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Alcune foto sono del maestro Rafael Lobato

Post n°408 pubblicato il 05 Aprile 2014 da AngeloQuaranta

La corrida (in spagnolo corrida de toros, letteralmente corsa di tori) è un tipo di tauromachia di antica provenienza. Corse o lotte o cacce con tori o altri bovini si organizzavano già dagli antichi Greci, Etruschi e Romani[1] (un tipo di corrida definito giostra dei tori era popolare, per esempio, nello Stato pontificio e si svolgeva anche nel celebre sferisterio di Macerata, senza dimenticare poi la Caccia ai Tori in Campo San Polo a Venezia). Con la denominazione di corrida de toros è attualmente praticata in varie zone della Spagna e, con altre denominazioni e in maniera spesso diversa, anche in Portogallo, nel sud della Francia e in alcuni Paesi dell'America latina come Messico, Perù, Venezuela, Ecuador, Colombia, Costa Rica, Panamá e Bolivia.

Alcune foto sono del maestro Rafael Lobato i testi da Wikipedia

la vestizione 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non si può negare, come ha ricordato il Conseil constitutionnel, che la corrida è anche l’espressione di una tradizione. E non si può nemmeno scartare l’idea che la corrida riproduca la lotta ancestrale e arcaica dell’uomo contro l’animale o addirittura dell’uomo contro la sua parte animale.

La corrida evoca figure mitiche (dal Minotauro ai sacrifici religiosi dell’antichità) ed è stato spunto di creazioni culturali universali, sia dal punto di vista artistico sia letterario. Per questo non si può deciderne la cancellazione senza una riflessione approfondita. Soprattutto, la corrida pone la questione del filo sottile tra la condanna e il divieto.

In un certo senso, ci interroga sulla distinzione tra avversario e nemico, concetto che, malgrado l’insegnamento delle tragedie del novecento, continua a mancare in alcune famiglie politiche, anche a sinistra. Riconoscere agli aficionados il diritto di assistere alle corrida è anche accettare il pensiero e il gusto altrui, l’opinione dell’altro.

Non vuol dire assecondarlo, facilitarlo oppure considerarlo innocuo, in un relativismo esasperato. Ma nel limite della tutela della mia opinione e dell’espressione delle mie scelte e delle mie libertà (a cominciare da quella di non andare nelle arene), ogni visione del mondo altrui deve trovare spazio.

 

 
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