Creato da socialismoesinistra il 28/06/2008
Rivista di approfondimento culturale e politico dell'Associazione SocialismoeSinistra
 

 

« Io: un socialista in Sin...RAGIONANDO SU MARX E SU KAUTSKY »

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Post n°321 pubblicato il 05 Dicembre 2009 da socialismoesinistra



Karl Kautsky

 

 

Karl Kautsky ed Otto Bauer: due grandi maestri del socialismo dimenticati. Giuliano Amato: un maestro del non-socialismo da dimenticare



Non sono uno storico del socialismo. Non mi interessa la ricerca di padri fondatori da ossequiare acriticamente. Ritengo solo che l’essere socialisti imponga anche una riflessione storica sulle radici del nostro pensiero e su come si è tentato (ahimè spesso con successo) di recidere tali radici.
Karl Kautsky ed Otto Bauer (insieme a Rudolf Hilferding) stati i maggiori produttori di cultura politica socialista ed i più autorevoli teorici del marxismo della II Internazionale, nel periodo della frattura tra socialismo e comunismo.
Da parte del bolscevismo e del comunismo della III Internazionale li si è definiti “rinnegati” e traditori: una propensione all’insulto che è tipica delle culture politiche autoritarie che va stigmatizzata ma può anche essere compresa. Meno comprensibile è il dimenticatoio in cui molti “socialisti” hanno riposto il loro pensiero.
Come si spiega tale comportamento? E’ perché nel campo del socialismo italiano, c’è stato qualcuno che ha ritenuto opportuno dover recidere ogni legame tra socialismo italiano e marxismo (anche quello democratico e gradualista) per esaltare in contrapposizione il “socialismo liberale” che partendo da Rosselli giunge fino a Tony Blair! A parte il fatto che Rosselli, poveretto, si starà rivoltando nella tomba sentendosi accomunato a Blair, costoro hanno cercato di ricostruire in provetta la identità del socialismo italiano mettendo la storia tra parentesi. Un certo “dottor Sottile” è stato l’orchestratore; ma ne parleremo in seguito.
Mi preme spiegare perché ritengo oggi importante riconsiderare due grandi pensatori che hanno segnato un’epoca assai distante dalla nostra.
Kautsky e Bauer hanno condotto la loro battaglia politica ed ideologica su due fronti: contro il volontarismo autoritario e giacobino del bolscevismo; contro il socialismo di destra che smarriva i propri fini ed, in Germania, nel 1919, si alleò con la destra militarista. I socialdemocratici di destra Ebert e Noske furono i responsabili politici dell’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebtneck dopo il fallimento dell’insurrezione spartachista a Berlino. Karl Kautsky (allora considerato il maggior teorico del socialismo e del marxismo europeo, non solo tedesco) era un esponente di punta della USPD il partito socialdemocratico di sinistra – nato da una scissione della SPD di Ebert nel 1917 per la contrarietà alla guerra dei capi storici del socialismo tedesco (la SPD si chiamo MSPD – socialdemocratici maggioritari la USPD socialisti di sinistra si definivano Socialisti Indipendenti – i due partiti si riunificarono nel 1922 dopo che nella SPD furono messi da parte i traditori Noske ed Ebert). In quanto teorico ed esponente politico Kautsky condannò duramente Noske ed Ebert (parlo di “governo sanguinario” di Noske). Per inciso Noske fece ammazzare più socialisti di sinistra che comunisti: in Baviera dove i socialisti di sinistra (insieme agli anarchici) proclamarono una repubblica socialista vi fu una repressione molto più dura di quella di Berlino contro gli spartachisti.
Ma Kautsky  criticò duramente l’azione dei bolscevichi e questo gli valse l’appellativo di “rinnegato” applicatogli da Lenin.
Molti a sinistra, purtroppo conoscono Kautsky come il rinnegato e non come uno dei critici più seri del bolscevismo; una critica per molti aspetti precorritrice dei tempi e che in seguito anche molti comunisti l’hanno propria senza mai confessarlo apertamente (l’ipocrisia si sa è alla base di tutti i clericalismi).
