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Omelia imbarazzante? No, giornalismo devastante

Post n°9 pubblicato il 18 Maggio 2007 da ferdinandodaragondgl
 

Come creare il mostro e darlo allegramente in pasto all'opinione pubblica. Quanto è capitato ieri al segretario della Cei, monsignor Giuseppe Betori, è degno di una lezione di giornalismo su come non si fa giornalismo eppure si fa, tanto resterai impunito. Allora. Da una parte abbiamo l'omelia tenuta da Betori nella Cattedrale di Gubbio l'altro ieri, festa del patrono sant'Ubaldo. Dall'altra le cronache e i commenti di certi giornali, molti dei quali si sono evidentemente ispirati ai "lanci" di alcune agenzie di stampa. E la sensazione è di enorme imbarazzo. Non per Betori, ma per i giornali. Difficile imbattersi in un simile cumulo di invenzioni, travisamenti e sintesi truffaldine. Prendiamo il Corriere della Sera. Titolo a pagina 12: «Il relativismo etico è il nuovo Barbarossa». Occhiello: «Bisogna ispirarsi a sant'Ubaldo che difese Gubbio dall'esercito imperiale». La Repubblica a pagina 10 conferma: «Giuseppe Betori ha riattualizzato l'assedio del Barbarossa contro la città». La Chiesa che si difende dallo Stato aggressore… Giochino goloso, peccato che Betori non nomini mai il Barbarossa, di cui il Corriere, in un eccesso di zelo, pubblica perfino ritratto e scheda. «Sant'Ubaldo - sono le vere parole di Betori - pose fine all'assedio delle città nemiche». La guerra in questione era tra Gubbio e una decine di città umbre. Quella della Chiesa contro lo Stato, di una Chiesa minacciata e assediata, è una totale invenzione. Ubaldo, ricorda Betori, difende non la Chiesa ma la città e la sua gente. Ma c'è di peggio e più sottile. Quali sono, attribuite a Betori, le nuove minacce portate alla convivenza civile da «nichilismo e relativismo»? I giornali ne citano cinque: l'eutanasia, l'aborto, l'embrione ridotto a materiale per sperimentazioni, la negazione della dualità sessuale e lo scardinamento della famiglia. Un abile taglia e cuci. L'elenco di Betori era infatti ben più lungo. Ecco che cosa i giornali hanno censurato: nichilismo e relativismo provocano «l'emarginazi one e la condanna dei più deboli e svantaggiati; coltivano sentimenti di arroganza e di violenza che fomentano le guerre e il terrorismo; delimitano gli spazi del riconoscimento dell'altro chiudendo all'accoglienza di chi è diverso per etnia, cultura e religione; negano possibilità di crescita per tutti mantenendo situazioni e strutture di ingiustizia sociale». Sembrano i temi storicamente più cari alla sinistra. Un colpo di forbice e via. Chiara Saraceno, sulla Stampa (pagina 41, titolo: «Monsignore, si dia una calmata»), è ancora più raffinata. Scambia le cause con gli effetti facendo fare a Betori la figura dell'ottuso fissato con il sesso, gli embrioni e l'eutanasia: «Sono loro - scrive la Saraceno - responsabili dei mali del mondo, non i dittatori politici ed economici (eccetera)». L'ultimo terzo dell'omelia è dedicato alle soluzioni: al «volto di Dio che è amore» (Deus caritas est, Benedetto XVI), alla «visione alta della carità», alla «meta della santità»: silenzio totale, è ovvio, altrimenti viene contraddetta la caricatura di un Betori tutto politico e ingerente. A quel punto si telefona ai politici notoriamente disponibili, gli si legge una riga di titolo d'agenzia e gli sciagurati commentano, a cominciare (e finire) dal verde Silvestri: Betori è come il mullah Omar. Sappiamo che ormai il danno è fatto. Che è vano pretendere dagli interessati di correggersi chiedendo scusa a Betori e ai lettori. Che l'Ordine dei giornalisti ha ben altro a cui pensare. Superfluo appellarsi alla deontologia professionale, al buon senso e alle buone maniere. La Saraceno parla di un'omelia «intimamente violenta oltre che intellettualmente rozza». Perché prima di massacrare così un vescovo, un prete, una persona, non ha avuto l'accortezza, la curiosità, la prudenza di informarsi e leggere per intero l'omelia? Chi è intellettualmente rozzo? Chi deve esercitare "autocontrollo"? Ecco perché siamo imbarazzati. Peggio: disgustati.

Umberto Folena

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