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NATALE E DELIZIE A NAPOLI: LA STORIA DEGLI STRUFFOLI

Post n°9 pubblicato il 19 Dicembre 2009 da shaijlyah
 

 

A fa 'e struffoli è nu sfizio. 

Cumminciamm dall'inizio: 

faje na pasta sopraffina, 

e po' tagliala a palline, 

cu na bona nfarinata. 

Dopp'a frje. Già t'e stancate? 

Chest è a parte chiù importante!

 Mò ce vo': miele abbondante

 e na granda cucuzzata

 (a cocozza nzuccherata).

 N'è fernuto ancora, aspiette!

 S'anna mettere 'e cunfiette:

 aggrazziate, piccerille,

 culurate: 'e diavulille...

 Ma qua nfierno, è Paraviso!

 Iamme, falle nu' surriso!

 Comme dice? "Mamma mia,

 stanne troppi ccalurie

 so' pesante, fanno male?"

 Si va buò,ma è Natale!




Le preparazioni natalizie campane sono legate alla rinomata tradizione pasticciera napoletana: roccoco’, susamielli, divino amore, zeppole e struffoli tutto questo ci riconduce al periodo dell’avvento, a lunghe serate in casa, al gioco della tombola.
Il profumo della dolce frittura, che durante la fase della preparazione impregna tutti gli abiti, le finestre chiuse, il vapore acqueo che si forma sui vetri, e l’odore che ci si porta dietro lasciando scie di aromi irresistibili.
In famiglia la nonna ha sempre sostenuto che quando si preparano le fritture natalizie non bisogna ne’ farsi vedere ne’ far sentire l’odore alla gente invidiosa: finirebbero con lo scoppiare!!!
Gli struffoli sono i dolci più napoletani che ci siano a pari merito con la sfogliatella e la celebre pastiera, e certo più del babà- Ma chi ha inventato gli struffoli? Ebbene, non i napoletani, nonostante la loro proverbiale creatività! Pare che nel Golfo di Napoli ce li abbiano portati i Greci, al tempo di Partenope ed e' proprio dal greco che deriverebbe il  nome  "struffolo": precisamente dalla parola  "strongoulos", arrotondato e "pristòs" tagliato: per assonanza, uno "strongoulos pristòs", cioè una pallina rotonda tagliata: vale a dire lo struffolo che nella Magna Grecia diventava "strangolapre(ve)te" nome che si dà anche agli gnocchetti supercompatti, in grado di  "strozzare" gli avidi membri del clero. Poiché la penuria di certezze stimola la fantasia, qualcun altro si è inventato che struffolo derivi da strofinare: il gesto che compie chi lavora la pasta, per arrotolarla  a cilindro prima di tagliarla in palline.
C'è anche chi ritiene erroneamente che lo struffolo si chiami così perché "strofina" il palato: nel senso che  lo solletica, per la sua bontà. E chi pensa addirittura, che la radice di struffoli sia da collegare allo strutto (il tipo di grasso con cui anticamente venivano fatti e in cui venivano fritti) Se non è ancora ben  chiaro da quale etimo - né da quale regione - gli struffoli provengano, è viceversa chiarissimo dove vanno: prima nelle nostre pance, e poi sui fianchi (se ne abbiamo ingurgitati troppi). Ben noto è anche il loro percorso: gli struffoli si sono spinti in tutta l'Italia Centromeridionale.
Due famosi trattati di cucina del 1600, il Latini e il  Nascia, citano come "strufoli - o anche struffoli-  alla romana" dei dolci preparati alla stessa maniera degli struffoli napoletani.   In Umbria e in Abruzzo lo struffolo si chiama cicerchiata, perché le palline di pasta fritta legate col miele hanno la forma di cicerchie.
Quindi, due nomi (struffoli e cicerchiata) per uno stesso dolce. Ma pure  l'opposto: due dolci diversi con lo stesso nome. Struffoli, per l'appunto.
Gli abitanti della Tuscia, regione intorno a Viterbo, chiamano ancora oggi struffoli  quelle frittelle di pasta soffice e leggera che altrove vengono definite "castagnole", e si mangiano a Carnevale.
Gli struffoli si trovano pure a  Palermo, con qualche piccola ma non sostanziale variante, una delle quali consiste nella perdita di una f ("strufoli"): le Sicilie erano due, ma lo struffolo rimaneva unico.
Nella preparazione degli struffoli molto è lasciato al naso (hanno un bell'aroma),  ma nulla è lasciato al caso. Ciascuna pallina di pasta fritta è  un capolavoro di ingegneria domestica, selezionato in centinaia d'anni di sperimentazione nelle cucine di ogni tipo.
Perché il vero struffolo dev'essere piccolo? Perché così aumenta la superficie di pasta che entra in contatto  col miele, e il sapore ne guadagna. E questo avviene soltanto se si confezionano delle palline di pasta di piccole dimensioni. 
Il miglior rapporto pasta/miele migliora i rapporti familiari, almeno durante le festività natalizie. Gli struffoli migliorano la qualità della vita.  Lo fanno adesso, e  figuriamoci quanto lo facevano  prima: fino a pochi anni fa la vita media era molto più breve, e in media, molto  più grama. Si mangiava poco e male, fuorché a Natale e alle feste comandate.
Gli struffoli, come tutti gli evergreen, nella loro sostanziale immutabilità presentano molte varianti: regionali, familiari  e personali. In questo sono un po' come le polpette: anche se gli ingredienti sono esattamente gli stessi, mangerete tanti struffoli diversi quanti sono le case in cui vi verranno offerti.  
Vi accorgerete che ciascuno ritiene che i "propri" struffoli siano quelli autentici: quelli della tradizione, tramandati da una nonna, una mamma o - ancora meglio! - da una zia monaca. Quest'ultima, quando c'è, è una garanzia: a Napoli un tempo gli struffoli venivano proprio preparati nei conventi, dalle suore dei vari ordini, e recati in dono a Natale alle famiglie nobili che si erano distinte per atti di carità.
Come accade a tutte le ricette ormai abbondantemente codificate, che sembrano non presentare punti oscuri, gli struffoli sono insidiosi: nascondono infatti molti segreti, spesso custoditi gelosamente.  
Uno di questi sta nel miele: che dev'essere abbondante. Senza di lui,  un dolce non può definirsi veramente tale. Come simbolo della Dolcezza, il miele è un Mito: i messaggeri degli Dei, mangiano miele nel cielo mattutino, e la Bibbia racconta come  Sansone estraesse dall'interno del leone da lui ucciso un favo d'api e di miele. La cosa lo mise di buon umore, tanto da spingerlo a formulare  un indovinello: "dal divoratore è uscito il cibo, dal forte è uscito il dolce" (Giudici, 14). Morale: dalla morte nasce la vita. A proposito di nascita, il  corpicino del Bambino Gesù  viene definito "roccia che dà miele".
Non è quindi un caso che gli struffoli siano un dolce tipicamente natalizio.
Ecco un'altra regola aurea: negli struffoli non esistono elementi accessori. Tutto è importante. Dai canditi ai diavolilli.
Nella ricetta degli struffoli trovano posto arancia e cedro candito, ma la parte del leone (come nella pastiera e nella sfogliatella) la fa la zucca candita: la famosa "cucuzzata".

 
 
 
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