Un blog creato da synthesis011 il 21/03/2008

Alètheia

Amicus Plato, sed magis amica veritas.

 
 
 
 
 
 

Marx"In momenti come questi i mediocri pensano esattamente il contrario dei grandi condottieri. Credono di rimediare il danno diminuendo le forze in campo, frazionandole, cercando un compromesso con le necessità reali; viceversa Temistocle, allorché Atene corse il rischio di essere distrutta, spinse gli Ateniesi ad abbandonarla e a fondare sul mare, su un elemento nuovo, una nuova Atene".

Karl Marx, "Sulla strategia di Temistocle durante la battaglia di Salamina".
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"La soppressione della proprietà privata rappresenta, dunque, la totale emancipazione di tutti i sensi e di tutte le prerogative umane".

Karl Marx, "Manoscritti economico-filosofici" del 1844.
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"La resistenza passiva deve avere alla sua base la resistenza attiva. Altrimenti essa assomiglia alla resistenza che un vitello oppone al suo macellatore".

Karl Marx, "Un decreto di Eichmann", in "Neue Rheinische Zeitung" n.147; 19 Novembre 1848.
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"I proprietari di capitale stimoleranno la classe operaia a comprare più e più merci costose, case e tecnologie, spingendoli a prendere più e più credito, finché i loro debiti non pagati condurranno alla bancarotta delle banche, le quali dovranno essere nazionalizzate, e lo stato dovrà prendere la strada che alla fine porterà al comunismo".

Karl Marx, "Il Capitale", 1867.
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MarxEngels"Se i democratici proporranno che si regolino i debiti dello stato, i proletari proclameranno che lo stato faccia bancarotta".

Karl Marx - Friedrich Engels, "Indirizzo del Comitato Centrale della Lega dei Comunisti del Marzo", 1850.
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Engels"L'imposta in quanto tale grava in modo diseguale sulle differenti classi del paese. Per i poveri è un onere insopportabile, mentre sui ricchi incide in modo insignificante. (...)
Non appena il paese sarà conquistato alla democrazia sociale, non passeranno pochi mesi, anzi poche settimane, e la bandiera rossa sventolerà dalle Tuileries all'Eliseo. Soltanto allora sarà possibile abbattere dalle fondamenta il vecchio e oppressivo sistema finanziario con un colpo solo che spazzi via il debito nazionale e introduca un sistema di imposte dirette e progressive e altre misure di carattere non meno energico".

Friedrich Engels, "Lettere dalla Francia - I", 1849.
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Le tre leggi della dialettica.

  1. "La legge della conversione della quantità in qualità e viceversa.
  2. La legge della compenetrazione degli opposti.
  3. La legge della negazione della negazione".

Friedrich Engels, "Dialettica della natura", 1883.

 
 
 
 
 
 
 

Lenin"...divenne evidente che il primitivismo era legato all'economismo, e che noi non ci saremmo sbarazzati della nostra ristrettezza, nel lavoro organizzativo, senza esserci prima liberati dell'economismo in generale (cioè della ristretta interpretazione della teoria marxista, della funzione della socialdemocrazia e dei suoi compiti politici)".

Vladimir Lenin, "Che fare?", 1902.
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"Il complemento naturale delle tendenze economiche e politiche del revisionismo è stato il suo atteggiamento verso l'obiettivo finale del movimento socialista. «Il fine non è nulla, il movimento è tutto», queste parole alate di Bernstein esprimono meglio di lunghe dissertazioni l'essenza del revisionismo".

Vladimir Lenin, "Marxismo e revisionismo", 1908.
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"Un uomo politico, che desideri essere utile al proletariato rivoluzionario, deve saper distinguere i casi concreti dei compromessi inammissibili, in cui si esprimono l'opportunismo e il tradimento, deve saper indirizzare tutta la forza della critica, tutta l'acutezza di una denuncia spietata e di una guerra implacabile contro questi compromessi concreti, impedendo agli espertissimi socialisti «affaristi» e ai gesuiti parlamentari di cavillare e di eludere la propria responsabilità con disquisizioni sui «compromessi in generale». (...) Ci sono compromessi e compromessi. Bisogna saper analizzare la situazione e le condizioni concrete di ciascun compromesso e di ogni diversa specie di compromesso".

Vladimir Lenin, "L'Estremismo, malattia infantile del Comunismo", 1920.
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"Penso, compagni, che l'autocritica ci è necessaria come l'aria, come l'acqua".

Josif Stalin, "Rapporto all'Assemblea dell'Attivo dell'Organizzazione di Mosca", 1928.
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"I dogmatici e i talmudisti considerano il marxismo, le singole conclusioni e formule del marxismo, come una collezione di dogmi
«mai» mutabili, nonostante i cambiamenti nelle condizioni di sviluppo della società. (...)
Il marxismo non conosce le conclusioni e le formule immutabili, obbligatorie per tutte le epoche, per tutti i periodi. Il marxismo è nemico di ogni dogmatismo".

Josif Stalin, "Lettera al compagno Kholopov", 1950.
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"La bandiera della indipendenza nazionale e della sovranità nazionale è stata gettata a mare: non vi è dubbio che questa bandiera toccherà a voi di risollevarla e portarla in avanti, a voi rappresentanti dei partiti comunisti e democratici, se volete essere i patrioti del vostro paese, se volete essere la forza dirigente della nazione. Non vi è nessun altro che la possa levare in alto".

Josif Stalin, "Discorso al XIX Congresso del PCUS", 1952.

 
 
 
 
 
 
 

Marx"Nei paesi semicoloniali, come la Cina, i rapporti fra la contraddizione principale e le contraddizioni secondarie presentano un quadro complesso.
Quando l’imperialismo scatena una guerra di aggressione contro un paese di questo tipo, le diverse classi di tale paese, eccetto un pugno di traditori, possono temporaneamente unirsi per condurre una guerra nazionale contro l’imperialismo. La contraddizione fra l’imperialismo e quel paese diventa allora la contraddizione principale. (...) E’ quindi necessario, nello studio di ogni processo, che sia complesso e contenga più di due contraddizioni, fare ogni sforzo per trovare la contraddizione principale.(...)...occorre distinguere la contraddizione principale e quelle secondarie, e stare attenti soprattutto ad afferrare la contraddizione principale".

Mao Tse Tung, "Sulla contraddizione", 1937.
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CheGuevara"Non si può avere fiducia nell'imperialismo, neanche un pochettino così: niente! All'insegna della bandiera delle Nazioni Unite, nel Congo fu assassinato Lumumba. Erano queste le Nazioni Unite che i nordamericani pretendevano ispezionassero il nostro territorio, le stesse Nazioni Unite!".

Ernesto Che Guevara, 1964.
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Brecht"Lode al Comunismo".

"E' ragionevole, chiunque lo capisce.
E' facile. Non sei uno sfruttatore, lo puoi intendere.
Va bene per te, informatene.
Gli idioti lo chiamano idiota e, i sudici, sudicio.
E' contro il sudiciume e contro l'idiozia.
Gli sfruttatori lo chiamano delitto.
Ma noi sappiamo: è la fine dei delitti.
Non è follia ma invece fine della follia.
Non è il caos ma l'ordine invece.
E' la semplicità che è difficile a farsi."

Bertolt Brecht, 1933.
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"Al momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda è la voce del loro nemico.
Chi parla del nemico è lui stesso il nemico."

Bertolt Brecht.
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"Il peggior analfabeta è l’analfabeta politico. Egli non sente, non parla, né s’interessa degli avvenimenti politici. Egli non sa che il costo della vita, il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina, dell’affitto, delle scarpe e delle medicine, dipendono dalle decisioni politiche. L’analfabeta politico è talmente somaro che si inorgoglisce e si gonfia il petto nel dire che odia la politica. Non sa, l’imbecille, che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il minore abbandonato, il rapinatore e il peggiore di tutti i banditi, che è il politico disonesto, il mafioso, il corrotto, il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali."

Bertolt Brecht.

 
 
 
 
 
 
 

Cossutta"...è ammissibile che l'Italia debba sottostare alla volontà sopraffatrice degli Stati Uniti, in un'alleanza militare che ha perso - semmai le ha avute - le caratteristiche di un'alleanza difensiva? (...) Va respinta la linea imperialistica degli Stati Uniti di ricercare a tutti i costi la supremazia strategica per imporre al mondo le proprie scelte e va smascherata la pretesa di tipo schiavistico..."

Armando Cossutta, "I ritardi e gli errori del PCI nella lotta per la pace - Intervento alla riunione del Comitato Centrale del PCI", Gennaio 1984.
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"...colpire lo stato sociale, in questa società attuale, vuol dire colpire lo stato in quanto tale. In questa realtà il concetto di stato moderno, democratico, coincide con il concetto di stato sociale".

Armando Cossutta, "L'attacco allo "stato sociale" è attacco allo stato democratico - Intervento al Convegno Nazionale sulla finanza locale a Viareggio", Settembre 1985.
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"Nei discorsi di troppi nipotini di Togliatti non c'è più traccia di pensiero marxista né vecchia né nuova; non c'è neanche il rigore del pensiero non marxista. C'è semplicemente il rigore della morte del pensiero".

Armando Cossutta, "Troppi nipotini di Togliatti dimenticano nonno Marx - Intervista di Teresa Bartoli su < Il Mattino >", Ottobre 1985.
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Jaffe"La resistenza irachena sta facendo lotta di classe. Similmente, la lotta palestinese (...) è una lotta di classe. Per quanto populista sia la lotta (...) queste sono lotte di classe perché sono dirette contro uno stato o potere di classe capitalista e coloniale straniero. Ai nostri tempi ogni lotta di liberazione nazionale del terzo mondo contro l’imperialismo è una lotta di classe di significato storico se conduce ad una sconfitta di un potere o stato del primo mondo. La maggior parte delle lotte di classe economiche nei paesi imperialisti non hanno la stessa rilevanza storica. Tuttavia, se si uniscono alla lotta di classe anti-imperialista, allora tali lotte di classe possono divenire storiche."

Hosea Jaffe, "Lotta di classe, colonialismo e ruolo dei coloni", 2005.
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"Il genocidio causato dalla distruzione globale del comunismo primitivo ad opera del colonialismo capitalistico fece 300 milioni di vittime, più o meno 100 milioni per ognuno dei continenti coinvolti: America, Africa e Asia. Nell'insieme, includendo i genocidi su scala tipicamente europea perpetrati dopo le conquiste a danno delle società, dei popoli e delle civiltà non europee, questa «accumulazione primitiva» affogò il «comunismo primitivo» nel suo stesso sangue attraverso il corrispettivo di un centinaio di olocausti nazisti".

Hosea Jaffe, "Era necessario il capitalismo?", 2010.

 
 
 
 
 
 
 

Amendola"Il fatto che la lotta degli arabi fosse diretta dal Grande Mufti di Gerusalemme, che rappresentava l'ala più reazionaria e fanatica del vecchio islamismo, non poteva trarci in inganno sul carattere nazionale ed antimperialista del movimento arabo".

Giorgio Amendola, "Una scelta di vita", 1976.
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laRochelle"Perché in Francia è stato inventato nel 1930-1932 l'antifascismo, mentre non c'era il fascismo? Mi ricordo dire a Bergery: «Io sono pronto a entrare nel tuo antifascismo perché è il solo modo di far nascere il fascismo.» (...)
Il fascismo non poteva essere una gran cosa che divenendo sempre più socialista (...) Il conservatorismo borghese ha pervertito il fascismo dall'interno, i marxisti avevano ragione: il fascismo non è stato alla fine che difesa borghese. (...)
Io credo al comunismo, io mi rendo conto tardi dell'insufficienza del fascismo. All'epoca, io non consideravo il fascismo che come una tappa verso il comunismo."

Pierre Drieu la Rochelle, "Journal", 1939-1945.
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"L'ideologia, come l'alitosi, è qualcosa che appartiene sempre agli altri."

Terry Eagleton, "Ideologia. Storia e critica di un'idea pericolosa", 2007.
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"Le barricate in piazza le fai per conto della borghesia
che crea falsi miti di progresso".

Franco Battiato, "Up Patriots to Arms", 1980.
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DAlema"Questo antiberlusconismo che sconfina in una sorta di sentimento
anti-italiano è l’approccio peggiore alla grande sfida politica che il paese ha di fronte."

Massimo D'Alema, intervento alla presentazione del libro di Biagio De Giovanni "A Destra tutta. Dove si è persa la Sinistra", 2009.
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Manzoni"In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti."

Ennio Flaiano.

 
 
 
 
 
 
 

Secchia"Avete tradito la Resistenza".

"Voi avete tradito la Resistenza con l'opera di divisione prima e di discriminazione poi tra i cittadini italiani. La Resistenza, voi lo sapete, non significò soltanto lotta e combattimento, ma significò innanzitutto unità, unità di tutti gli italiani contro la tirannia, unità di tutte le forze democratiche, di tutte le forze sane della nazione, per liberare la patria prima e poi per ricostruirla, per rinnovarla, per farla sorgere a nuova vita.
Noi oggi lottiamo - pensavano i partigiani - ma poi con la libertà tutti gli italiani avranno una patria, anche i lavoratori saranno parte della nazione, avranno gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini. (...)
Voi, quali rappresentanti della grande borghesia italiana, non avete alcun interesse a fare conoscere ed a celebrare la storia della Resistenza perché questa suona condanna e vergogna per le classi dominanti che hanno portato il paese alla rovina e si sono poi messe al servizio dello straniero."

Pietro Secchia, dal "Discorso al Senato nella seduta del 23 Febbraio 1954".
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Lukàcs"Il peggiore dei regimi comunisti è sempre meglio del migliore dei regimi capitalisti".

György Lukács, intervista a "New Left Review", Luglio-Agosto 1971.
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Sanguineti"Il socialismo reale, con tutto quello che si può obbiettare, me lo preferisco al socialismo irreale, sempre".

Edoardo Sanguineti.
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Malcolm X"La stampa è tanto potente nella creazione di immagini da poter far sembrare una vittima il criminale e mostrare la vittima come fosse il criminale. Questa è la stampa, una stampa irresponsabile. Se non stai attento, i giornali ti faranno odiare la gente che è oppressa e amare coloro che opprimono".

Malcolm X.
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Debord"9. Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso".
"21. Più la necessità viene ad essere socialmente sognata, più il sogno diviene necessario. Lo spettacolo è il cattivo sogno della moderna società incatenata, che non esprime in definitiva se non il proprio desiderio di dormire. Lo spettacolo è il guardiano di questo sonno".
"34. Lo spettacolo è il capitale a un tale grado di accumulazione da divenire immagine".

Guy Debord, "La società dello spettacolo", 1967.

 
 
 
 
 
 
 

Contro l'imperialismo USA
e gli imperialismi "occidentali"
subdominanti e allineati.
Rise up 
Contro il dominio del grande capitalismo speculativo e finanziario!
No alla schiavitù imposta dai mercati!
Libertà per i popoli!
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Libertà e indipendenza,
per l'Italia e per tutti i popoli,
dall'imperialismo USA e dagli imperialismi "occidentali" subdominanti e allineati!
Indipendenza italiana
No alla dittatura del grande capitalismo speculativo e finanziario!
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APPELLO

COMUNISTE E COMUNISTI: COMINCIAMO DA NOI.

Dopo il crollo della Sinistra Arcobaleno, ci rivolgiamo ai militanti e ai dirigenti del Pdci e del PRC e a tutte le comuniste/i ovunque collocati in Italia.

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UN APPELLO IN SOSTEGNO DELLA CINA.

Un’indegna campagna di demonizzazione della Repubblica Popolare Cinese è in corso

«Vietate le Olimpiadi ai cani e ai cinesi»

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Just Foreign Policy Iraqi Death Estimator
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Contro i lager USA!
Abu-Ghraib
Via gli USA da Guantanamo!
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Libertà per i cinque Cubani imprigionati dagli USA!
Libertà per i cinque Cubani!

 
 
 
 
 
 
 
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I COLPI DI STATO DEL BIENNIO REAZIONARIO 1989 - 1991.

Post n°69 pubblicato il 11 Novembre 2009 da synthesis011
 

Dall'incrocio fra le riflessioni engelsiane e quelle leniniane sappiamo che è ben difficile la presa del potere in un momento in cui l'apparato statuale è integro.
Però "chissà" per quale "combinazione" i Paesi del blocco socialista collassarono simultaneamente.
Una teoria diffusa sostiene che Gorbaciov, con la sua visione sulla "Casa Comune Europea" (visione che lo accomunava a Kohl), avrebbe diretto il processo tramite il KGB, per giungere alla "socialdemocratizzazione" dei Paesi "orientali".
Ma il ministro degli esteri dell'URSS era Shevardnadze, uomo che avrebbe fatto riferimento agli USA, il quale, approfittando della situazione, avrebbe spinto le dinamiche al di là di quanto auspicato da Gorbaciov (da qui anche le vicissitudini negative toccate a Gorbaciov e a Kohl, poichè gli USA non solo desideravano la caduta del blocco socialista, ma volevano pure che non si costituisse una "Casa Comune Europea").
Dunque le pseudo-"rivoluzioni" (non sono d'accordo a chiamarle "rivoluzioni") sarebbero opera di Gorbaciov attraverso il KGB.
Non a caso, quanto più i Paesi erano vicini politicamente all'URSS, tanto più la caduta avvenne in modo incruento.
Maggiori difficoltà vi furono in Romania, il Paese politicamente più "lontano" del blocco.
Ma il tentativo fu più esteso.
Cuba, per la sua lontananza geografica, subì un attacco meno organizzato e riuscì a sventarlo (ricordate il generale Ochoa?).
Il processo fu intrapreso anche in Cina dove, ovviamente, per le posizioni peculiari di quel Paese, fu ancor più difficile la realizzazione del piano che infatti fallì.
La riuscita di questi veri e propri "colpi di Stato" fu quindi direttamente proporzionale alla vicinanza politica o geografica al "cuore" del potere Gorbacioviano e inversamente proporzionale al grado di resistenza che questi Paesi furono in grado di opporre.
Dunque, una serie di avvenimenti la cui lampante contemporaneità dovrebbe far palesemente sospettare tutti coloro che non intendano chiudere gli occhi aderendo ciecamente all'apologetica retorica capitalistica.

 
 
 

MURO TRA USA E MESSICO, MURO DI BAGHDAD, MURO IN PALESTINA, MURO DI PADOVA.

 



Bell'articolo di Fulvio Grimaldi: "Muri".
Eviterei solo un giudizio così drastico su Breznev e Chernenko e ricorderei, dall'articolo "Anna Seghers e la DDR - 1949 - 1989 – 2009" di Davide Rossi, la seguente considerazione: "Al di là della propaganda di allora che anche in campo ambientalista leggeva nei paesi dell'est e nella DDR dei mostri ecologici, l'emergere di analisi e ricerche serie ed approfondite sta portando ad una totale rivalutazione delle scelte ecologiche della DDR. Una legislazione stringente contro l'inquinamento, la raccolta differenziata praticata a Berlino e largamente diffusa nel resto della nazione e ad esempio allora sconosciuta a Berlino Ovest, la prevalenza del trasporto pubblico, metro, bus, treni, su quello decisamente più inquinante di automobili e automezzi privati".



Muro tra Usa e Messico, muro di Baghdad, muro in Palestina, muro di Padova

Di Fulvio Grimaldi.

