Creato da sileabalano il 12/08/2006
Giorno dopo giorno, l'arte al femminile, cenni, riflessioni, news, avventure e disavventure personali tra pennelli ed esposizioni
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Vita e talento della modella più famosa di Montmatre Pare sia stato Toulouse-Loutrec, mentre la ritraeva in una delle sue numerose opere, a sospendere per un attimo il lavoro, a guardarla in modo riflessivo e sorridendole a dirle: : "Tu, che ami tanto posare nuda per i vecchi, dovresti chiamarti Susanna”.E così nacque Suzanne Valadon. In realtà, la modella più famosa di Montmartre, la più richiesta e la più amata tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento si chiamava Marie Clementine Valadon. Su di lei in questi ultimi anni si sono scritti alcuni libri e il cinema e il teatro si è interessato della soprannominata “terribile Marie”, rispolverando finalmente questo nome rimasto a lungo uno dei tanti, e legato solo alle immagini del suo volto e della sua figura impresse sulle tele dei più famosi pittori dell’epoca. Ma Suzanne era molto di più di una semplice modella. Divenne l’amante e la madre di molti degli artisti più geniali di un intero secolo. Aveva l’arte che le scorreva nelle vene. E lei stessa era pittrice. Aspetto, questo, non di scarso rilievo e che fa di Marie Clementine, una donna completa e davvero singolare nel panorama delle artiste occultate dalla storia dell’arte. Nacque il 23 settembre del 1865, figlia illegittima e abbandonata a se stessa, conobbe presto gli stenti di una povertà non facile da combattere, soprattutto in una Montmartre che in quegli anni era ancora un quartiere semi-rurale e faticava ad evolvere a causa delle poche risorse. Ma parallelamente Montmatre si caratterizzava per la presenza di artisti di spicco come Pierre Auguste Renoir e Henry de Toulouse Lautrec. Ed è proprio con questi e da questi che Marie cominciò la sua nuova vita. Dopo aver svolto un’infinità di lavori saltuari che le lasciavano soltanto il vuoto dentro o traumi fisici - quasi il destino avesse voluto obbligarla con metodi violenti a intraprendere la strada che le spettava - rimase letteralmente folgorata da colori, tele e pennelli e dalla vita artistica di uomini per i quali iniziò da subito a posare. Si aprì per lei un nuovo mondo, fatto di amori e di passioni e soprattutto di liberazione della propria vena creativa. Cominciò a dipingere firmandosi, appunto, Suzanne Valadon e il successo fu subito dalla sua parte. Partecipò a numerosi saloni di rilevo internazionale e le sue personali le valsero riconoscimenti critici e commerciali. Quando il 26 dicembre del 1883 Suzanne diede alla luce il piccolo Maurice, che verrà riconosciuto come proprio solo alcuni anni dopo dal giornalista Miguel Utrillo, probabilmente già sentiva dentro di sé che anche lui un giorno avrebbe lasciato il segno in quella Parigi dei primi del ‘900 riconosciuta ormai come capitale della cultura europea. Maurice Utrillo, infatti, nonostante il suo carattere ribelle, il forsennato bisogno di alcool e la vita sregolata e sempre ai margini, divenne uno dei più apprezzati paesaggisti del secolo scorso e condivise con Modigliani, Matisse, Chagall avventure e disavventure. Marie Clementine, in arte, Suzanne, dedicò, quindi, l’intera sua vita alla pittura e a tutti coloro che condividevano questa sua stessa passione. Morì a causa di un colpo apoplettico nel 1938, proprio mentre era intenta a dipingere. Ai suoi funerali accorsero numerosi artisti, tutti coloro che l’avevano conosciuta, amata, stimata e tra i tanti anche Picasso, Braque, Derain. La Valadon fu seppellita nel cimitero di Saint Ouen, accanto a quella stessa madre che non era riuscita a darle molto in vita, ma senza della quale, forse, Suzanne, non avrebbe mai avuto occasione di avvicinarsi all’affascinante mondo dell’arte e di farne parte, dando un senso nuovo alla sua esistenza. L’essenza di tutta la sua produzione artistica e del suo modo di essere è forse semplicemente racchiusa in una sua frase emblematica: “Non bisognerebbe mai mettere la sofferenza nei disegni, ma tuttavia non si ha nulla senza dolore. L’Arte (è qui) per rendere eterna questa vita che noi odiamo”. S. Valadon. Silea Balano (pubblicato sulla rivista "Arte e Luoghi" in Febbraio 2007
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La più affermata tra le artiste di origine italiana nel campo dell'arte contemporanea sarà in mostra alla GAMeC di Bergamo dall'8 maggio al 29 Luglio 2007. L’esposizione presenta per la prima volta a livello internazionale il lavoro pittorico di una delle personalità artistiche più conosciute e apprezzate, attraverso 35 tele di medie e grandi dimensioni e 450 disegni e acquarelli su carta.
Un appuntamento da non perdere.
