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Messaggi del 11/07/2014

 

La donna di via Fabrizi 23 ( capitolo quinto )

Post n°1728 pubblicato il 11 Luglio 2014 da paperino61to

 

Entrai in chiesa dieci minuti prima dell’ora stabilita con Tirdi. All’interno vi erano una decina di persone compreso il prete , le osservai ma nessuna di loro mi sembrava sospetta. La maggior parte erano donne anziane,  c’era una coppia con due bambini, e altri due  uomini.

Andai verso il confessionale e senza farmi scorgere guardai all’interno erano vuoti. Nel piccolo corridoio che immetteva alla cappella vidi Baldi, fingeva di guardare i quadri esposti.

Dopo un poco arrivò  Perino   che andò a sedersi dietro alla coppia con i bambini.

Guardai l’ora ,Tirdi era in ritardo e ammetto che mi stavo preoccupando quando lo vidi arrivare trafelato dall’ingresso principale. La sua avversione verso le tuniche  però non prevalse e si fece il segno della croce per poi dirigersi verso la cappella come avevamo prestabilito.

Perino lo segui e io aspettai un paio di minuti per dirigermi nel posto concordato.

“ Buona sera commissario , eccoci qua “ disse Baldi.

“ Salve ragazzi , un grazie per essere venuti. Cercherò di essere breve nello spiegarvi la situazione “dissi a bassa voce.

Omisi solo la parte del questore in questa vicenda, descrissi loro cosa avevo trovato nell’alloggio di Titti, di come Vitti intervenne deciso sul sindaco e prefetto per fare interrompere le indagini.

“ Brutta situazione se ci sono di mezzo i fascisti “ disse Giovi.

“ Concordo , commissario, bisogna stare molto attenti a quelli “ fece eco Tirdi.

“ Lo so ragazzi  e ora vi chiedo siete disposti a seguirmi nell ‘indagine ? “ domandai guardandoli in faccia uno ad uno.

“ Certo che si , non dovrebbe manco farla questa domanda “ rispose picato Perino .

“ Non avevo dubbi, ma voglio che sia chiaro che se mollate tutto la mia stima sui voi non cambia “.

Esposi il mio piano :  “  uno di voi  a turno dovrebbe seguire le mosse di Vitti : dove andava, con chi parlava, chi incontrava ecc..la persona misteriosa ( ovvero il questore ) ci avrebbe fornito il necessario in caso di bisogno. Io per canto mio ero in congedo illimitato, il motivo ha poca importanza  . Segnatevi solo  il  nome e cognome se qualcuno domanda di me , d’accordo ? “ .


Uscimmo dalla chiesa  ,ognuno per conto suo e a distanza di una decina di minuti l’uno dall’altro. La luna splendeva alta nel cielo , attraversai il ponte e in una piazza Vittoria semi deserta per andare al ristorante  del Beli, che distava pochi passi dalla piazza.

“ Buona sera commissario , quale onore averla qui da noi. Le faccio preparare subito un tavolo. Gradisce un aperitivo prima di cena ? “ domandò con quella sua voce burbera che mal contrastava con il suo fisico magro e piccolino.

“ No, grazie Beli, va bene così. Portami la specialità della casa e un quarto del tuo ottimo barbera “.

Nel locale vi erano pochi clienti, ma non mi stupivo affatto , dato che il sindaco su suggerimento della milizia fascista  aveva posto il coprifuoco .

Un cliente entrò trafelato ,  una rapida occhiata , poi venne verso di me e si sedette.

Non dissi nulla e continuai a mangiare tranquillamente. Beli arrivò di corsa e mi chiese se conoscevo il tizio seduto , risposi di no ma di non lasciarlo stare pure seduto al mio tavolo  . Diedi ordine di portare anche a lui un piatto della specialità di Beli.

Il tizio di fronte  a me poteva avere una trentina di anni , massimo trentacinque. Era calvo, naso prominente , i suoi occhi color marrone, era vestito in un abito grigio scuro di ottima fattura  .

Dopo aver cenato , si decise di parlare.

“ Lei è il commissario Berardi vero ? Mi chiamo , anzi..no…meglio che non lo dica , non vorrei avere storie con quelli là “ disse con forte accento del basso Piemonte.

“ Si sono io. Come vuole , nessun problema , anzi sapere il suo nome è l’ultimo dei miei problemi mi creda. Se le va di parlare  parli  , altrimenti io vado a dormire, domani mi aspetta una lunga giornata “.

“ Ha ragione commissario, ma ho paura, con quelli non si scherza. Ho visto la fotografia della donna morta in via Fabrizi , anche se nell’edizione del pomeriggio era già sparita dal giornale “. Guardava continuamente la porta, come se aspettasse di  vedere entrare qualcuno, la mano destra tremante sorreggeva a stento il bicchiere pieno di vino.

“ Allora ? L’indagine per quello che so è stata archiviata “ risposi.

Un ‘ aria di incredulità comparve sul suo volto, poi disse : “ No ! Non è possibile ! Sta mentendo commissario “ ora la voce non era più un debole borbottio.