Da giorni ormai ci scassano la minchia, come bene dicono in Sicilia, con le celebrazioni del ventennale della caduta del “Muro di Berlino”. Stamane alla radio, nella trasmissione sportiva, ho sentito pure i subumani della cronaca calcistica (fatta eccezione per il grande Oliviero Beha) delirare sulla caduta del muro e sulle magnifiche sorti e progressive che quella demolizione avrebbe realizzato a est del muro. Il muro fu abbattuto da una folla di ubriachi di illusioni, ingenuità e astuti inganni. Lungi da chiunque l’idea che questa valutazione significhi l’identificazione con quei detriti del “socialismo reale” che furono i Brezhnev, i Cernienko e, peggio, i Gorbaciov. Semmai comporta un meritato rispetto e riconoscimento per la DDR che, nel mondo di quel “socialismo” della nefasta coesistenza e spartizione di genti con il capitalismo imperialista, faceva un po’ parte a sé. A Togliatti o Berlinguer, questi prelati dell’inquisizione e del compatibilità controrivoluzionaria, i dirigenti della DDR stavano come canguri a conigli. A Lenin e Gramsci avrebbero fatto meno ribrezzo di quei padri del bipartisan a perdere. Lo sanno bene gli abitanti della Germania Est che confrontano oggi la loro situazione sociale derelitta, appena superiore a quella degli altri socialismi esteuropei sbaraccati e desertificati dalle voraci mafie messe su dalle “democrazie” occidentali, con la pensione a cinquant’anni, la scuola e la sanità gratuite, la piena occupazione, la casa, casetta se volete, garantita e, last but not least, il Berliner Ensemble, Bertold Brecht o Christa Wolff. Guardatevi “Goodbye Lenin“.

Feci con mio figlio Oliviero un viaggio nella DDR e verso il muro che stava pencolando. Cosa che tutti vi tacciono, compresi i subumani degli spurghi calcistici, è il fatto che dalla Germania Est già da anni si poteva transitare verso ovest, a visitare parenti, amici, ricordi. E viceversa. E’ vero che lungo le autostrade da Dresda – polverizzata piena di umanità e vuota di soldati da quel bel campione della democrazia e dei diritti umani che era Churchill, una specie di orco cannibale – a Berlino ogni qualche chilometro ci toccava nettare il parabrezza dalla fuliggine di un apparato industriale che ogni vantaggio assicurava al paese fuorchè la tutela dell’ambiente e dei polmoni. D’altra parte continuavamo a incrociare la divertente “Trabant” che era di fibra sintetica (geniale), sparava fetori dalla marmitta, ma durava l’intera vita del possessore. Qui o la cambi ogni due anni, l’auto, o ti sputano appresso. Questione di accumulazione o di qua o di là. A Berlino Ovest, nel Kurfuerstendamm, andammo a cercare il numero 173 dove aveva vissuto mio nonno, fatto fuori dalla fame nel 1943. C’era stata la ricostruzione democristiana: una forca caudina di negozi di lusso, grandi magazzini, chincaglierie per gonzi. La volgarità fatta Berlino. Ci rifugiammo tra gli eterni tigli di Unter den Linden, a est, dopo la Porta di Brandenburgo, e venimmo vezzeggiati da un quartiere neoclassico tenuto come un roseto a Kew Gardens. Non solo, in vicoli, che lì si chiamano Gassen, in piazzette e recessi attorno al Potsdamer Platz, oggi stuprati in nome della Volkswagen e di altre multinazionali e banche dai macigni terroristici dell’architetto regimista Renzo Piano, venimmo accolti da caldi localini all’antica, dove si chiacchierava, poetava, spettacolava, beveva in letizia e armonia. E poi anche tutto il resto era come quando ero ragazzo, non aveva subito lo sderenamento da frenesia innovativa, perlopiù indotta da scaltri imbonitori della speculazione. Belli ed eterni i sanpietrini di tutte le strade su cui sobbalzavamo
senza dover temere ulteriori rapine dalle nostre tasche di contribuenti per riasfaltare, mettiamo, la Salerno-Reggio Calabria. Sentimentalismo? Chissà.

Quel muro fu eretto nel 1961 da Kruschev e dai dirigenti della DDR per porre un freno all’infiltrazione continua e massiccia di spie, provocatori, destabilizzatori, disinformatori, da parte dei servizi occidentali, principalmente Usa e di Bonn. Serviva anche a non permettere che cittadini dell’Est andassero a far soldi arruolandosi in quell’armata di prezzolati della reazione controrivoluzionaria e a impedire che, abbagliati dalle sirene del consumismo, dei farlocchi andassero a farsi gabbare dal tritacarne capitalista. Brutto muro, a volte delittuosamente insanguinato, comunque meno dei genocidi economici e militari che l’imperialismo andava perpetrando nel Sud del mondo, in fuga dal colonialismo. Muro da porsi almeno all’80 per cento sul groppone dei revanscisti occidentali. Muro infinitamente meno brutto dei democratici muri di oggi, tutti eretti dallo schieramento della “democrazia” e dei “diritti umani”. Vedi le foto. E un fiore di bellezza rispetto ai muri che i licantropi occidentali e i loro ascarucci (tipo sindaco di Padova) vanno costruendo intorno a popoli da incarcerare ed estinguere. Ma anche di muri, ai quali fanno mettere la calce a noi stessi, attorno alle nostre menti e al nostro cuore a forza di terrorismo della paura, della menzogna, delle guerre, degli attentati, del razzismo, dell’individualismo, del libero mercato. Potessimo avere un muro da fargli crollare addosso e seppellirli per sempre!
Fonte: Dal blog "Mondocane": "Muri" http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2009/11/muri.html

 
 
 

VENT'ANNI FA CADEVA IL MURO: "UN GIORNO TRISTE".

GERMANIA
20 anni fa cadeva il muro: "Un giorno triste"


Ingrid, nata e cresciuta nella DDR, ai tempi della caduta del muro aveva 28 anni: "Abbiamo svenduto il nostro paese e i nostri valori per due banane. Basta con la retorica della libertà"


BERLINO - Vent'anni fa cadeva il muro di Berlino. Una ricorrenza che, anche da noi, è ricordata. Forse più che in Germania. In Ticino e in Italia giornali e televisioni hanno dedicato speciali e approfondimenti per un evento considerato di portata storica. Molta la retorica sulla libertà ritrovata. "Una retorica vista soltanto con gli occhi dell'Occidente" ci dice Ingrid, nata e cresciuta nella DDR. Ai tempi della caduta aveva 28 anni. "Sinceramente - ci racconta - quando è caduto il muro non ero tra le più entusiaste. E penso di non essere stata l'unica. Una cosa è vedere le immagini alla tv dei 50mila che attraversavano la frontiera, un'altra è capire come hanno vissuto gli altri cittadini della DDR questo 9 novembre. Io, personalmente, sentivo un vuoto interiore indescrivibile e l'angoscia dell'incognita del futuro."

La libertà è un’illusione - Ingrid, cresciuta a Lipsia, studi di economia alla Humboldt a Berlino Est, segretaria scolastica della FDJ, non vuole essere considerata la solita comunista nostalgica della DDR che ricorda con malinconia la giovinezza persa: "Sono stufa di sentire che noi 'Ossis' (tedeschi dell'est) siamo nostalgici dei tempi di una gioventù perduta. Non è vero. Poi, io, al partito non mi sono mai iscritta. La cosa che mi fa rabbia è sentire parlare di libertà riconquistata". E poi, ispirandosi alla hegeliana "Freiheit ist Einsicht in die Notwendigkeit": "La libertà assoluta non esiste. E' un'illusione. Noi nella DDR avevamo limitazioni riguardanti i permessi di viaggiare in Occidente. Ma mi sentivo libera lo stesso, andavo in vacanza in Ungheria o in Bulgaria, sul Mar Nero. Ma cosa vuol dire essere liberi? Mi sentivo più libera dei tanti disoccupati di Germania. Con i loro soldi contati per mangiare, sono più liberi di muoversi di quello che eravamo noi nella DDR, dove il lavoro era un diritto? In Germania, per essere accettati alla visita medica, bisogna pagare 10 euro. Molti senza lavoro che necessitano di cure, non hanno neppure i 10 euro per potersi permettere una visita. E lei questa, la chiama libertà?"

Mai iscritta al partito - Ingrid ama definirsi uno spirito libero: "Non sono mai stata iscritta al partito. Prima di andare all'università avevo spiegato ai dirigenti locali del partito che non ne ero convinta fino in fondo e che avrei deciso soltanto dopo la fine degli studi. Hanno capito e rispettato la mia decisione. Sinceramente detestavo coloro che si iscrivevano al partito soltanto per fare carriera".

Non manifestate - Ingrid amava il suo stato, la DDR: "A Lipsia, nel 1989, quando c'erano le manifestazioni di piazza contro il governo mi arrabbiavo e urlavo contro i manifestanti, imprecavo loro di fermarsi perché avrebbero portato alla rovina la Repubblica Democratica".

Relazioni pericolose e la Stasi - Una Repubblica che, ormai, nel 1989 viveva il suo ultimo anno di vita. Ingrid lavorava in un ostello della gioventù di Lipsia, frequentato da molti giovani occidentali: "Feci amicizia con molti tedeschi dell'Ovest e olandesi. Ci sentivamo anche per telefono, fino a quando un giorno, un collega mi ha avvertito, di nascosto, di fare attenzione, perché avrei rischiato grosso". La Stasi, infatti, si era accorta dei suoi contatti con gli occidentali: "Dopo la fine della DDR sono venuta a sapere che un giorno era stata nel mio appartamento, un quattro locali (a 75 marchi dell'est mensili) mentre ero al lavoro. Non ho avuto mai conseguenze della loro visita. Avevano capito che, nonostante i miei contatti con l'Ovest, non avrei mai lasciato il mio paese. In fondo, non ne sentivo il bisogno".

Scuola e ideologia - Un paese dove "l'istruzione era di prima categoria, i servizi medici e ospedalieri erano gratuiti e accessibili a tutti". "Siamo cresciuti con principi sani: la solidarietà, la pace, il lavoro. Un giorno alla settimana, durante gli anni del liceo c'era il cosiddetto 'giorno del lavoro'. Erano molto importanti le materie umanistiche. Venivano organizzati concorsi di poesia. Io me la cavavo bene. Ma poi abbandonavo. Quando si arrivava a un certo livello le tematiche poetiche erano soltanto politiche e mi ritiravo, perché non volevo essere costretta a scrivere testi ideologici".

L’aborto - Ingrid non si sottrae ad evidenziare anche i lati negativi di quello, che considera, ancora oggi, il suo stato: "C'era un certo disprezzo di alcuni aspetti etici e morali che non condividevo. Abortire, per esempio, era molto facile. Bastava andare all'ospedale. E sono molte le donne che ho visto soffrire per un intervento che ti lascia un segno indelebile dentro, per tutta la vita".

Svenduta la DDR per due banane - Ingrid abita nell'Ovest, i suoi genitori nell'est. Ingrid fa la cameriera in un locale per 8 euro all'ora. I suoi studi di economia alla Humboldt non sono serviti a nulla e ha poco tempo, oggi, per pensare al muro caduto: "Le condizioni di lavoro nella Germania Federale stanno peggiorando sempre più. Dobbiamo combattere ogni giorno per non perdere il nostro posto di lavoro. Dobbiamo lavorare duro, il doppio rispetto al normale. Lavorare anche per chi, in pratica, il lavoro non ce l'ha. E la cosa mi distrugge, perché ci sentiamo ancora più ricattabili e si vive con l'eterna angoscia di perdere il posto di lavoro. Un'angoscia che nella DDR non esisteva. Eravamo tranquilli, perché il lavoro era un diritto, per tutti, uomini e donne (le donne con figli avevano un giorno al mese di congedo lavorativo da dedicare alla famiglia). E io penso che questo sia un valore fondamentale. La consapevolezza di poter avere la possibilità di migliorarsi, a livello intellettuale e personale, con lo studio e il lavoro. Valori più alti rispetto ai supermercati pieni del superfluo. Il rammarico è di esserci svenduti alla Germania Federale. Di esserci fatti annettere per due banane, quelle banane che noi non trovavamo nei nostri negozi. Abbiamo buttato al macero tutti i nostri valori. Con l'illusione di promesse, finora mai mantenute".

 

Paolo d'Angelo




Tratto da "TIO": 
http://www.tio.ch/aa_pagine_comuni/articolo_interna.asp?idarticolo=504063&idsezione=9&idsito=1&idtipo=2

 
 
 

L'ADDIO AL COMUNISMO? COSTATO UN MILIONE DI MORTI.

LE CONCLUSIONI DELLO STUDIO APRONO UN DIBATTITO IDEOLOGICO

«L'addio al comunismo?
Costato un milione di morti»


La rivista Lancet: nell'Est la mortalità è aumentata del 13% per le privatizzazioni


Quanti morti può fare una privatizzazione? O meglio — se un conto si può fare — quante vite è costato il passaggio dal comunismo al capitalismo? E ancora: si può conteggiare l'effetto delle ricette economiche che quella transizione l'hanno dettata negli eltsiniani (e clintoniani) anni Novanta? Il conto è stato fatto. Pubblicato su una delle più prestigiose riviste di medicina internazionali, l'inglese Lancet, 4 anni di lavoro, modelli matematici complessi, basandosi sui dati del'Unicef dal 1989 al 2002. La conclusione: le politiche della privatizzazione di massa nei Paesi dell'ex Unione Sovietica e nell'Europa dell'Est hanno aumentato la mortalità del 12,8%. Ovvero, hanno causato la morte prematura di 1 milione di persone.

Non che, finora, qualche stima non fosse stata fatta. L'agenzia Onu per lo sviluppo, l'Undp, nel '99 aveva contato in 10 milioni le persone scomparse nel tellurico cambio di regime, e la stessa Unicef aveva parlato dei 3 milioni di vittime.


Tratto da "Il Corriere della Sera". Per leggere l'articolo completo:
http://www.corriere.it/esteri/09_gennaio_23/addio_comunismo_milione_morti_0dce5a8c-e91a-11dd-8250-00144f02aabc.shtml


Nonostante le infondate giustificazioni, il giornale borghese non riesce a nascondere la situazione reale.

 
 
 

NELL'EUROPA DELL'EST CRESCE LA NOSTALGIA DEL COMUNISMO.

Nell'Europa dell'est cresce la nostalgia del comunismo.

di

su Reuters del 09/11/2009

Solo il 30% degli ucraini si dice a favore del passaggio alla democrazia, quando nel 1991 era il 72%. In Bulgaria e Lituania, il crollo del numero dei favorevoli al cambio di regime si è fermato poco sopra la metà della popolazione, quando nel 1991 i tre quarti degli abitanti erano favorevoli alla transizione. In Ungheria, uno dei paesi più colpiti dal peggioramento economico, il 70% di quelli che nel 1989 erano già adulti confessa di esser rimasto deluso dai risultati del cambio di regime.

Vent'anni dopo la caduta del comunismo, Belene (Bulgaria) è un posto ormai dimenticato e soltanto una piccola targa di marmo ne ricorda la storia. Mentre la nostalgia del passato cresce nel piccolo paese balcanico e nell'ex blocco sovietico. Il fallimento del capitalismo nel migliorare le condizioni di vita (della popolazione), nell'imporre lo stato di diritto e nell'arginare la corruzione dilagante e il nepotismo ha aperto la strada a ricordi del tempo in cui il tasso di disoccupazione era a zero, il cibo era economico e la sicurezza sociale era alta.

"Le cose negative sono state dimenticate", dice Rumen Petkov, 42 anni, un tempo guardia e oggi impiegato nell'unica prigione che ancora funziona sull'isola di Persin. "La nostalgia è palpabile, soprattutto tra i più anziani" dice. Alcuni ragazzi della povera cittadina di Belene, unita all'isoletta da un pontile, rievocano il passato: "Un tempo vivevamo meglio", dice Anelia Beeva, 31 anni. "Andavamo in vacanza al mare e in montagna, c'erano abiti, scarpe e cibo in abbondanza. Mentre adesso spendiamo quasi tutto il nostro stipendio in generi alimentari. Quelli che hanno una laurea sono disoccupati e se ne vanno all'estero", aggiunge.

In Russia, negli ultimi anni hanno aperto molti ristoranti che si ispirano al periodo comunista, soprattutto a Mosca: molti organizzano "serate della nostalgia", in cui i giovani si vestono da pionieri, la versione sovietica dei boy scout e delle guide, e ballano i classici del periodo comunista. Champagne sovietico e i cioccolatini "Ottobre rosso" rimangono i più richiesti per festeggiare i compleanni. In estate, in tutto il paese s'incontrano magliette e cappellini da baseball con la scritta "Urss".

DISINCANTO

Nei paesi ex comunisti dell'Europa orientale, c'è un diffuso disincanto nei confronti della democrazia e i sondaggisti dicono che la sfiducia nei confronti delle elite che li hanno resi cittadini dell'Unione Europea è impressionante. Un sondaggio regionale svolto a settembre dal centro di ricerca americano Pew ha evidenziato che in Ucraina, Bulgaria, Lituania e Ungheria c'è stata una drastica caduta della fiducia nella democrazia e nel capitalismo. Il sondaggio ha fatto emergere che soltanto il 30% degli ucraini si dice a favore del passaggio alla democrazia, quando nel 1991 era il 72%. In Bulgaria e Lituania, il crollo (del numero di coloro favorevoli al cambio di regime) si è fermato poco sopra la metà della popolazione, quando nel 1991 i tre quarti degli abitanti erano favorevoli (alla transizione).

Le analisi elaborate dall'organizzazione americana per i diritti umani Freedom House confermano l'arretramento o la stagnazione per quanto riguarda (la lotta alla) corruzione, la capacità di governo, l'indipendenza dei media e la società civile nei nuovi membri Ue.

La crisi economica globale che ha colpito la regione e ha messo fine a sei-sette anni di crescita, sta mettendo in crisi i rimedi del capitalismo neoliberalista prescritto dall'occidente. Le speranze di raggiungere il tenore di vita dei ricchi vicini occidentali sono state rimpiazzate da un senso di ingiustizia, provocato dall'allargarsi della forbice tra ricchi e poveri.

Secondo un sondaggio svolto a ottobre da Szonda Ipsos, in Ungheria, uno dei paesi più colpiti dal peggioramento economico, il 70% di quelli che nel 1989 erano già adulti confessa di esser rimasto deluso dai risultati del cambio di regime.

Gli abitanti dei paesi dell'ex Jugoslavia, segnati dalle guerre etniche degli anni Novanta e non ancora ammessi nell'Unione Europea, coltivano nostalgie del periodo socialista di Josip Tito, durante il quale -- diversamente da quanto accade oggi -- per loro era possibile viaggiare in Europa senza bisogno di visti. "All'epoca tutto era meglio di oggi. Non c'era la criminalità di strada, i posti di lavoro erano sicuri e i salari erano sufficienti per garantire una condizione di vita decente" dice Koviljka Markovic, 70 anni, pensionato belgradese. "Io oggi con la mia pensione di 250 euro al mese riesco a malapena a sopravvivere".


Tratto da "L'Ernesto": http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=18560

 
 
 

IL MURO DI BERLINO E WALESA. VENT'ANNI SONO TRASCORSI. SI SENTONO TUTTI, SONO TANTI E SONO PASSATI! DA UN PEZZO!

