELL'EUROPA,

Post n°8390 pubblicato il 03 Settembre 2015 da psicologiaforense

Questa foto è un messaggio a tutto il mondo, che dovrebbe preoccuparsi di unire le forze affinché  tutto questo non accada più.... E' questa la foto diventata l'emblema della tragedia mondiale alimentata dalla spaventosa disuguaglianza economica e da un sistema che, attraverso le guerre e il conflitto, crea instabilità, incertezza ed insopportabili ingiustizie sociali....

NOI PIANGIAMO

Il Bild-Zeitung, il quotidiano più letto d'Europa, ha dedicato l'apertura del giornale a queste foto, e commenta: "Immagini come queste sono diventate di una quotidianità vergognosa. Non le sopportiamo più, ma noi le vogliamo, le dobbiamo mostrare, in quanto documentano il fallimento storico della nostra civiltà" (...) "Questa foto è un messaggio a tutto il mondo, che dovrebbe preoccuparsi di unire le forze, una volta per tutte, affinché nessun bambino più muoia durante la fuga. Poiché chi siamo noi, che valori abbiamo, se permettiamo che succeda ancora questo?" Il piccolo si chiamava  Ailan Kurdi aveva tre anni ed è morto insieme al fratello Galip durante la traversata dalla Turchia alla Grecia. La famiglia di Kobane, città simbolo della lotta contro l'Isis, era riuscita a fuggire dall'orrore della guerra e raggiungere la Turchia.

NOTA INTEGRATIVA

..... l’immagine di Aylan Shenu immobile sulla spiaggia, con la maglietta rossa e i pantaloni corti, sta rompendo il muro dell’indifferenza. Sta riuscendo a rimettere il tema dei profughi siriani in cima all’agenda europea, è riuscita nel miracolo di smuovere il premier inglese David Cameron, inflessibile fino a ieri di fronte all’ipotesi di una redistribuzione dei profughi.  «È come Sarajevo nel 1995», ha detto ieri sera il generale Martin Dempsey, capo di stato maggiore delle forze armate Usa, secondo cui la foto del bambino sta avendo lo stesso effetto delle immagini dell’attacco con i mortai alla piazza del mercato di Sarajevo dell’agosto del 1995, che spinse all’intervento della Nato. Perché per ognuno di noi valgono le persone non i numeri, perché dire «240mila morti» è come non dire nulla, le cifre sono astratte e difficili da immaginare, e allora una sola vita può fare la differenza (MARIO CALABRESI).

 
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