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Gli sfrosatori della Val d' Intelvi

Post n°72 pubblicato il 10 Aprile 2007 da maxpao1977
 
Tag: storia

La Storia con la esse maiuscola è passata non di rado per le valli e le vette delle Lepontine comasche, così come anche lungo il Lario, da sempre ideale via di collegamento tra la Pianura Padana e le vicine terre d'oltralpe. In particolare il Passo di S. Jorio, raggiungibile  con una brevissima deviazione dall'Alta Via del Lario, ha costituito per molti secoli, pare già a partire dall'epoca romana, una via di comunicazione di assoluto rilievo, collegando i Grigioni e Bellinzona al Lago di Como.
Non mancano a riguardo curiosi aneddoti, come la celebre visita che Feliciano Ninguarda, vescovo di Como, fece nel 1593 all'oratorio di Sant'Jorio: "...lontano dalla pianura otto miglia ... È però d'avvertire che questa strada se ben è breve è però difficile, e pericolosa per molti assasinamenti che si fanno nella summità del monte avanti la calata vicina a S. Jorio, come a giorni passati è occorso a di certi mercanti monferrini de li quali doi ne furno amazati, et spogliati......et perciò sarebbe ben proveder a questo disordine et forse levar detta chiesa". Oggi il S. Jorio è sede ogni anno, la prima domenica di agosto, dell'Incontro Italo-Svizzero, che vede riunirsi in allegria centinaia di persone. Tra le leggende che aleggiano sulla zona, altrettanto suggestiva e di antica origine, nonché assai diffusa sui monti lariani, è quella che vuole numerose vette essere ancora oggi abitate da frati eremiti che si salutano accendendo fuochi. All'escursionista che, malgrado i fuochi, dovesse smarrirsi di notte percorrendo l'Alta Via del Lario converrebbe peraltro tenersi alla larga dalla Zocca di Cortafòn, ove si riuniscono gli "scungiuree", anime travagliate di uomini peccaminosi che non hanno ricevuto degna sepoltura. Ma il fenomeno storico-sociale che più di ogni altro ha lasciato un'impronta indelebile sulle popolazioni e sull'immagine della sponda occidentale del Lario è senza dubbio il contrabbando (ossia la violazione al bando, cioè alla legge, da "bannum", termine di origine spagnola), con la figura degli sfrosatori . Le opportunità offerte dalla Svizzera, posta appena aldilà delle creste ove corre l'Alta Via del Lario, rappresentarono per oltre un secolo una tentazione troppo forte per le popolazioni locali, vuoi sopratutto perchè fortemente disagiate sotto il profilo economico. Artefici della pratica, dall'800 sino alla fine degli anni '60, furono tenaci e coriacei valligiani denominati appunto spalloni o sfrosatori (dal termine dialettale "sfroso", attività di frodo), abilissimi nel conoscere e percorrere ogni angolo di frontiera, per quanto impervia essa fosse, trasportando carichi di 25-30 kg di mercanzie ed altrettanto impavidi nello sfuggire ai "canarini" (cosi denominati i doganieri)  gettandosi e rotolando a capofitto lungo i pendii erbosi. Tali contrabbandiere ebbero altresì un ruolo molto importante durante la seconda guerra mondiale aiutando gli ebrei in fuga dalle leggi razziali, nonchè portando notizie per conto della Resistenza.  Alla buona riuscita dello sfroso contribuivano svariati stratagemmi, come l'impiego di un apripista, lo "stellone", o quello di linguaggi convenzionali. Al calare della sera si preparava il materiale, si calzavano le scarpe rivestite di stracci per attutire qualsiasi rumore, quindi ci si incamminava verso il confine, in gruppi più o meno numerosi, che a loro volte si frazionavano in coppie a uguali distanze, tali che ad un eventuale controllo doganale la coppia seguente potesse nascondersi o fuggire. Qualora venissero scoperti si rischiava qualche notte in prigione, ma pare ne valesse la pena (si pensi che un viaggio veniva retribuito intorno alle 7.000 lire nel '60, quando un operaio aveva una retribuzione mensile pari a lire 25.000 ). Nei recipienti utilizzati dagli spalloni, denominati "bricolle" (altro non erano che sacchi il cui contenuto standard era pari a circa 800 pacchetti di "bionde"), rette da polloni di castagno o nocciolo snervati e attorcigliati, trovavano posto svariati generi alimentari (ma non solo!) quali riso, saccarina e sale, almeno sino al secondo conflitto mondiale, e sigarette nel dopoguerra. Rispettivamente i primi generi in uscita, mentre le "bionde", il caffè e lo zucchero provenivano dalla vicina Svizzera. Caricate sui "sandolini", snelle imbarcazioni dal fondo piatto, le bricolle erano trasportate nei paesi rivieraschi del Triangolo Lariano quindi successivamente smistate in aree limitrofe fino a raggiungere l'area milanese. Dell'epopea degli sfrosatori restano oggi i racconti riportati sulle pagine dei quotidiani locali,  storielle  tramandate per via orale, le scritte sul famoso Foo di Parol. La loro importanza non risiede ovviamente nell'esaltazione di un'attività illegale bensì nell'intrinseco valore testimoniale di un momento storico e di una società del tutto peculiare. Oggi purtroppo l'arte dello sfroso ha cambiato obiettivi ed ha assunto connotati molto meno epici e condivisibili.

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