Creato da rteo1 il 25/10/2008
filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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Messaggi di Settembre 2014

IL PARLAMENTO OSTAGGIO DEI PARTITI

Post n°714 pubblicato il 30 Settembre 2014 da rteo1

IL PARLAMENTO OSTAGGIO DEI PARTITI

Una ricerca per un lavoro in corso mi ha consentito di leggere la riflessione, che di seguito riporto, di un noto Prof. ord. di diritto internazionale (G. BALLADORE PALLIERI), risalente a circa 50 anni addietro. E' stupefacente la sua attualità, perciò l'ho inserita come nota al testo (ancora inedito), ma la voglio divulgare in anteprima per far comprendere come in politica "non c'è mai nulla di nuovo sotto il sole", perchè "i politici cambiano il pelo ma non i vizi".

«Il periodo aureo del parlamentarismo è ormai tramontato da un pezzo, e l’importanza dell’organo legislativo è oggi senza paragone minore di quanto fosse un tempo. Non può dubitarsi che per un certo periodo, il parlamento fosse realmente l’organo che prendeva le grandi decisioni politiche e impartiva direttive e criteri informatori per tutta l’’attività dello Stato. Pari ai suoi poteri era anche il prestigio del parlamento. La scelta degli elettori cadeva, più che su programmi astratti, su individui; essi davano il loro voto a colui in cui avevano fiducia, nella cui capacità a trattare gli affari pubblici, nella cui onestà avevano stima. Il parlamento era realmente composto di tanti membri quanti erano coloro che vi appartenevano; ciascuno portava il contributo della sua esperienza e della sua competenza; le discussioni si svolgevano senza soverchi pregiudizi, avevano per scopo di mettere realmente in luce i vari aspetti del problema; i discorsi eran fatti per convincere; e al termine della discussione ciascuno votava secondo il suo convincimento personale in base ai dati e agli argomenti emersi dalla discussione. La situazione mutò radicalmente allorquando si rafforzarono i partiti politici, e allorquando gli elettori si preoccuparono assai meno delle qualità personali degli eligendi che delle idee politiche che professavano. Oggi gli elettori votano non degli uomini ma dei programmi, o come programmi fatti propri da un partito o, più raramente, quasi incarnati in un uomo che ha acquistato singolare autorità; e ciò che essi chiedono ai loro rappresentanti non è di risolvere secondo il loro criterio personale i problemi politici con cui avranno a che fare, ma chiedono ad essi la fedeltà e la conformità al partito o all’uomo di cui sono al seguito. Il carattere democratico si è in un certo senso accentuato, perché la volontà dell’elettore si è fatta più precisa: non manda semplicemente l’eletto in parlamento affinché ragioni con la sua testa, lo manda in primo luogo con l’incarico preciso di sostenere una data corrente politica. La disciplina dei partiti si è correlativamente fatta più rigida, e i membri delle camere si recano compatti alle sedute quando il loro partito così comanda, e se ne astengono quando il partito lo vieta, e votano in uno o in altro modo secondo gli ordini del partito. La discussione delle camere ha perso molto dell’antico significato: ciascuno vota secondo quanto era già deciso per l’innanzi in conformità alle direttive del partito.»

 
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EX PIAZZA (O PARCO) CASTELLO