Altro che le panzane dei mass-media! 
Vent'anni sono trascorsi. Si sentono tutti, sono tanti e sono passati! Da un pezzo!
Mettiamo alla berlina le autoreferenziali celebrazioni borghesi sulla caduta del muro di Berlino! E' passata la sbronza di quel tempo. 
Il capitalismo ha provocato feroci e antidemocratiche devastazioni sociali. Appare chiaro ormai come il capitalismo sia un vecchio e sgangherato carrozzone arrugginito! 
I Tedeschi della ex Germania orientale, secondo un recente sondaggio diffuso anche da "Il Giornale", al 57% rimpiangono le condizioni di vita della DDR. L'8% addirittura le rimpiange decisamente!
Sappiamo che "Il Giornale" è un quotidiano smaccatamente anticomunista. Eppure anche le loro analisi discutibili non riescono a nascondere la situazione reale.


http://www.ilgiornale.it/esteri/nostalgia_germania_comunista_allest_dicono_si/28-06-2009/articolo-id=362202-page=0-comments=1
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Oggi i padroni offriranno per l'ennesima volta la loro minestrina insipida (dopo vent'anni neanche più tiepida) fatta di retorica e concertini, cercheranno ancora di abbacinare le masse popolari offrendo lo spettacolino di vetri colorati di nessun valore, così come fecero gli Statunitensi con i cosiddetti "Indiani d'America". 
Ma questa volta il loro tentativo di assurgere al ruolo di pastori delle masse vedrà una brusca diminuzione di soggetti disponibili a seguirli lungo i tratturi. 
Uno degli uomini chiamati a dar spettacolo sarà quel Walesa, al servizio di Chiesa e Paesi capitalistici occidentali, che organizzò scioperi in funzione antidemocratica, salvo poi reprimerli una volta assurto al potere.

Riguardo a Walesa e a Solidarnosc, cito un articolo tratto da:
 


http://www.resistenze.org/sito/te/po/pl/popl7d05-001310.htm

www.resistenze.org - popoli resistenti - polonia - 05-04-07 

da: www.aurorarivista.it

Polonia: il ruolo controrivoluzionario di Solidarnosc

Davide Rossi

"Solidarnosc è diventato il costruttore del capitalismo in Polonia.” La frase certo dura è ancora più pesante se si scopre che a pronunciarla è Aleksander Smolar, allora dirigente di quella formazione e inseguito consigliere del presidente della Repubblica espressione di Solidarnosc: Mazowiecki. Che cosa sia il capitalismo lo si può scoprire da un allora militante di Solidarnosc – forse oggi un po’ pentito - che non ha fatto carriera ma è rimasto ai cantieri navali di Danzica, cantieri che oggi non si chiamano più Lenin. Roman Swierszcz spiega: “Oggi i soldi sono tutto, siamo stati dimenticati e traditi, qui ai cantieri siamo rimasti in tremila e produciamo due navi l’anno, 25 anni fa eravamo 16mila e producevamo 30 navi.” Poi iniziò la stagione di Solidarnosc.

In Italia allora tutti o quasi – anche a sinistra – scrivevano articoli sugli “eroici” operai polacchi. A distanza di 25 anni il giudizio su Solidarnosc può essere più sereno, non per questo meno severo. Solidarnosc e il signor Walesa che lo guidava, con i soldi del Vaticano, meglio, dei contribuenti italiani, in particolare del Banco Ambrosiano, che passavano allo IOR, Istituto per le opere religiose e banca del Vaticano e quindi in valige diplomatiche del vescovo polacco Glemp, non controllabili alle frontiere, valigie ricordiamolo fortemente volute da papa Giovanni Paolo II, ha contribuito a cambiare la politica europea. Oggi lo stato polacco non è più comunista, quando era comunista tutti avevano casa, scuola, sanità, lavoro, oggi il 18% dei cittadini di quella nazione sono disoccupati.

Solidarnosc era quindi uno strumento della guerra fredda e questo lo ha sempre dimostrato, non lo si può certo ritenere un soggetto sindacale, ma della lotta politica, non a caso vince le elezioni del 1989 con la maggioranza assoluta, per poi sparire molto rapidamente, dopo aver portato appunto i polacchi nel capitalismo. La Polonia di oggi non è migliore di quella di 25 anni fa, anzi. Possiamo quindi concludere che la vittoria del gruppo politico Solidarnosc – ribadiamolo politico, non sindacale - non ha coinciso con una maggiore democrazia e una maggiore giustizia per il popolo polacco. Come vincitori della guerra fredda gli uomini di Solidarnosc si attribuiscono tuttavia questi meriti, oltre ovviamente a ritenersi i portatori della libertà nell’Europa dell’Est.

Ma se la storia è scritta dai vincitori, l’analisi storica è svincolata da qualunque obbligo verso il potere, qualunque esso sia. Mi piace allora aggiungere una postilla ricordando come – almeno su un punto – i comunisti polacchi allora siano stati troppo buoni. Di fronte infatti a mesi e mesi di scioperi che procedevano con la seguente scansione giornaliera: comizio di Walesa, messa e tutti a casa per pranzo, in modo da stare in famiglia e con i figli, aiutandoli nel pomeriggio a far i compiti o portandoli al parco, bene, per tutti quei mesi il governo comunista ha continuato a pagare gli stipendi, senza effettuare trattenute per le giornate di sciopero. Oggi anche in Polonia sanno che se si sciopera si perde la retribuzione della giornata di lavoro e nella stagione del liberismo estremo a volte si perde anche il lavoro.

 
 
 

VIVEVANO MEGLIO NELLA DDR.

Post n°63 pubblicato il 09 Novembre 2009 da synthesis011
 

Riporto qui una notizia tratta dal sito AURORA 
http://sitoaurora.splinder.com/post/21492689  
dal quale apprendiamo che il 57% dei Tedeschi della ex-Germania orientale rimpiange le condizioni di vita della DDR. L'8% addirittura le rimpiange decisamente.

 

"VIVEVANO MEGLIO NELLA DDR"

"Pensare in profondo"

"A giugno 2009 uscì questo sondaggio:
Berlino, 26 giugno 2009 - A 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino la maggioranza dei tedeschi dell’est continua ad essere in preda alla ‘Ostalgià e rimpiange le condizioni di vita nella DDR. La clamorosa rivelazione emerge da un sondaggio Emnid commissionato dal governo tedesco, di cui il quotidiano ‘Berliner Zeitung’ rivela oggi i risultati.
Il 49 per cento degli intervistati è convinto che «la Ddr aveva più lati positivi che negativi. C’era qualche problema, ma si viveva bene». Un altro 8 per cento va ancora oltre ed afferma che «la Ddr aveva soprattutto aspetti positivi. Si viveva più felici e meglio di quanto si fa oggi nella Germania riunificata».
Il risultato del sondaggio allarma il ministro federale dei Trasporti, Wolfgang Tiefensee (Spd), con delega per la ricostruzione dei 5 laender tedesco-orientali, il quale annuncia iniziative di informazione soprattutto nelle scuole.
Il ministro dichiara al giornale che «non possiamo ridurre gli sforzi nel fare i conti con la storia della Ddr» e chiede che le scuole dedichino maggiore spazio allo studio della vita quotidiana nella Germania Est e agli eventi che il 9 novembre 1989 condussero al crollo del Muro di Berlino.
Tiefensee ha nel frattempo già inviato una circolare a tutti i ministri dell’Istruzione dei 16 laender tedeschi per adattare alle nuove necessità l’insegnamento della storia nelle scuole. Il ‘Berliner Zeitung’ sottolinea che il risultato del sondaggio è tanto più sorprendente in quanto dai precedenti sondaggi era emerso che, pur non amando troppo la Germania riunificata, i tedeschi dell’est non auspicavano tuttavia in maniera così massiccia una rinascita della Ddr, sognata solo da un «Ossi» su nove.
Dal sondaggio Emnid emerge anche che poco più di un terzo dei tedeschi dell’est (37%) ritiene che i cittadini siano in grado di esercitare un’influenza sul mondo politico. Di tutt’altro avviso sono invece i «Wessis», i tedeschi dell’ovest, il 78 per cento dei quali loda lo stato di diritto, con una percentuale di poco superiore al 50 per cento che crede nel potere di influenza dei cittadini sui politici. Il 52 per cento dei Wessis considera poi che la Ddr aveva più lati negativi che positivi.
fonte: quotidiano.net

E' di qualche giorno fa la pubblicazione di questo studio sulla mortalità nei paesi dell'Est dopo il passaggio all'economia di mercato e capitalista.
La cosa interessante è l'approccio del ministro dell'SPD che, allarmato, ritiene lui di dover fare una corretta informazione nelle scuole per convincere (probabilmente) i figli che i padri conducevano una vita di merda (a proposito di egemonia culturale).
La domanda che ci sovviene è: ma riuscirà un barbone di Mosca a notare la differenza con il precedente regime ed a sorridere come un barbone di New York?"


Ma questa notizia è riportata anche da un quotidiano decisamente anticomunista come "Il Giornale", il quale non riesce a nascondere la situazione reale:
http://www.ilgiornale.it/esteri/nostalgia_germania_comunista_allest_dicono_si/28-06-2009/articolo-id=362202-page=0-comments=1


Da quest'altro sito possiamo avere un'idea delle discriminazioni a cui sono sottoposti oggi i lavoratori e i cittadini nati nella ex-DDR:
http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-europa/germania-lavoro-rifiutato-viene-dalla-ddr-eveline-brachwitz-136010/

 

 

 

 

 
 
 

DISCORSO-AUTODIFESA PRONUNCIATO DAVANTI AL TRIBUNALE DI BERLINO. ERICH HONECKER.

Post n°62 pubblicato il 09 Novembre 2009 da synthesis011

DISCORSO-AUTODIFESA PRONUNCIATO DAVANTI AL TRIBUNALE DI BERLINO


Erich Honecker

Seconda parte.  (Per tornare alla prima parte, cliccare qui).

Dopo l’ingresso della RFT nella NATO, la RDT aderì al Patto di Varsavia. I due Stati tedeschi si fronteggiarono così come Stati membri di alleanze militari ostili.

La RFT era più forte della RDT sotto diversi aspetti: per numero di abitanti, potenza economica, legami politici ed economici. Grazie al piano Marshall e al pagamento di minori riparazioni dovette inoltre sopportare le conseguenze della guerra in misura ridotta. La RFT disponeva di maggiori ricchezze naturali e di un territorio più ampio. Essa sfruttò questa molteplice superiorità in tutti i modi, ma soprattutto promettendo ai cittadini della RDT vantaggi materiali se abbandonavano il loro paese. Molti cittadini della RDT non resistettero a questa tentazione e fecero quello che i politici della RFT si aspettavano che facessero: “votarono con i piedi”. Il successo economico esercitò un’attrazione fatale sui tedeschi dopo il 1945 non meno di quanto era accaduto dopo il 1933.

La RDT e gli Stati alleati del Patto di Varsavia vennero a trovarsi in una situazione difficile. La politica del roll back sembrava coronata da successo in Germania. La NATO si accingeva ad estendere la sua area di influenza fino all’Oder.

Questa politica produsse nel 1961 una situazione di tensione in Germania che metteva in pericolo la pace mondiale. L’umanità si trovò sull’orlo di una guerra atomica. Questa era la situazione quando gli Stati del Patto di Varsavia decisero la costruzione del muro. Nessuno prese quella decisione a cuor leggero. Perché divideva le famiglie, ma anche perché era il segno di una debolezza politica ed economica del Patto di Varsavia rispetto alla NATO che poteva essere compensata solo con mezzi militari.

Politici eminenti fuori della Germania, ma anche nella RFT, riconobbero dopo il 1961 che la costruzione del muro aveva diminuito la tensione nel mondo.

Franz Josef Strauss scrisse nelle sue memorie: «Con la costruzione del muro la crisi, in modo certo non positivo per i tedeschi, poteva però dirsi non solo sotto controllo ma effettivamente chiusa» (pag. 390). In precedenza Strauss aveva parlato dei piani di bombardamento atomico del territorio della RDT (pag. 388).

Io credo che non ci sarebbero stati nè il Trattato Fondamentale [trattato che regolava i rapporti tra le due Germanie concluso nel dicembre 1972, N.d.T.], nè Helsinki, ne l’unità della Germania se in quel momento non fosse stato costruito il muro o se esso fosse stato abbattuto prima della fine della guerra fredda. Penso perciò che approvando la costruzione del muro e mantenendo poi quella posizione nè io nè i miei compagni ci siamo macchiati di alcuna colpa, non solo dal punto di vista del diritto, ma neanche da un punto di vista morale e politico.

Rispetto alla storia della Germania è certo solo una nota marginale, ma è il caso di notare che adesso molti tedeschi sia dell’ovest che dell’est vedrebbero volentieri una riedizione del muro.

Ma ci si deve anche chiedere che cosa sarebbe successo se avessimo agito come l’accusa dà per scontato che avremmo dovuto fare. Cioè se non avessimo eretto il muro, se avessimo consentito a chiunque di lasciare la RDT, segnando così spontaneamente la resa della RDT già nel 1961. Non c’è bisogno di particolare fantasia per capire quali effetti avrebbe prodotto una politica siffatta. Basta considerare quel che è successo nel 1956 in Ungheria e nel 1968 nella Repubblica Socialista Cecoslovacca. Le truppe sovietiche, che tra l’altro erano già presenti, sarebbero intervenute anche nella RDT nel 1961, esattamente come avevano fatto negli altri paesi. Anche in Polonia Jaruzelski proclamò lo stato di emergenza nel 1981 per impedire un intervento di quel tipo.

L’acutizzazione della crisi che avremmo provocato se ci fossimo attenuti al modello che l’accusa ritiene essere l’unico politicamente, moralmente e giuridicamente fondato avrebbe comportato il rischio di una terza guerra mondiale. Noi non abbiamo voluto e non potevamo correre questo rischio. Se questo per voi è un crimine pronuncerete voi stessi la vostra condanna di fronte alla storia con la vostra sentenza. Ma questo importerebbe poco. Quel che più importa è che la vostra sentenza costituirà un segnale per riproporre le vecchie contrapposizioni anziché ricucirle. In presenza del pericolo di un collasso ecologico del mondo, voi riproponete la vecchia strategia di classe degli anni ‘30 e la politica di potenza tipica della Germania fin dai tempi del cancelliere di ferro.

Se ci condannerete per le nostre decisioni politiche del 1961; e io penso che lo farete; la vostra sentenza sarà non solo priva di ogni fondamento giuridico, non solo emessa da un tribunale di parte, ma anche una sentenza che ignora totalmente consuetudini politiche e comportamenti di quegli stessi paesi che godono del vostro massimo rispetto come Stati di diritto. In questo contesto non voglio certo, nè potrei elencare tutti i casi in cui negli ultimi 28 anni sono state prese decisioni politiche che hanno avuto un costo di vite umane, perché non voglio abusare del vostro tempo e della vostra sensibilità. E nemmeno potrei ricordarmeli tutti. Ne voglio menzionare soltanto alcuni:

Nel 1963 l’allora presidente degli Stati Uniti Kennedy decise di inviare truppe nel Vietnam per prendere il posto dei francesi sconfitti e far la guerra fino al 1975 contro i vietnamiti che combattevano per la loro libertà, indipendenza e autodeterminazione. Questa decisione del presidente degli USA, che comportava una violazione eclatante dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale, non ha mai ricevuto la minima critica da parte del governo della RFT. I presidenti degli USA Kennedy, Johnson e Nixon non sono mai stati portati davanti a un tribunale e il loro onore non ha subito la minima macchia, almeno non per quella guerra. E in questo caso nè i soldati americani ne quelli vietnamiti hanno potuto decidere liberamente se correre o meno il rischio di morire per una guerra ingiusta.

Nel 1981 l’Inghilterra fece intervenire le sue truppe contro l’Argentina per mantenere le isole Falkland come colonia per l’impero. La “lady di ferro” si assicurò in quel modo una vittoria elettorale e la sua immagine non ne fu minimamente offuscata, neanche dopo la fine delle sue fortune elettorali. Nessuno pensò di accusarla di omicidio.

Nel 1983 il presidente Reagan ordinò alle sue truppe di occupare Grenada. Non cè persona che goda di maggior rispetto in Germania di questo presidente americano. Evidentemente le vittime di questa impresa era giusto che fossero ammazzate.

Nel 1986 Reagan fece bombardare in un’azione punitiva le città di Tripoli e Bengasi, senza chiedersi se le sue bombe avrebbero colpito colpevoli o innocenti.

Nel 1989 il presidente Bush ordinò di portare via da Panama con la forza delle armi il generale Noriega. Migliaia di panamensi innocenti furono uccisi. Ma per il presidente americano ciò non ha comportato la minima macchia, figurarsi un’accusa di omicidio.

L’elenco potrebbe continuare a piacere. Anche solo menzionare la condotta inglese in Irlanda potrebbe sembrare ineducato.

Sugli effetti che le armi della Repubblica Federale Tedesca producono tra i Kurdi della Turchia o tra i neri del Sudafrica si pongono interrogativi retorici, ma nessuno fa la conta dei morti e nessuno chiama per nome i colpevoli.

Parlo solo di paesi che vengono considerati modelli di stato di diritto e ricordo solo alcune delle loro scelte politiche. Ognuno può agevolmente fare un confronto tra queste scelte e quella di erigere un muro al confine tra Patto di Varsavia e NATO.

Ma voi direte che non potete nè dovete decidere in merito alle azioni di altri paesi e che tutto questo non vi riguarda. Io non credo però che si possa dare un giudizio storico della RDT senza analizzare quel che è accaduto in altri paesi nel periodo in cui la RDT è esistita a motivo della contrapposizione tra i due blocchi. Credo anche che le azioni politiche possano essere giudicate soltanto nel loro contesto. Se voi chiudete gli occhi su quel che è successo nel mondo fuori dalla Germania dal 1961 al 1989 non potete pronunciare una sentenza giusta.

Ma anche se vi limitate alla Germania, mettendo a confronto le scelte politiche dei due Stati tedeschi, un bilancio onesto e obiettivo non può che andare a vantaggio della RDT. Chi nega al proprio popolo il diritto al lavoro o il diritto alla casa, come avviene nella RFT, mette in conto che molti si sentano negare il diritto all’esistenza e non vedano altra soluzione che togliersi la vita. La disoccupazione, la condizione dei senza tetto, l’abuso di droghe, i crimini per procurarsi la droga e la criminalità in genere sono frutto della scelta politica dell’economia di mercato. Anche scelte apparentemente cosi neutre dal punto di vista politico come i limiti di velocità sulle autostrade, sono il prodotto di un assetto statale in cui sono determinanti non i politici liberamente eletti ma i padroni che non sono stati eletti da nessuno. Se il dipartimento per i reati commessi nell’esercizio del potere presso la Corte suprema si curasse per una volta di questi aspetti, presto avrei nuovamente la possibilità di stringere la mano ai rappresentanti della Repubblica Federale Tedesca. Questa volta però a Moabit. Ma questo naturalmente non accadrà perchè alle vittime dell’economia di mercato era giusto che si togliesse la vita.

Non sono io la persona che possa fare un bilancio della storia della RDT. Il momento di farlo non è ancora venuto. Il bilancio sarà tratto in futuro e da altri.