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Un articolo di Anita Pepe tratto da Exibar:
Una valanga rosa vi seppellirà. Perché, se a Natale siamo tutti più buoni, a marzo siamo tutti più donne. Così sbocciano le mimose e fioriscono mostre e iniziative rigorosamente vietate ai maschietti. Autoreferenziali. Anacronistiche. Noiose…
Il problema stavolta non è quello di recensire una mostra. Che può essere bella o brutta, interessante o insulsa. Il problema è capire perché si organizzino certe mostre. E perché ogni otto marzo debba puntualmente essere funestato da iniziative per sole donne (che nel peggiore dei casi non si limitano ad una sola giornata, ma si protraggono per l’intero mese). Esposizioni fatte da, per e sulle donne. Autoreferenziali. Anacronistiche. Noiose. Sulla qualità, poi, meglio stendere un velo pietoso. Un velo? Per carità! Da quando l’Occidente ha scoperto che esiste l’Islam, nel dì consacrato al woman pride avanzano plotoni di Addolorate in burqa, ormai protagoniste assolute a spese di africane infibulate, sudamericane desaparecide, albanesi precocemente prostituite e casalinghe tumefatte da mariti alcolizzati. Un mondo equo e solidale United States of Benetton, perlopiù ritratto, fotografato, “installato” da patetiche accolite di tarde giovincelle in cerca d’autore e vecchie non-glorie sfiorite, con le mani spaccate dalla varechina più che dalla trementina, sottratte all’oblio e al macramè per iniziativa di quelle stesse istituzioni che, guarda un po’, quando si tratta di sovvenzionare altre mostre nel resto dell’anno, latitano. È la demagogia, dura lex sed lex di una politica che agli artisti offre impari opportunità, però senza alcuna discriminazione sessuale. Salvo, appunto, riscoprire la voglia di mecenatismo allo sbocciar delle mimose. E allora via, performers nostalgiche di zoccoli e dazebao e dame di San Vincenzo diplomate in ikebana, tutte insieme appassionatamente in retoriche e arruffate collettive-apartheid, ad inebriarsi di vittimismo/protagonismo veterofemminista e a starnazzare contro le quote rosa erose.
Contro l’evidenza.
Contro la realtà di un sistema in cui non ha più senso invocare una “Società di protezione bestie rare”, perché le donne nell’arte ci sono, eccome. L’ultimo Turner Prize se l’è beccato una pittrice. E quante leonesse-vessillifere ruggiranno a Venezia anche quest’anno, nei padiglioni patri? E mica vorremmo metterci a scartabellare tra gli inviti ai vernissage, per contare le presenze muliebri? Sciocchezze.
Nonostante tutto, però, intorno alle fatidiche Idi tocca assistere impotenti al proliferare –in spazi pubblici e sul circuito privato medio/basso, giacché a nessun gallerista serio verrebbe in mente una cosa del genere- di mostre settoriali e settarie, come se esistessero pennelli e pennellesse, come se ci fosse ancora bisogno di suffragette con la tavolozza in mano, o di pasionarie armate di plasma screen. Pronti a piangere e a scandalizzarci per le sorelle disgraziate in via di sviluppo sotto le bombe, visto che è solo il caso-limite a far notizia e tanto meglio se è lontano da noi. Perché i group show al femminile servono proprio a questo: a ricordarci che, per fortuna, c’è chi sta peggio di noi, emancipate consumatrici di assorbenti alati. E pazienza se, in tempi di revanscismo maschilista (“Borat” docet), tocca tenersi la palpatina sul bus e la battutina del collega. Pazienza se prima di fare un figlio bisogna chiedere il permesso al capo (che qualche volta non lo dà). Pazienza se culi e tette ristrutturati servono a vendere e a fare share. Pazienza se bisogna dimostrare che, se una gonna sta su una sedia importante, è perché ha sudato sui libri e non altrove. Pazienza se a trent’anni inizia la corsa a botox e liposuzione perché magazines e fidanzati-mariti scandiscono con inesorabile delicatezza il passar del tempo. Pazienza se bisogna morire taglia 40.
Tanto, dopo la mostra, si va tutte a far shopping. E poi una bella cenetta tra amiche. Naturalmente light.
Giusto? Sbagliato? Mah!
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Che grande insofferenza queste inaugurazioni.... E il giorno dopo hai solo un peso in meno sul cuore...
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Domani, ore 20.00, per l'inaugurazione della personale "Io sono qui... sempre qui" performance con testi letti a due voci ed esecuzione di un racconto breve scritto su tela in una manciata di minuti con genere e parole chiavi stabilite dal pubblico, in modo del tutto casuale e immediato. Mah! vedremo... Del resto, io organizzo tutto per divertire solo me stessa....
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La ventiseiesima edizione di ARCO la più importante tra le fiere spagnole dedicate all'arte contemporanea e alle ultime sperimentazioni si è conclusa con la consegna del gran premio a Marina Abramovic che si classificata miglior artista internazionale. In definitiva, una grande vittoria per tutta l'arte al femminile.
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Inviato da: sexydamilleeunanotte
il 05/10/2016 alle 17:42
Inviato da: puzzle bubble
il 07/05/2012 alle 23:37
Inviato da: EnricoDC_gallery
il 03/09/2008 alle 11:00
Inviato da: Anonimo
il 23/03/2008 alle 11:11
Inviato da: Anonimo
il 25/12/2007 alle 20:06