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QUESTA SCUOLA ITALIANA!

Post n°2 pubblicato il 17 Luglio 2008 da sognidoro2


LETTERA APERTA ALLA MINISTRA DELLA P.I.
Sig.ra Maria Stella GELMINI

Cara Ministra,
a chi non  fa piacere che, ancora una volta,  qualcuno si preoccupi dello stato di salute della Scuola? Io penso, infatti, che  essa, intesa come fucina di Cultura e di Educazione, è la struttura di cui più abbiamo bisogno, oggi, accanto ad una riformulazione delle carceri e di un attento controllo del rispetto delle leggi.
Da insegnante, poi, le sono particolarmente grata, perché si è accorta che i nostri salari, rispetto a quelli degli altri professionisti e, addirittura, degli stessi colleghi europei, sono veramente ridicoli.
Io sono un’insegnante di ruolo da più di 35 anni, ed ho avuto modo di osservare la Scuola per parecchio tempo, dalle elementari alle Superiori; ne ho conosciuto norme, riforme, emendamenti, ma anche allievi, colleghi, presidi, ispettori; ho ascoltato pareri di studenti e genitori; ho parlato sia con gente semplice e comune sia con luminari, ossia con pedagogisti, filosofi, psicologi, sociologi ed altri professori. Ho scritto, qualche volta, al Presidente della Repubblica o a qualche Ministro, per esporre le mie lamentele ma, soprattutto, per far sentire una voce “dal basso”; non è mai arrivata una risposta ma sono sicura che qualche riflessione sia stata fatta, poiché le questioni sono sempre le stesse: come migliorare la Scuola italiana? Perché gli alunni sono così poco ferrati, in quasi tutte le discipline? Che cosa fare, insomma, per garantire serietà e cultura?
Apprezzo i suoi propositi ( più merito, valutazioni più serie, maggiori gratificazioni ai docenti) ma temo che anch’essi non risolveranno il problema.
Abbiamo trascorso decenni di lassismo, dove la Scuola, invece di qualificarsi ed attirare a sé  i volenterosi, si è declassata, adeguandosi ad una realtà sempre più decadente e priva di consistenza, civile e morale. Chi avesse voluto mantenere all’Istituzione il prestigio della serietà era messo da parte, deriso come uno che, arretrato, non sa aggiornarsi, ed accusato di non amare i ragazzi, di non conoscerli, di non essere disponibile. Per decenni, si è scambiato il buonismo, il lasciar fare per modernità e la giustizia per razzismo e selezione; per decenni, si sono trovati rimedi, ogni volta, peggiori dei mali. Ho conosciuto insegnanti e dirigenti particolarmente bravi ad inventarsi soluzioni complicate, apparentemente salutari che racchiudevano tanto veleno, nella coda, il quale  – a lungo andare- ha intossicato il sistema, ed essi stessi hanno dovuto riconoscere il fallimento delle loro iniziative che, spesso, però, continuano a star in piedi, mietendo altre vittime!
Io credo, purtroppo, che la Scuola italiana abbia bisogno – ormai -  di coraggiosi eroi che sappiano compiere una vera Rivoluzione. Credo anche che di questa parola si sia abusato parecchio: ogni volta che qualcuno ha in mente una stramberia, che reputa la panacea di tutti i mali, si parla, infatti, di rivoluzione; e si finisce, in verità, per rivoluzionare ma nel senso che, poi, della Scuola si perdono i connotati, nessuno capisce più nulla e ci si dimentica perfino che cosa essa sia.
Io credo che la Scuola sia un luogo di formazione, dove – appunto – attraverso le materie, si indirizzi l’alunno alla scoperta del proprio essere, dei propri bisogni interiori, affinché, grazie all’amore ed alla ricerca continua della conoscenza, possa rendersi conto delle proprie attitudini e capacità e possa sviluppare quelle personali competenze che lo aiutino a realizzare il pieno benessere. Ecco: io penso che la Scuola debba cercare di costruire, insieme ad ogni suo allievo, la di lui felicità che non deriva, come sappiamo, dal profitto materiale o ricchezza ma dalla coscienza di aver operato con giustizia ed equità. E ciò già contrasta con un’Istituzione che, oggi, pensa di doversi interessare di tutto: vogliamo diventare assistenti sociali, vogliamo supplire alle famiglie, vogliamo essere quasi datori di lavoro, aziende che sfornino ragionieri, maestri, geometri, non semplicemente Uomini che, con alcuni mezzi, possano cominciare ad affrontare il mondo del lavoro che, nella sua realtà, è ben più variegato e complesso di quello immaginato a scuola ma che ha bisogno, per essere ben dominato, diretto e vissuto, solamente di buone teste e di persone oneste!
