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« suor carolinaCome una bambina »

a mamma

Post n°40 pubblicato il 04 Marzo 2014 da dolente2005

I genitori muoiono lentamente, ma quando muoiono definitivamente si avverte il peso tutto insieme. Quando è morto papà, era rimasta mamma a darci conforto, come sempre. Ora anche mamma ha accettato la fine del suo pellegrinaggio e se ne è andata: siamo soli, ma con la memoria e l’eredità del loro amore.  Siamo soli con i loro insegnamenti e non è poco.

Sarà capitato anche a voi di averla ancora come un riferimento importante, per darle una notizia, per dire che siamo arrivati o che ci allontaniamo per qualche periodo più o meno lungo, per chiederle una conferma per una ricetta o per un ricordo o per entrambi.

Mamma porta con sé una storia ricca di meriti. Ha saputo sorreggere  tutti noi figli, in tanti anni della nostra storia e questo non sarà facile dimenticare. Per noi si è inventata una forza che non le era naturale, fragile di suo, con una storia personale che l'aveva resa ancora più debole. Quando s'accorse che tutto attorno spiravano venti minacciosi ci ha protetti col suo fiato e con le sue risate, dopo che i pianti erano consegnati ai vari santi di cui era devota e che ci ha trasmessi col latte e con il pane e l'olio. Mamma pensava al nostro quotidiano con  una psicologia meravigliosa: quando le nubi diventavano più nere aveva una sorpresa preparata. Era pronta a preparla per noi figli, ma noi eravamo pronti a trasformarci in terapia proprio per lei.

Mamma è stata la nostra guida eroica: ansiosa e fragile ha dovuto fare la forte e sicura, povera e senza cultura ha voluto che studiassimo, con una generosità che gli anni mi hanno insegnato quanto sia stata miracolosa e aveva bisogno di tutto. Mamma è stata la nostra maestra assoluta, a lei dobbiamo il senso del dovere e della misura, il senso della nostra prudenza, che ancora si serve delle sue parole…tutto ci vuole.. Anche della nostra fede è stata maestra, insegnandoci le cose di Dio nel modo più naturale  immaginabile.

Ho detto povera e non lo avresti detto, tanto era previdente nella gestione della sua vita e con la voglia di fare sempre bella figura e non le mancava mai una sorpresa per un’ultima spesa, magari non preventivata o forse preventivata in un’altra entità.

Ho detto senza cultura, ma dovrei dire senza troppa istruzione, perché fino all’ultimo ha cercato di coltivarsi. Ti sorprendeva fino a tarda età con una domanda sulla grammatica o sulla coniugazione di un verbo che voleva dire correttamente. Ci teneva a parlare bene e senza leggere don Milani aveva capito che usare bene la lingua ti protegge da tante prepotenze. Mamma a Barbiana avrebbe potuto benissimo tenere una lezione…

E’ stata la guida della famiglia, che ha reso “nostra” ogni cosa che poteva essere solo di ciascuno di noi, e ancora adesso, ma credo che questo capiti anche a voi, ogni volta che ho un piccolo dono, fosse pure  un boccone goloso, non lo penso mai mio e mi sembra che se non lo condivido ho rubato qualcosa a qualcuno: è come dire che la gioia non possa mai essere piena se non condivisa.

Mamma è stata maestra anche nella morte. Nel cammino della sua fine terrena, mamma ha dichiarato la sua ultima decisione, la sua scelta di autonomia, la sua voglia di non dipendere, di essere la donna capace che è sempre stata. Lentamente, ma senza troppi indugi, perché in una settimana è andata spegnendosi, una settimana per riconoscere che era giunta la sua ora.

Ora ci tocca onorarla solo nel ricordo. E’ tornata creatura della Terra, muta, come non sapeva fare. Ora ha raggiunto i suoi cari, ora appartiene a pieno titolo al mondo della verità che ha sempre invocato e che è stato la sua compagnia più costante. Ci ha molto amato, ma ha sempre avuto uno sguardo all’altra vita, dove era nascosto il padre che ha tanto cercato. Ora attende…paziente, immobile,nel sonno dell’ultima ora senza la solita risata. La ricordiamo tutti la sua risata sonora, che in certe giornate della nostra vita era il tesoro più prezioso, la nota più vitale della nostra vita; tanto vitale che quando  la sentivi arrivava la certezza che quella era buona giornata e la vita non ti avrebbe deluso; bastava la sua risata come la garanzia evidente della tua speranza più segreta. Se rideva lei, ridevano i nostri occhi, ma più ancora il nostro cuore. La sua risata arrivava come una buona notizia, per questo fin da bambini siamo stati grandi semiologi. Abbiamo specializzato l’attenzione a piccoli segni, abbiamo affinato la capacità di indagare i sapori delle circostanze ed era difficile sbagliare, abbiamo imparato il valore delle note e delle pause come provetti musicisti. Silenzio e risata. Silenzio come registro di riflessione mesta e voce allegra fino alla risata per dire, “Signore ti ringrazio” e con la solita prudenza sembrava aggiungere subito dopo “Signore mai peggio”.

Ora so che non potevo che essere psichiatra con una maestra così, perché sono stato abituato a dare attenzione a tanti segnali. Quando  l’animo tendeva a mortificare la speranza, era mamma, lo sapete, che con niente sapeva tirarci su lo spirito, come neanche la migliore terapia riesce a fare. Papà non aveva la voce allegra di mamma, e sapeva di avere meno potere sulle nostre anime, che avevano sempre lo sguardo volto a cogliere ogni parola buona che usciva dal labbro materno. Papà aveva intelligenza piena, ma non sempre era una intelligenza a noi vicina. Perciò la sua partecipazione metteva un sigillo di bene  ufficiale  e sembrava solenne ogni particolare, anche il più  insignificante. Ma mamma era la nostra garanzia, il fuoco dove ogni sosta trovava conforto, il riferimento che rendeva sicura la nostra anima e a lei la consegnavamo nella convinzione che con lei nessun male poteva colpirci.

L’ignoranza non la vedeva rassegnata, anzi la  rendeva più indomita, perché per paura di essere trascurata diventava più guardinga e tendeva a proteggerci, ma non ci escludeva al mondo. Ricordo la mia esperienza scout: non era tranquilla quando ci allontanavamo da lei, ma non si è mai opposta significativamente alla nostra voglia di esplorare la vita in autonomia. Capiva d’istinto, senza averlo studiato, che misurarci con il mondo significava crescere. Accontentava i suoi pregiudizi con qualche battuta, che puntualmente noi figli mettevamo in ridicolo e lei lo accettava, con un’intima soddisfazione, come a ricordare a se stessa che noi eravamo bravi e che lei ne aveva un po’ il merito e si realizzava tramite noi, che eravamo le sue propaggini, i semi con cui assicurava alla vita la sua collaborazione.

Ora possiamo continuare a dialogare con mamma, con i sensi della fede, come ci ha sempre insegnato, indicandoci un Dio sempre pronto a farci compagnia. Con la preghiera  si sentiva più tranquilla, calmava la sua ansia di madre, con la convinzione di darci l’eredità più preziosa. E lei sa che non siamo tutti uguali nel manifestare le nostre idee e le nostre convinzioni e che ci sono silenzi meravigliosi, proprio come nel gioco delle pause e delle note in cui era maestra.

Un bacio, mamma, con la voglia di vedere il tuo bel sorriso. Raffaele  

 
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