Io ho speso la mia esistenza per la RDT. Dal maggio 1971 soprattutto ho avuto una responsabilità rilevante per la sua storia. Io sono perciò parte in causa e oltre a ciò indebolito per l’età e la malattia. E tuttavia, giunto alla fine della mia vita, ho la certezza che la RDT non è stata costituita invano. Essa ha rappresentato un segno che il socialismo è possibile e che è migliore del capitalismo. Si è trattato di un esperimento che è fallito. Ma per un esperimento fallito l’umanità non ha mai abbandonato la ricerca di nuove conoscenze e nuove vie. Bisognerà ora analizzare le ragioni per cui l’esperimento è fallito. Sicuramente ciò è accaduto anche perchè noi; voglio dire i responsabili in tutti i paesi socialisti europei; abbiamo commesso errori che potevano essere evitati. Sicuramente è fallito in Germania tra l’altro anche perchè i cittadini della RDT, come altri tedeschi prima di loro, hanno compiuto una scelta sbagliata e perché i nostri avversari erano ancora troppo potenti. Le esperienze storiche della RDT, insieme a quelle degli altri paesi ex socialisti, saranno utili a milioni di uomini nei paesi socialisti ancora esistenti e serviranno al mondo futuro. Chi si è impegnato con i! proprio lavoro e con la propria vita per la RDT non ha vissuto invano. Un numero sempre maggiore di persone dell’est si renderanno conto che le condizioni di vita della RDT li avevano deformati assai meno di quanto la gente dell’ovest non sia deformata dall’economia di mercato e che nei nidi, negli asili e nelle scuole i bambini della RDT crescevano più spensierati, più felici, più istruiti, più liberi dei bambini delle strade e delle piazze dominate dalla violenza della RFT. I malati si renderanno conto che nel sistema sanitario della RDT, nonostante le arretratezze tecniche, erano dei pazienti e non oggetti commerciali del marketing dei medici. Gli artisti comprenderanno che la censura, vera o presunta, della RDT non poteva recare all’arte i danni prodotti dalla censura del mercato. I cittadini constateranno che anche sommando la burocrazia della RDT e la caccia alle merci scarse non c’era bisogno che sacrificassero tutto il tempo libero che devono sacrificare ora alla burocrazia della RFT. Gli operai e i contadini si renderanno conto che la RFT è lo Stato degli imprenditori (cioè dei capitalisti) e che non a caso la RDT si chiamava Stato degli operai e dei contadini. Le donne daranno maggior valore, nella nuova situazione, alla parità e al diritto di decidere sul proprio corpo di cui godevano nella RDT.

Dopo aver conosciuto da vicino le leggi e il diritto della RFT molti diranno, con la signora Bohley, a cui i comunisti non piacciono: «Abbiamo chiesto giustizia. Ci hanno dato un altro Stato». Molti capiranno anche che la libertà di scegliere tra CDU/CSU, SPD e FDP è solo una libertà apparente. Si renderanno conto che nella vita di tutti i giorni, specialmente sul posto di lavoro, avevano assai più libertà nella RDT di quante ne abbiano ora. Infine la protezione e la sicurezza che la piccola RDT, così povera rispetto alla RFT, garantiva ai suoi cittadini non saranno più minimizzate come cose ovvie, perchè la realtà quotidiana del capitalismo si incaricherà adesso di far capire a tutti quanto fossero preziose.

Il bilancio della storia quarantennale della RDT è diverso da quello che ci viene presentato dai politici e dai mass media. Col passar del tempo questo sarà sempre più evidente.

Vorreste trasformare il processo contro di noi, membri del Consiglio Nazionale della Difesa della RDT, in un processo di Norimberga contro i comunisti. Ma questo tentativo è condannato al fallimento. Nella RDT non c’erano campi di concentramento, non c’erano camere a gas, sentenze politiche di morte, tribunali speciali, non c’erano Gestapo ne’ SS. La RDT non ha fatto guerre e non ha commesso crimini di guerra contro l’umanità. La RDT è stata un paese coerentemente antifascista che godeva di altissimo prestigio internazionale per il suo impegno in favore della pace.

Il processo contro di noi «pezzi grossi» della RDT deve servire di risposta a quanti dicono «se la prendono con i pesci piccoli, i grossi invece li lasciano scappare». La nostra condanna servirebbe dunque ad eliminare ogni ostacolo per poter perseguitare anche i «pesci piccoli». Finora comunque non è che si siano trattenuti più di tanto dal farlo.

II processo serve a costruire la base per bollare la RDT come Stato ingiusto e illegale. Uno Stato governato da «criminali» e «omicidi» del nostro calibro non può che essere illegale e ingiusto. Chi stava in stretto rapporto con questo Stato, chi ne era cittadino cosciente dei propri doveri deve essere marcato con il segno di Caino. Uno Stato contrario al diritto non può esser retto e governato che da «organizzazioni criminali» come il Ministero per la Sicurezza e la SED. Si invocano colpe e condanne collettive in luogo di responsabilità individuali perchè così si può mascherare la mancanza di prove dei crimini attribuiti. Ci sono pastori e parroci della RDT che vengono dati in pasto a una nuova inquisizione, una moderna caccia alle streghe. Milioni di persone vengono così emarginati e banditi dalla società. Molti si vedono ridurre fino all’estremo le possibilità di esistenza. Basta essere registrati come «collaboratori informali» per essere condannati alla morte civile. Il giornalista autore delle denuncie riceve elogi e laute ricompense. Delle sue vittime nessuno si cura. Il numero dei suicidi è un tabù. E tutto ciò ad opera di un governo che si vuole cristiano e liberale e con la tolleranza o addirittura l’appoggio di un’opposizione che non merita questo nome più di quanto meriti la qualifica «sociale». Il tutto con il marchio di qualità dello Stato di diritto che si sono autoattribuiti.

Questo processo rivela tutta la sua dimensione politica anche come processo agli antifascisti. Nel momento in cui la marmaglia neonazista impazza impunita per le strade e gli stranieri sono perseguitati e assassinati come a Mölln, ecco che lo stato di diritto mostra tutta la sua forza arrestando gli ebrei che protestano e perseguendo i comunisti. Per far questo non si lamentano carenze di funzionari e di fondi. Sono cose queste che abbiamo già visto in passato.

Questo processo, se ne vogliamo riassumere i contenuti politici, si pone in continuità con la guerra fredda e nega la nuova mentalità. Esso svela il vero carattere politico di questa Repubblica Federale. L’accusa, gli ordini di cattura e la sentenza del tribunale sull’ammissibilità dell’accusa portano l’impronta dello spirito della guerra fredda. Le sentenze si rifanno a precedenti del 1964. Da allora il mondo è cambiato, ma la giustizia tedesca imbastisce processi politici come al tempo di Guglielmo II. Ha superato ormai la momentanea «debolezza» politica liberale che l’aveva colpita dopo il 1968 e adesso ha recuperato la splendida forma anticomunista di un tempo.

Di noi si dice che siamo dei dinosauri incapaci di rinnovarci. Questo processo fa vedere dove stanno in realtà i dinosauri e chi è incapace di rinnovarsi. Verso l’esterno si fa mostra di grande flessibilità. A Gorbaciov viene attribuita la cittadinanza onoraria di Berlino e magnanimamente gli si perdona di aver elogiato i cosiddetti tiratori del muro iscrivendo il proprio nome nel loro registro d’onore. All’interno invece ci si mostra «duri come l’acciaio di Krupp» e il vecchio alleato di Gorbaciov viene messo sotto processo. Gorbaciov e io siamo stati entrambi esponenti del movimento comunista internazionale. E’ noto che su alcuni punti essenziali avevamo opinioni divergenti. In quella fase però io pensavo che gli elementi di divergenza fossero meno rilevanti di quello che avevamo in comune. Il cancelliere federale non mi ha paragonato a Goebbels, come ha fatto con altri, ne glielo avrei mai perdonato. Nè per il cancelliere nè per Gorbaciov il processo contro di me costituisce un ostacolo alla loro stretta amicizia. Anche questo è significativo.

Le mie considerazioni terminano qui. Fate dunque quello che non potete fare a meno di fare.

Fine seconda e ultima parte. 



Tratto da: http://www.linearossage.it/ddr/autodifesa.htm

 
 
 

DISCORSO-AUTODIFESA PRONUNCIATO DAVANTI AL TRIBUNALE DI BERLINO. ERICH HONECKER.

Post n°61 pubblicato il 09 Novembre 2009 da synthesis011
 

DISCORSO-AUTODIFESA PRONUNCIATO DAVANTI AL TRIBUNALE DI BERLINO


Erich Honecker


Difendendomi dall’accusa manifestamente infondata di omicidio non intendo certo attribuire a questo Tribunale e a questo procedimento penale l’apparenza della legalita’. La difesa del resto non servirebbe a niente, anche perche’ non vivro’ abbastanza per ascoltare la vostra sentenza. La condanna che evidentemente mi volete infliggere non mi potra’ piu’ raggiungere. Ora tutti lo sanno. Basterebbe questo a dimostrare che il processo e’ una farsa. E’ una messa in scena politica.

Nessuno nelle regioni occidentali della Germania, compresa la citta’ di prima linea di Berlino Ovest, ha il diritto di portare sul banco degli accusati o addirittura condannare i miei compagni coimputati, me o qualsiasi altro cittadino della RDT, per azioni compiute nell’adempimento dei doveri emananti dallo Stato RDT.

Se parlo in questa sede, lo faccio solo per rendere testimonianza alle idee del socialismo e per un giudizio moralmente e politicamente corretto di quella Repubblica Democratica Tedesca che piu’ di cento stati avevano riconosciuto in termini di diritto internazionale. Questa Repubblica, che ora la RFT chiama Stato illegale e ingiusto, è stata membro del Consiglio di Sicurezza dell’ O.N.U., che per qualche tempo ha anche presieduto, e ha presieduto per un periodo la stessa l’Assemblea generale. Non mi aspetto certo da questo processo e da questo Tribunale un giudizio politicamente e moralmente corretto della RDT, ma colgo l’occasione di questa messa in scena politica per far conoscere ai miei concittadini la mia posizione.

La situazione in cui mi trovo con questo processo non è un fatto straordinario. Lo Stato di diritto tedesco ha già perseguitato e condannato Karl Marx, August Bebel, Karl Liebknecht e tanti altri socialisti e comunisti. Il terzo Reich, servendosi dei giudici ereditati dallo Stato di diritto di Weimar portò avanti quest’opera in molti processi, uno dei quali io stesso ho vissuto in qualità di imputato. Dopo la sconfitta del fascismo tedesco e dello Stato hitleriano, la RFT non ha avuto bisogno di cercarsi nuovi procuratori della repubblica e nuovi giudici per riprendere a perseguitare penalmente in massa i comunisti, togliendo loro il lavoro e il pane nei tribunali del lavoro, allontanandoli dagli impieghi pubblici tramite i tribunali amministrativi o perseguitandoli in altri modi. Ora capita a noi quello che ai nostri compagni della Germania occidentale era già capitato negli anni ‘50. Da circa 190 anni è sempre lo stesso arbitrio che si ripete. Lo Stato di diritto della Repubblica Federale Tedesca non è uno stato di diritto ma uno stato delle destre [gioco di parole in tedesco, N.d.T.].

Per questo processo, come per altri in cui altri cittadini della RDT vengono perseguitati per la loro contiguità col sistema di fronte ai tribunali penali o del lavoro, sociali o amministrativi, c’è un argomento principe che viene usato. Politici e giuristi sostengono: dobbiamo condannare i comunisti perchè non lo abbiamo fatto con i nazisti. Questa volta dobbiamo fare i conti con il nostro passato. A molti sembra un ragionamento ovvio, ma in realtà è totalmente falso. La verità è che la giustizia tedesco‑occidentale non poteva punire i nazisti perchè i giudici e i procuratori della repubblica non potevano punire se stessi. La verità è che questa giustizia della Germania Federale deve il suo attuale livello, comunque lo si voglia giudicare, ai nazisti di cui ha assunto l’eredità. La verità è che i comunisti e i cittadini della RDT vengono perseguitati oggi per le stesse ragioni per cui sono sempre stati perseguitati in Germania. Solo nei 40 anni di esistenza della RDT le cose sono andate in senso opposto. E’ con questo spiacevole inconveniente che bisogna ora fare i conti. Il tutto naturalmente nel pieno rispetto del diritto. La politica non c’entra assolutamente niente!

I giuristi più eminenti di questo paese, tanto dei partiti di maggioranza che della SPD, giurano che il nostro processo altro non è che un normale processo penale, non un processo politico, non una messa in scena. Vengono arrestati i membri di uno dei più alti organismi statali del paese confinante e si dice che però la politica non c’entra niente. Si contestano ai generali della contrapposta alleanza militare le decisioni prese, ma si sostiene che la politica non c’entra niente. Quelle stesse personalità che ieri venivano ricevute con tutti gli onori come ospiti di stato e interlocutori degli sforzi congiunti per impedire che potesse mai più scaturire una guerra dal suolo tedesco, vengono oggi etichettate come criminali. Ma anche questo non avrebbe niente a che fare con la politica.

Si mettono sotto accusa i comunisti, che da quando sono apparsi sulla scena politica sono sempre stati perseguitati, ma nella RFT oggi tutto ciò non avrebbe niente a che fare con la politica.

Per me e, credo, per chiunque non sia prevenuto, è evidente che questo processo è politico come solo può esserlo un processo contro la dirigenza politica e militare della RDT. Chi lo nega non sbaglia, chi lo nega mente. Mente per ingannare ancora una volta il popolo. Con questo processo si fa proprio ciò di cui noi veniamo accusati: ci si sbarazza degli avversari politici con i mezzi del diritto penale. Ma naturalmente tutto avviene secondo la legge.

Anche altre circostanze mostrano senza ombra di dubbio che con questo processo si perseguono fini politici. Come mai il cancelliere federale, come mai il signor Kinkel, già capo dei servizi segreti, poi ministro della giustizia e infine ministro degli esteri della RFT si sono tanto impegnati per riportarmi a qualsiasi costo in Germania e rinchiudermi nel carcere di Moabit dove sono già stato sotto Hitler? Come mai il cancelliere ha lasciato che io volassi a Mosca per poi far pressioni su Mosca e sul Cile perché mi consegnassero, contro ogni principio del diritto internazionale? Come mai i medici russi che avevano fatto la diagnosi giusta al primo esame l’hanno poi dovuta falsificare? Come mai io e i miei compagni, che di salute non stanno tanto meglio di me, veniamo trascinati di fronte al popolo come facevano anticamente gli imperatori romani con i loro avversari prigionieri?

Non so se tutto questo abbia una spiegazione razionale. Forse si conferma il detto antico che coloro che Dio vuole perdere prima li acceca. Una cosa comunque è chiara, ed è che tutti quegli uomini politici che un tempo mi chiedevano udienza ed erano felici di potermi a loro volta ricevere, non usciranno indenni da questo processo. Anche i bambini in Germania sapevano che degli uomini erano stati uccisi al muro e che tra i politici viventi il massimo responsabile del muro ero io, presidente del Consiglio Nazionale della Difesa (CND), segretario generale, presidente del Consiglio di Stato della RDT. Non ci sono perciò che due sole possibilità: la prima è che i signori politici della RFT abbiano coscientemente, liberamente e persino avidamente cercato di avere rapporti con un assassino. La seconda è che essi coscientemente e con soddisfazione lasciano adesso che un innocente venga incolpato di omicidio. Di queste due possibilità nessuna torna a loro onore. Una terza possibilità non c’è. Ma chi accetta un dilemma di questo genere e risulta perciò comunque, tanto in un caso come nell’altro, una persona priva di carattere, o è cieco oppure persegue altri fini che gli premono più del proprio onore.

Ammettiamo pure che nè’ il signor Kohl, nè il signor Kinkel, nè gli altri signori ministri e dirigenti di partito della Repubblica Federale Tedesca siano ciechi (cosa che non mi sento affatto di escludere). Rimane, come scopo politico di questo processo, la volontà di discreditare totalmente la RDT e con essa il socialismo in Germania. Il crollo della RDT e del socialismo in Germania e in Europa evidentemente ancora non gli basta. Devono eliminare tutto ciò che può far apparire questo periodo in cui gli operai e i contadini hanno governato in una luce diversa da quella della perversione e del delitto. La vittoria dell’economia di mercato (come chiamano oggi eufemisticamente il capitalismo) deve essere assoluta, e così la sconfitta del socialismo. Si vuole fare in modo, come diceva Hitler prima di Stalingrado, che quel nemico non si rialzi mai più. I capitalisti tedeschi in effetti hanno sempre avuto un’inclinazione per l’assoluto.

Questa finalità del processo, questa volontà di uccidere ancora una volta il socialismo già dato per morto, mostra quale sia il giudizio che il signor Kohl, il governo e anche l’opposizione della RFT danno della situazione. Il capitalismo ha vinto economicamente scavandosi la fossa, cosi come aveva fatto Hitler vincendo militarmente. In tutto il mondo il capitalismo è entrato in una crisi priva di sbocchi. Non gli è rimasta altra scelta che sprofondare in un caos ecologico e sociale oppure accettare la rinuncia alla proprietà privata dei mezzi di produzione e quindi il socialismo. Ambedue le alternative significano la sua fine. Ma per i potenti della Repubblica Federale Tedesca il pericolo più grave è chiaramente il socialismo. E questo processo deve servire a prevenirlo, così come deve servire a prevenirlo tutta la campagna contro la ormai scomparsa RDT, che deve essere marchiata come stato ingiusto e illegale.

Tutti i casi di morte per ragioni non naturali nel nostro paese ci hanno sempre colpito. Le uccisioni al muro non solo ci hanno colpito umanamente, ma ci hanno anche danneggiati politicamente. Più di ogni altro io porto dal maggio 1971 il peso della responsabilità politica del fatto che si è sparato, in base alle disposizioni sull’uso delle armi da fuoco, contro chi cercava di attraversare senza autorizzazione il confine tra la RDT e la RFT, tra il Patto di Varsavia e la NATO. E’ una pesante responsabilità, certo. Dirò più avanti perché me la sono assunta. Ma ora, in sede di definizione di quella che è la finalità politica di questo processo, non posso fare a meno di sottolineare anche il tipo di mezzi che vengono utilizzati per cercare di raggiungere il fine di diffamare la RDT. I mezzi utilizzati sono i morti al muro. Questi morti devono servire e servono a rendere appetibile ai media questo processo, come altri in precedenza. Tra i morti mancano però le guardie di confine della RDT assassinate. Abbiamo già visto, e soprattutto voi avete già visto, come le immagini dei morti siano state oggetto di mercato, senza rispetto per la pietà e la decenza. Questi sono i mezzi con cui si fa politica e si crea il giusto clima. Così si usano, anzi cosi si abusa dei morti nella lotta che i padroni conducono per mantenere la proprietà capitalistica. Perchè di questo e niente altro si tratta nella lotta contro il socialismo. I morti servono a mostrare quanto la RDT e il socialismo fossero inumani e anche a sviare l’attenzione dalla miseria del presente e dalle vittime dell’economia di mercato. Tutto ciò viene fatto democraticamente, legalmente, cristianamente, umanamente e per il bene del popolo tedesco.

Povera Germania!

E ora entriamo nel merito. I procuratori della città di prima linea ci accusano di omicidio come criminali comuni. Dato che personalmente non abbiamo ammazzato nessuna delle 68 persone la cui morte ci viene contestata nell’accusa, e dato che evidentemente non abbiamo nemmeno ordinato in precedenza che fossero uccisi, ne abbiamo in qualche modo provocato la loro morte, ecco che l’accusa, a pagina 9, mi contesta letteralmente:

« è... di aver ordinato, in qualità di segretario del Consiglio Nazionale della Difesa e responsabile dei problemi della sicurezza del CC della SED, di rafforzare le opere di confine intorno a Berlino (ovest) e gli sbarramenti di confine con la RFT per rendere impossibile il passaggio ».

Più avanti l’accusa mi contesta di aver partecipato in 17 sedute del CND dal 29/1l/1961 all’ 1/7/1983 alle decisioni di:

« costruire ulteriori sbarramenti di mine a strappo (dove la parola “ulteriori” fa capire che le forze armate sovietiche avevano già installato questi sbarramenti);

migliorare il sistema di sicurezza del confine e l’addestramento all’uso delle armi da parte delle guardie confinarie;

impedire gli sconfinamenti».

