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Non c'è bisogno dei DICO

Post n°8 pubblicato il 16 Maggio 2007 da ferdinandodaragondgl

A chiunque vi abbia partecipato, è apparso come assolutamente evidente il carattere di autentica festa popolare che ha contrassegnato il Family Day. È questa una delle non ultime ragioni per le quali la presenza, tra la gente, di politici di ambedue gli schieramenti è stata assolutamente irrilevante ai fini della caratterizzazione della giornata. Saggiamente gli organizzatori avevano preannunciato che la piazza sarebbe stata sì aperta a tutti - non poteva essere altrimenti -, ma che sul palco sarebbero saliti solo i promotori della giornata e coloro ai quali i promotori avrebbero deciso di dar voce, nella convinzione che quando si parla di famiglia non tutte le voci sono importanti allo stesso modo.
Quelle di coppie giovani e meno giovani, che si sono succedute sul palco e che hanno raccontato la loro esperienza di vita sono state voci doppiamente importanti: perché assolutamente autentiche (cosa ben rara in una società mediatizzata come la nostra) e perché non riconducibili a schematismi politici e ideologici. Anche per questo, per il suo aver voluto dare priorità al vissuto delle persone, rispetto alle ragioni (pur rispettabili) della politica, la manifestazione è stata un vero successo.
Quanto detto, non implica però che le ragioni della politica - della politica familiare -, portate dalla gente a Piazza San Giovanni solamente in modo indiretto, debbano continuare ad alimentare solo indirettamente il dibattito politico. Questo è ciò che in Italia è purtroppo sempre successo: malgrado le esplicite indicazioni costituzionali, che avrebbero dovuto vincolare il legislatore a operare fattivamente per promuovere e tutelare le comunità familiari, per decenni e decenni di famiglia in Italia si è parlato in astratto, riconoscendone meriti e bisogni, elaborando linee di politica sociale anche suggestive, ma senza arrivare mai a passare dal piano delle intenzioni a quello della fattualità concreta.
Ora basta. La manifestazione del 12 maggio - è stato giustame nte detto - è solo un punto di partenza. Gli italiani non vogliono né si accontentano più di un sistema che li tuteli come individui; vogliono essere riconosciuti nella loro realtà quotidiana di persone che vivono relazioni familiari e che vedono, in quel luogo di comunicazione totale che è la famiglia lo spazio per loro più autentico e prezioso. La famiglia va riconosciuta, tutelata e promossa non per tutelare chi ne fa parte, ma perché è essa stessa meritevole di tutela, come «società naturale fondata sul matrimonio». L' affermazione costituzionale è talmente limpida, che si resta davvero perplessi, quando la si vede minimizzata e distorta.
Questo non significa che le convivenze di fatto, le convivenze non familiari, non siano situazioni meritevoli di tutela giuridica. Nessuno è mai arrivato a dir tanto. Ciò che esse "non meritano" è di ottenere un riconoscimento pubblico, che le ponga come forme di esperienza alternativa a quella familiare (e come tali sono stati pensati e si sono presentati i Dico, qualunque possa essere l'opinione in merito dei loro fautori). Una volta che tale equivoco sia stato risolutamente eliminato, si potrà pur riaprire, senza alcun pregiudizio, una riflessione, che si spera possa essere alimentata dalla buona volontà di tutti, su come tutelare diritti individuali nascenti da particolari esperienze di vita.
Non c'è davvero bisogno dei Dico per riconoscere legalmente ad un malato il diritto di farsi assistere anche da un non familiare e di nominarlo eventualmente suo fiduciario. Né meritano di essere definite mere «sistematine al Codice civile» o addirittura «fregnacce» (secondo la pittoresca espressione che Anna Finocchiaro, evidentemente decisa a perdere la sua fama di donna garbata ed elegante, utilizza in una ruvida intervista a Repubblica del 15 maggio) le proposte di intervenire sul Codice civile, per introdurvi nuove ipotesi di vincoli contrattuali, finalizzate a tutelare interessi di soggetti socialmente deboli.
C i sono diverse possibili strade per un lavoro giuridico innovativo, condiviso e soprattutto rispettoso della specificità della famiglia: bisogna solo verificare la buona volontà di percorrerle da parte di tutti senza pregiudizi ideologici.

Francesco D'Agostino

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pierreevacances
pierreevacances il 17/05/07 alle 17:52 via WEB
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