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Astral Night Reverie

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Nyota wa Maisha

Post n°10 pubblicato il 25 Agosto 2011 da oltre_ogni_suono
 

I bambini, a sei anni, credono che la vita non abbia confini e che le fiabe siano lo specchio del mondo...
"Papà, perché non sono come le altre bimbe?"
Marco si sentì gelare il sangue e stringere il cuore "Piccola mia, cos'hanno loro che a te manca?"
"Loro hanno una mamma, io no"
Allora Marco guardò sua figlia con gli occhi lucidi, una sorta di velo che rese il suo sguardo dolcissimo, poi sorrise teneramente nel dirle "Ma anche tu ce l'hai: è su una stella ad aiutare una fata che combatte contro i cattivi"
"Ma sono diversa comunque... non ho un nome normale"
"Maisha, è perché sei speciale. Ora dormi, domani sera ti racconterò la storia di una bimba con il tuo stesso nome"
Ma non conobbi mai quella storia: la sera dopo non ero tra le braccia del mio papà. I miei zii mi dissero che aveva raggiunto la mamma perché c'era bisogno del suo aiuto.

 Ma a dieci anni si smette di credere nelle fiabe e nelle fate...
"Zia, mamma e papà sono in paradiso, vero?"
"Maisha, loro sono sempre vicino a te. Quando sarai grande capirai" mi disse mia zia mentre mi abbracciava e accarezzava.
Per la prima volta nella mia piccola vita, sentii un forte dolore al cuore mentre le lacrime scendevano copiose dai miei occhi.

 A quindici anni si crede che il mondo intero è in battaglia contro di te, allora si lotta per qualsiasi cosa, per conquistarla o sconfiggerla...
Un giorno, mio zio mi portò al cimitero e mi mostrò la tomba dei miei genitori: mi raccontò, per la prima volta, come la vita era sfuggita dalle loro mani come un soffio di vento.
Mia madre mi ha donato la sua vita poco dopo avermi fatta nascere; mentre mio padre era stato portato via da brutte ferite in un incidente stradale causato da un ubriaco. In quel momento mi odiai, per aver fatto morire mia madre, e odiai l'uomo, per aver reso il mondo così pericoloso.
Odiai mio padre che non aveva voluto farsi vedere un'ultima volta per salutarmi, lo odiai anche quando zia mi spiegò che il mio papà aveva voluto che lo ricordassi sereno, sano e sorridente, e non debole in un letto di ospedale.
Il destino aveva voluto portare via le persone che più mi avevano amata e non riuscivo a capire perché in quei modi assurdi, ma crescendo me ne feci una ragione, nonostante il grande vuoto che avevo dentro.

A venti anni si capisce che la vita ha dei limiti, ma che l'amore non ne ha...
E mi ritrovo ad aprire una busta con una lettera scritta da mio padre, in ospedale, mentre il suo cuore batteva gli ultimi rintocchi...

"Cara Maisha, vita mia,
Ti immagino donna mentre leggi questa lettera e un sorriso triste si disegna sulle mie labbra: vorrei essere lì con te e vederti felice; avrei voluto seguire tutte le fasi della tua vita, ma, purtroppo, se stai leggendo questa lettera, significa che ho raggiunto un altro mondo.
L'amore che provo per te, è enorme. Sei parte di me e di tua madre, la donna che amo ancora anche grazie a te, perché tu mi hai dato la forza di non lasciarmi andare quando lei, invece, è andata via per sempre.

Ho conosciuto Sara in Kenya, eravamo entrambi lì per una missione umanitaria: la povertà, il dolore, le sciagure di quelle persone, erano ciò che combattevamo.
Io e lei lavoravamo fianco a fianco, ci facevamo compagnia in un mondo così triste, ci innamorammo e da quell'amore nascesti tu.
Hai di lei tutta la dolcezza dei lineamenti e dei modi, ti ha amata dal primo istante in cui ha saputo della tua esistenza. Fantasticavamo su di te, facevamo progetti, ma mentre accarezzavamo quel pancione eravamo d'accordo su di una cosa: avresti fatto ciò che più avresti desiderato.
Quando sei nata ho visto in lei la donna più felice del mondo, ma a causa di un'emorragia troppo forte ci ha dovuti lasciare, andò via con un sorriso, l'ultimo. Ed era bella in quel letto, la sentii ancora più forte nel mio cuore: Sara si insinuò teneramente in me mentre mi stringeva con le sue ultime forze, mentre mi diceva di amarmi quando ormai già si avviava verso le porte del cielo. Lei sapeva che stava per volare via, la guardai dicendole di restare con me e la sua risposta ancora mi riecheggia nel cuore e mi fa male come spine di rosa... "Non posso, mi dispiace amore mio, addio".
Quel giorno fu il più triste della mia vita ma anche il più felice, poiché sei stata tu a darmi la forza di andare avanti: eri solo un piccolo fagottino bisognoso di cure, ma già una grande creatura colma di amore.

Eri nata da poche ore, ti tenevo tra le braccia in una notte serena dal cielo stellato, ti strinsi a me e guardai la volta celeste. Si avvicinò un anziano del villaggio e mi indicò una stella, poi posò la sua mano, come se fosse una benedizione, sul tuo piccolo capo e disse "Nyota wa Maisha", stella della vita.

Ho voluto che questa lettera ti fosse consegnata a 20 anni perché una bimba e un'adolescente devono vivere il più serenamente possibile. Posso solo immaginare quanto la tua vita sia stata difficile senza genitori e mi piacerebbe essere certo che non hai mai provato dolore, ma è impossibile.

Ed ora, mentre scrivo, vorrei stringerti forte tra le mie braccia perché ho paura.
Ho paura del mondo che dovrai affrontare, perché la vita non è sempre semplice.
Ho paura che tu possa sentirti sola nei momenti difficili, ho paura che non ci sia nessuno ad asciugare le tue lacrime.
Ho paura che nessuno riesca ad amarti quanto io amo te.
Posso dirti solo una cosa: nei momenti bui guarda il cielo e cerca la stella della vita, la tua.

Credo che esista un altro mondo al di fuori della vita sulla Terra, un mondo da dove io e la mamma veglieremo su di te, per sempre, dolce creatura.
Ora capisco perché tua madre sorrideva, credeva nella mia forza come io credo nella tua, addio piccola mia.

Il tuo papà" 

Capii in quel momento che l'amore è qualcosa che supera ogni tempo e distanza e, quel vuoto che avevo sempre sentito dentro, si riempì improvvisamente.

 
 
 
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