Mi si contesta inoltre di «aver dichiarato il 3/5 1974 che bisognava far ricorso senza scrupoli alle armi da fuoco» (cosa peraltro non vera) e infine di «aver votato a favore del progetto di legge confinaria entrato in vigore il 1° maggio l982».

Le accuse contro di me, o contro di noi, si riferiscono dunque a decreti del Consiglio Nazionale della Difesa, decreti di un organo costituzionale della RDT. Oggetto del procedimento è dunque la politica della RDT, sono le decisioni prese dal CND per difendere e preservare la RDT come Stato. Questo procedimento serve a criminalizzare questa politica. La RDT deve essere marchiata come Stato illegale e ingiusto e tutti coloro che l’hanno servita devono essere bollati come criminali. La persecuzione contro decine di migliaia ed eventualmente centinaia di migliaia di cittadini della RDT, di cui già parla la procura: questo è il vero scopo di questo procedimento, preparato da processi‑pilota contro guardie di confine e accompagnato da innumerevoli altri procedimenti giudiziari discriminatori dei cittadini della RDT, condotti di fronte a tribunali civili, sociali, del lavoro o amministrativi, nonché da moltissimi atti amministrativi. Non è in gioco dunque solamente la mia persona o quella degli alai imputati di questo processo. E’ in gioco molto di più. E’ in gioco il futuro della Germania e dell’Europa, anzi del mondo che, con la fine della guerra fredda e con la nuova mentalità, sembrava dovesse entrare in una fase tanto positiva. Qui non solo si prosegue la guerra fredda, ma si vogliono gettare le fondamenta di un’Europa dei ricchi. L’idea della giustizia sociale deve essere soffocata una volta per tutte. Bollarci come assassini serve a questo.

Io sono l’ultimo a oppormi a norme morali e legali che servano a giudicare e anche condannare gli uomini politici. Ma tre condizioni devono essere soddisfatte:

Le norme devono essere formulate esattamente in precedenza.

Esse devono valere allo stesso modo per tutti gli uomini politici.

La sentenza deve essere pronunciata da un tribunale al di sopra delle parti, un tribunale dunque che non deve essere composto né da amici né da nemici degli accusati.

Mi sembra che si tratti di condizioni ovvie, eppure nel mondo attuale non mi sembra che possano ancora essere soddisfatte. Se voi oggi sedete in giudizio contro di noi, lo fate come tribunale dei vincitori contro i vinti. Questo fatto é espressione dei rapporti di forza reali, ma non può pretendere validità giuridica né costituire un atto di giustizia.

Basterebbero questi argomenti a dimostrare l’illegalità dell’accusa. Ma poiché non ci sottraiamo al confronto neanche nel particolare, voglio dire io quel che l’accusa, o per malafede o per cecità, non dice.

Abbiamo già citato le parole con cui l’accusa inizia l’enumerazione cronologica dei fatti che ci vengono contestati:

« I1 12 agosto 1961 l’imputato Honecker, in qualità di segretario del CND e responsabile dei problemi della sicurezza del CC della SED ordinava di rafforzare le opere di confine intorno a Berlino (ovest) e gli sbarramenti di confine con la RFT per rendere impossibile il passaggio ».

Questo modo di vedere la storia è assai eloquente. Il responsabile dei problemi della sicurezza del CC della SED nel 1961 dava disposizioni su un fatto che poteva cambiare la storia del mondo! Qui si supera anche l’autoironia dei cittadini della RDT che chiamavano il loro paese «la più grande RDT del mondo». Va bene che oggi Enno von Löwenstein cerca di ingigantire la RDT per dare così più valore alla vittoria della RFT, ma neanche quest’ala destra del giornalismo politico tedesco riesce a fare della RDT una grande potenza mondiale. Questo rimane prerogativa dell’«autorità più obiettiva del mondo», la procura della repubblica. Ciascuno è padrone di rendersi ridicolo di fronte alla storia a proprio piacimento. Ma in ogni caso la costruzione del muro fu decisa a Mosca il 5/8/1961 in una riunione degli Stati del Patto di Varsavia. In quella alleanza tra i paesi socialisti la RDT era un membro importante, ma non la potenza guida. Questo il tribunale lo potrebbe dare per assodato senza bisogno di dimostrazione.

Dato che noi; come già ha detto Endash; di persona non abbiamo ammazzato nessuno, né abbiamo direttamente ordinato di ammazzare nessuno, l’azione omicida viene ravvisata nella costruzione del muro, nell’averlo tenuto in piedi e nell’imposizione del divieto di lasciare la RDT senza autorizzazione statale. E naturalmente questo non c’entrerebbe affatto con la politica. Così almeno sostiene la giurisprudenza tedesca. Ma non potrà sostenerlo di fronte alla storia o al raziocinio umano. Non farà altro che tradire ancora una volta le sue origini e mostrare di quale spirito sia figlia e dove stia andando la Germania.

Tutti noi che avevamo a quell’epoca responsabilità di governo nei paesi del Patto di Varsavia prendemmo quella decisione politica collettivamente. Non lo dico per scaricarmi dalle mie responsabilità attribuendole ad altri; lo dico soltanto perché così è stato e non altrimenti e io sono convinto che quella decisione di allora, del 1961, fosse giusta e tale sarebbe rimasta finché non fosse terminato lo scontro tra USA e URSS. Quella decisione politica e i convincimenti che la dettarono costituiscono appunto l’oggetto di questo processo. Bisogna essere ciechi o chiudere consapevolmente gli occhi davanti agli avvenimenti del passato per non riconoscere che questo è un processo politico dei vinti contro i vincitori, per non capire che esso significa deformare la storia per motivazioni di ordine politico. Voi ritenete che quella decisione politica fosse sbagliata e considerate me e i miei compagni responsabili penalmente per i morti ammazzati al muro. Ebbene io vi dico che la decisione che voi ritenete giusta avrebbe causato migliaia o milioni di morti. Di questo ero e sono tuttora convinto e credo ne siano convinti anche i miei compagni. è per questa convinzione politica che ci troviamo qui davanti a voi. E voi ci condannerete perché avete un’opinione politica diversa dalla nostra.

Come e perché si sia giunti alla costruzione del muro non sembra che interessi la pubblica accusa. Su questo l’accusa non spende una parola. Cause e circostanze vengono del tutto ignorate, la catena degli avvenimenti storici viene arbitrariamente spezzata. Erich Honecker ha costruito e tenuto in piedi il muro. Stop. Questa é la rappresentazione semplicistica che i giuristi tedeschi riescono a dare della storia. Quel che gli interessa é che i comunisti siano bollati da criminali e come tali condannati. I tedeschi in realtà sono perfettamente in grado di sapere come si è arrivati al muro e conoscere le ragioni per cui al muro si è sparato. Ma poiché l’accusa si comporta come se costruire muri e farvi ammazzare la gente fosse una caratteristica peculiare del socialismo e come se singoli «delinquenti» come me e i miei compagni ne portassero intera la responsabilità, mi vedo costretto, pur non essendo uno storico, a riassumere la storia che ha portato al muro.

Le sue origini si spingono lontano. Ci riportano alla formazione del capitalismo e del proletariato. Ma l’inizio immediato della tragedia dell’ultima fase della storia tedesca si situa nell’anno 1933. In quell’anno, com’è noto, molti tedeschi votarono in libere elezioni per il partito nazista e il presidente Hindenburg, che era stato eletto altrettanto liberamente nel 1932, investi democraticamente Adolf Hitler delle funzioni di capo del governo. Subito dopo i predecessori politici degli attuali partiti dominanti, con l’eccezione della SPD, votarono i pieni poteri, dando a Hitler poteri assoluti dittatoriali. Solo i comunisti prima di quelle elezioni avevano detto: «chi vota Hindenburg vota Hitler, chi vota Hitler vota per la guerra». Al momento del voto per i pieni poteri i deputati comunisti erano già stati allontanati dal Reichstag, molti comunisti erano stati arrestati o vivevano in clandestinità. Già allora la messa fuori legge dei comunisti fu il segnale della fine della democrazia in Germania.

Non appena Hitler fu messo a capo del governo, la Germania conobbe il suo primo miracolo economico. La disoccupazione era vinta; i titoli Volkswagen andavano bene e l’animo ardente del popolo portava a scacciare e assassinare gli ebrei. Il popolo tedesco in maggioranza era felice e contento.

Quando scoppiò la seconda guerra mondiale e le fanfare annunciavano le guerre lampo contro Polonia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Francia, Jugoslavia, Grecia, l’entusiasmo non conobbe più confini. I cuori di quasi tutti i tedeschi battevano all’unisono con il loro cancelliere, il più grande duce di tutti i tempi. Nessuno immaginava che l’impero millenario sarebbe durato solo 12 anni.

Quando nel 1945 tutto fu ridotto in macerie, la Germania non si trovò padrona del mondo, come prediceva una ben nota canzone nazista, ma totalmente dominata dagli alleati. La Germania fu divisa in quattro zone. Non c’era assolutamente libertà di trasferirsi da una zona all’altra. Nemmeno per gli emigrati tedeschi che, come Gerhart Eisler, volevano ritornare in Germania dagli USA.

Negli USA c’erano piani (per esempio il piano Morgenthau) che prevedevano la divisione perpetua della Germania in vari stati. Proprio in risposta a questi piani Stalin pronunciò le famose parole: «Gli Hitler vengono e vanno, il popolo tedesco e lo Stato tedesco rimangono». Ma l’unità della Germania, che a quel tempo l’URSS voleva fosse mantenuta, non si realizzò. Per effetto della guerra fredda proclamata dagli USA nel 1947, la Germania; con l’accorpamento di due e poi di tre zone, con la riforma monetaria, infine con la costituzione nel maggio 1949 della RFT; fu divisa per un lungo periodo in due parti. Come si vede dalla successione temporale, questa divisione non fu opera dei comunisti, ma degli alleati occidentali e di Konrad Adenauer. La costituzione della RDT seguì in un secondo tempo e fu la conseguenza logica della costituzione della RFT. Ormai si erano formati due diversi Stati tedeschi. Ma la RFT non aveva nessuna intenzione di riconoscere la RDT e stabilire con essa rapporti pacifici. La RFT pretendeva anzi di essere l’unica rappresentante di tutta la Germania e di tutti i tedeschi. Con l’aiuto degli alleati proclamò un embargo economico e cercò per quella via di isolare la RDT economicamente e politicamente. Una politica di aggressione senza guerra: così si può definire la linea seguita dalla RFT nei confronti della RDT. Questa fu la forma che la guerra fredda assunse sul suolo tedesco.

Fu questa politica che portò al muro.

Fine prima parte - continua. (Per leggere la seconda parte, cliccare qui).

Tratto da: http://www.linearossage.it/ddr/autodifesa.htm

 
 
 

ALTRO CHE "RIUNIFICAZIONE"! LA GERMANIA OCCIDENTALE FAGOCITO' LA DDR CON UN'ANNESSIONE IMPERIALISTICA!

Altro che "riunificazione"! La Germania Occidentale fagocitò la DDR con un'annessione imperialistica!

Da quel momento, ad Est, comparvero disoccupazione di massa, enormi disparità salariali e discriminazioni ai danni dei cittadini della ex-Germania Orientale.

Docenti universitari dell'Est persero la cattedra già dal giorno dell'unificazione, così come i magazzini persero i loro prodotti fabbricati nella DDR. 

Industrie di qualità furono smantellate (basti pensare a quella dell'ottica). 

Esempio lampante fu l'umiliante trattamento riservato al massimo campionato di calcio della Germania Est, trasformato in "serie B" parallela a quella occidentale (ad eccezione di sole due squadre)!

 
 
 

IL MURO DI BERLINO: MITO DELLA GUERRA FREDDA.

- A -

http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/cust9l20-005713.htm

www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 20-10-09 - n. 291

da Counter Punch
www.counterpunch.org/blum10022009.html

Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Un altro mito della guerra fredda

La caduta del Muro di Berlino

di William Blum

C'è da aspettarsi che entro poche settimane molti dei media occidentali mettano in moto le loro macchine propagandistiche per commemorare il 20° anniversario della caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989. Tutti i luoghi comuni della guerra fredda sul Mondo Libero contro la tirannia comunista verranno rispolverati e sentiremo per l'ennesima volta la favola del muro e di come è caduto: nel 1961, i comunisti di Berlino Est avevano costruito un muro per impedire ai propri cittadini oppressi di fuggire a Berlino Ovest e verso la libertà. Perché? Perché ai commies (gli sporchi comunisti) non piace che la gente sia libera, ai commies non piace che il popolo apprenda la "verità". Quale altra ragione poteva esserci?

Innanzitutto, prima che il muro fosse costruito, migliaia di tedeschi dell'est facevano i pendolari, andando ogni giorno a lavorare nella Germania occidentale e poi tornando all'est ogni sera. Chiaramente non erano imprigionati nella Germania orientale contro la loro volontà. Il muro è stato costruito principalmente per due motivi:

I poteri occidentali assillavano la Germania dell'Est con una vigorosa campagna di reclutamento diretta ai loro professionisti e ai loro lavoratori qualificati, cioè le persone che avevano ricevuto una formazione a spese del governo comunista. A lungo andare ciò ha determinato una grave crisi di mano d'opera e di produzione nella Germania orientale. Il New York Times nel 1963 corrobora questa analisi, scrivendo: "Berlino Ovest ha sofferto economicamente dalla costruzione del muro con la perdita di circa 60.000 operai qualificati, che arrivavano tutti i giorni dalle loro case in Berlino Est verso i loro posti di lavoro a Berlino Ovest". (New York Times, 27 giugno 1963, p.12)

Nel corso degli anni Cinquanta, i fautori statunitensi della guerra fredda nella Germania Ovest hanno istituito una rozza campagna di sabotaggio e di sovversione contro la Germania dell'Est, ideata per ostacolare i processi economici e amministrativi del Paese. La CIA e altri servizi segreti e gruppi militari degli Stati Uniti hanno reclutato, attrezzato, addestrato e finanziato individui e gruppi di attivisti tedeschi, dell'ovest e dell'est, in modo che essi potessero compiere azioni che andavano dagli atti di terrorismo alla delinquenza minorile; qualunque cosa per rendere la vita difficile alla popolazione della Germania dell'Est e indebolire il loro sostegno al governo – qualunque cosa che metteva i commies in cattiva luce.

È stata un impresa notevole. Gli Stati Uniti e i suoi agenti hanno adoperato l'esplosivo, l'incendio doloso, i cortocircuiti e altri metodi per danneggiare le centrali elettriche, i cantieri navali, i canali, le zone portuali, gli edifici pubblici, le stazioni di benzina, i trasporti pubblici, i ponti, ecc; hanno deragliato treni merci, ferendo gravemente dei lavoratori; hanno bruciato 12 vagoni di un treno e hanno distrutto i manicotti di aria compressa di altri; hanno usato degli acidi per danneggiare le macchine di vitale importanza nelle fabbriche; hanno messo della sabbia nella turbina di una fabbrica in modo che non potesse funzionare; hanno incendiato uno stabilimento dove venivano prodotte tegole; hanno istigato degli scioperi bianchi nelle fabbriche; hanno ucciso 7.000 mucche di un caseificio cooperativo con l'avvelenamento; hanno messo sapone nel latte in polvere destinato alle scuole della Germania dell'Est; alcuni sono, al momento dell'arresto, erano in possesso di una grande quantità di veleno Cantharidin, che avrebbero usato nella produzione di sigarette per avvelenare personaggi di spicco della Germania dell'Est; hanno fatto esplodere bombette puzzolenti per interrompere riunioni politiche; hanno tentato di bloccare il Festival Mondiale della Gioventù a Berlino Est, con l'invio di inviti falsi, false promesse di vitto e alloggio gratis, false comunicazioni di cancellazione, ecc; hanno aggredito i partecipanti al Festival con esplosivi, bombe incendiarie, hanno forato le gomme delle loro auto; hanno contraffatto e distribuito grandi quantità di tessere per il razionamento del cibo per creare confusione, indurre all'accaparramento di genere alimentari, e provocare risentimento; hanno contraffatto e inviato cartelle d'imposta, hanno falsificato e inviato direttive governative e altri documenti per produrre disorganizzazione e inefficienza all'interno dell'industria e nei sindacati ... tutto questo e molto altro ancora. (Cfr. Killing Hope, p.400, nota a piè pagina n. 8, per un elenco delle fonti relativi agli atti di sabotaggio e di sovversione.)

Durante tutti gli anni Cinquanta, i tedeschi dell'Est e l'Unione Sovietica hanno più volte presentato denunce ai paesi occidentali, che pochi anni prima erano stati alleati dei sovietici, e alle Nazioni Unite contro degli specifici atti di sabotaggio e specifiche attività di spionaggio e hanno chiesto la chiusura degli uffici nella Germania occidentale che ritenevano responsabili, con nomi e indirizzi. Le loro denunce sono rimaste inascoltate. Inevitabilmente, i tedeschi dell'Est hanno istituito più controlli sulle persone provenienti dall'Ovest.

Non dimentichiamo che l'Europa dell'Est è diventata comunista perché Hitler, con l'approvazione dei paesi occidentali, l'aveva utilizzata come strada per raggiungere l'Unione Sovietica e distruggere per sempre il bolscevismo. Alla fine della guerra i sovietici erano determinati a chiudere quella strada.

Nel 1999, il giornale USA Today ha riferito: "Quando il Muro di Berlino è caduto, i tedeschi dell'Est immaginavano una vita di libertà in cui i beni di consumo sarebbero stati abbondanti e i disagi sarebbero svaniti. Dieci anni più tardi, oltre il 51% degli abitanti sostengono che erano più felici con il comunismo." (USA Today, 11 ottobre 1999, p.1.)

All'incirca nello stesso periodo è nato un nuovo proverbio russo: "Se quello che dicevano i comunisti sul comunismo non era vero, tutto quello che hanno detto del capitalismo si è rivelato fondato".

William Blum è l'autore di Killing Hope: US Military and CIA Interventions Since World War II (Uccidere la Speranza: gli Interventi Statunitensi Militari e Spionistici Dalla Fine della Seconda Guerra Mondiale); di Rogue State: a Guide to the World's Only Super Power (Stato Canaglia: una Guida all'Unica Superpotenza del Mondo); e di West-Bloc Dissident: a Cold War Political Memoir (Un Dissidente del Blocco Ovest: una Biografia Politica della Guerra Fredda).

Si può contattarlo all'indirizzo: BBlum6 @ aol.com

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- B -

http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/cust9l05-005616.htm

Anna Seghers e la DDR - 1949 - 1989 – 2009

03/10/2009

di Davide Rossi

Enzo Collotti ha tracciato nel '92 in una pagina del libro dedicato proprio al passaggio "Dalle due Germanie alla Germania unita" per Einaudi un ritratto brevissimo eppure preciso e puntuale di Anna Seghers e del suo rapporto con la DDR. Scrive Collotti: al VII congresso dell'unione degli scrittori della DDR, che si svolse a Berlino nel novembre del 1973, …, in Anna Seghers, amata e rispettata figura del vecchio umanesimo antifascista che era stato il sigillo primo della rinascita culturale della DDR, era presente la tensione tra una scelta ideale, che era una vera e propria scelta di vita, e il dialogo con le generazioni più giovani. Del resto la dichiarazione di identificazione con la DDR contenuta nelle parole della Seghers, insieme alla risonanza delle difficoltà che avevano rafforzato i vincoli con la DDR, era più che legittima: "con il nostro lavoro abbiamo partecipato ala costruzione del nostro stato. Con il nostro lavoro festeggiamo la sua esistenza spesso negata, spesso contestata, spesso diffamata, finalmente riconosciuta dal mondo, ora venticinquennale."

