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« La vendetta non ha frett...Serata Paul e le sue Ali »

La vendetta non ha fretta ( quinto capitolo)

Post n°2138 pubblicato il 08 Settembre 2016 da paperino61to

 

 


Camminando in riva al Po racconto alla signora della chiacchierata con i marchesi Lombardi e la conseguente ipotesi sulla caduta da cavallo del colonnello. Lei rimane in silenzio, sembra assorta nei suoi pensieri e ha lo sguarda perso nel vuoto.
“ Commissario, lei sapeva che Primi aveva una villa vicino a Chivasso? Da qualche anno la moglie l’aveva messa in vendita. Diventata vedova non se la sentiva di passare delle giornate in quel luogo dove una volta era per lei la culla dell’amore”.
Rispondo che non lo sapevo e che domani in giornata avrei avuto un colloquio con i figli della vittima. Uno abita a Ventimiglia e l’altro a Roma.
“ Non credo sappiano dirle molto, mi creda. Sono due ragazzi che, raggiunta la maggior età ,se ne sono andati di casa…lei sa che detestavo il colonnello, ho le mie buone ragioni, e me le tengo per me, non me ne voglia”.
“ Signora Ferraris,  non mi permetto di estorcerle ragioni che ha motivo di non dirmi. Spero solo che non siano di intralcio alle mie indagini…”.
“ Non lo sono, mi creda…sono ragioni personali che nulla hanno a che vedere con le sue indagini…ma ora,caro commissario, che direbbe se  a questa attempata signora offrisse un caffè?”.
Sorrido e la porto da Mamma Gina decantandole la cucina e il suo ottimo caffè.
In ufficio si presentano i figli dei coniugi Primi: Antonio che lavora a Ventimiglia come impiegato postale e Angelo come impiegato al Ministero della difesa.
“ Buongiorno signori, scusatemi il disagio nel volervi qui da me, ma avrei qualche domanda da porvi. Come sapete vostra madre è stata uccisa e noi stiamo indagando su chi sia l’assassino. Costui ha ucciso anche un’altra persona, si chiamava Gerdetti…Livio Gerdetti,  ufficiale sotto vostro padre a Caporetto”.



I due si guardano l’uno con l’altro poi Angelo dice: “ Conoscevo bene Gerdetti, era un ottimo ufficiale, uno dei pochi  fedeli a mio padre”.
“ Per fedele cosa intende dire? Che non contestava mai gli ordini che impartiva suo padre?”.
“ Si! Un sottoufficiale e un soldato semplice sono tenuti…ripeto tenuti, ad attenersi agli ordini dei superiori…in quel battaglione in tanti contestavano il loro colonnello…per forza di cose ha dovuto fare quello che ha fatto!”.
Guardo il ragazzo che ho davanti, perché di ragazzo si tratta, uno sbarbatello di trent’anni impiegato al Ministero grazie alle conoscenze del padre. Avrei voluto domandare se aveva assolto agli obblighi di leva, ma la risposta la conoscevo già, nessuna caserma, nessuna marcia con zaino in spalla, nessuna pallottola che sfiorasse il suo corpo…solo vita agiata sotto le ali protettrici dei genitori.
“ Non entro in merito, a me preme sapere se avevate sentore che qualcuno minacciasse i vostri genitori. Credo che anche vostro padre sia stato assassinato”.
I due fratelli urlano insieme del perché di questa affermazione,allora spiego che era una supposizione neanche tanto campata in aria. A fine discorso non sono più convinti della tesi dell’incidente creduta in tutti questi anni.
“ Bene commissario, faccia il suo dovere e trovi l’assassino. Io devo tornare a Roma, ho una famiglia a cui accudire…tu che fai ( rivolto al fratello) rimani o vieni con me?”.
I due escono dall’ufficio, l’unica cosa  utile è la lista dei nomi della servitù al tempo in cui possedevano la villa a Chivasso. Una decina di persona, sette donne e tre uomini: un giardiniere, uno stalliere tutto fare e un fattorino che fungeva anche da autista. Alcune donne, erano addette alla cucina e le restanti erano cameriere e si occupavano anche  della pulizia delle camere della villa.
Il telefono squilla distraendomi dai miei pensieri, è Perino, che mi informa sulla lista dei soldati fucilati. Dei sette soldati quattro erano di origine meridionale, due veneti e uno solo era piemontese…di Chivasso.
A sentire nominare la cittadina di Chivasso mi sovviene un’intuizione:” Come si chiamava quel soldato?”.
“ Era un tenente, commissario…si chiamava…aspetti un attimo…ecco qua…tenente Riccardo Allasia, nato il…a Chivasso…se vuole vado all’anagrafe del paese”.
“ Perfetto, vai pure poi ritorna qui…credo che qualcosa si stia muovendo…”.