Post n°713 pubblicato il 23 Settembre 2014 da rteo1

EX PIAZZA (O PARCO) CASTELLO 

Durante la guerra in Afghanistan molti telecronisti misero in evidenza, con grande stupore dei cittadini occidentali, che a confine con il territorio del Pakistan vi era un’area molto estesa dove lo Stato non esercitava alcuna sovranità. Era un’area avulsa dal contesto generale, su cui alcune tribù avevano un potere esclusivo e governavano sugli abitanti (per buona parte nomadi). Eppure non è un’eccezione, perché nel mondo esistono tante altre aree e zone grigie, ove lo Stato, ma anche gli altri enti territoriali e locali, appaiono del tutto assenti e così la natura selvaggia si riappropria dell’ambiente. E non è necessario recarsi tanto lontani dalle proprie città per poterlo constatare. Sono molti, infatti, i centri urbani delle città italiane (e non soltanto del sud, anche se prevalenti) ove si riscontrano aree in stato di totale abbandono e di degrado. Una di queste aree è sicuramente Piazza Castello (che ormai si dovrebbe dire ex Piazza castello, o Parco Castello) ad Avellino, che da circa due anni langue in una condizione di assoluto degrado, neppure se fosse la “foresta amazzonica” o un bosco in alta montagna, o un’area nelle periferie più lontane della città (ove gli amministratori si recano soltanto per raccogliere voti). Il cantiere è stato chiuso e abbandonato da oltre due anni e nel recinto stanno crescendo piante selvatiche, erbacce, arbusti vari, e molti cani randagi l’hanno scelto come dimora, in condivisione con grossi ratti e altre specie animali. Da ciò ne è derivata una precaria situazione igienico-sanitaria che mette in pericolo la salute pubblica dei residenti e di quei pochi “eroi” che ancora non hanno chiuso le attività commerciali. Eppure tale ex Piazza è nel “cuore del centro storico” e antistante l’ingresso del tanto celebrato Teatro comunale Gesualdo, che con le sue manifestazioni richiama spettatori anche da fuori città. Appare, pertanto, stupefacente l’assoluto silenzio da parte dei rappresentanti delle istituzioni, che pure trovano il tempo per le conferenze stampa in cui esaltare i notevoli successi degli abbonamenti (anche se non sono ancora consultabili in rete i dati relativi ai posti e ai palchetti gratuiti riservati alle cosiddette “autorità”). Viene, perciò, spontanea la domanda: come è possibile che gli amministratori locali non si rendano conto che non avere in agenda, quotidianamente, la soluzione del problema di tale (ex)Piazza e di dover urgentemente agire in ogni sede affinché sia restituita alla città (senza neppure trascurare  la necessità di portare sui banchi degli imputati e a giudizio dinanzi alla Corte dei conti quegli amministratori cui è imputabile la perdita dei finanziamenti) costituisce “un crimine” contro l’intera comunità e la sua storia ? Non vi è dubbio che le risorse sono ormai diventate insufficienti, e che l’Ente locale ha difficoltà di bilancio (per cui qualche taglio sarebbe anche opportuno), ma il recupero della (ex)Piazza castello non costituisce un’opera nuova ma soltanto la restituzione alla città di uno spiazzo antico che circonda anche lo storico castello dei Caracciolo, che peraltro è stato oggetto di restauro, oltre che di polemiche per le soluzioni architettoniche adottate. In questi giorni i mezzi d’informazione stanno rendendo noto che si è riaperta la discussione su come ristrutturare l’altra Piazza, della Libertà, e di operare alcune modifiche sul Corso cittadino (che qualche amministratore disturbato tempo addietro definì “il salotto buono”, dimostrando di avere un’idea elitaria della città). L’occasione, perciò, potrebbe essere utile anche per portare nel dibattito Piazza Castello. Intanto una soluzione, con minimi effetti economici, potrebbe già essere presa dagli amministratori, cambiando la destinazione della (ex)Piazza in Parco Castello, in orto botanico o villa comunale.

 
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CAMBIARE VERSO ?

Post n°711 pubblicato il 04 Settembre 2014 da rteo1

CAMBIARE VERSO ?