Le sembra, Signora Ministra, che nelle Scuole d’Italia si dia questo esempio di rettitudine, giustizia, coerenza, chiarezza; in una parola, di Verità? Io non lo credo! E non certo per la malafede degli insegnanti o dei dirigenti. La matassa è talmente imbrogliata che sarebbe arrivato il momento di tagliarne i fili: è questa la Rivoluzione di cui parlavo prima! Occorre avere il coraggio di tornare veramente indietro, dimenticando tutti gli ingorghi ed i compromessi che si sono creati, strada facendo, per ridare alla Scuola il suo reale fine ed il suo ruolo: quello di educare, servendosi delle diverse materie di studio. Ma come agire, praticamente? Da questo lungo discorso si deduce che, essendo la questione molto intricata, non si possa partire dalle Scuole Superiori, la fine del percorso, ma che si debba cominciare dall’inizio, ossia dalle Scuole Elementari. Si dice che esse vadano bene, che godano di ottima salute. Perché? Certo, vi si praticano tante belle attività, ma si rimanda al futuro la reale valutazione dell’alunno, con mille scusanti, per chi non ha appreso (e sono tanti!) di ordine pseudo-sociologico e pseudo-psicologico; così, la maggioranza arriva alle Scuole Medie con pesanti lacune; parecchi non sanno scrivere nè leggere nè far di conto. Ed i poveri professori (che tali sono, in senso proprio e figurato!) cercano di arrabattarsi, con un programma che hanno anche da svolgere e con una miriade di altre attività, molto interessanti ( per carità!) ma ovviamente non opportune, in una Scuola che dovrebbe, innanzitutto, svolgere il suo compito primario. L’ansioso sforzo consiste nell’alternare arrabbiature e rifiuto a svolgere compiti da Scuola Elementare,  con rassegnazione e speranza di riuscirci, negli striminziti tre anni a disposizione. E’ logico che, un po’ per il fallimento dovuto all’impossibilità di recuperare una base sconnessa ( mentre si dovrebbe fare altro ), un po’ per l’avvilimento di giugno, derivante dal come, poi, si gestiscono le cose per mostrare risultati accettabili, parecchi professori finiscono con l’adeguarsi all’andazzo e col pensare, ciò facendo, di aver addirittura operato benissimo! Ed ecco gli allievi giungere alle Superiori, coi loro bellissimi giudizi: “distinto”, “ottimo”, ma anche con “sufficiente”, che dovrebbe significare sufficiente; invece – guarda caso – gli alunni con tale valutazione sono asini, con tutto il rispetto per la loro Umanità che non c’entra nulla col giudizio attribuito al profitto scolastico (eppure, molti – anche fra gli insegnanti – non lo vogliono capire!). E i “distinti”? Gli “ottimi”? Forse sanno leggere e scrivere e sono disponibili a stare attenti, in classe. E’ vero che – fra loro – ci sono ragazzi studiosi e preparati ma – in media – sono uno per classe! Una volta arrivati qui, però, si possono mettere in grado di recuperare le lacune accumulate alle Medie ed alle Elementari?  Si possono promuovere, alla fine dell’anno, tre o quattro alunni per classe? Si possono penalizzare gli allievi, ai quali si è fatto credere che erano bravi? Si possono tradire le famiglie, alle quali si è detto sempre che  il loro figlio era all’altezza della classe frequentata? Non solo, a mio avviso, non si può nulla di tutto questo ma – in più – i ragazzi hanno cominciato a capire che, nonostante gravi mancanze, si va avanti facilmente; certe volte, hanno completamente abbandonato una o due materie ( perfino di indirizzo!), sapendo che tanto, alla fine, ce l’avrebbero fatta ugualmente. E così, spesso, è stato, con danno incalcolabile, sia formativo sia morale, riguardante non solo loro stessi ma anche l’esempio che hanno dato agli altri che hanno preso a comportarsi similmente. E menomale che i veri “bravi”, la maggior parte delle volte, sono abbastanza convinti di studiare per la loro formazione e non solo per il voto! Ed ora che arriva il rimedio (“basta con i debiti irrisolti!”, per esempio) come si fa? E’ logico: i professori o il Preside devono vedere che cosa inventarsi, per aggirare l’ostacolo: allora, vengono fuori Corsi di Recupero, prove di settembre che, se non sono superate, si ripeteranno a marzo, a maggio, poi a settembre dell’anno seguente ed, ancora, a marzo…, nell’attesa che si possa compiere il miracolo; il ragazzo, infatti, frequenta la quinta, per esempio, e deve recuperare ancora il debito di terza classe; ma non ci riesce, perché ha sempre avuto forti lacune, ha continuato a non studiare, e dovrebbe anche studiare per l’anno in corso! Ma egli sa che i professori non possono bocciare tutti e bocciarli ad oltranza; sa che, quindi, è il professore a farsi carico di un espediente che lo cavi d’impaccio! E, spesso, così succede!