Il tenente Allasia fu fucilato il…il Tribunale militare decise di avallare l’accusa del colonello Primi,  con lui altri sei soldati di cui due sergenti. L’accusa era di alto tradimento…così recitava l’articolo apparso sul giornale di quel giorno.
Allasia era nato a Chivasso da Fulvio e Marta  Bedetti, vi era anche una sorella: Carla.
Una cosa  mi incuriosisce ed è che nella villa di Primi lavorava un certo Allasia Fulvio…e non credo affatto sia stato un caso di omonimia. A fatica riusciamo a risalire ai dipendenti di allora , ma troviamo notizie in una piola di Chivasso.
“ La villa allora era uno splendore, mi creda commissario” a parlare è il proprietario della locanda vicino alla villa.
“ Gente che andava e veniva, specialmente al sabato sera. Il signor colonello e la sua signora invitavano i signori del posto, non noi, sia chiaro, ma quelli con tanti bei soldini”.
“ Lei si ricorda di un certo Fulvio Allasia?” domando al proprietario che tra una frase e l’altra si  sta gustando il suo bicchiere pieno di barolo.
“ Grande uomo, grande lavoratore. Faceva lo stalliere in quella villa, amava il suo lavoro e sua moglie lavorava anche lei nella villa. Purtroppo la sfortuna si è accanita contro la loro famiglia…un destino infame”.
“ Cosa è successo?”.
“ Il figlio compiuto la maggior età si arruolò nell’esercito. Era un bravo ragazzo, volonteroso, divenne tenente in breve tempo e finì nel battaglione di Primi. Scoppiò la guerra, Riccardo si trovava a Caporetto, la sua famiglia negli ultimi tempi non riceveva più le lettere del figlio come prima, non sapemmo nulla fino a quando non leggemmo sul giornale che il ragazzo rischiava la fucilazione per tradimento. I genitori andarono dalla moglie del colonello a chiedere se poteva intercedere con il marito per salvarlo. Nulla da fare, Primi non sentì ragione e Riccardo venne fucilato. Suo padre morì di crepacuore dopo un paio di mesi e Marta, sua moglie, si suicidò“ I coniugi Allasia avevano anche una figlia vero?”.
“ Si, la piccola Carla, aveva undici anni in quel periodo. Fu affidata al convento delle suore, qui vicino…da allora non sappiamo più nulla di lei, sicuramente sarà stata adottata”



Il locandiere ci da l’indirizzo del convento, che si trova fuori dal paese. Impieghiamo  mezz’ora buona ad arrivarci. La madre superiora ci fa accomodare nella sua stanza privata, non  è facile  farsi rilasciare il cognome della famiglia che aveva adottata la figlia di Allasia. Allora ,  neanche tanto velatamente , devo minacciarla di complicità per gli omicidi della signora Felsi e del marito.
Pur reticente scarabocchia il cognome e l’indirizzo della famiglia adottiva di Carla.
Torniamo a Torino consapevoli che un piccolo passo in avanti sia stato fatto.
Convochiamo per i giorni seguenti la famiglia adottiva, si chiama Bertasso…Lina e Mario e abitava in zona Borgo D’ora a Torino. La figlia rimase con loro fino a diciott’anni, poi ,senza dire una parola ,scomparve dalla loro casa.
“ Mi creda commissario, per noi è stato un duro colpo. Amavamo quella piccola sfortunata con tutto il cuore, abbiamo sempre cercato di non farle mancare nulla..”.
“ Non avete idea di dove possa essere andata? Se ha lasciato la città?”.
“ Purtroppo no, abbiamo provata a cercarla, eravamo andati al commissariato di zona per denunciare la scomparsa…nulla…speriamo solo che non le sia successo niente di grave”.
“ Avete qualche sua fotografia da mostrarmi? So da me, che la fisionomia cambia crescendo…ma il colore degli occhi rimane…che so…un neo…”.
“ Aveva una cicatrice sull’avambraccio…dice,  se l’era procurata aiutando suo padre a fare un lavoro…gli occhi sono marroni e i capelli…se non li ha tinti, sa il vezzo di noi donne… erano castano chiaro”.
“ Vi ringrazio per la vostra collaborazione, se riusciamo a scoprire qualcosa della scomparsa di vostra figlia, sarà mia premura avvisarmi”.
( Continua)
















 

 
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