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Barnaby e Flavia

Luca

Non so per quale motivo, ma ciò che era accaduto a Oscar mi aveva reso nervoso e messo di malumore. Avevo bisogno di sapere se era sopravvissuto alla sparatoria. E, per far questo, dovevo a tutti costi correre in ospedale.

Una volta che mamma e Barnaby avevano finalmente deciso di recarsi alla polizia, iniziai a supplicare mio padre in questo senso. Alla fine, esausto, accettò, seppur di malincuore.

Durante il tragitto in macchina, non feci altro che pensare agli avvenimenti che si erano succeduti negli ultimi mesi.

Col senno di poi, i segnali che Oscar mi aveva inviato erano stati molti, forse troppi. Inizialmente, le sue avance mi avevano dato molto fastidio. Poi però, quando lui se ne andava, il ricordo di quelle carezze sensuali mi assaliva nei momenti più impensati, specialmente di notte.

Mi vergognavo molto di questo e forse, inconsciamente, non volevo confessarlo nemmeno a me stesso.

Arrivammo all’ospedale in men che non si dica. A quell'ora, le strade erano praticamente deserte. Giunti all'ingresso del pronto soccorso, papà domandò all’infermiera della reception se Oscar Mirante si trovasse in quella struttura. La risposta non tardò ad arrivare. La notizia della sparatoria era già di dominio pubblico, e alcuni giornalisti bivaccavano ancora nei pressi. L’infermiera, dapprima reticente, sembrò restia a fornirci qualsiasi tipo d’informazione. Poi però, dinanzi alla mia espressione disperata e preoccupata, parve intenerirsi. Ci disse d'attendere, sarebbe andata ad informarsi delle condizioni di Oscar. 

Tornò una decina di minuti più tardi. Sorridendo, mi tranquillizzò subito. L'operazione era andata bene, Oscar era ormai fuori pericolo. Le lacrime mi colsero improvvise, ma il sollievo fu enorme. Abbracciai mio padre che, altrettanto commosso, ricambiò con energia.

Quando tornammo a casa, Barnaby e mamma non erano ancora rientrati dal comando di polizia. Papà mi disse che mamma aveva telefonato per tranquillizzarlo. Ne avrebbero avuto ancora per un altro po’, l'avvocato di Barnaby sembrava volesse tirarla per le lunghe.

Guardai mio padre, e non potei fare a meno di notare la sua apprensione. Sembrava sconvolto dalla mia reazione, ma non voleva darlo a vedere. Nonostante questo, non avevo nessuna voglia di parlarne in quel momento. Specialmente quando la cosa spaventava anche me stesso.

Accampando la scusa che ero troppo stanco e volevo riposare, mi ritirai nella mia camera. Una volta solo, mi distesi sul letto con le braccia incrociate sotto la nuca e gli occhi fissi al soffitto. Stanco di lottare, abbassai le difese e mi abbandonai alle piacevoli sensazioni che il ricordo delle parole e delle carezze di Oscar, mi avevano procurato.Dentro di me, improvvisa, si stava facendo strada una sconvolgente verità. Forse lo amavo anch’io.

Laura e Danio.