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Menare le mani

Post n°443 pubblicato il 28 Maggio 2015 da meninasallospecchio

Forse alcuni ricordano che fra i miei scrittori preferiti c'è Irvine Welsh. E' un autore scozzese conosciuto soprattutto per Trainspotting, che molti avranno apprezzato per il film, bello quanto il libro. Welsh ha scritto parecchi altri romanzi, alcuni decisamente più cupi, come Il lercio, di cui mi è capitato di parlare tempo addietro, o Tolleranza zero. A parte che i suoi libri sono sempre appassionanti e godibilissimi, lo trovo interessante perché fa vivere al lettore, dal di dentro, personaggi borderline. Più che cattivi, veramente pessimi. Lo fa trovando un magico equilibrio che non ti porta mai veramente a simpatizzare con il protagonista, la sua negatività continua a ispirarti tutto l'orrore che merita. Però da una parte i cattivi di Welsh hanno sempre una giustificazione, essendo stati loro stessi oggetto di una violenza che in realtà non fanno che propagare (una razionalizzazione del Male che trovo un po' ottocentesca e a dire il vero non mi convince del tutto). Dall'altra è tale la forza della penetrazione psicologica del personaggio, che arriviamo a capire bene, fino in fondo, intimamente, le sue motivazioni.

Il protagonista di Tolleranza zero è un hooligan e Welsh ci racconta dal di dentro tutto il piacere di partecipare a una rissa, di prenderle e di darle, di distruggere un locale, di aggredire e insultare, di far parte di un gruppo, di essere ammirati per la propria durezza e violenza. Lo racconta in un modo che lo fa davvero capire. Forse per i maschi non è così alieno tutto questo, corrisponde a una pulsione abbastanza diffusa, naturale, che poi ovviamente nella maggior parte dei casi è repressa e incanalata. Per una donna la violenza fisica è in genere abbastanza incomprensibile, o forse semplicemente poco familiare: siamo più abituate a reprimere l'aggressività o tutt'al più a dirigerla verso la violenza verbale o la malignità. Probabilmente è in larga misura un fatto culturale, forse se una donna iniziasse a praticare la violenza fisica, finirebbe per trovarci la stessa liberatoria soddisfazione che ci trova un maschio.

Non sto giustificando, sia chiaro. La storia della civiltà umana è il tentativo di orientare le pulsioni animali in una direzione socialmente utile o accettabile. Lo sport nasce per quello, per trasformare il combattimento in gioco, persino quando prevede lo scontro fisico. Ma cerco di capire, e Welsh mi aiuta. Mi aiuta anche a capire Mattia il pirla, il tristemente famoso no expo della manifestazione di Milano, la cui intervista abbiamo visto dilagare sui social. A lui non interessano le motivazioni, così come gli hooligan spesso non vedono nemmeno la partita: è il "bordello" quello che lo attrae, sentirsi parte di qualcosa. Uno come lui non aggiunge né toglie nulla alle ragioni della protesta, quelli così ci sono sempre stati e ci saranno sempre. E stanno da tutte le parti, ideologicamente parlando, con due sole condizioni: che la parte sia sufficientemente estrema e che ne tolleri la presenza. Condizioni a ben vedere non troppo difficili da trovare, in tempi di tante urla e pochi ragionamenti.

Queste riflessioni fanno seguito ai miei post precedenti, al fatto che ci sia qualche hooligan-fascista-razzista che caga il cazzo alla mia amica Rosa in Inghilterra, ma anche al constatare come ci sia tanta gente che spande aggressività nella rete e nei commenti. Ne leggo tante di minchiate in giro per il web, ma francamente non sento il bisogno di andare a commentare "che cazzo dici?". Se le argomentazioni sono ragionevoli e pacate posso magari esprimere civilmente il mio dissenso, ma se leggo chiacchiere da bar o deliri guerrafondai, non ho niente da dire. Mettermi a commentare significherebbe impiegare il mio tempo in scambi di insulti con sconosciuti, credo di avere di meglio da fare e in ogni caso menare le mani non rientra fra i miei pur numerosi interessi.

Arrivo a una conclusione forse un po' snob e disimpegnata. E' facile immaginarlo per un hooligan, che nasca prima l'uovo della gallina: che sia l'istinto violento a cercare sfogo nella motivazione del gruppo, piuttosto che viceversa; ferma restando una certa suggestione indotta dal collettivo sugli individui psicologicamente più deboli. Ma credo sia così anche in politica, dopo tutto: che siano individui violenti ad ammantare di ideologia il loro desiderio di menare la mani, piuttosto che persone normali che si trasformano in violente avendo aderito a un'ideologia aggressiva. Certo poi la gallina fa altre uova e il fenomeno si estende. Ma analizzando la rozzezza ideologica di certe posizioni viene da dire che siano i violenti a essere fascisti più che il fascismo a essere violento. Si trovano una casa, qualcuno che dia loro una ragione per menare le mani, fisicamente o verbalmente: una squadra di calcio, una ronda leghista, un'aggregazione politica, un gruppo di black block, una milizia islamica. Alla fine sono un partito solo, il partito del testosterone in libera uscita.

 
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