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UNA SCUOLA PER SOGNARE

Post n°909 pubblicato il 17 Dicembre 2012 da atapo
 

 

PICCOLO SOGNO

 


 

L'avevo rivelato al mio regista, all'inizio dell'estate: lui, come già altre volte, mi aveva incitato anche se temeva che li lasciassi... Insomma, avrei voluto iscrivermi ad una VERA scuola di recitazione, di quelle collegate ai teatri cittadini: ce ne sono nella mia città, ma tutte distanti da casa mia, tutte in orario serale ed io non ho la patente...

Nella primavera scorsa infine ne avevo scoperta una a cinque minuti di autobus da me, in orario serale, le lezioni terminavano poco prima di mezzanotte...e mi era venuta un'idea: farmi venire a prendere da mio marito. Tanto lui non ha problemi a coricarsi tardissimo, con tutte le sue insonnie, e se in quelle sere avesse avuto impegni in parrocchia...sarebbero senz'altro finiti prima della mia uscita dal teatro!

Gli avevo chiesto se era disposto a prendersi l'impegno, era d'accordo. Poi c'è stata la lunga estate “nera” con mia suocera, poi al momento di decidere c'è stato il suo aggravamento, il non sapere quanto sarebbe durata la malattia, i viaggi improvvisi di mio marito a Bologna... avevo pensato di rinunciare o di rimandare ad un anno più tranquillo.

Mia suocera è morta giusto appena prima che scadessero i termini per assistere all'ultima lezione di prova e per fare l'iscrizione... così sono andata a questa lezione aperta, mi sono detta : “In fondo, perchè no? Tanto si rinnova l'iscrizione mese per mese, se vedo che non è il caso...”

E via!

Tutti i lunedì sera, dalle 20,30 alle 23,30 entro in un vero teatro cittadino, dove lavora una vera compagnia con un vero cartellone e...lavoro anch'io. E che lavoro! Tre ore molto impegnative: subito almeno un'ora di attività fisica, poi le improvvisazioni, i giochi teatrali di gruppo, la lettura scenica, le spiegazioni del nostro maestro che è un attore sulla quarantina, molto simpatico, ironico e pieno di energia, che ci stimola tanto, ci loda tanto, ma...non ce ne lascia passare una e critica (naturalmente in senso costruttivo) ogni minimo errore nelle nostre esibizioni. Però ci spiega molte cose in modo affascinante, trasmettendoci veramente la bellezza del salire sul palcoscenico.

Io ho tanto da imparare...e mi impegno, anche se sono in un periodo difficile, non mi sento affatto in forma. Quelle tre ore mi lasciano sempre alla fine delle belle soddisfazioni, ne esco contenta. Alcune attività le ripropongo, adattate, ai bambini del mio corso, vedo che funzionano anche con loro: è una specie di aggiornamento.

C'è dell'altro che mi rende questo corso non semplice: l'età dei partecipanti (siamo in 18). Io e un signore mio coetaneo siamo i più anziani, c'è una signora che avrà una decina di anni meno di me e gli altri sono tutti molto più giovani, tra i venti e i quaranta, lavoratori quasi tutti ancora precari, o studenti universitari. C'è poco da fare: sono diversi, la gioventù e tante cose simili nelle loro vite li accomuna, io non ho vissuto come loro, alla loro età passai quasi direttamente dalla protezione (e controllo) dei genitori alla vita da sposata e madre, allora funzionava così... I loro interessi, le loro esperienze, il modo di stare insieme, la loro fisicità di baci e abbracci, tutto ciò è molto distante da me...e anche il mio coetaneo mi confidava lo stesso modo di sentire e le stesse difficoltà: forse è proprio una questione storica. A volte mi pare di intuire in loro una certa timidezza e riserbo nei miei confronti, forse mi vedono mamma e nonna più che partner teatrale... e anch'io in certi momenti mi sento un po' fuori posto. O forse è solo perchè siamo all'inizio di questa esperienza che dovrebbe durare fino a giugno.

Una delle ragazze ha creato su Facebook un gruppo in cui ha iscritto chi di noi ha il profilo, per ora siamo circa la metà dei corsisti e stiamo cercando un nome alla nostra “compagnia”, forse sarà “Gli psicorigidi”, definizione lanciata dal maestro di fronte ad un nostro momento di lavoro non troppo brillante, che ci ha fatto ridere e ci ha dato la carica per l'esercizio successivo. In questo gruppo, in diversi mi hanno chiesto l'amicizia: mi piace pensare che forse non siamo poi così lontani.

 

 
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