Creato da sileabalano il 12/08/2006
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Suzanne Valadon...

Post n°110 pubblicato il 14 Marzo 2007 da sileabalano
 
Foto di sileabalano

Vita e talento della modella più famosa di Montmatre

Pare sia stato Toulouse-Loutrec, mentre la ritraeva in una delle sue numerose opere, a sospendere per un attimo il lavoro, a guardarla in modo riflessivo e sorridendole a dirle: : "Tu, che ami tanto posare nuda per i vecchi, dovresti chiamarti Susanna”.E così nacque Suzanne Valadon.  In realtà, la modella più famosa di Montmartre, la più richiesta e la più amata tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento si chiamava  Marie Clementine Valadon. Su di lei in questi ultimi anni si sono scritti alcuni libri e il cinema e il teatro si è interessato della soprannominata “terribile Marie”, rispolverando finalmente questo nome rimasto a lungo uno dei tanti, e legato solo alle immagini del suo volto e della sua figura impresse sulle tele dei più famosi pittori dell’epoca. Ma Suzanne era molto di più di una semplice modella. Divenne l’amante e la madre di molti degli artisti più geniali di un intero secolo. Aveva l’arte che le scorreva nelle vene. E lei stessa era pittrice. Aspetto, questo, non di scarso rilievo e che fa di Marie Clementine, una donna completa e davvero singolare nel panorama delle artiste occultate dalla storia dell’arte. Nacque il 23 settembre del 1865, figlia illegittima e abbandonata a se stessa, conobbe presto gli stenti  di una povertà non facile da combattere, soprattutto in una Montmartre che in quegli anni era ancora un quartiere semi-rurale e faticava ad evolvere a causa delle poche risorse. Ma parallelamente Montmatre si caratterizzava per la presenza di artisti di spicco  come Pierre Auguste Renoir e Henry de Toulouse Lautrec. Ed è proprio con questi e da questi che Marie cominciò la sua nuova vita. Dopo aver svolto un’infinità di lavori saltuari che le lasciavano soltanto il vuoto dentro o traumi fisici - quasi il destino avesse voluto obbligarla con metodi violenti a intraprendere la strada che le spettava -  rimase letteralmente folgorata  da colori, tele e pennelli e dalla vita artistica di uomini per i quali iniziò da subito a posare. Si aprì per lei un nuovo mondo, fatto di amori e di passioni e soprattutto di liberazione della propria vena creativa. Cominciò a dipingere firmandosi, appunto, Suzanne Valadon e il successo fu subito dalla sua parte. Partecipò a numerosi saloni di rilevo internazionale e le sue personali le valsero riconoscimenti critici e commerciali. Quando il 26 dicembre del 1883 Suzanne diede alla luce il piccolo Maurice, che verrà riconosciuto come proprio solo alcuni anni dopo dal giornalista Miguel Utrillo, probabilmente già sentiva dentro di sé che anche lui un giorno avrebbe lasciato il segno in quella Parigi dei primi del ‘900 riconosciuta ormai come capitale della cultura europea. Maurice Utrillo, infatti, nonostante il suo carattere ribelle, il forsennato bisogno di alcool e la vita sregolata e sempre ai margini, divenne uno dei più apprezzati paesaggisti del secolo scorso e condivise con Modigliani, Matisse, Chagall avventure e disavventure. Marie Clementine, in arte, Suzanne, dedicò, quindi, l’intera sua vita alla pittura e a tutti coloro che condividevano questa sua stessa passione. Morì a causa di un colpo apoplettico nel 1938, proprio mentre era intenta a dipingere. Ai suoi funerali accorsero numerosi artisti, tutti coloro che l’avevano conosciuta, amata, stimata e tra i tanti anche Picasso, Braque, Derain. La Valadon fu seppellita nel cimitero di Saint Ouen, accanto a quella stessa madre che non era riuscita a darle molto in vita, ma senza della quale, forse, Suzanne, non avrebbe mai avuto occasione di avvicinarsi all’affascinante mondo dell’arte e di farne parte, dando un senso nuovo alla sua esistenza. L’essenza di tutta la sua produzione artistica e del suo modo di essere è forse semplicemente racchiusa in una sua frase emblematica: “Non bisognerebbe mai mettere la sofferenza nei disegni, ma tuttavia non si ha nulla senza dolore. L’Arte (è qui) per rendere eterna questa vita che noi odiamo”. S. Valadon.

Silea Balano (pubblicato sulla rivista "Arte e Luoghi" in Febbraio 2007

 
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