 


“ Forse è meglio che inizi da capo  , commissario. Mi chiamo Franco Corino, e sono il fratello di Titti, la donna che hanno ammazzato. Ne sono convinto,mia sorella non si sarebbe mai suicidata “.

La voce non tremava più , e anche i suoi gesti erano più calmi.

“ Io abito con i nostri genitori a Ciriè, e con noi anche mio nipote  Alberto . Il piccolo ha sei anni e non sa ancora nulla di cosa è successo alla madre. Io l’ho saputo tramite un amico  che mi ha fatto vedere la fotografia di mia sorella sull’edizione del mattino del Gazzettino “.

Lo osservavo senza dire nulla, ora il tizio di fronte a me aveva preso sicurezza e parlava senza tentennamenti. Ogni tanto sorseggiava il bicchiere di vino per poi riprendere il suo “ monologo “.

“ Vede commissario, il bambino è con noi da circa quattro anni , da quando sua madre decise di venire a Torino per lavoro. Ai miei disse che lavorava in una piccola boita di sartoria, ma io avevo dei dubbi. Ogni mese ci mandava ottocento a volte anche mille lire per il mantenimento del figli. Non credo che un’operaia possa prendere quelle cifre “.

“ Cosa pensa che facesse ? “ domandai .

Cercò di soppesare le parole , infine disse : “ Credo si facesse mantenere da qualcuno e non solo, insomma che facesse la vita di bordello di alta classe “.

Mi alzai e pagai il conto anche per lui , ci avviammo all’uscita. Sostai un attimo alla porta di entrata e domandai : “ Come ha fatto a riconoscermi se non mi ha mai visto ? E chi le ha dato il mio nome ? “ buttai la domanda quasi per caso.

“ Ho letto il suo nome sul giornale, e venendo qui in piazza ho incontrato due agenti in servizio che l’avevano appena vista entrare nel locale “.

“ Capito. Pura curiosità la mia mi creda. Se permette dovrei fare una telefonata, aspetti un attimo poi andremo a parlare con più calma a casa mia “.

Andai al telefono e composi il numero della Questura.

“ Tutto a posto signor Corino , grazie per avermi aspettato, venga ,  andiamo a casa mia, abito qui vicino “.

Per strada parlò sempre della sorella , dei suoi sogni di bambina, di come non abbia mai detto chi era  il padre del bambino. Arrivammo nel mio alloggio, domandai se voleva una tazza di caffè, e  rispose di si.


Parlammo di come l’inchiesta fosse stata archiviata  per volere del Questore . Non accennai minimamente alla pressione che egli ha avuto  ne tantomeno accennai al fatto che ero in “ congedo “ .

Dopo un’ora circa squillò il telefono ,  era Tirdi  : “ Buona sera commissario, ho la notizia che voleva . La donna non ha fratelli , o meglio ne aveva uno ma è morto una decina di anni fa in un incidente di lavoro. I genitori da allora non abitano più a Ciriè ma si sono trasferiti in Val  di Susa “.

“ Grazie , ricordami che ti meriti una cena da Mamma Gilda “ dissi.”

“ Commissario  , con questo sono due i pasti che mi deve. Spero di esserle stato utile “ rispose l’agente.

“ Utilissimo e grazie ancora, i saluti alla sua signora “, riagganciai la cornetta del telefono e senza farmi notare dal comodino dove appoggiava il telefono, tirai fuori una pistola dal cassetto.

Il presunto Franco Corino sobbalzò al vedersi puntato contro una pistola.

“ Commissario ma cosa fa ? E’ impazzito  ? “ il volto  dell’uomo stava era pallidissimo .

“ Con calma e a parole tue mi dici come ti chiami veramente e chi ti ha mandato. Io non ho fretta credimi , ed è l’unico modo che hai per portarti via la pelle intatta “ .

“ Lei non avrà il coraggio di sparare , sarebbe omicidio ! “ rispose il falso fratello .

“ Per nulla , dirò che mi hai aggredito per rubarmi i soldi, un paio di prove false e il gioco è fatto. Tu sarai morto e io ne uscirò pulito. Per me va bene lo stesso anche così “ mentre dicevo questa frase il grilletto della pistola incominciò ad alzarsi.

L’uomo stava tremando, si era alzato dalla sedia , guardava dove poter scappare, ma l’unica via di fuga era ostacolata dalla mia presenza. Avrebbe dovuto tentare di abbattermi e sperare di fuggire prima che mi riavessi. Egli pensò bene di scartare questa ipotesi.

“ Commissario , la prego non spari. Ho moglie e due bambini piccoli “ stava piangendo, e si era accasciato sul pavimento .

“ Tu dimmi la verità e io ti lascio andare , hai la  mia parola “ risposi puntandogli la pistola alla testa.

L’uomo capì che non aveva speranze e vuotò il sacco, un sacco che conteneva un nome : Vitti .

 ( Continua )

 

 

 
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