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poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

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« L'amore in un libro: pa...Ognuno di noi è un libro. »

L'amore in un libro: parte quarta.

Post n°1151 pubblicato il 26 Marzo 2016 da lascrivana

Per tutto il resto del viaggio parlammo di qualsiasi cosa. A partire dai nostri studi, le nostre famiglie, le aspettative e le difficoltà che sarebbero sopraggiunte. Chi ci vedeva per la prima volta, avrebbe faticato a credere che ci conoscevamo solo da poche ore anzi, pochissime. Peter aveva una parlantina fluida e una voce gradevole, già me l'immaginavo impegnato in politica, sopra un palco ad arringare la folla. Ma sapeva anche ascoltare e, pregio che pochi hanno, non interrompeva mai nel bel mezzo del discorso. E stavo proprio parlando di qualcosa inerente la scuola quando, con un annuncio, venimmo avvisati che il treno stava per arrivare a destinazione.

-Naturalmente non ci perderemo di vista, vero?- disse Peter aiutandomi a indossare lo zaino.

No, certo che no!” avrei voluto rispondergli immediatamente. Ma non volevo che si facesse un'idea sbagliata di me, da sprovveduta che abbocca al primo belloccio che l'abborda.

-Ti faccio uno squillo se mi lasci il tuo numero, magari ci si vede- dissi invece.

Lui sembrò deluso da quella risposta, ma si riprese quasi subito. Sorridendo, sfilò il cellulare dalla tasca dei jeans e vi armeggiò sopra per qualche secondo, quindi risollevò lo sguardo.

-Prendi nota-

 

Ci lasciammo nel piazzale antistante la stazione.

-Ho il bus che mi porta praticamente davanti a casa, tu come farai ad arrivare dai tuoi zii?- mi chiese Peter scorrendo il tabellino degli orari.

-Dovrebbe esserci mia zia ad attendermi, ma ancora non la vedo, al massimo prenderò un taxi, non preoccuparti-risposi guardandomi attorno.

-Ok, allora...ci sentiamo-

Furono le sue ultime parole prima che, rivolgendomi un saluto con la mano, salì sopra un bus appena arrivato e si confuse con gli altri passeggeri. Guardai di nuovo l'orologio, infastidita dal fatto che mia zia non si fosse ancora fatta vedere. Ma di cosa dovevo stupirmi in fondo? Era la sorella di mia madre, e su certe vedute si assomigliavano molto, sin troppo. Presi il cellulare con l'intenzione di chiamarla, ma lo riposi immediatamente. No, me la sarei cavata da sola, anche in una città sconosciuta e all'apparenza fredda e distante, al diavolo! A grandi passi, mi avvicinai al parcheggio dei taxi e a salii sul primo della fila.

-Via Pascoli per favore- dissi senza neppure guardare in faccia l'autista.

-Si trova in periferia, col traffico sarà una mezz'ora di strada- rispose quest'ultimo in maniera gentile.

-Non si preoccupi, ho di che pagare, e tempo in abbondanza- risposi sgarbata, anche se non ne avevo l'intenzione.

Il tassista, un uomo di mezz'età e dallo sguardo bonario, fece spallucce e ingranò la marcia.

Quasi a voler nascondere il mio imbarazzo, aprii lo zaino e presi il libro, mi avrebbe aiutato a passare quei minuti.

 



E quel giorno, finalmente, arrivò.

Lo stridio del portone automatico, lo sguardo delle guardie carcerarie, l'aria stessa che sapeva di buono. Ritta sulla soglia del carcere, Agata assaporò con avidità quelle sensazioni, chiuse gli occhi per poi riaprirli, era libera. Un lungo viale alberato e poche macchine, in lontananza il profilo dei tetti velato da una leggera foschia, s'incamminò.

Da una finestrella, Patty osservò la giovane allontanarsi con passo esitante, poi sempre più deciso.

Spicca il volo, tesoro, hai ancora tutta la vita davanti, non sprecarla”

 La fermata era uguale a tutte le altre. Una tettoia per proteggersi dalle intemperie, una panchina arrugginita e cartacce dappertutto. Agata si sedette e si strinse le spalle con le braccia. Non le importava leggere gli orari, era libera ormai, e aveva tutto il tempo che voleva.

In attesa del bus, aprì la sacca e vi rovistò dentro. Tra un pacchetto di sigarette sgualcito, un lucida labbra ormai consumato e un portafoglio spelacchiato quanto vuoto, prese il quaderno che le aveva fatto compagnia durante quei lunghi mesi. Su quelle pagine aveva annotato tutte le proprie sensazioni. Dal primo giorno, quando il mondo sembrava esserle crollato addosso, a quelli seguenti più pacati e ponderati, sino al precedente, quando aveva saputo che sarebbe stata scarcerata.

 

 

Dev'essere molto interessante ciò che stai leggendo”

La voce, improvvisa e squillante, la colse di sorpresa.

Un ragazzo, alto e magro, la stava fissando con un mezzo sorriso stampato sul volto spigoloso.

Ma, ciò che la stupì, furono i suoi grandi occhi color nocciola, sembravano volerle penetrare l'anima.



Continuai nella lettura sino a che, facendomi sobbalzare, la voce del tassista mi avvisò che eravamo giunti a destinazione. Dopo aver pagato la corsa, mi ritrovai nel bel mezzo di una via trafficata e fiancheggiata da palazzoni alti e dall'aspetto non certo signorile. Non sapevo nulla dei miei zii, salvo quello che mi aveva raccontato mia madre.

Mia sorella non ha avuto una vita facile, ma sono brave persone e ti accoglieranno con affetto, non deluderli”mi aveva ripetuto più d'una volta, ma sempre senza addentrarsi nei particolari. Cosa facessero, o come vivessero i miei zii, restava ancora un mistero per me. Quando giunsi al numero trenta mi fermai e sollevai di nuovo lo sguardo. Il palazzo non era dissimile dagli altri, forse il colore era diverso, ma la sensazione di degrado continuò a pervadermi. Scorrendo i nomi sul citofono, mi stupii di non trovare ciò che mi sarei aspettata, poi mi diedi della stupida. Non tutti mettevano il doppio cognome e, per un istante, un'amnesia temporanea quanto fulminea mi gettò nel panico. Qual'era quello di mio zio?

 Danio e Laura

 


 

 
 
 
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Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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