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Suicidio dell'amore (capitolo 6)

Non ricordo più in quanti pochi secondi ho distrutto la mia “grande” storia d’amore, ricordo solo con un minimo di fastidio, stupore e dolore, la relativa indifferenza di Daniele. Sono bastati pochissimi insulti e qualche imprecazione per farlo uscire di scena senza approfondimenti e spiegazioni…quasi avrei preferito un vaffa---
Ma nessun rimpianto, del resto quella presa di palla al balzo non faceva che confermare la mia tesi, se non dell’amante, quanto meno della morte dell’amore. E poi la vita è talmente breve e ingrata! Non vale la pena farsi prendere dai rimpianti.(Questo è il modo in cui avrei desiderato prenderla). La realtà, invece, era che si chiudeva un’altra storia ed ero attanagliata dalla disperazione, oramai l’occasione della mia vita mi aveva abbandonata e credevo che le speranze fossero da prendersi e buttarsi nel cesso. D’altra parte era pure passato del tempo e qualche buchino di cellulite si era aggiunto alla collezione e mi vedevo comunque brutta, un mitile di proporzioni gigantesche, non mi piacevo a tal punto che se un uomo si fosse interessato a me l’avrei sicuramente screditato. La larva prendeva il sopravvento sulla farfalla, niente più cure, attenzioni, autostima, valorizzazione, solo vizi e autodemolizioni. Poi il tempo passava ed iniziavo a farmi schifo non solo fisicamente, ma anche moralmente, ero l’esempio lampante di come una donna non dovrebbe mai essere per abbordare almeno uno che respira. Il pigiama e i vestiti per uscire iniziavano a fondersi, la piastra per capelli si era persa insieme ai trucchi e l’estetista guardava il foglio dei funerali stupita di non trovare il mio nome. Da ciò come se non bastasse si iniziava a scatenare un turbine di sfiga che Mr. Bean avrebbe compianto. Perché viene spontaneo pensare “ok, sono un’emerita fallita in amore, sola, triste abbandonata, anche questo fidanzato non andava bene, sicuramente sbagliata sono io, ma anche se non lo fossi non ho speranze, posso solo guardare indietro per credere che l’amore è esistito, per il resto però deve andare tutto bene, perché non si può avere sfiga in tutti gli ambiti, quantomeno in quello lavorativo che per il principio della compensazione colmerà il vuoto del mio cuore. Sicuramente ora arriverà una gran bella notizia, una vacanza premio, una promozione o una vincita;  troverò l’amica del cuore, mi divertirò come una pazza…” MA QUANDO MAI???

???

Dalla depressione sentimentale deriva inevitabilmente quella morale, la gente inizia a detestare il tuo pessimismo, la tua logorazione, la tua noia. Gli amici passate le prime 3 telefonate d’obbligo ti evitano come la peste bubbonica e i colleghi non ne parliamo. Nasce una radicale sfiducia in sé stessi che si ripercuote sul lavoro, che inizia a non andare come dovrebbe e sempre di più e sempre di più fino ad arrivare al DISCORSO DEL CAPO, che ti vuole bene, che ti stima e ti comprende, pronto ad aiutarti se ne hai bisogno, ma che alla prossima cazzata ti manda a casa in direttissima e senza ricevuta di ritorno!!!

Così sono andate le cose, precise precise, compresa la mandata a casa da parte della grande “capa” Rita, oltre che “capa” direi vera amica, apprensiva e comprensiva. La sua più grande virtù però era il tatto, tanto che per non ferirmi troppo pensò bene di annunciarmi il mio licenziamento via sms:

“Carissima Genny, sono desolata a darti questo duro colpo in questo momento per te così difficile, ma la nostra azienda è costretta a tagliare “rami secchi”, non perché credo che tu non valga, ma perché siamo in difficoltà economiche. Quando vuoi ci vediamo nel mio ufficio per espletare la parte burocratica. Purtroppo è spettato a me l’ingrato compito. A dopo. Rita”

Il problema più grande era che non avevo voglia nemmeno di ubriacarmi. Ora si che non avevo più niente, niente di niente, solo una casa vuota colma di ricordi che invece di proteggermi mi imprigionava. Da una parte se non l’avessi avuta sarebbe stato pure meglio, almeno avrei eliminato l’unico fardello che mi teneva al mio posto. Il gatto non era certo un fardello, me lo sarei portato, fermo restando che se continuavo a lasciarlo digiuno mi avrebbe abbandonato lui!

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