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Messaggi del 31/03/2015

La lezione dello sciacquone

Post n°1393 pubblicato il 31 Marzo 2015 da non.sono.io

Quando l’idraulico si è accorto che, nonostante la sua spiegazione, il mio sguardo è rimasto sintonizzato sul nulla cosmico, allora mi ha invitato a salire sulla scala. Prima di quel momento avevo sempre pensato che lo sciacquone fosse una cosa naturale come la pioggia, che l’acqua scendesse a tergere i miei residui organici con la stessa logica con la quale il vento erode le rocce plasmandole a suo piacimento. Lo sciacquone, per ognuno di noi, è una di quelle cose che iniziano ad esistere veramente solo quando non funzionano più, come certe relazioni, o quei parenti lontani che morendo ti fanno venire in mente che in un’epoca indefinita della tua vita hanno avuto a che fare con te.
L’idraulico si mette da parte e mi mostra cosa si cela all’interno dello scarico. E’ un marchingegno rudimentale in fondo, ma straordinariamente efficace. C’è un piccolo tubo che fa entrare l’acqua nella vaschetta di contenimento, come la chiama lui, e una specie di palla di plastica leggera attaccata con un braccio metallico a un pistone. L’acqua entrando sale spingendo in alto la palla che abbassa il pistone, e il gioco è fatto. L’igiene del ventunesimo secolo è assicurata da un semplice gioco di pesi specifici. Quando mi rendo conto che tutto questo processo poteva essere stato benissimo inventato nel medioevo, non ho resistito e ho chiesto all’idraulico quale fosse il motivo che ha fatto arrivare questo prodigio della tecnica così tardi nei nostri bagni. Il brav’uomo al principio mi ha guardato un po’ sbigottito. Credo di essere stato il primo nella sua lunga carriera ad avergli domandato una cosa del genere. Ma subito dopo ha sorriso sornione, come se stesse per rivelarmi uno dei segreti di Fatima. E in qualche modo, in effetti, l’ha fatto.
E’ sceso dalla scala dandosi due pacche sulle cosce come volesse togliersi della polvere inesistente. Poi ha iniziato a dirmi che il problema non è far scendere l’acqua per poi bloccarla al momento giusto perché non trasbordi fuori dallo scarico. Quello dei vasi comunicanti è una legge nota fin dall’antichità in fondo. Il vero problema di quel sistema è far sì che la merda, notoriamente più leggera dell’acqua, non torni indietro una volta che l’effetto cascata finisce. Sono rimasto sbalordito. Non ci avevo mai pensato, sul serio. Voglio dire: tutti i giorni uso quell’attrezzo, e mai una volta mi sono chiesto come fa la cacca a sparire dalla mia vista solamente spinta da un po’ di acqua che cade. L’idraulico nota il mio stupore, si sente orgoglioso di avermi stimolato la curiosità. Io attendo mi dia la soluzione a cotanto quesito esistenziale, ma lui traccheggia, si guarda intorno, e quando lo incito a proseguire, lui lascia cadere un “Sul serio le interessa?”, ma solo per farmi rispondere “Certo che sì!”. Così si abbassa, si mette in ginocchio sopra la tazza, apre la tavoletta e indica con un dito in basso, al di là di quel laghetto che giace in fondo ai cessi di tutto il mondo, al quale nessuno fa caso e che invece custodisce l’essenza stessa del genio umano. “Il segreto è il sifone”, annuncia dopo qualche secondo di silenzio. Il sifone non è altro che un tubo che nel suo dipanarsi si fa curva, quindi lo stronzo, spinto dalla forza propulsiva dell’acqua, è costretto ad avventurarsi oltre quel nodo in modo che non può più tornare indietro avvalendosi della sua leggerezza, ma solo proseguire verso il suo destino ineluttabile.
Rimango a bocca aperta.
E’ una trovata così elementare, che nella sua efficacia rasenta il miracolo.
M’immagino l’inventore dello sciacquone provare e riprovare a suon di secchi di merda la maniera per farla sparire, e la sua frustrazione nel non poter vincere la battaglia contro le leggi della fisica che gli impedivano di rendere perfetta la sua scoperta. Quasi lo vedo, arrovellarsi su una scrivania calcolando la grandezza dello scarico, l’altezza giusta alla quale ponere la vaschetta di contenimento, la massa d’acqua necessaria a spazzare per bene via tutto, e poi disperarsi nel vedere quel piccolo ammasso di cibo digerito tornare sempre al suo posto.
Fino a quando non gli è venuta in mente l’idea del sifone. E da quel giorno, bhé, da quel giorno è cambiato tutto, e non solo per lui ma per l’intera umanità! Ma ci pensi? Un tubo a forma di curva e le abitudini di un intero pianeta prendono una strada fino a quel momento sconosciuta. Nella stessa epoca in cui lo sciacquone ha fatto la sua comparsa in Italia, era già stato inventato l’aereo, la radio, la bomba atomica. Da lì a vent’anni saremo sbarcati sulla Luna, ma quando si trattava di cagare, tutti a tirar secchi nell’aia.
C’è voluta la scoperta del sifone per permetterci di fare un effettivo scatto in avanti in tema di qualità della vita. Ai voglia a polverizzare cittadine giapponesi.
Ed è stato in quel momento che il mio umore ha cambiato piega. L’entusiasmo inziale con cui avevo goduto di quell’invenzione solo perché io appartengo alla stessa specie di chi l’ha progettata, ha fatto la stessa fine della cacca, perdendosi nei meandri di un sifone. Si è fatto largo, quindi, un pensiero, un poco triste, al quale è seguita una domanda laconica, una di quelle che lascia intuire una risposta scontata ma indesiderata.
Cioè.
Ma se ci abbiamo messo duemila anni per riuscire a scacciare via uno stronzo dalla tazza, quando impiegheremo per inventare la maniera per essere tutti veramente felici?

 
 
 

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