E sarà così anche per i nuovi “esami di riparazione”: troppi ragazzi sono rimasti “sospesi” per troppe materie non studiate! Per settembre, se non supereranno l’esame, saranno tutti bocciati? Non credo! Sarà piuttosto facilitata la prova o arrotondato il voto, sebbene – il più delle volte - difficile da arrotondare! Considero i Corsi di Recupero e gli esamini finali, più che inutili, dannosi, per gli alunni che, con notevoli lacune pregresse e continuando ad ignorare l’importanza dello studio personale, costante e serio, credono o fingono di credere che la frequenza dei Corsi possa diventare la bacchetta magica o, comunque, una buona scusa per essere “aiutati” o, addirittura, per strappare un’immeritata promozione.
Propongo, quindi, cara Ministra, che l’anno scolastico cominci ad OTTOBRE e che in settembre si svolgano solamente gli esami, dopo che gli allievi abbiano diligentemente studiato durante l’estate, con adeguato impegno personale, le materie tralasciate nell’anno scolastico; propongo, inoltre (e so di essere impopolare), che sia obbligatoria la frequenza delle scuole elementare e media inferiore ma che si esca da queste come si usciva una volta, ossia veramente preparati; il che, senza falsi giri di parole, si traduce nell’incoraggiamento a bocciare, non a promuovere (per amore e non per infierire!), chi non raggiunge gli obiettivi fissati anno per anno. Perché, infatti, in tutti gli altri settori (sport, apprendimento lavorativo, studi privati di informatica, di lingue, ecc.) si fa così? Perché i ragazzi stessi non si lamentano di sopportare allenamenti e selezioni? Perché sanno che imparare veramente significa impegno, applicazione, sacrificio, accettazione dell’insuccesso, nonché avere tempo  per riprovarci; se continueremo a dir loro che lo studio scolastico è facile, ne dedurranno – come già hanno fatto ( forse perché lo credono gli adulti) - che esso non serve a nulla. Non è facile, lo so, ammettere – ora – che abbiamo sbagliato e che dobbiamo tornare indietro. Ma questa è, ormai,  l’unica strada per la salvezza.
Tantissime altre questioni sarebbero da risolvere nel sistema scolastico ma credo che l’ urgente sia quella di preoccuparsi di uno studio serio.
Un’altra cosa incomprensibile, per esempio,  è l’esame di stato: se diciamo, infatti, per cinque anni, che non è possibile valutare un allievo con una sola prova, pretendiamo, poi, che all’esame egli si giochi tutto quello che ha costruito: è vero che c’è il credito scolastico ma, se gli capita di sbagliare una prova, non potrà più avere quel voto massimo che avrebbe meritato. Se, invece, si vuole continuare a premiarlo, conoscendolo, automaticamente l’esame diventa una beffa; allora, non sarebbe più onesto essere inflessibili con le valutazioni, di anno in anno, e concludere il ciclo di studi coi propri professori, giusti e severi?  
Un altro sconcio? Quella dichiarazione fatta sottoscrivere ai docenti, sempre agli Esami, di non essere parenti dei candidati e di non aver loro impartito lezioni private; insomma, il conflitto di interessi. A mio avviso, essa, oltre ad essere ridicola e, talvolta, inconsapevolmente mendace (perché – arrivato in una scuola – il professore non può essere certo che nessuno dei candidati si trovi nella situazione suddetta: occorrerebbe verificarlo con scrupolo!), è, soprattutto, offensiva per l’insegnante. Io, infatti, potrei avere in classe mio figlio ( e – altra ingiustizia - rivendico il diritto di averlo!); sono sicurissima di non riservargli un trattamento diverso dagli altri ragazzi, non solo per un fatto educativo, ossia per l’esempio che si deve agli allievi di equità ed uguaglianza di cui tanto si predica continuamente, a scuola, ma anche per l’amore stesso che nutro per mio figlio e per tutti i figli che domani formeranno la società: è per amore che bisogna fermare un ragazzo che non ha appreso, che si deve invitarlo a studiare meglio, che gli si deve dire quella verità che da tempo è sparita proprio dalla scuola; gli alunni, insomma, non devono essere ingannati ma possono e vogliono amorevolmente e fermamente capire che cosa è bene per loro! Insomma, come si può credere che proprio un educatore non sappia che Amore, Giustizia e Verità sono le tre facce inseparabili di quel tetraedro che ha per base la Parola, quel mezzo così delicato ed insostituibile per spiegare e per capire?
La lettera è lunga, lo so, ma è l'unico modo per spiegare abbastanza bene ciò che penso. E, siccome so che questo è quello che crede la maggioranza dei professori e dei maestri, invito chiunque la pensi come me a sottoscrivere le mie richieste alla Sig.ra Ministra, sperando che si abbia la pazienza di leggere un testo così elaborato! Tuttavia, a mio avviso, esso resta la sintesi di quanto si dovrebbe dire sulla Scuola! Inoltre, tutti sappiamo e spero crediamo nel motto che recita: "Presto e bene raro avviene".
Grazie di cuore!
              Regina.

 
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