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Le riflessioni del noto giornalista...

Post n°161 pubblicato il 21 Giugno 2018 da Sparwasser

Le riflessioni di un noto giornalista sull’Eterna Sfida all’indomani dell’uscita (per tutt’altri motivi) de “Il Giardino dei Finzi Contini” alla Maturità

"""

L’elaborazione letteraria della passione

 

Le cosiddette molestie e il mondo prima dell’Apocalisse del Novecento, raccontati da Baudelaire e Bassani

 

Maledetto per sempre il sognatore inutile

 

Che nella sua stupidità per primo volle

 

Per trattare un problema insolubile e sterile

 

Mescolare a cose dell’amore onestà molle!

 

(Maudit soit à jamais le rêveur inutile

 

qui voulut le premier, dans sa stupidité,

 

s’éprenant d’un problème insoluble et stérile

 

aux choses de l’amour mêler l’honnêteté!)

 

Sono versi di Charles Baudelaire (traduzione abborracciata mia, ma in rima), esibiti da Micòl Finzi-Contini in un discorso indiretto fatto al narratore, Giorgio Bassani di diritto letterario se non di fatto, nel famoso romanzo pluripremiato e plurivenduto del 1962 (“Il giardino dei Finzi-Contini”). Come scrisse il sublime critico Giorgio Manganelli, che dell’avanguardia aveva i tratti pertinenti ma non i tic insopportabili, quel romanzo, accusato di essere una storia alla Liala dagli ideologi del Gruppo ’63, in realtà era paragonabile alla Apocalypsis cum figuris, una serie di incisioni su legno di Albrecht Dürer che con quel fumettone, appunto apocalittico, si guadagnò l’immortalità moderna dopo un viaggio di abbeveramento in Italia. La chiave del libro, memoria narrativa prousteggiante e benissimo scritta, è la coscienza ebraica indifferente e santificante nel quotidiano degli anni Trenta, finale sacrificale compreso, sotto il fascismo e le leggi razziali, verso la guerra. Ma l’osservazione apocalittica è filtrata, ciò che fece il successo lialesco di vendite e di gusto dell’epoca, da una storia d’amore, quella del narratore per la giovane Micòl, tutta giocata intorno alle sue visite nella magna domus di questa famiglia di aristocrazia ebraica di provincia, e al campo da tennis intensamente praticato dai protagonisti, come e più della biblioteca di casa, in mezzo a un giardino incantato. Dove si discute e vaneggia intorno a “un problème insoluble et stérile”.

 

Ora che anche il Dio della Pixar e quel gentiluomo di Charlie Rose, appena vanitoso ma di stile solenne, sono stati eliminati per molestie sessuali dalla vita pubblica, questi Porci con le ali, ecco che occorre rileggere il libro di Bassani, che ho qui nelle edizioni San Paolo, un ritrovato gentile omaggio allegato a Famiglia Cristiana di non so quanto tempo fa, e che ho letto in omaggio alle parole delicate dedicategli da Annalena Benini, ferrarese di nascita come Bassani lo fu di elezione, la mia critica letteraria preferita, con Mariarosa, che ogni lunedì dà prova di sé, in dialogo con Alessandro Piperno, al Ridotto dell’Eliseo in Roma.

 

Bene. Micòl non vuole darla al narratore, innamorato e pulsionalmente incline a fare l’amore con lei, fino a molestarla. Infatti confessa a sé stesso: “Ripensavo a tutte le volte che, spesso con la violenza, mi era riuscito di baciarla sulle labbra”. E ancora: “Le afferrai le mani, e presi a coprirgliele di baci e di lacrime. Per un po’ mi lasciò fare. Nascondevo il viso contro i suoi ginocchi, e l’odore della sua pelle liscia e tenera, leggermente salata, mi stordiva. La baciai lì, sulle gambe. ‘Adesso basta’, disse”. Micòl spiega che è impossibile perché lo vede come un amico, un fratello. “… io le stavo ‘di fianco’, capivo? non già ‘di fronte’, mentre l’amore (così almeno se lo figurava lei) era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda, uno sport crudele, feroce, ben più crudele e feroce del tennis!, da praticarsi senza esclusione di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d’animo e onestà di propositi”.

 

Segue la citazione dei versi di Baudelaire “che se ne intendeva. E noi? – prosegue Micòl nella ricostruzione del narratore innamorato – Stupidamente onesti entrambi, uguali in tutto e per tutto come due gocce d’acqua (‘e gli uguali non si combattono, credi a me!’), avremmo mai potuto sopraffarci l’un l’altro, noi, desiderare davvero di sbranarci?”.

 

Ecco, quando si pensi alle avances maschili e ad altre abusive molestie, e invasive, oggi universalmente e moralisticamente condannate in via definitiva se messe on the record in un’intervista, si tenga conto, per cortesia, che in una celebre storia d’amore, racconto trasparente e cristallino di memoria solenne e civile, prima dell’apocalisse del Novecento, le cosiddette molestie furono trattate da una giovane ebrea incapsulata nel suo giardino di destino e da un giovane ebreo narratore innamorato o fissato (spesso è la stessa cosa), in un’elaborazione letteraria della passione un tantino meno semplificatrice di quella a cui ci stiamo abituando. E si tenga sempre conto di Baudelaire, “che se ne intendeva”.

( Giuliano Ferrara su “Il Foglio”)

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