Creato da oceanoesabbia il 08/09/2006
cento minuscoli fiori, dai colori senza senso

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Sinead O'Connor

 

 

La sfera imperfetta

 

Cento minuscoli fiori,
dai colori senza senso.

Azzurro dolente,
bruno testardo,
carminio appassionato,
avorio pudico,
ocra urlante,
porpora irregolare,
rosa non vissuto,
celeste silenzioso..

già, colori insensati.

Ma mettiti lontano,
trecento miglia almeno,
confondi i dettagli,
mescola gli umori
e dimmi cosa vedi.

Sfera imperfetta
di smorzate sfumature.

 

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Post N° 98

Post n°98 pubblicato il 10 Marzo 2007 da oceanoesabbia
Foto di oceanoesabbia

L'ARCOBALENO

Il temporale stava scemando. Era stato davvero un bel temporale, uno di quelli estivi improvvisi, violenti, rapidi. Ora saliva il buon odore della terra bagnata, gli alberi si pavoneggiavano lucidi e splendenti, il cielo era tornato ceruleo e i passeri ricominciavano a svolazzare e a cinguettare festosi.
Matteo aveva assistito allo spettacolo dall’enorme finestra del suo studio, come in un palco d’onore. Gli piacevano i temporali estivi, gli davano una certa euforia, un senso di vitalità e di rinnovamento che in nessun’altra occasione riusciva a provare.
Matteo scrutava il cielo, che era di un azzurro intenso, il colore che amava di più, fin da bambino, all’improvviso, un tuffo al cuore! Eccolo lì solcare il cielo, rendendolo ancor più gioioso, con un che di magico.
L’arcobaleno, si stagliava, come una strada incantata, nell’azzurro, compiendo un percorso arcuato e perdendosi poi, laggiù, lontano lontano……
“Laggiù in fondo, dove finisce l’arcobaleno, in un posto lontano lontano, difficile da raggiungere, laggiù gli gnomi nascondono la loro pentola magica, colma di tesori. La nascondono là, perché sanno che gli uomini difficilmente potranno trovarla” Così gli raccontava la nonna quando lui era un bambinetto di quattro anni. Se lo diceva la nonna, che sapeva tante cose, doveva essere vero. Lui spalancava gli occhi e fissava il cielo per cercare di scoprire il luogo dove finiva l’arcobaleno. Un giorno, quando sarebbe stato grande e forte, l’avrebbe trovato il nascondiglio degli gnomi e anche la loro pentola magica colma di tesori. Un giorno.
Suo fratello Marco e sua cugina Melania, di qualche anno più grandi, lo prendevano in giro per questo, ma lui non ci faceva caso, gli avrebbe fatto vedere lui un giorno……..
Invece un giorno Marco e Melania, dopo un temporale, arrivarono da lui trafelati e ridenti. Matteo aveva ancora negli occhi l’arcobaleno, il cuore pieno di emozione e la mente che fantasticava, viaggiando lontano, in luoghi improbabili e bellissimi.
“ Siamo saliti sull’arcobaleno! – urlarono i due, mentre tiravano fuori dalle tasche dolci gelatine multicolori – Guarda Matteo, siamo saliti sull’arcobaleno. Eravamo lì tutti bagnati sotto la pioggia, poi d’improvviso, proprio davanti a noi, si è formato l’arcobaleno. Lo abbiamo toccato con la punta dei piedi e abbiamo scoperto che si poteva salire. Ah Matteo, peccato che non eri con noi. Abbiamo camminato sull’arcobaleno e, non ci crederai mai, è una strada fatta di morbide gelatine dolci di fragola e arancio, limone e mora, uva e mela……. Ecco perché è di tanti colori, sono i colori delle gelatine alla frutta, guarda ne abbiamo raccolte tante e ne abbiamo portate anche per te.
Assaggia assaggia, non sono come quelle di Arturo, queste sono speciali, sanno di frutta zucchero e arcobaleno!”