Kautsky comprese chiaramente che la teoria e la prassi bolscevica non avrebbero condotto al socialismo ma ad un dittatura burocratica sul proletariato fondandosi su una base strutturale di capitalismo di stato. Fu il primo a coniare il termine “nuova classe dominante” quella dei funzionari, ripresa e sviluppata dai critici marxisti e socialisti del comunismo realizzato.
Sostenne con vigore (ora sembra una ovvietà) che tra democrazia e socialismo c’è un rapporto inscindibile. Chi non condivide oggi questa tesi? A parte qualcuno della minoranza di Rifondazione o Diliberto, credo nessuno.
Certo in Kautsky c’erano dei limiti che erano imputabili alla sua formazione positivista, ma anche in Marx non c’è forse il limite del determinismo storico derivante dalla sua formazione hegeliana? Ma per questo non buttiamo né Kautsky né Marx ma cerchiamo di conservarne i punti forti ed attuali del loro pensiero.
Un punto di estrema importanza da sottolineare nel pensiero di Kautsky e Bauer è la specificità della missione storica di un partito socialista non confondibile con nessun altro partito nel sistema democratico. La rivendicazione di una idea e di un progetto di società diverso ed alternativo rispetto all’esistente. Non siamo affatto in presenza della rivendicazione di una diversità antropologica e morale di tipo berlingueriano, ma della sottolineatura che una forza socialista ha delle finalità che trascendono l’ordine sociale capitalistico. Questo non significa la pretesa (come quella bolscevica) di abolire il capitalismo – come se un sistema sociale si potesse eliminare per decretazione con un atto assurdamente volontaristico. Entrambi ritengono che la transizione dal capitalismo al socialismo è un processo lungo e complesso che va perseguito con una lotta assidua all’interno del sistema ma ha il suo sbocco nel superamento del capitalismo stesso. E’ rintracciabile nel “riformismo rivoluzionario” di Riccardo Lombardi (in un contesto storico molto più evoluto rispetto a quello dei due socialisti tedesco ed austriaco) una continuità con tale ragionamento. Come vedremo.
Otto Bauer, capo politico ed ideologico dell’Austromarxismo (in tal modo fu chiamata la cultura politica del socialismo austriaco negli anni 20) insieme ai suoi compagni (Max Adler e Federico Adler) fu il massimo esponente del socialismo di sinistra, negli anni 20, critico in pari misura con il comunismo e con l’ala destra socialdemocratica.
Quest’ultima viene criticata per la sua sostanziale rinuncia ad una battaglia per il socialismo ed alla subalternità ai partiti “borghesi”. Il comunismo perché dittatoriale ed antiumanistico fautore di un “socialismo primitivo” Per Bauer il socialismo evoluto si identifica con un modello tendenzialmente autogestionario, sulla espansione delle forme responsabili di autogoverno. Bauer distingue nettamente la socializzazione (che presuppone la democrazia economica e la socializzazione del potere) dalla statalizzazione autoritaria che uccide la democrazia e distrugge la libertà dei lavoratori. Bauer esprime la sua vicinanza ad un altro grande socialista di sinistra, George H. Cole, esponente della sinistra laburista inglese e padre del socialismo ghildista (basato sull’autogoverno del lavoro e la democrazia industriale). Anche Rosselli è uno studioso di Cole e del “socialismo ghildista” vi sono tracce evidenti nei suoi lavori.
La cultura del socialismo italiano del dopoguerra ha risentito molto dell’impostazione dell’austromarxismo di Bauer (ed in parte di Kautsky). Nenni, Saragat, Lombardi, lo stesso Lelio Basso, risentono di tali elaborazioni.
Ho già detto che il revisionismo socialista degli anni 60 (era un revisionismo per il socialismo: critico verso togliattismo e frontismo). Lombardi con la strategia delle riforme di struttura rielabora ed attualizza in modo originalissimo e creativo le tesi austromarxiste.
E comunque tale cultura politica è stata (con diverse sfumature) dominante nel PSI degli anni 60 e 70 (compreso la primissima parte della gestione Craxi).
Quando avviene la cesura?
