Creato da sottoilsette il 24/03/2005

sottoilsette

Uno sguardo tra tanti

 

 

« Star Trek - Seconde possibilità

Riflessi condizionati

Post n°166 pubblicato il 13 Maggio 2013 da sottoilsette
 
Foto di sottoilsette

Non so da quanto tempo sono fermo a questo semaforo.

Credo di aver perso completamente la cognizione del tempo di questa giornata.

Osservo senza rendermene conto l’albero alla mia destra. Il marciapiede d’asfalto sollevato dalle sue radici, il bordo in marmo scardinato dalla sua forza. Poi lo guardo meglio e mi rendo conto che quel grande albero, probabilmente, è secco. Nero, nodoso, i rami senza foglie. Dove è stato potato, è scuro.

Da giovane, nulla ha potuto resistere al suo impeto, ed ora eccolo lì. Morto, e ancora non lo sa.

Non posso fare a meno di reprimere un sorriso amaro mentre faccio questi pensieri tristi.

All’improvviso, un suono fastidioso erutta dietro di me.

Un clacson. Persistente, prepotente, Prolungato. La versione metallizzata di un mammut. Senza rendermene conto, il mio piede entra in modalità “on” un microsecondo prima che la testa si sia voltata completamente.

Maledetti riflessi condizionati. Il solito imbecille frettoloso ha suonato appena il semaforo è diventato verde, non un secondo più tardi, e io, come un idiota, ho tamponato la macchina davanti a me.

Scendo rapidamente per vedere se chi è davanti a me si è fatto male. Tanto è inutile stare a discutere, la colpa è mia, anche se posso ringraziare il conducente del mammut. Che sorpassa tranquillamente scartando alla mia destra. Osservo con la coda dell’occhio che rischia in diretta di causare un altro incidente. Per fortuna chi viaggia sulla corsia di destra si rende conto che Tarzan va di fretta e preferisce lasciarlo passare.

Sembra non sia successo niente di grave, per fortuna. Vedo però che i rispettivi parafanghi (e probabilmente qualcos’altro sono da rifare). Pazienza. Tanto ho problemi più seri alla mia, di carrozzeria.

Mi avvicino allo sportello. C’è una ragazza. Sembra spaventata. L’airbag è scattato e la stringe tra volante e sedile.

-         Sta bene? – le faccio.

-         Sì. No. Cioè… che è successo?

Evito di raccontarle di Tarzan e dell’albero e passo direttamente a tranquillizzarla. Meglio.

-         Colpa mia, sono partito appena scattato il verde e temo di averla tamponata. Mi dispiace. Pensa di avere qualcosa di rotto?

-         No. No, credo di no. Mi può aiutare con questo …coso, prima che mi metta ad urlare?

-         Penso proprio di sì. Non si muova.

Realizzo a metà tra la mia macchina e la sua quanto è incredibilmente idiota quello che ho detto. Ma ormai è tardi. Apro il cassettino sotto il volante e prendo il milleusi. Apro le forbici e rapidamente conficco la parte appuntita nel sacco. Che, per fortuna, si sgonfia rapidamente.   

-         Grazie.

-         Non mi ringrazi, se non era per me non avrebbe avuto il problema.

-         La ringrazio lo stesso. Il gesto di prima non l’ha fatto apposta, questo sì.

Rimango interdetto dalla risposta. In genere, in casi come questo, prima partono gli accidenti e dopo, forse, si passa al ragionare.

-         Mi fa scendere, per favore?

-         Non credo sia il caso. Meglio aspettare che arrivi qualcuno di esperto. Non vogliamo rischiare che mi svenga sulla strada, no?

-         La prego.

Fortunatamente non devo insistere. Sento il suono di una sirena avvicinarsi.

-                     Visto? Adesso starà in mani migliori delle mie.

-         O almeno in piedi migliori – mi fa lei sforzandosi di sorridere.

-         Se le va di scherzare, sicuramente vuol dire che troppo male non sta.

-         Ne riparleremo dal meccanico del mio stato di salute… quando mi farà vedere il conto.

Non faccio in tempo a proseguire la schermaglia verbale che mi sento tirare il braccio. In men che non si dica, la cortesia di un pizzardone romano (molto romano) mi fa capire che devo allontanarmi dal “luogo dell’incidente” e “lasciare fare a chi fa il suo mestiere”, visto che “ho già fatto abbastanza”. Credo almeno che si sia espresso in questa forma, se ben ricordo e se ho ben tradotto.