Noi del centro studi, in questo anno in cui ricorrono il 60° anniversario della nascita della DDR avvenuta il 7 ottobre 1949 e il 20° della caduta del muro (9 novembre 1989), constatiamo come prevalga ancora e sempre l'atteggiamento ideologico della guerra fredda che in Occidente ha come solo obiettivo la criminalizzazione di quella esperienza e di quella nazione. È una constatazione sconfortante ma inevitabile. Berlino è stata uno dei luoghi principali della guerra fredda, il suo cuore e il suo centro. È stato anche il luogo, non solo simbolico, della vittoria dell'Occidente che ha utilizzato le armi della propaganda, del consumismo e della pubblicità per attaccare e ridicolizzare l'esperienza socialista, la quale seppur tra mille contraddizioni e difficoltà si sviluppava nell'altra parte di città che era capitale della DDR.

Avremo modo di ritornare in maniera ampia e articolata, in dibattiti pubblici e in forma scritta per esprimere il nostro pensiero. Valgano - per tutte - tre considerazioni. Al di là della propaganda di allora che anche in campo ambientalista leggeva nei paesi dell'est e nella DDR dei mostri ecologici, l'emergere di analisi e ricerche serie ed approfondite sta portando ad una totale rivalutazione delle scelte ecologiche della DDR. Una legislazione stringente contro l'inquinamento, la raccolta differenziata praticata a Berlino e largamente diffusa nel resto della nazione e ad esempio allora sconosciuta a Berlino Ovest, la prevalenza del trasporto pubblico, metro, bus, treni, su quello decisamente più inquinante di automobili e automezzi privati.

Secondo punto: la solidarietà internazionale, non indifferente alla luce di un presente, nel 2009, in cui le disuguaglianze tra nord e sud del mondo sono uno dei temi centrali della crisi del pianeta.

La DDR sosteneva gli esuli cileni, sudamericani e di larga parte del mondo, dando loro ospitalità lavoro e accesso agli studi universitari. In Cile ancor oggi vi sono donne e uomini che vivono grazie all'integrazione della pensione che viene loro da quanto ricevuto dopo 15 anni di lavoro in DDR. Per non parlare del caffé nicaraguese, dello zucchero cubano, di una rete di scambi economici internazionali fondata sul giusto prezzo (anche in questo caso praticata ben prima della nascita in Occidente del commercio equo e solidale), sul rispetto dei popoli e sul loro diritto a poter vivere, crescere, studiare, svilupparsi senza dover emigrare.

Terza considerazione, i diritti civili. Nella DDR a partire dai primissimi anni '60 si sviluppa una campagna di educazione sessuale, di rispetto della sessualità dei giovani e del loro diritto ad avere fin dalla adolescenza rapporti sessuali prematrimoniali, fatti del tutto inimmaginabili nella bacchettona Europa occidentale dell'epoca. Per non dire dei diritti alla pillola anticoncezionale, al divorzio, allora ottenibile in tempi brevi e di fatto gratuito, e all'aborto.

Da ultimo doloroso per la coscienza europea, ma da ripetere e da considerare, la DDR aveva cacciato docenti, funzionari pubblici e militari nazisti, i quali hanno facilmente trovato collocazione, in molti casi, ancora nelle scuola, nelle università, nei ministeri e nell'esercito, ovviamente della Repubblica Federale Tedesca e in alcuni casi dell'Austria.

L'autodifesa del 1992 di Erich Honecker, che si trova in traduzione italiana su internet http://digilander.libero.it/lajugoslaviavivra/CRJ/DOCS/honeck.html
è un testo da leggere con attenzione e che in taluni passaggi sottolinea verità incontestabili.

Sono quindi molte le ragioni per portare rispetto ad un'esperienza che non ha luci o ombre superiori o inferiori a quelle delle nostre democrazie, sempre più precarie nel rispetto dei diritti, civili e sociali, e che diventano del tutto imbarazzanti quando pretendono di esportare "la democrazia" a mano armata in giro per il mondo, con un fine neppure troppo occulto che è quello di impadronirsi delle materie prime di quei popoli.

La DDR è stata una parte importante della storia del movimento socialista del Novecento. Noi del centro studi "Anna Seghers" cerchiamo di unire memoria e ricerca storica con la serietà, l'impegno e la determinazione che sempre più tante persone e tanti studiosi, di pensieri e orientamenti politici differenti, ci riconoscono.

3 ottobre 2009

Davide Rossi, direttore del Centro Studi "Anna Seghers"(www.annaseghers.it)

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- C -

Il muro di Karl 

A Karl prof. emerito della DDR 

C'era il Muro, mi dicevi Karl,
il muro di un mondo diviso, 
speranza di uomini uniti. 
C' era il Muro, mi dicevi Karl,
la dignità degli oppressi,
la libertà degli uguali, 
la parte giusta della Storia.
Il Muro in pezzi è all'asta
il mondo in pezzi combatte 
cento guerre della pace calda.
I padroni del mondo offrono 
libertà di crepare ai dannati
della terra e galloni dorati 
ai loro eterni domestici,
esportano la democrazia 
delle bombe intelligenti, 
mungono pozzi e gasdotti
con i loro affari di morte.
Colonne di nuovi schiavi 
alzano piramidi inutili 
alla gloria del Mercato,
bevono illusioni e coca cola 
nelle miniere di cemento 
delle città saccheggiate, 
incatenati da ceppi catodici 
ai teleschermi di Goebbels.
Avevi ragione, Karl, c'era 
il Muro, la dignità degli uguali, 
speranza di uomini uniti. 
Ricostruiamo il Muro, Karl, 
il muro degli uomini in lotta,
la parte giusta della Storia. 


Novembre 1999 

Paolo Pietrini 
e-mail: paulpierre @ libero.it 

(segnalato da A. Chiaia)

 
 
 

IL MURO DI BERLINO: UN ALTRO PUNTO DI VISTA. DI ADRIANA CHIAIA.

Post n°58 pubblicato il 09 Novembre 2009 da synthesis011
 

Il muro di Berlino: un altro punto di vista

di Adriana Chiaia

Siamo, in questi giorni, in occasione dell’anniversario della caduta del muro di Berlino, sommersi dagli inni in onore alla riconquistata libertà dai “totalitarismi”. L’evento ha perfino meritato una legge commemorativa del Parlamento italiano (1). Naturalmente non sono altrettanto esecrati i tanti muri nel frattempo eretti dai regimi “democratici” borghesi: da quello dello Stato di Israele che trasforma in carceri a cielo aperto i territori palestinesi occupati, a quello che “mette al riparo” gli Stati Uniti dall’immigrazione messicana.

Sulla storia rivisitata o meglio capovolta dalla versione revisionista relativa agli anni del secondo dopoguerra, Annie Lacroix-Riz, docente di Storia contemporanea all’Università di Parigi 7, così scrive (2): “… Quando la Rft assorbì la Germania intera, l’obiettivo della revisione drastica della storia del fascismo tedesco, dei suoi sostenitori (padroni nazionali e internazionali) e dei suoi nemici interni (il KPD) ed esterni (l’URSS), ebbe nuove possibilità di successo. Queste crebbero ancora di più per il fatto, generalmente del tutto sconosciuto, che i docenti universitari dell’Est persero la loro cattedra nel giorno dell’unificazione, come i magazzini persero i loro prodotti made in GDR”.

Ci sembra quindi giusto dare la parola a Kurt Gossweiler, uno di questi docenti, militante comunista ed eminente storico della Rdt, che così aveva commentato i fatti del 13 agosto [1961 - Inizio della costruzione del muro di Berlino, n.d.r.]:

1961

13 agosto – Presa di posizione affissa da me (Kurt Gossweiler, n.d.r.) nel giornale murale della Sezione Storia dell’Università Humboldt (di Berlino Est, n.d.r.) il 13 agosto 1961.

“Finalmente!

Questo 13 agosto 1961 ha recato finalmente una decisione che da tempo era dovuta.

Nel dicembre 1958, dunque 13 anni dopo la fine della guerra, il primo ministro sovietico (Chruščëv, n.d.r) dichiarava essere ormai finalmente tempo di concludere un trattato di pace con la Germania e per questo aveva indicato come termine estremo il maggio 1959.

Nel frattempo, da questo annuncio sono passati non 6, ma 33 mesi! In questi due anni e mezzo le potenze occidentali più Bonn non hanno tuttavia predisposto la conclusione della seconda guerra mondiale mediante un trattato di pace, ma – utilizzando le loro posizioni a Berlino Ovest – il sabotaggio dell’ordinamento economico e politico della Rdt come gradino per il passaggio dalla guerra fredda alla guerra mondiale n.3.

Nessun paese socialista è stato mai esposto, dopo la seconda guerra mondiale, ad un tale concentrato fuoco di fila da parte dell’insieme dell’imperialismo mondiale contro la sua economia come la nostra Rdt in questi due anni e mezzo. Washington e Bonn hanno speso per questa guerra economica centinaia di milioni. Adesso possono registrare questi milioni sul libro delle perdite, così come già hanno dovuto fare con le consegne di armi a Chang-Kai-Shek e con le somme che hanno dovuto spendere per l’invasione a Cuba.

Credevano questi signori dunque veramente che noi fossimo suicidi? Consideravano la nostra dirigenza di Partito e di Stato come figure amletiche, alle quali sarebbe mancata la forza di decidere l’azione necessaria? Si immaginavano veramente che avremmo consentito senza fine che cittadini della nostra Repubblica, adescati dalle loro melodie di cacciatori di topi, si consegnassero nel campo dei loro nemici e pervertitori, alla propria infelicità? Il 13 agosto li ha istruiti con rigore che devono gettare a mare illusioni del genere. Per essi questa domenica è stata veramente un cattivo 13.

Per noi invece è stata una delle più belle feste.

Ciò nonostante, non tutti coloro, che pur vi avrebbero motivo, la hanno intesa come tale. In parecchi lo sferragliare dei carri armati, con cui noi abbiamo reso sicura la nostra frontiera sinora aperta, ha suscitato uno spavento ottuso, senza senso.

Abituati dal passato tedesco, per cui diritto e forza erano fra loro ostili; che il diritto è stato sempre debole e impotente, il non diritto invece in pugno alla forza, a taluni l’esercizio della forza appare di per sé come segno del non diritto o comunque di un diritto non del tutto puro, per impulso di abitudine parecchia simpatia inclina verso il lato del più debole, che si vede costretto a indietreggiare di fronte alla forza.

Ma non deriva la grandezza e bellezza del nostro tempo, fra l’altro, proprio anche dal fatto che ciò che spetta al bene dell’umanità: diritto e forza, finalmente si trovano riuniti; che il diritto cresce forte e potente, il non diritto si fa sempre più debole e alla fine impotente? Ciò però solo se il diritto non paventa di applicare senza remissione la forza attribuitagli contro il pur sempre potente non diritto.

Ciò è accaduto in questo 13 agosto 1961 e dovrà accadere in futuro ancora molto e spesso – affinché con il diritto la pace riporti la vittoria definitiva sul non diritto e la guerra”3.

Contro il revisionismo per la verità sulla storia del movimento operaio rivoluzionario e comunista.


1 Il parlamento italiano, con la legge n. 61 del 15 aprile 2005, ha dichiarato il 9 novembre "Giorno della libertà", quale ricorrenza dell'abbattimento del muro di Berlino, evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo.

2 Nella sua presentazione al libro di Kurt Gossweiler: La (ir)resisitibile ascesa al potere di Hitler. Zambon editore, 2009.

3 Dal Vol. II dei Diari, p.353-364 (stralci). I diari costituiscono una parte del libro: Kurt Gossweiler, Contro il revisionismo. Da Chruščëv a Gorbačëv. Saggi, diari e documenti, Zambon editore, che sarà disponibile nelle librerie dal prossimo dicembre.


Tratto da:
 http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/cust9i14-005515.htm

 
 
 

PERCHE' ERANO ORMAI NECESSARIE LE MISURE ADOTTATE A BERLINO.

Post n°57 pubblicato il 09 Novembre 2009 da synthesis011
 

www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 29-10-09 - n. 293
da L'Unità del 14/08/1961

Dopo una lunga attesa e numerose proposte rivolte alle potenze occidentali

Perché erano ormai necessarie le misure adottate a Berlino

La Repubblica democratica tedesca era l'unico paese a tenere senza controllo una parte dei suoi confini - Il provvedimento era stato rimandato per non acuire la tensione.

Berlino, 13/08

Le odierne misure adottate dal governo della RDT, in accordo con i paesi del Trattato di Varsavia sono di una legittimità evidente.
In effetti non si vede come di possa negare ad uno stato sovrano come ls RDT il diritto – e qui sta il nocciolo giuridico della questione – di prendere alle proprie frontiere i provvedimenti che ritiene più opportuni. Ma il problema non è solo giuridico e il diritto di cui si è detto non è soltanto tale è anche una necessità, giacché non si ha notizia di paesi che tengano sguarnita e priva di ogni garanzia e di ogni controllo una parte dei loro confini.

Se le misure sono state rinviate sino ad oggi è stato soltanto per non apportare altri elementi di tensione ad una situazione tutt'altro che semplice. Ma ormai la misura era veramente colma. «Abbiamo voluto operare col massimo di pazienza», ha detto un funzionario governativo.

Da quasi tre anni il problema di Berlino Ovest è stato posto sul tappeto, da quando cioè nel novembre del 1958 il governo di Mosca inviò alle potenze occidentali una nota con la quale proponeva una trattativa per eliminare i resti della seconda guerra mondiale e trasformare Berlino Ovest in città libera e smilitarizzata. La anormalità della situazione berlinese, si noti, venne ammessa da varie personalità occidentali, ma le proposte sovietiche furono lasciate cadere.

La conferenza di Ginevra del 1959 si concluse senza accordo. Nel giugno di quest'anno il primo ministro sovietico ha di nuovo sottolineato l'urgenza di raggiungere un accordo per allontanare i pericoli che con il passare del tempo venivano addensandosi minacciando la pace mondiale. Ma anziché avanzare proposte – Mosca come noto aveva lasciato un margine di sei mesi per negoziare – gli occidentali sciolsero le briglie alle centrali della propaganda anticomunista della provocazione e dello spionaggio operanti a Bonn e a Berlino Ovest.

La campagna per attirare gente dell'Est all'Ovest raggiunse una inaudita intensità, tutti gli strumenti del terrorismo morale e del ricatto materiale vennero posti in opera. Adenauer e i suoi ministri si diedero a parlare quasi ogni giorno ai cittadini della RDT come a propri sudditi dicendo loro quel che dovevano e non dovevano fare.

Alla radio e alla televisione gli annunciatori e i commentatori si rivolgono alla RDT ammonendo, consigliando ed incoraggiando. Ancora ieri il ministro Lemmer – dal quale dipendono tutte queste attività – annunciava ai cittadini della RDT che in aggiunta a quelle del campo di Marienfelde sarebbero state erette numerose e vaste baracche anche nello stadio di Berlino Ovest per raccogliere i «profughi»

A tutte le proposte sovietiche l'occidente ha risposto negativamente respingendo l'invito dell'URSS di aprire una discussione. Tutte le denuncie e i richiami all'Occidente a non violare gi accordi quadripartito sulla Germania e su Berlino sono stati tenuti in non cale. Tutti gli accordi sono stati sistematicamente violati.

Gli occidentali hanno unilateralmente spezzato la Germania creando la repubblica di Bonn; hanno lacerato gli impegni presi contro la rinascita del militarismo tedesco, contro la rinascita delle concentrazioni industriali e finanziarie dell'imperialismo tedesco. Hanno creato la Bundeswehr el riforniscono di armi atomiche. Di Berlino Ovest hanno fatto un avamposto del militarismo, una base di attività di spionaggio e di provocazione.

E oggi proprio la propaganda occidentale osa accusare la RDT e l'URSS di violazione dei trattati. Ma a questo punto non sarà male ricordare che Berlino Ovest anzitutto non fa giuridicamente parte della Repubblica Federale, che allorché gli alleati conclusero gli accordi sull'occupazione della Germania, Berlino non fu staccata dalla zona di occupazione: si richiesero soltanto una occupazione e una amministrazione comuni nel suo territorio. A Berlino, come in tutta la Germania, l'occupazione da parte delle potenze vittoriose aveva uno scopo preciso e dichiarato: assicurare la rinascita di una Germania democratica e pacifica, denazificata e smilitarizzata.

Nelle zone occidentali questi impegni sono stati grossolanamente violati e proprio grazie al regime di occupazione delle tre potenze è stato fatto rinascere il militarismo tedesco e Berlino Ovest ne è diventata una delle principali basi. Parlare a questo punto di violazioni dei trattati da parte dell'URSS à evidentemente assurdo.

Ove l'Occidente tentasse con simili pretesti di aggravare la situazione con misure provocatorie anziché di porsi finalmente sul terreno del negoziato, assumerebbe di fronte al mondo una terribile responsabilità.

Mai come oggi è apparsa tanto urgente una trattativa che regoli finalmente i problemi ancora aperti, da sedici anni, dalla fine della seconda guerra mondiale.

G.C.

Fonte: http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/cust9l29-005756.htm



 
 
 

LA GERMANIA ORIENTALE. LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA. (3^ PARTE).

Post n°56 pubblicato il 09 Novembre 2009 da synthesis011
 

www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 02-10-09 - n. 289

da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. XI, Teti Editore, Milano, 1975
A sessanta anni dalla costituzione della Repubblica Democratica Tedesca (07/10/1949) - trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

8. La Germania Orientale. La costituzione della Repubblica Democratica Tedesca

Terza parte. -  (Per tornare alla seconda parte, cliccare qui).

LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA

L’aumento delle minacce di una spartizione della Germania a causa della politica separatista delle potenze occidentali diede vita a un vasto movimento popolare di protesta, concretizzatosi nel movimento per il Congresso del popolo tedesco. Il movimento abbracciò sia la Germania Orientale, sia quella Occidentale. In tutto il paese fu creata una rete di comitati, eletti in assemblee generali di villaggio, di quartieri cittadini, di fabbrica. All’inizio del mese di dicembre del 1947 si tenne a Berlino il primo Congresso del popolo tedesco per l’unità e una pace equa, con la partecipazione di delegati delle due parti della Germania. Il congresso, esprimendo la volontà del popolo tedesco, si pronunciò per il mantenimento dell’unita economica e politica della Germania, per una rapida conclusione del trattato di pace, per la creazione di un governo unico, su basi democratiche. Fu eletta una delegazione rappresentativa incaricata di esporre queste rivendicazioni alla riunione londinese dei ministri degli esteri delle quattro potenze. Il congresso elesse anche un comitato permanente per la direzione della lotta popolare per l’unità del paese.

Il 17 e 18 marzo 1948 ebbe luogo il secondo Congresso del popolo tedesco. Il congresso decise di procedere alla raccolta di firme sotto una petizione diretta alle potenze della coalizione antihitleriana, contenente un appello a emanare un’ordinanza sull’unità della Germania o a indire in proposito un plebiscito. Il congresso elesse un Consiglio del popolo tedesco con la partecipazione di rappresentanti anche delle zone occidentali, che di fatto diventò l’organo rappresentativo di tutta la Germania. Per suo incarico fu elaborato un progetto di Costituzione di una Repubblica nel suo complesso.

Il progetto era stato elaborato partendo dalla Costituzione di Weimar del periodo prenazista, avendo però presenti gli sviluppi successivi. Dopo esser stato discusso in sede di Consiglio del popolo tedesco il progetto fu pubblicato, perché fosse dibattuto da tutta la popolazione, cosa che fu fatta in assemblee, sulla stampa e tramite la radio.

