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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Sara

 

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Vecchio Paz

Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

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Diario di una gravida

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Globuli bianchi

Post n°711 pubblicato il 26 Novembre 2010 da delilah79

Ammettiamolo: avere la febbre a trent'anni non è come averla a sette.
I tre, quattro giorni di febbre dell'infanzia avevano un unico momento terribile: quello dell'antibiotico Bactrim con il suo odiosissimo cucchiaino di plastica, odore e sapore terribile; o il momento serale dell'iniezione (non tanto per la puntura in sé, quanto per il terrore genitoriale di un mio incauto movimento, cosa che comportava, come illogica conseguenza, uno schiacciamento del mio cranio sul cuscino, con alto rischio di soffocamento. Qualcuno si rammaricherà della sopravvivenza!). Per il resto, l'influenza era una bambagia di coccole, regalini, zigulì e yogurt di ogni gusto desiderato. La madre soavemente disponibile come non l'avresti mai più rivista, il padre che non rientrava senza un ovetto Kinder...
La mattina, quasi mai in solitudine, era allietata dalla presenza della baby sitter/colf, così amorevole verso la povera bimba dalla febbre alta, da divenire un utile surrogato materno, cui si potevano chiedere attenzioni e vizi che la madre - anche con la genitura ammalata - non avrebbe mai concesso. L'educazione non guarda in faccia a nessun grado Celsius!
Quando poi la buona baby sitter (com'è che si chiamava? Ah, sì, Graziella!) non poteva venire a sollazzare la povera piccola febbricitante, scattava l'operazione cartoni animati e telefilm, finché la febbre ne consentiva la visione. Super Vicky aveva la meglio, ma anche Mac Gyver e Supercar; tra i cartoni animati furoreggiava Candy ed Anna dai capelli Rossi. Stanca da cotanta fatica mediatica, appariva, puntuale e legittima, la lunga sosta di riposo. Al risveglio, bim bum bam.
Pranzo e cena - su ordinazione specifica della malata - rigorosamente serviti a letto. Prima e dopo lavatura attenta della persona e del luogo.
La scuola? In fondo, non appariva così importante perdere pochi giorni. L'amichetta di turno chiamava per aggiornare sui compiti da fare e le insegnanti, consapevoli della valentìa della ammorbata e dello stacanovismo precoce, non si facevano certo problemi per pochi giorni di assenza.
Si rientrava in forma mal volentieri, riposata e satolla. La vita era uno sporco lavoro che tornava a bussare alla porta e qualcuno doveva pur farlo. Zaino di Poochie in spalla e via verso l'istituto.

La febbre dell'età moderna è il peggiore dei mali poiché risulta invisibile agli occhi di chi ti sfrutta.
Cammini muro muro per non perdere l'equilibrio tra i corridoi della facoltà. Senti che la tua pressione è pari a quella di un cadavere in avanzata decomposizione. Arrivi alla porta della Capo e dopo che, attenta, hai ritirato la lista delle tue mansioni segretariali del giorno (un giorno ormai inoltrato che ti ha visto terminare tre altre liste analoghe), flebile accenni: "Credo di avere la febbre". La Capo afferma con slancio amorevole quanto quello di una tartaruga prima di abbandonare il suo uovo: "Posso sentirti la guancia?", "Certo."; "NO HAI NULLA!". Bella figura di svogliata, pensi, mentre giureresti che i sudori freddi e dolori alle ossa non siano esattamente segno di salute fisica. Mah...
Quando alle 19 rientri a casa, dopo solo 11 ore di accompagnamento baronale senza pausa, la prima cosa che fai è misurare la febbre: 39. Mortacci alla Capo!
Molti sono i momenti terribili quando hai l'influenza e non hai più sette anni.
L'antibiotico ed il suo odioso cucchiaino sono sostituiti da pillole da 700 mg che arrivano a misurare quanto una tua falangina + falangetta, che devi ingurgitare (perché ormai sei grande) evitando di ficcartele nelle vie respiratorie. La sera, poi (dulcis in fundo) il varco tra te ed il riposo delle membra stanche è amabilmente occupato dalla Tachipirina, supposta, non vorrai mica intossicare il fegato?
I giorni a tua disposizione per sollazzarti nella malattia sono: 0. La precarietà del tuo (non) lavoro da schiava non solo non comporta riconoscimento alcuno di malattie, ma, in peggio, la tua Capo non tollera che i suoi valvassini manchino all'appello, per cui le assenze sono a tuo rischio e pericolo.
Nonostante ciò, sprezzante - giocoforza - della minaccia, decidi che seguirai il corso del Signor Celsius, così benevolo nella tua infanzia ormai lontana. La febbre persiste. La tua giornata è una bambagia infeltrita. Dall'ufficio ti tempestano di telefonate con mansioni che comunque devi ottemperare. Pranzo e cena sono rigorosamente fai da te , in piedi, in cucina; visto poi che non puoi uscire per la spesa, saranno a base di salutari yogurt che nemmeno vuoi domandarti quando hai comprato e centrifugati di frutta frullata al solo scopo di non notare le innumerevoli ammaccature da maturazione vicina alla seccatura.
La madre, quando chiama, lo fa solo per ricordarti quanto sei minchia, perché, nell'ordine: lavori troppo; non mangi bene; ed esci subito dopo la doccia. Insomma, rimani sempre e comunque una figlia degenere.
Quando nella disperazione totale accendi la tv, puoi affogare le tue fibrillazioni deliranti in divertenti resoconti sul caso Scazzi e, se proprio l'argomento non dovesse interessarti (come mai?), di sicuro su La7 ci sarà un film su Giordano Bruno arso vivo.

Non ti azzardare a non andare al lavoro neanche domani, altrimenti stai pur certa che non avrai bisogno dell'approvazione (martedì) del DDL Gelmini affinché ti sbattano fuori. Puoi ritenerti libera già dalle prime ore dell'alba.

P.S.: Dovesse venirti nostalgia del tempo che fu e dell'ovetto Kinder amorevolmente donato da tuo padre, hai due possibilità: 1) pensare che è sempre un accumulo di grassi che ti si posizioneranno sul deretano e che comporteranno sensi di colpa e scalini in aggiunta. 2) Fermarti al primo tabacchino sulla strada verso la facoltà e comprartene uno, scartarlo in macchina, regalandoti uno spazio di pochi minuti in cui potrai signorilmente mandare a quel paese il mondo intero.

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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