"Chi fa da sè fa per tre". E’ un detto antico, che a volte è servito, quando si avevano scarsi collaboratori, oppure intorno dei fannulloni. Renzi, a quanto si dice, vi fa spesso ricorso, e non si capisce se per le due ragioni innanzi dette, o perché è la sua indole a spingerlo verso il “decisionismo solitario”. Sicuramente questo suo modo di agire smuove un po’ le acqua, ma la domanda è: i risultati ci sono ? e, poi, c’è anche da chiedersi: le sue iniziative vanno nella direzione giusta ?  Bisogna, allora, stare ai fatti: finora ha smosso  “mare e monti”, ma a quanto pare c’è stato poco “costrutto”. Il debito è ulteriormente aumentato, i consumi sono calati, l’economia ristagna, c’è la deflazione, mentre la disoccupazione aumenta  soprattutto quella giovanile (l’unica crescita, purtroppo). E gli 80 euro nella busta paga degli 11 milioni di dipendenti pubblici ? Anche questi, a quanto pare, non hanno avuto gli effetti preventivati (e sperati), a parte i voti. E la riforma costituzionale ? Chi ha avuto modo di leggere sia la bozza del governo, sia il testo deliberato dal Senato (e ora all’esame della Camera), a parte tutti i contrasti avvenuti sia in Commissione (sono stati sostituiti i dissidenti, come Mineo), sia in Assemblea, si rende conto che “la montagna ha partorito un topolino”. La prima “sconfitta” si coglie già dalla rubrica del testo, che aveva lo scopo di riformare il Senato, denominato dal Governo “Senato delle Autonomie”, mentre è stato modificato e approvato con la denominazione “Senato della Repubblica” (ripristinando, cioè, l’attuale denominazione, e confermando che ai proclami non seguono i fatti). Si aggiungono, poi, altre modifiche che violano il principio della sovranità popolare, come ad es. l’elezione dei senatori da parte dei Consigli regionali e la loro rappresentanza “delle istituzioni territoriali” che non hanno nulla a che fare con la collocazione nell’ambito del Parlamento, come organo di questo. Si tralascia, altresì, il problema dell’immunità, che non trova alcun fondamento, visto che i nuovi senatori non rappresenteranno la nazione, come invece i Deputati, e, per queste stesse ragioni, è incoerente la nomina dei Senatori  a vita e di diritto (ex Presidenti della repubblica). Ora circola la notizia dell’ingresso nella scuola (Pubblica amministrazione) di circa 150.000 “precari”, che se da una parte può far piacere, da un’altra pone delle perplessità, visto che gli altri contratti stanno diventando sempre di più flessibili, e per tutti gli altri precari resteranno “chiuse le porte” (creando precari di serie A e di serie B). Ma non basta! Si pensa di reintrodurre il taglio lineare del 3% sui bilanci dei ministeri, ossia la spesa pubblica. Si dice che su 800 mld (a circa tanto ammonta la spesa pubblica) si possono recuperare 20 miliardi di risorse. Bisogna riconoscere che questo calcolo ha un fondamento di verità, al di là della condivisione o meno dei tagli lineari (sono certamente più sensati i tagli selettivi). A quanto pare il capo del Governo, che pure è “un fiume in piena”, ricco di risorse ed energie, non ha ben chiaro un problema: il centro del sistema Italia da tempo, ormai, non è più occupato dalle attività produttive, bensì dagli organismi  politici, amministrativi, burocratici, istituzionali, che succhiano non solo tutte le risorse prodotte ma spesso per soddisfare la loro voracità si è perfino costretti a ricorrere al prestito (aggiungere debiti sul debito). Tutto l’antico mondo contadino sapeva bene che non era possibile “foraggiare” un numero di aninali (nel nostro caso, persone) superiore alle risorse prodotte. Invece lo Stato italiano lo ha fatto. E il problema non sono i mille euro al mese, che hanno certamente avuto un effetto di coesione sociale, alleviando la disoccupazione, ma gli stipendi, i vitalizi e le indennità stratosferici elargiti a piene mani. Oggi, infatti, esiste una pletora di “servitori”, ossia di funzionari e dirigenti, che percepiscono trattamenti economici complessivi da far vergognare qualsiasi persona onesta. E’ questo il vero problema. E coloro che avevano il compito di produrre ricchezza non accettano più di essere “spremuti” da un sistema parassitario che ha messo al centro la politica, la burocrazia, i certificati. L’unica via per salvare il Paese, perciò, è “cambiare verso”, ma il governo ce la farà ?   

 
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