Dicevo che la prima parte della segretaria Craxi (1976-1980) in un impeto autonomista tende a valorizzare il concetto di una sinistra diversa ma non antagonista al PCI di cui la cultura socialista è l’asse portante. Ora quella stagione è ricordata per la rivalutazione di Proudhon (che fu opera di Pellicani che credo abbia anch’egli fatto rivoltare il vecchio socialista libertario nella tomba); invece vi fu una forte riscoperta della cultura del marxismo democratico e revisionista. Furono pubblicati da Mondoperaio testi di Kautsky, sull’ Autromarxismo, su Bernstein, Rosselli, Cole. Insomma sia il socialismo marxista democratico di Kautsky e Bauer che il vero socialismo liberale di Rosselli erano entrambi parte integrante della cultura più generale del socialismo democratico.
Ma negli anni 80, con un partito in preda ad una deriva governista, con l’autonomismo degenerato in anticomunismo, qualcuno pensò bene che occorreva ricostruire il DNA socialista ad uso e consumo della politica che allora il PSI faceva.
E’ un lavoro “sporco” che non poteva fare certo un personaggio folkloristico come De Michelis, o presuntuoso ed antipatico come Martelli.
No a fare questa operazione di “bolscevismo di destra” fu il “dottor sottile” Giuliano Amato intellettuale socialista cresciuto in provetta. Rino Formica ha detto che Giuliano Amato è molto bravo a sostenere con avvocatesca abilità le ragioni altrui. Così è stato: con sottigliezza e passo felpato ha sostenuto fino in fondo le ragioni del non-socialismo.
Per prima cosa lui ed i suoi collaboratori più fidati (Luciano Cafagna e Luciano Pellicani – non a caso due ex comunisti) si sono inventati una contrapposizione frontale tra socialismo marxista e socialismo liberale (quest’ultimo rappresentato da Rosselli e Bernstein, l’altro da Kautsky e l’austromarxismo- dimenticandosi che anche Turati e Saragat erano marxisti convinti). Il socialismo marxista veniva così ad essere considerato un mezzo-comunismo dimenticandosi della durissima critica fatta da Kautsky e dall’austromarxismo al bolscevismo non solo nei mezzi da usare ma anche nel modo di concepire la società socialista. Centralismo totalitario da un lato, inscindibilità socialismo-democrazia e tendenza autogestionaria dall’altro.
Rosselli avrebbe contraddetto la mistificazione ideologica compiuta su di lui. Lo stesso Bernstein che comunque ha sempre anch’egli creduto in un graduale superamento del capitalismo.
Negli anni 90 Giuliano Amato si è spinto più oltre. Ha definito il programma di Bad Godesberg (un perfetto programma di socialismo liberale) come “statalista” e frutto di una concezione superata del socialismo (ed ha convinto pure D’Alema). Cafagna è giunto a parlare della necessità di un socialismo “minimalista non telescopico (che linguaggio del cavolo!) cioè accecato dai finalismi”. Cioè vale a dire che l’unico socialismo possibile è il non-socialismo. E’ evidente che la abilità avvocatesca di Amato era qui tutta protesa a sostenere il social-liberismo di Tony Blair e tutta la deriva liberale di un pezzo della socialdemocrazia.
Purtroppo alla cultura socialista è capitata una doppia sventura: la rimozione da parte di postcomunisti senza valori e la mistificazione e la mutilazione subita dai dottor sottili maestri del più becero opportunismo politico-ideologico.
Oggi se vogliamo rilanciare il ruolo della cultura socialista nel rifacimento della sinistra, dobbiamo ricostruire tale cultura, liberarla dal dimenticatoio e guarirla dalle mutilazioni. Quelle mutilazioni di cui sono figli di quarta o quinta mano personaggi come Boselli.
Il rilancio della vera cultura del socialismo italiano è necessaria oggi in una fase in cui il socialismo ha bisogno di liberarsi di Blair, Schroeder, degli opportunismi postcomunisti, e degli avvocati prezzolati.
Mentre scrivo leggo della vittoria di Lafontaine nella Saar. In passato ho criticato la  sua scelta di allearsi con gli ex DDR. Ma sono convinto che Lafontaine è un socialista vero ed autentico. In linea con i maestri ingiustamente dimenticati.

Giuseppe Giudice


 
 
 
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