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Piccolo miracolo quotidiano

Post n°48 pubblicato il 04 Gennaio 2007 da bienvenido
Foto di BepiPonzin

Il titolo di questo topic potrebbe sembrare privo di senso; infatti i miracoli non sono certo “quotidiani”, anzi! Si dubita anche che qualche miracolo sia effettivamente avvenuto. La nascita di un bambino invece è un evento quotidiano. La nascita di Andrea però ha qualcosa di speciale che io, considerato quello che accade tra gli esseri umani, ho voluto interpretare come un piccolo miracolo (si, va bene, bisogna impegnarsi molto per vederlo questo miracolo ma… io ho parecchia fantasia…).

Tempo fa stavo imballando alcune cose e mi occorreva della carta per proteggerle. Utilizzando dei vecchi giornali mi sono imbattuta per caso in una pagina datata Giugno 2005. Non ho potuto fare a meno di conservarla perché racconta una bella storia, dalla quale si potrebbe imparare qualcosa.

Il 118 riceve una chiamata dai familiari di una donna al termine della gravidanza, il cui stato lascia intuire l’imminenza del travaglio. E’ presente l’ostetrica della famiglia che sale anch’essa in ambulanza. Vista la situazione delicata viene chiamata l’automedica ed inizia così la corsa verso l’ospedale, con un emozionato ma determinato autista che tenta di sfrecciare in autostrada tra tante difficoltà: traffico intenso, auto e moto indisciplinate e cantieri di variante di valico. La corsa viene interrotta dal vagito di Andrea: il bimbo nasce in ambulanza. Tutto è andato bene; dopo avere raggiunto l’ospedale ed avere accompagnato mamma e bimbo al reparto maternità, i novelli “padrini” hanno subito attaccato un bel fiocco azzurro allo specchietto dell’ambulanza ed hanno trasmesso il loro buonumore a tutti.

L’eccezionalità di questo avvenimento non sta tanto nel fatto che sia accaduto in ambulanza, ma che l’equipe che lo ha reso possibile fosse multietnica. Infatti il medico è iraniano, l’infermiere è di nazionalità indiana e l’autista è italiano. Queste persone, apparentemente così diverse tra loro per origine, nazionalità, cultura, hanno congiunto tutto ciò che era in loro potere per un unico fine: prestare soccorso. Al di là del fatto che questa sia la loro professione, è il messaggio che viene da questa storia che è significativo.

Sarebbe veramente straordinario se questa piccola grande vicenda umana potesse costituire motivo di riflessione per tutti, anche per noi soccorritori (perché no…?) che tanto dichiariamo il nostro altruismo verso il prossimo e spesso, troppo spesso, magari anche conoscendoci o appartenendo alla stessa Associazione, non siamo neppure capaci di lavorare insieme senza litigare, fraintendere, malignare, screditare, giudicare…

La gente parla, parla, parla….. c’è un tale fracasso al mondo che oramai non si sente più niente. Non si ascolta più niente. Ma parlare non significa comunicare, se si parla non attraverso la ragione ma solo per avere ragione. Che senso ha...?
Marci :-)

 
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