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Voyage

Post n°590 pubblicato il 04 Agosto 2009 da derbybluess

A quindici anni, in effetti, era tutto molto più semplice e diretto.

Perché era una cosa quasi tangibile.

Allora, funzionava più o meno così: tu eri magari in giro, o stavi andando a scuola, oppure tornavi a casa o mangiavi un gelato.

Ti capitava all'improvviso e subito arrivava un groppo in gola ed un mattone nello stomaco. Ti si bloccavano insieme in un sol colpo tutte le articolazioni, il cervello non riusciva ad elaborare alcun tipo di pensiero compiuto e la bocca non proferiva più parola. Era una cosa che partiva da su e, grazie a qualcosa di molto simile alla forza di gravità ti prendeva tutta fino ai piedi, facendoti letteralmente cedere le ginocchia.

Era il corpo che ti dava dei segnali ben precisi, insomma.

E lì certo non è che potevi fraintendere, non è che stavi giorni e giorni e notti insonni a chiederti: ma che sarà, ma chi sarà, ma da dove arriva e dove va, ma sogno o son desta, ma che intendeva dire con quella frase/sguardo/sms/telefonata notturna/sorriso a metà ..., ma sarà vero oppure il solito calesse, ma se poi ci sbatto la testa dopo come faccio, ma io non ho più voglia di perdere tempo & co.

E' che dopo una certa soglia anagrafica, in effetti, la razionalità prende il sopravvento sull'istinto. Sarà frutto della maturità, delle esperienze pregresse, sarà colpa della società, o del sistema o molto più semplicemente della stanchezza. Fatto stà che passi il tempo ad analizzare mille aspetti per “capire”, per classificare, per inquadrare una delle cose che, in realtà, nulla hanno o dovrebbero avere a che vedere con il raziocinio.

Ed allora sei fottuto. Entri in certi schemi mentali che non ti permettono di fare quello che avresti fatto a quindici anni.

A quindici anni: detto, fatto. Più mi sforzo e più mi arrabbio: in realtà non è che io ricordi esattamente come funzionasse. Forse era davvero talmente semplice da non necessitare di alcuna rielaborazione interiore, tutto qui.

Non era molto difficile perché si parlava tutti la stessa lingua. Si andava tutti nella stessa direzione. Si avevano sempre gli stessi sogni. Si avevano gli stessi miti. Si vedevano gli stessi film e si ascoltava la stessa musica. E Jim Morrison e Kennedy oltreoceano, e Bud Spencer e Terrenc Hill da noialtri.

Poi qualcosa è cambiato, col tempo.

A trent'anni suonati, dopo porte e porte chiuse, inizi a chiederti se esiste o meno sto portone.

Inizi a farti altre settecentomila domande su te, sul tuo modo di essere, su come appari, su come ti intendono gli altri, sui loro comportamenti, sulle loro reali intenzioni, sull'essere ed avere, sul momento giusto e quello sbagliato, sul meglio una gallina oggi o un uovo domani, sul mondo e sul tuo orticello e tante altre pippe mentali che ti portano, inesorabilmente, ad abbandonare ogni entusiasmo ed a rifugiarti in un eremo con il tuo ipod.

Ma neppure questo ti permette di non pensare.

Perché non è che può essere solo colpa tua, in realtà.

E' che non esistono più le mezze stagioni.

E' che non ci sono più gli uomini di una volta, e neppure le donne.

E' che qui non si capisce più chi porta i pantaloni e chi la gonnella.

E' che se la porti te sei antica e l'hai voluta la parità o' ora pedala.

E' che se allora ti metti il pantalone sei troppo aggressiva e dovresti imparare a cucinare piuttosto che fare cose che non si addicono al tuo essere.

E' che ci vorrebbe una via di mezzo, un po' si un po' no, un po' più ehhh e un po' meno ehhh.

E' che qui è tutto in movimento, in continua evoluzione, che più stai lì a pensare di poter classificare qualcosa che già ti sono cambiati i parametri di riferimento, in modo assolutamente schizofrenico da non poter essere interpretato.

E devi riniziare da capo. E tutto quello che hai fatto fin'ora lo puoi tranquillamente buttare nel cesso perché è già obsoleto, e non c'hai capito nulla.

E io mi sono stancata.

E voglio scendere alla prossima fermata.

 

 

 
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