Cerco di prestare attenzione a ciò che sta venendo verbalizzato, mentre con la coda dell’occhio continuo a cercare di capire se la mia “vittima” stia bene, mentre dei ragazzi scesi con l’ambulanza la fanno scendere delicatamente e la controllano con attenzione. Credo che sia andato tutto bene, per fortuna. La mia assicurazione penserà al resto.

Tanto, probabilmente, non pagherò l’aumento del premio l’anno prossimo. A pensarci, quasi sbotto a ridere in faccia a questo simpaticone in divisa che mi sta redarguendo, pensando che io sia un irresponsabile. Rinuncio a raccontare anche a lui la storia di Tarzan, tanto penserebbe ad una balla. Annuisco distrattamente cercando di non sghignazzare, e osservo la ragazza mentre gli infermieri cercano di farla camminare per vedere se è in equilibrio.

E all’improvviso la scena sembra rallentare. Un vento improvviso solleva una nuvola di petali rosa intorno alla sua figura.

Saranno petali di pesca o di mandorlo? Non ho mai capito la differenza.

Lei rotea su se stessa quasi per difendersi da quel piccolo vortice, ma nella luce sembra quasi una danza primaverile, con la sua gonna chiara e i suoi capelli lunghi a fare da contraltare a quella pioggia benevola.

E’ bella.

Cosa non darei per una macchina fotografica.

Ma l’attimo passa, la macchina non ce l’ho e osservo la ragazza che mi saluta con una mano mentre la portano via per accertamenti.

Alzo la mano anche io, e mi ritrovo con un pezzo di carta in mano.

-                     Ma …cos’è?

-         Visto che nun ascorti, armeno leggi.

Una multa. Che simpatia.

Più tardi, a casa, leggerò. Ma prima qualche cosa di forte e un film scacciapensieri. Con pizza rigorosamente ordinata.

Visto l’articolo numero… bla bla bla… il conducente… bla bla bla… 65 euro.

Un tiro da tre punti nel lavandino della cucina, dove ci sono i piatti sporchi di tre giorni, accoglie gli auguri di pronta guarigione del comune di Roma. Roma Capitale, per la precisione.

Come se fino a cinque anni fa il Quirinale fosse stato a Pescara, aggiungo. Mah.

Il suono del telefono mi risveglia da quei pensieri oziosi a metà tra una sbronza leggera ed un sano abbiocco.

Non ci sono più abituato, penso. Ma chi sarà mai a quest’ora?

-         Pronto?

-         Ciao, Andrea. Sei tu, vero?

-         Sì, sono io – faccio esitante – ma..?

-         Non mi riconosci, vero? Non speravo di beccarti. Ho ritrovato il numero di casa tua su una agendina vecchissima e non ero sicura che vivessi ancora lì. Del resto, dopo tutti questi anni, potevi ancora vivere con i tuoi?

-         I miei purtroppo non ci sono più. Ci sono solo io. Ma …chi sei?

-         Eppure ci siamo visti solo poche ore fa…

-         Sei la ragazza dell’incidente? Ma… come fai a conoscermi?

-         Andrea, andavamo a scuola insieme fino alle medie. Cambiano tante cose, ma non gli occhi. Sono Sabrina. Unite ai tuoi modi, ti ho riconosciuto subito. Nonostante la botta.

Sabrina? Sabrina chi?

Come mi avesse letto tra i pensieri, aggiunge:

-                     Sabrina Toro – e, dopo una lunga pausa - Scemo.

Dio ama le coincidenze, evidentemente.

-         Non posso crederci.

-         Non farlo, allora. Comunque, volevo ringraziarti. Sei stato molto gentile e premuroso. Ho visto che fino all’ultimo ti sei assicurato che stessi bene.

-         Non ho fatto niente di speciale, ti giuro.

-         Avevo ragione, non sei cambiato affatto. Senti, ti sto chiamando dal Pertini. Volevo tranquillizzarti, non è niente di grave. Come pensavo, sta peggio la macchina.

-         Sono contento. Tra quanto esci?

-         Se va tutto bene, domani mattina mi lasciano libera.

-         Se non hai nessuno che ti venga a prendere, ti posso dare un passaggio io.

-         Non ti disturbare, non ce n’è bisogno.

-         Tranquilla, passavo comunque da quelle parti domani mattina.

-         Le coincidenze.

-         Già.

-         Buona notte.

-         Notte.

Attacco il telefono e bevo l’ultimo goccio di… qualcosa. Metto la sveglia sul telefonino e reclino la testa sullo schienale. Il buio arriva presto.

 

 

 
 
 
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