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GIUSEPPE

Post n°356 pubblicato il 19 Marzo 2009 da atapo
 

 

 

 

 

 

GIUSEPPE, non SAN GIUSEPPE

 

In questa ricorrenza, poi diventata la consumistica festa del papa, ricordo mio padre, che si chiamava Giuseppe.

Festeggiavamo il suo onomastico, poi, con l'avvento della festa del papà, io e mio fratello gli offrivamo i nostri piccoli doni-bricolage, preparati a scuola.

Per me bambina era un padre bambino: amava i giochi, l'arte, il cinema, la lettura e mi trasmetteva le sue passioni. Il lavoro per lui era solo una dura incombenza per mantenere la famiglia, da svolgere il minimo indispensabile, nonostante lo facesse poi con scrupolo e precisione (era riparatore di orologi), con la pignoleria che metteva anche nel controllare che io dessi sempre il massimo nello studio e nel comportamento, che doveva essere da "brava signorina".

Ma io ero testarda e ribelle, quindi da domare con metodi "duri" che oggi sarebbero censurati...

Luci ed ombre dunque.

Però ricordo con dolcezza quando andavamo insieme a prendere il gelato da 20 lire tutta panna,

quando non perdevamo un solo film western, o di Totò o delle commedie all'italiana,

quando al mare facevamo bagni che non finivano più e lui si allontanava nuotando, io in ansia lo aspettavo dove si toccava, lo guardavo sempre più piccolo, poi finalmente ritornava, l'ansia mi spariva e gli battevo le mani...

Amava l'opera lirica e insieme davanti alla radio ascoltavamo le opere leggendo le parole sui libretti.  Ancora oggi, se sento la Marcia Trionfale dell'Aida, risento la sua voce:  "Ecco, ora ci sono i moretti che ballano, ora entrano gli elefanti..."  ed io fantasticavo...

Quello che era accaduto a lui e alla sua famiglia durante la seconda guerra mondiale non me l'ha mai raccontato (se lo chiedevo, era mia madre a farlo). Però lasciava in giro giornali e riviste di tutti i tipi, io ero avida di leggere e lessi di tutto,  cominciai così a sapere e a capire...

Per il pranzo rientrava a casa, poi tornava in negozio. Io e mio fratello lo aspettavamo alla finestra, per avvertire la mamma appena lo si intravedeva lungo la strada:

ma questo ricordo diventa subito di quel giorno quando fece un enorme ritardo, eravamo preoccupati, finchè lo vedemmo arrivare ...e fu peggio: camminava lentamente, aveva le mani fasciate.

Era stato investito da un'auto ed era andato al pronto soccorso. Pareva che i danni fossero solo quelle abrasioni alle mani, ma da quel giorno cominciò a stare male e in pochi mesi morì, a causa di un'ulcera perforata diagnosticata troppo tardi. Mia madre è convinta che in lui fosse venuta una terribile ansia di non poter più mantenere la famiglia, con le mani danneggiate...

E' quell'ansia continua del non riuscire, quell'inquietudine del cercare sempre qualcosa di più, di diverso, di migliore,...che ho scoperto, con gli anni e dai racconti di mia madre, di aver ereditato da lui, insieme ai capelli e agli occhi scuri e all'amore per la recitazione (anche lui era stato attore dilettante in gioventù).

Che eredità difficile mi hai lasciato papà! Siamo destinati ad essere soddisfatti così difficilmente...

Da anni non parlavo così tanto di te...forse perchè ora più spesso ne parla mia madre, convinta che fra poco ti raggiungerà...

In ogni caso, auguri, quest'anno, per la tua doppia festa!

 

 
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