Il nuovo progetto di costituzione, modificato secondo gli emendamenti scaturiti dalla discussione, fu approvato nel marzo 1949 dal Consiglio del popolo tedesco e ratificato dal terzo Congresso del popolo tedesco che ebbe luogo il 29 e 30 maggio 1949. Il punto più importante della nuova Costituzione era quello che trasmetteva il potere al popolo. In questo modo veniva a crearsi una democrazia di tipo nuovo, una democrazia popolare, che avrebbe garantito i diritti economici e politici ai lavoratori e la loro funzione dirigente, sotto la direzione della classe operaia, nel nuovo Stato. Il carattere veramente popolare e democratico del nuovo regime statale si basava su un nuovo sistema di rapporti sociali, dal quale era garantito.

La raccolta di firme promossa dal secondo Congresso del popolo tedesco, ebbe luogo dal 23 maggio al 13 giugno 1948. Nella Germania Orientale all’appello del Consiglio del popolo tedesco risposero più del 90 per cento degli elettori, mentre nella Germania Occidentale la raccolta fu vietata e i suoi organizzatori e partecipanti perseguiti con misure poliziesche. Favorevoli all’appello risultarono 15 milioni di cittadini, vale a dire il 37 per cento degli elettori dell’intera Germania. Basandosi sui risultati di questa campagna, la presidenza del Consiglio del popolo tedesco si rivolse ai comandanti in capo delle quattro zone di occupazione con la richiesta di autorizzare un plebiscito pantedesco. Ma le potenze occidentali ignorarono la richiesta.

Le forze avanzate della Germania si battevano per una Germania unita che attuasse una svolta decisiva nella sua via di sviluppo, schierandosi dalla parte della pace e della democrazia. Esse avevano alzato la bandiera della lotta per un avvenire progressista del paese e del suo popolo, ed erano alla testa di un movimento per il mantenimento dell’unità del paese su basi democratiche.

Ma le forze reazionarie della Germania Occidentale, sostenute dalle autorità di occupazione degli Stati Uniti d’America, della Gran Bretagna e della Francia, impedirono l’unificazione del paese e imboccarono la via del separatismo proclamando la costituzione di uno Stato tedesco separato, sulla base delle tre zone occidentali di occupazione.

Le forze reazionarie della Germania avevano interesse a veder smembrato il paese, perché così avrebbero potuto mantenere intatte, nello Stato separato, le loro posizioni politiche ed economiche e avrebbero cercato, basandosi su questo Stato, di eliminare il regime democratico-antifascista della Germania Orientale.

In risposta all’atto che scindeva la Germania, II Consiglio del popolo tedesco eletto al terzo Congresso del popolo tedesco, in un manifesto lanciato al popolo il 7 ottobre 1949, proclamava la costituzione della Repubblica Democratica Tedesca (RDT) e si trasformava in Camera del popolo provvisoria della RDT. Presidente della Camera fu eletto il deputato liberaldemocratico Johannes Dieckmann. Il 17 ottobre entrava in vigore la Costituzione della Repubblica Democratica Tedesca e il 10 dello stesso mese l’URSS trasmetteva al suo governo tutte le funzioni amministrative che fino ad allora erano state nelle mani dell’Amministrazione militate sovietica. Quest’ultima fu trasformata in Commissione di controllo con funzioni limitate, come quelle di vigilare sull’applicazione degli accordi di Potsdam o altri sulla Germania. L’11 ottobre fu costituita la Camera provvisoria delle regioni della Repubblica Democratica Tedesca. Lo stesso giorno, in una seduta congiunta delle due Camere, Wilhelm Pieck, eminente esponente del movimento comunista tedesco e internazionale, fu eletto presidente della repubblica. Il 12 ottobre la Camera popolare approvava la compagine governativa, presieduta da Otto Grotewohl.

In questo modo fu costituito il primo Stato di operai e contadini della storia della Germania.

La costituzione della Repubblica Democratica Tedesca fu un avvenimento di grande importanza storica. Con essa era sorto uno Stato tedesco nel quale la classe operaia, sotto la guida di un partito rivoluzionario marxista-leninista, aveva preso il potere nelle proprie mani. Esso aveva cominciato a esercitare le funzioni della dittatura del proletariato che rappresentava gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione - gli operai, i contadini e gli altri lavoratori - e si poneva lo scopo di realizzare la missione storica della classe operaia, cioè quella di portare tutti i lavoratori sulla via del socialismo.

Con la costituzione della Repubblica Democratica Tedesca era terminata la fase delle trasformazioni democratico-antifasciste e aveva inizio quella delle trasformazioni socialiste. Questo passaggio storico poté essere attuato solo grazie alla vittoria dell’Unione Sovietica sul fascismo tedesco e all’aiuto dell’URSS alle forze democratiche del popolo tedesco, grazie all’egemonia della classe operaia unificata della Germania Orientale e alla politica marxista-leninista del suo partito, il Partito socialista unificato della Germania.

La formazione della Repubblica Democratica Tedesca era stata parte del processo mondiale del passaggio dal capitalismo al socialismo, iniziato con la grande rivoluzione socialista d’Ottobre e continuato con le rivoluzioni democratico-popolari degli anni Quaranta in una serie di paesi dell’Europa e dell’Asia. Essa era stata il risultato del grandi cambiamenti dei rapporti di forza nel mondo in favore della classe operaia e del socialismo, determinati dalla vittoria di importanza storico-mondiale dell’Unione Sovietica sulle forze aggressive dell’imperialismo.

Il 15 ottobre 1949 l’URSS riconobbe ufficialmente la Repubblica Democratica Tedesca. Successivamente essa fu riconosciuta da Albania, Bulgaria, Ungheria, Repubblica Popolare Democratica di Corea, Repubblica Popolare Cinese, Polonia, Romania e Cecoslovacchia. I partiti comunisti e operai di tutto il mondo, e tutte le organizzazioni democratiche internazionali, salutarono la formazione del primo Stato del lavoratori su terra tedesca.

Fine terza e ultima parte.

Tratto da: http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/cust9l02-005613.htm

 
 
 

LA GERMANIA ORIENTALE. LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA. (2^ PARTE).

Post n°55 pubblicato il 09 Novembre 2009 da synthesis011
 

www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 02-10-09 - n. 289

da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. XI, Teti Editore, Milano, 1975
A sessanta anni dalla costituzione della Repubblica Democratica Tedesca (07/10/1949) - trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

8. La Germania Orientale. La costituzione della Repubblica Democratica Tedesca

Seconda parte.  (Per tornare alla prima parte, cliccare qui)

LE TRASFORMAZIONI DEMOCRATICHE NELLA GERMANIA ORIENTALE. LA COSTITUZIONE DEL PARTITO SOCIALISTA UNIFICATO DELLA GERMANIA

Il 14 luglio 1945, per iniziativa dei comunisti, i quattro partiti comunista, socialdemocratico, democratico-cristiano e liberaldemocratico costituirono un blocco democratico-antifascista, con un programma d’azione comune. Questo blocco doveva assolvere una grande funzione per unire gli sforzi delle grandi masse popolari della Germania Orientale per la soluzione dei compiti di carattere democratico generale. In poco tempo furono create organizzazioni di massa dei lavoratori. Nell’estate del 1945 sorsero i sindacati unitari e fu creata la Libera lega dei sindacati tedeschi. La creazione di un’unica organizzazione dei lavoratori ebbe un’importanza eccezionale per il rafforzamento della funzione dirigente della classe operaia nella attuazione della rivoluzione democratico-antifascista.

Nel 1945 erano sorti comitati giovanili antifascisti i quali, nel 1946, costituirono una unica organizzazione giovanile: l’Unione della libera gioventù tedesca, che riuniva sotto la direzione della classe operaia centinaia di migliaia di giovani e ragazze, futuri attivi costruttori del socialismo. A dirigere l’Unione fu eletto Erich Honecker. Nello stesso periodo erano sorte organizzazioni di massa dei lavoratori quali la Lega democratica delle donne tedesche, la Lega culturale creata per iniziativa dei migliori rappresentanti del mondo intellettuale con alla testa il noto poeta tedesco Johannes Becher, l’Unione del mutuo soccorso contadino, eccetera. Una importanza del tutto eccezionale per lo sviluppo della rivoluzione democratico- antifascista aveva avuto l’unificazione dei due partiti della classe operaia in un unico partito marxista-leninista.

Al congresso di unificazione dei due partiti, svoltosi il 22 e 23 aprile 1946, fu creato il Partito socialista unificato della Germania (SED). Esso contava 1 milione 300 mila iscritti, dei quali 680 mila socialdemocratici e 620 mila comunisti. Il congresso approvò un documento programmatico, “Principi e fini del Partito socialista unificato della Germania”, nel quale erano indicate le basi della politica del partito, lo statuto del partito e un “Manifesto al popolo tedesco”. Nel programma del partito stava scritto che esso si poneva l’obiettivo della “liberazione da ogni sfruttamento e oppressione, dalle crisi economiche, dalla miseria, dalla disoccupazione e da minacce di guerra imperialista, obiettivo che, come quello della soluzione dei problemi vitali, nazionali e sociali del nostro popolo, può essere raggiunto solo con il socialismo”.

Il superamento della scissione nelle file della classe operaia della Germania Orientale e la formazione di organizzazioni di massa dei lavoratori condizionarono le riforme democratiche attuate nel paese. L’espropriazione delle imprese dei criminali di guerra e nazisti, la riforma agraria, la smilitarizzazione, le democratizzazione di tutti gli aspetti della vita pubblica, compreso il campo della cultura, furono attuate come campagne di masse, con la partecipazione attiva delle larghe masse dei lavoratori. Nel corso di queste trasformazioni erano stati promossi referendum e organizzate riunioni di massa della popolazione. Gli stessi lavoratori diedero vita a numerosi organi, comitati e commissioni, che decidevano direttamente i problemi della nazionalizzazione dell’industria, della riforma agraria, della denazificazione.

Gli operai di molte fabbriche diedero prova di iniziativa nell’epurare le loro direzioni dagli elementi nazisti attivi e dai criminali di guerra a nell’istituire il controllo operaio sulla produzione.

A seguito della nazionalizzazione dell’industria, così come delle banche e del sistema creditizio, fu creata la base materiale per le successive trasformazioni socialiste. L’inizio della formazione della proprietà popolare nell’economia risale all’ottobre 1945 quando, per disposizione dell’Amministrazione militare sovietica, furono sequestrate le proprietà dei nazisti attivi e dei criminali di guerra, nonché quelle del partito nazista e dello Stato hitleriano. La soluzione del problema relativo alle sorti delle imprese sequestrate fu demandata allo stesso popolo tedesco. Il primo a decidere fu il governo regionale della Sassonia, che si pronuncio per la confisca delle imprese del criminale di guerra Friedrich Flick.

Nella primavera del 1946 l’Amministrazione militare sovietica mise a disposizione degli organi amministrativi tedeschi una serie di imprese che, secondo le decisioni di Potsdam, avrebbero dovuto essere trasferite in proprietà all’Unione Sovietica. Le autorità locali della Germania Orientale indissero un referendum e la stragrande maggioranza dei votanti si pronunciò per il passaggio di queste imprese in proprietà del popolo. A seguito delle confische passarono in proprietà degli organi dell’amministrazione popolare più di 9.000 imprese. Nel giugno 1947, per iniziativa del Partito socialista unificato, e allo scopo di organizzare un’amministrazione economica centrale, fu creata una Commissione economica tedesca, che nei primi tempi funzionò come organo consultivo dell’Amministrazione militate sovietica.

Nel 1945 nella Germania Orientale fu attuata la riforma agraria. Sulla base delle decisioni degli organi della riforma furono espropriate circa 11.500 aziende agrarie per una superficie di circa 3 milioni di ettari. Circa un terzo di queste terre fu assegnato agli organi comunali, mentre il rimanente fu ripartito tra i braccianti agricoli e i contadini con poca terra. Sulle terre assegnate alla pubblica proprietà furono create circa 500 aziende del popolo, che ebbero una grande funzione sia nella rinascita dell’agricoltura che nella sua successiva riorganizzazione economico-sociale. La riforma agraria fece crollare le posizioni economiche e politiche della classe dei grandi proprietari fondiari, una delle colonne del militarismo e dell’espansionismo tedeschi, e recò un colpo decisivo alle forze della reazione della Germania Orientale.

Fu adottata la legislazione del lavoro: giornata lavorativa di otto ore, assicurazioni sociali, protezione contro gli infortuni, parità di salario maschile e femminile per pari lavoro, provvedimenti per il lavoro e l’apprendistato dei giovani. Tutto ciò contribuì a superare le difficoltà del periodo della ricostruzione e ad elevare la produttività del lavoro. Risultato: la produzione industriale della Germania Orientale aveva raggiunto nel 1949 il livello prebellico e la disoccupazione era stata debellata.

Per la prima volta nella storia della Germania erano stati istituiti organi di governo veramente popolari e parlamenti democratici rappresentativi delle regioni.

Nel settembre 1946 si svolsero le elezioni comunali, distrettuali e regionali della parte orientale della Germania. Le elezioni diedero luogo a una lotta accanita, in quanto gli elementi reazionari cercarono di sfruttarle per rafforzare le loro posizioni politiche. Tuttavia, la vittoria delle forze democratiche risultò esaltante: i candidati del Partito socialista unificato ottennero il 58,5 per cento dei voti nelle elezioni comunali, il 50,3 per cento in quelle distrettuali e il 47,5 per cento in quelle regionali.

La popolazione della Germania Orientale si era così espressa a favore delle trasformazioni democratico-antifasciste che si stavano attuando in quella parte del paese.

Poco dopo gli organi amministrativi tedeschi - centrali, provinciali e regionali - furono investiti dei necessari diritti e poteri, incluso quello di emanare ordinanze aventi forza di legge, a condizione che non contrastassero con le ordinanze dell’Amministrazione militare sovietica e del Consiglio di controllo. Alla fine del 1946 -inizio 1947 in tutte le province e regioni della Germania Orientale vennero approvate le rispettive Costituzioni, precedute da un’ampia discussione dei progetti relativi nelle assemblee di lavoratori.

Nella Germania Orientale fu riorganizzato, nello spirito democratico, il sistema della pubblica istruzione, fu rinnovato il corpo degli insegnanti, furono compilati nuovi programmi e libri di testo. Per la prima volta nella storia della Germania fu introdotta l’istruzione gratuita e venne istituito il presalario. Per preparare i figli degli operai e dei contadini ad accedere agli istituti superiori fu creato un sistema di facoltà operaie, che contribuì a modificare la composizione sociale del corpo studentesco, facendovi prevalere i figli dei lavoratori. Furono riordinati in senso democratico anche la cinematografia, il teatro e altri settori culturali.

Il potere democratico-antifascista si affermò nella Germania Orientale in seguito a un’accanita lotta di classe, ma senza guerra civile. La controrivoluzione interna e straniera non osò scatenare la guerra civile, in quanto la presenza dell’Unione Sovietica come potenza occupante avrebbe stroncato le forze della controrivoluzione.

L’attuazione conseguente delle trasformazioni democratico-antifasciste nella parte orientale della Germania ebbe un’importanza veramente rivoluzionaria, sia nel senso dell’eliminazione radicale delle incrostazioni economiche e sociali che erano di ostacolo allo sviluppo progressivo della Germania, sia nel senso della creazione di possibilità reali per il passaggio dalla prima alla seconda fase della rivoluzione, alla fase superiore, socialista.

L’originalità dello sviluppo della Germania Orientale in quel periodo è da ricercarsi nel fatto che nel corso della rivoluzione democratico-antifascista erano stati risolti anche i compiti della rivoluzione democratico-borghese, rimasti insoluti nel passato. Il che, tuttavia, non significava affatto che il programma della rivoluzione democratico-antifascista della Germania Orientale si limitasse ai compiti della rivoluzione democratico-borghese.

La nazionalizzazione dei settori trainanti dell’economia, la riforma agraria, la vittoria del blocco democratico-antifascista nelle elezioni, avevano creato le condizioni per l’ulteriore rafforzamento del regime democratico-antifascista nella Germania Orientale e per il passaggio alle trasformazioni socialiste. L’edificazione economica e statuale era entrata in una nuova, più alta, fase di sviluppo. Di fronte ai lavoratori stavano compiti nuovi. Al primo posto si poneva ora il problema dell’incremento delle forze produttive, dello sviluppo e del rafforzamento del settore popolare della proprietà nell’industria. In queste condizioni il Partito socialista unificato prestò una particolare attenzione al perfezionamento della sua politica economica, compresa la pianificazione dell’industria e dell’agricoltura.

Il rafforzamento del principio della centralizzazione nell’economia procedette di conserva con l’allargamento della partecipazione delle masse popolari alle decisioni concernenti i problemi dell’edificazione economica: partecipazione dei collettivi di lavoratori alla discussione dei piani di produzione, a cominciare da quello del proprio stabilimento fino al piano statale; attivizzazione del controllo delle organizzazioni di massa sulla loro attuazione e così via.

Per decisione del II congresso del Partito socialista unificato della Germania, tenutosi nel settembre 1947, fu elaborato un piano economico biennale, per il 1949-1950. Il progetto di piano fu poi approvato dalla riunione del Comitato centrale del partito del giugno 1948. Si trattava di un programma relativo allo sviluppo pianificato della vita economica e statale della Germania Orientale, sulla base della pianificazione statale e dell’appoggio costituito dalla crescente attività lavorativa delle masse. Nell’agricoltura, dopo l’attuazione della riforma, l’attenzione principale fu rivolta al consolidamento delle nuove aziende. Nel 1948, con l’aiuto decisivo dell’Unione Sovietica, fu creato il sistema delle stazioni per il noleggio delle macchine agricole. In questo modo fu scalzata l’influenza dei contadini ricchi e rafforzata la posizione delle forze democratiche nelle campagne.

I compiti crescenti legati alla costruzione di una nuova Germania e la necessità di migliorare il livello della direzione in tutti i campi della vita pubblica posero al Partito socialista unificato il problema inderogabile dell’ulteriore rafforzamento della sua funzione dirigente, sulla base del marxismo-leninismo. Il partito definì chiaramente la sua linea relative al problema dei rapporti con l’Unione Sovietica come baluardo del processo rivoluzionario mondiale e con il partito comunista sovietico come avanguardia del movimento comunista operaio mondiale. L’esperienza della politica economica del partito comunista sovietico veniva studiata attentamente, mentre era in corso il processo di rinascita dell’economia e dell’organizzazione di un nuovo regime sociale nella Germania Orientale.

La prima conferenza del Partito socialista unificato indica al partito e a tutte le forze progressive il fine da perseguire: il rafforzamento del processo rivoluzionario nella Germania come condizione decisiva per la creazione di una unica Germania, pacifica e democratica. Tutti i problemi presi in considerazione dalla conferenza vennero risolti dal punto di vista della difesa degli interessi nazionali del paese, nella prospettiva di un suo sviluppo democratico. Nella Germania Occidentale lo sviluppo degli avvenimenti aveva preso una strada diversa. Le potenze occidentali si erano rifiutate di attuare il programma concordato in comune nei confronti della Germania vinta e gli Stati Uniti d’America, la Gran Bretagna e la Francia avevano applicato in questa parte del paese, nelle zone da essi occupate, una politica separatista. Ne era conseguita la conservazione della struttura economica e sociale propria del domino della borghesia monopolistica.

Fine seconda parte - continua. (Per leggere la terza parte, cliccare qui).