Matteo ascoltava estasiato, di questo la nonna non gli aveva mai parlato, forse non lo sapeva, mica poteva sapere tutto. Gli passò per la mente anche la possibilità che Marco e Melania lo stessero prendendo in giro, ma c’erano le prove, avevano le tasche piene di gelatine…….. Comunque fece una specie di verifica assaggiando le gelatine che i due gli allungavano. BUONE! Mai mangiate delle gelatine così. Si erano davvero speciali, sapevano davvero di arcobaleno. Era tutto vero.
“ La prossima volta voglio venire anch’io sull’arcobaleno. Avete visto dove finisce? Laggiù in fondo c’è la pentola magica degli gnomi”
“No, non abbiamo potuto starci tanto, dopo aver fatto un po’ di strada ci siamo accorti che l’arcobaleno cominciava pian piano a sparire, avevamo paura di cadere nel vuoto e siamo corsi indietro. Forse abbiamo perso troppo tempo a raccogliere le gelatine.”
“ Allora la prossima volta correremo veloci senza fermarci e arriveremo là in fondo, dove finisce l’arcobaleno”
Matteo sentiva che avrebbe potuto farcela, non avrebbe dovuto aspettare di essere grande e forte.
Perciò cominciò ad esercitarsi nella corsa, doveva essere molto veloce per arrivare laggiù in fondo prima che l’arcobaleno sparisse…….
I suoi genitori lo guardavano un po’ perplessi quando lo vedevano correre tutto solo intorno alla casa, mentre Marco e Melania sogghignavano dispettosi.
Non sapeva dire se ci fu un momento in cui si rese conto che il fratello e la cugina lo avevano preso in giro, forse perché non se lo disse mai e loro si dimenticarono ben presto dello scherzo. Ma conservò a lungo le gelatine, mangiandole con parsimonia perché erano speciali e voleva durassero molto a lungo
.
Quanto al sogno di arrivare dove finisce l’arcobaleno…….forse quello non sparì mai.
Ci pensava, adesso, Matteo, in quella mattinata estiva, mentre il cielo sfoggiava uno degli arcobaleni più intensi e belli che avesse mai visto.
Gli veniva di ripercorrere la sua vita e di considerare quanto quelle due piccole menzogne, tenera l’una, dispettosa l’altra, avessero in qualche modo influenzato le sue scelte.
Si voltò a guardare medaglie e trofei vinti quando era giovane e partecipava alle gare di corsa. Gli piaceva correre, gli dava un senso di compiutezza che lo appagava, correva con il sorriso negli occhi e la mente che inseguiva immagini vaghe ed esaltanti. Non era stato un atleta da olimpiadi, ma non se l’era poi cavata così male, e, ancora oggi, quando correva, per hobby, nel parco, sentiva una gioia inspiegabile diffonderglisi dentro. Forse era quel bambino di quattro cinque anni che godeva così tanto all’idea di prepararsi a percorrere l’arcobaleno fino in fondo, prima che svanisse nell’aria. Sì, era lo stesso tumulto entusiastico e speranzoso del piccolo Matteo che gli riesplodeva nel cuore.
Per non parlare del suo lavoro di architetto, che tante soddisfazioni gli aveva dato. I suoi progetti piacevano, piacevano gli archi e le volute che disegnava e gli arredamenti colorati e morbidi, il senso dello spazio aperto che imprimeva a ciò che progettava e, come aveva detto la sua ultima cliente, donna affascinante e intelligente, “quel senso di mistero di qualcosa da scoprire ancora” che si riconosceva nel suo design.
Stava ancora cercando il luogo lontano lontano dove finisce l’arcobaleno? Forse sì.
Ma la sua corsa sull’arcobaleno era certamente iniziata e proseguiva fra dolci gelatine di frutta e ampi respiri di cielo.
E prese coscienza che aveva sempre continuato a guardare la vita con la stessa emozione dei suoi quattro anni e con il medesimo stupore e con l’identica speranzosa gioia.
Era un uomo fortunato.
Anzi di più.
Perché in quel preciso istante percepì distintamente di essere arrivato proprio lontano lontano, dove finisce l’arcobaleno e di avere tra le mani la pentola degli gnomi colma di tesori.

 
 
 
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