Fonte: http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/cust9l02-005613.htm

 
 
 
 
 
 
 
 
 

Hegel"L'uomo che muore di fame ha il diritto assoluto di violare la proprietà di un altro; egli viola la proprietà di un altro solo in un contenuto limitato. Nel diritto del bisogno estremo (Notrecht) è inteso che non violi il diritto dell'altro in quanto diritto: l'interesse si rivolge solo a questo pezzettino di pane; egli non tratta l'altro come persona priva di diritti".

Georg Wilhelm Friedrich Hegel, "Filosofia del diritto", testo acroamatico, 1820.
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"La libertà polacca non era altro che la libertà dei baroni contro il monarca, libertà per cui la nazione era asservita ad assoluta servitù. Il popolo aveva, di conseguenza, lo stesso interesse dei re a combattere i baroni: e infatti è stato col conculcamento dei baroni che esso ha acquistato ovunque la libertà. Quando si parla di libertà, si deve sempre attentamente osservare se non siano in realtà interessi privati quelli di cui si tratta".

Georg Wilhelm Friedrich Hegel, "Lezioni sulla Filosofia della Storia".
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Losurdo"...nel Libro nero, i fatti...del comunismo vengono messi a confronto non con i comportamenti reali del mondo che esso vuole mettere in discussione (sui quali vige il silenzio più rigoroso) ma con le dichiarazioni di principio del liberalismo...E' evidente il carattere sofistico di una comparazione tra grandezze così eterogenee (da un lato la rappresentazione autoapologetica dei pensatori liberali, dall'altro i comportamenti reali in situazioni drammatiche dei dirigenti comunisti). Si potrebbe chiamarlo «sofisma di Talmon»...".

Domenico Losurdo, "Il peccato originale del Novecento", 1998.
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Geymonat"...la libertà è lotta...(...)
La tesi contraria...è sostenuta di fatto da coloro che, avendo lottato e vinto in un passato più o meno lontano, hanno tutto l'interesse che non si lotti più, onde vengano conservati i loro privilegi. (...)
E' sulla base di questa situazione parallela che qui abbiamo sostenuto l'inscindibile rapporto fra libertà e violenza.
Molte esaltazioni, per lo più retoriche, della nonviolenza intesa come bene indiscutibile, sono un segno di ignoranza più che un frutto di raffinata sensibilità e di alta civiltà".

Ludovico Geymonat, "La Libertà", 1987.
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Hemingway"Ogni essere umano che ami la libertà deve più ringraziamenti all'Armata Rossa di quanti ne possa pronunciare in tutta la sua vita!"

Ernest Hemingway.

 
 
 
 
 
 
 

Buffet"C’è una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo".

 Warren Buffett, "Il Saggio di Omaha".
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Houellebecq"il sesso rappresenta un secondo sistema di differenziazione... indipendente dal denaro;
e... altrettanto spietato, se non di più. (...)
Come il liberalismo economico...il liberalismo sessuale produce fenomeni di depauperamento assoluto.(...)
Il liberalismo economico è l'estensione del dominio della lotta...
il liberalismo sessuale è l'estensione del dominio della lotta".

Michel Houellebecq, "Estensione del dominio della lotta", 1994.
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"Perché io sono per l'ultimo uomo.(...) La nostra società è dominata da troppi epigoni di Nietzsche, da troppi individui mediocri che si sognano come superuomini".

Michel Houellebecq, intervista di Fabio Gambero, "L'Espresso", Settembre 2005.
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Preve"...il Superuomo-Oltreuomo è una continua assenza, tanto più assente quanto più insistentemente evocato.(...) ...lo stesso Nietzsche non poteva non essere assalito dall'incubo di stare in realtà annunciando l'avvento dell'Ultimo Uomo, una figura che in termini presi da Freud potremmo definire il suo «rimosso»".

Costanzo Preve, "I secoli difficili", 1999.
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"Se si tenta di fare un bilancio ragionato e non distruttivo dell’esperienza dei partiti comunisti novecenteschi, ci si accorge che un difetto strategico, particolarmente presente nel vecchio PCI, è quello di aver messo la tattica davanti alla strategia, fino al punto che quest’ultima si è identificata totalmente con la prima, con gli esiti noti alla Occhetto, D’Alema, Veltroni e Penati. Se può interessare, questa è la critica esplicitamente rivolta al PCI da Lukács. Prego verificare".

Costanzo Preve, "Ancora e sempre sul Comunismo", 2011.
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"Oggi, anche se destra e sinistra non sono più categorie politiche credibili, resistono come risorse simboliche, come fenomeni inerziali di manipolazione, come target culturali residuali, non come parametri interpretativi delle decisioni in economia e in politica. Potrei dire che l’eccitazione oppositiva destra/sinistra è oggi un orgasmo simulato. L’uomo crede a questa simulazione perché è un animale simbolico, ha bisogno di un’identificazione fittizia, fantasmatica per dar senso a sé stesso. Pertanto io ritengo che la dicotomia destra/sinistra, ormai «defunta» in Paesi come Italia, Spagna, Francia, Germania - si badi, non in Bolivia, in Venezuela, nei paesi del Terzo Mondo - sia stata sostituta dalla dicotomia fra chi accetta o non accetta l’impero americano".

Costanzo Preve, Intervista Afterville, 20 Febbraio 2009.

 
 
 
 
 
 
 

Papariga"Guardiamo alle forze sociali, perché, quando si parla in termini di sinistra, destra, centro, oggi non vuol dire nulla.".

Aleka Papariga, "All'interno del sistema capitalista non esiste una via d'uscita dalla crisi favorevole ai popoli!", 6 Gennaio 2011.
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"...la via a senso unico indicata dalla UE è volta a meglio servire gli interessi dei grandi monopoli e accrescere lo sfruttamento dei lavoratori. Le soluzioni neoliberiste e antipopolari sono trappole sempre in agguato. L'esempio offerto dal governo Prodi ci insegna come queste soluzioni siano dolorose per la popolazione e come lascino le forze popolari completamente in balia dei manager del sistema politico e borghese. È sempre la stessa musica: dopo Prodi viene Berlusconi e viceversa".

Aleka Papariga, intervista al quotidiano "To Vima", 10 Febbraio 2008.
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Prodi"...si era arrivati perfino a parlare di
«ulivo mondiale».
La causa della sconfitta di questa grande stagione è da individuare nel fatto che, mentre in teoria il nuovo labour e l'ulivo mondiale erano una fucina di novità, nella prassi di governo di Tony Blair e i governi che ad esso si erano ispirati si limitavano ad imitare le precedenti politiche dei conservatori inseguendone i contenuti e accontentandosi di un nuovo linguaggio".

Romano Prodi, articolo su "Il Messaggero", 15 Agosto 2009.
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Gramsci"Il processo di sfacelo della piccola borghesia si inizia nell'ultimo decennio del secolo scorso. La piccola borghesia perde ogni importanza e scade da ogni funzione vitale nel campo della produzione, con lo sviluppo della grande industria e del capitale finanziario: essa diventa pura classe politica e si specializza nel «cretinismo parlamentare».
Questo fenomeno che occupa una gran parte della storia contemporanea italiana, prende diversi nomi nelle sue varie fasi: si chiama originalmente «avvento della sinistra al potere»...".

Antonio Gramsci, "Il Popolo delle Scimmie" ne "L'Ordine Nuovo", 2 Gennaio 1921.
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"Voi siete più parlamentari degli stessi parlamentari.(…)
Quando si parla degli errori tattici del Partito Comunista Francese e di quello Italiano non si tratta di piccole deficienze, della necessità di piccole correzioni, ma intendiamo accennare alla necessità di un deciso cambiamento della strategia e della tattica, di un radicale cambiamento di rotta rispetto al passato".

Andrej Ždanov, "Riunione Cominform di Szlarska Poręba, 22-28 settembre 1947".

 
 
 
 
 
 
 

Togliatti"I governi cosiddetti tecnici o amministrativi sono i peggiori governi politici che si possa immaginare. Il loro scopo è quello di fare il contrario di ciò che la sovranità popolare ha indicato, sono antipopolari e reazionari".

Palmiro Togliatti, "Discorso alla Camera dei Deputati", 1963.
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Theodorakis"La crisi non l'hanno provocata i lavoratori, l'ha provocata il grande capitale finanziario, che la sta anche utilizzando, e i politici al suo servizio (...) Non possono i banchieri e i detentori di capitale, che hanno provocato la crisi, non pagare neanche un Euro per i danni inflitti (...)
Come può essere proposto per la gestione della Banca Centrale Europea un uomo di Goldman Sachs... Che tipo di governo, che tipo di politici abbiamo in Europa? (...)
Resistete al totalitarismo dei mercati, che minaccia di dissolvere l'Europa rendendola terzo mondo, che mette un popolo europeo contro l'altro, che distrugge il nostro continente, suscitando il ritorno del fascismo".

Mikis Theodorakis, "Lettera aperta ai popoli di Grecia e d'Europa", Ottobre 2011.
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Enzensberger"Ai tempi del fascismo, non sapevo di vivere ai tempi del fascismo".



Hans Magnus Enzensberger.

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Ford"E' un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina".

Henry Ford.
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Agnelli"Per fare una politica di destra ci vuole un governo di sinistra".



Gianni Agnelli.
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Manzoni"Il forte si mesce col vinto nemico.
Col novo signore rimane l’antico.
Dividono i servi, dividon gli armenti."

Alessandro Manzoni, "Adelchi", 1822.
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Tomasi"Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi."


Giuseppe Tomasi di Lampedusa, "Il Gattopardo", 1954-1957.

 
 
 
 
 
 
 

Bordiga"Fin da molti anni addietro, noi affermammo senza esitazione che non si doveva ravvisare il nemico ed il pericolo numero uno nel fascismo o peggio ancora nell'uomo Mussolini, ma che il male più grave sarebbe stato rappresentato dall'antifascismo che il fascismo stesso, con le sue infamie e nefandezze, avrebbe provocato; antifascismo che avrebbe dato vita storica al velenoso mostro del grande blocco comprendente tutte le gradazioni dello sfruttamento capitalistico e dei suoi beneficiarii, dai grandi plutocrati, giù giù fino alle schiere ridicole dei mezzi-borghesi, intellettuali e laici."

Amadeo Bordiga, "Una Intervista ad Amadeo Bordiga", 1970.
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Attali"Non bisogna escludere, infatti, che questa crisi provochi un movimento di rivolta e di violenza politica senza precedenti, accompagnato da un ritorno all'odio di classe. Dopotutto, non sarebbe una formidabile conferma della validità dell'analisi di Marx, quella di un capitalismo che splende, mondiale e suicida? Questa crisi è anche l'occasione per comprendere come un piccolo gruppo di persone, senza produrre ricchezza, possa accaparrarsi nella più completa legalità e senza essere controllato da nessuno una gran parte della ricchezza prodotta. E anche per vedere come questo stesso gruppo, avendo rapinato qua e là - sotto forma di premi e bonus -, stia facendo pagare i suoi formidabili profitti ai contribuenti, salariati, consumatori, imprenditori e risparmiatori di tutto il mondo, obbligando gli stati a trovare in pochi giorni, per riempire i vuoti lasciati nelle loro casse, delle somme di denaro mille volte superiori a quelle che gli stessi governi rifiutano ogni giorno ostinatamente ai paesi più svantaggiati e ai morti di fame del resto del mondo. Certamente, questa confisca si attua in un modo legale, "onesto", non violento. E' del resto ciò che costituirà, agli occhi di alcuni, il principale motivo di una rivolta: se questo è legale, allora il sistema che permette tale aberrazione non ha più ragion d'essere!"

Jacques Attali, "La crisi e poi?", 2009.
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Walesa"E' necessario un comunismo per il XXI secolo. Altrimenti la stessa nostra civilità rischia di essere distrutta. Viviamo in un mondo, nel quale il 10% possiede tutte le ricchezze e il 90% vive in miseria. Mai ci sono state così tante guerre, che vengono giustificate con la necessità di esportare la democrazia. Ma, guarda caso, si interviene solo dove c'è il petrolio e delle vere dittature non gliene frega niente a nessuno... Mai avrei immaginato che, dopo aver passato tutta la vita a lottare contro il comunismo, sarei giunto alla conclusione che è necessario un comunismo rinnovato nella sue forme"..

Lech Walesa, "Wałęsa: Je čas na komunismus XXI. století", "Publica.cz", 2 Marzo 2011.

 
 
 
 
 
 
 

Mann"Collocare sul medesimo piano morale il comunismo russo e il nazifascismo, in quanto entrambi sarebbero totalitari, nel migliore dei casi è superficialità, nel peggiore è fascismo. Chi insiste su questa equiparazione può ben ritenersi un democratico, in verità e nel fondo del cuore è in realtà già fascista, e di certo solo in modo apparente e insincero combatterà il fascismo, mentre riserverà tutto il suo odio al comunismo.".

Thomas Mann.
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Blum"Gran parte della propaganda anticomunista ha denunciato aspramente il trattato tedesco-sovietico del 1939, ignorando però totalmente il fatto che i russi furono costretti a siglare quel patto dai continui rifiuti da parte delle potenze occidentali, in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, di unirsi a Mosca per affrontare la minaccia nazista, e del resto quelle stesse potenze si erano già rifiutate di accorrere in aiuto del governo spagnolo di ispirazione socialista assediato dai fascisti tedeschi, italiani e spagnoli".

 William Blum, "Il libro nero degli Stati Uniti", 2003.
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"...olocausto americano, (...) la negazione di questo olocausto è molto più radicata di quella dell'Olocausto nazista. Così forte e radicata è la mancanza di conoscenza dell'olocausto americano, (...) che coloro che lo negano non ne sono nemmeno consapevoli. Eppure, alcuni milioni di persone sono morte a causa di questo olocausto e molti altri milioni, a seguito degli interventi militari americani, sono stati condannati a vivere nella miseria e nella tortura, dalla Cina e dalla Grecia degli anni Quaranta, all'Afghanistan e all'Iraq degli anni Novanta."

 William Blum, "Il libro nero degli Stati Uniti", 2003.
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La Grassa"la sinistra, o se si vuole il centrosinistra, è un cancro ormai in metastasi nella società italiana. (...) per certi versi, quella che si indica come sinistra «radicale» è il peggio del peggio. (...)
Certi individui, senz’altro in buona fede, perseverano nell’errore di prospettiva per cui credono che la sinistra ci salva almeno dalla destra; anzi nemmeno da questa, ma soltanto «da Berlusconi». Un errore catastrofico, definitivo, che porterà alla sparizione di ogni forza effettivamente critica dell’attuale organizzazione sociale. L’infezione mortale proviene dalla sinistra; ci si sforzi di analizzare la situazione anche soltanto con lo strumento marxista non ancora «rivisitato» e non trasformato per adeguarlo ai tempi. La destra è semplicemente la risposta malata a questo cancro che è la sinistra; più precisamente, è l’immunodeficienza di un organismo che non riesce a contrastare i germi patogeni di sinistra che irrompono con sempre maggiore virulenza nel «corpo» della nostra società.".

Gianfranco La Grassa, "Dedicarsi all'analisi".

 
 
 
 
 
 
 

Del Noce"Una morale basata sull’esaltazione del piacere... un regno della donna (...) l’avanguardia prendeva coscienza di quella che doveva essere la sua vera posizione... e neppure giudicava errata la proposta comunista, ma soltanto inadeguata; il marxismo doveva essere completato moralmente con Sade e con Freud (...)
Passiamo ora alle forme più elevate della cultura laica. (...) Il programma era quello di una continuità illuministica tra liberalismo e comunismo, esigente una reciproca riforma. Ora, tale riforma importava che il liberalismo, per cessare di essere borghese, nel senso corrente, ritrovasse l’antitradizionalismo illuminista, accentuandolo in modo da evitare quegli aspetti per cui l’illuminismo aveva ceduto al romanticismo; ma in tale accentuazione era inevitabilmente inclusa l’abolizione dei divieti, o come oggi si usa dire, con espressione talmente abusata che non si vorrebbe ripeterla, tabù sessuali, quando anche i loro promotori non se lo proponessero. Se Gramsci pensava di procedere da Croce a Marx, la nuova borghesia illuminata intendeva invece andare da Marx a Diderot; ma ci si può fermare a Diderot, o non si deve invece, imboccata questa via, procedere verso Sade? (...)
La rivoluzione sessuale è effettivamente il punto d’arrivo dello «scientismo». (...)
Ciò praticamente significa che nella società successiva alla rivoluzione sessuale, le disuguaglianze economiche, pur nel benessere universale, possono continuare a sussistere; su questo punto la rivoluzione sessuale può benissimo accordarsi con le idee dei teorici della società del benessere. È noto come il vecchio radicalismo, espressione politica della vecchia borghesia, contrapponesse all’avanzata socialista il diversivo anticlericale; con perfetta analogia il nuovo radicalismo, espressione della borghesia nuova, è portato a contrapporre all’avanzata comunista il diversivo sessuale. (...)
Piuttosto che di pace dovremmo parlare di «violenza permanente»"

Augusto Del Noce, "L'Erotismo alla Conquista della Società", 1993.
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"Nonostante la perfetta lealtà intellettuale del suo autore, il gramscismo si rivela come una sorta di equivoca composizione di negativismo estremo e di conservatorismo; come versione rivoluzionaria dello storicismo comporta la negazione più radicale di ogni traccia di valori assoluti, permanenti, metastorici; quel che però non nega è la continuità «moderna» con la borghesia. L’esito del gramscismo e dell’eurocomunismo non può essere che quello di trasformare il comunismo in una componente della società borghese ormai completamente sconsacrata, o di agire per la sua definitiva dissacrazione corrispondente a quella che è l’intenzione profonda dello spirito borghese. Non stupisce perciò se il comunismo italiano appare oggi come la forza più adeguata a mantenere l'ordine in un mondo in cui qualsiasi religione è scomparsa; non soltanto la religione cattolica, ma ogni sua forma anche immanentistica e secolare; anche la fede nel comunismo. L'insoddisfazione sincera dei rivoluzionari autentici trova giustificazione. Certo, il comunismo gramsciano può riuscire, ma realizzando l'esatto opposto di quel che si proponeva."

Augusto Del Noce, "Il Suicidio della Rivoluzione", 1978.

 
 
 
 
 
 
 

Ieri e oggi.
LuxemburgLiebknechtMatteottiGobettiSacco e Vanzetti
SandinoGramsciKosmodemianskaiaSecondariDi Nanni
VelouchiotisGuAnyingBeloyannisRosenberg
AudinClaroLumumbaMatteiTorres
MossadeqQassimTaniaGuevaraSukarno
Vittime del totalitarismo capitalista imperialistico e oligarchico.

 
 
 
 
 
 
 

Ieri e oggi.
SchneiderCabralCaamanoSecchiaAllende
JaraBikoRomeroSandsDlimi
BishopSankaraCeausescuElenaHonecker
NajibullahHaniHabyarimana NtaryamiraRakicCorrie
CalipariMilosevicHusseinArrigoniGheddafi
Vittime del totalitarismo capitalista imperialistico e oligarchico.

 
 
 
 
 
 
 

Quale sarà la prossima vittima dell'imperialismo?
Who's next?
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NO alla base Dal Molin!
NO scudo stellare USA!
NO allo scudo stellare USA!
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Con Gaza!

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Stop precarietà!
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Giù le mani dalla Libia! Giù le mani dalla Siria!
Libia, Siria.
Hands off Libya! Hands off Syria! 
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US Deaths in Afghanistan: Obama vs Bush. Click here to learn more.
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NO
No NATO
NATO 

 
 
 
 
 
 
 

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