Astral Night Reverie

Storm

Un fiocco di neve si posò sulla punta del mio naso, alzai il viso verso il cielo e lo vidi ricoperto di nubi: di lì a poco sarebbe scoppiata una bufera. Mi apprestai lungo il sentiero per trovare almeno una piccola insenatura che mi fornisse riparo, ma la striscia di roccia che costeggiava la montagna era sgombra da fessure o alberi. Non sapevo come comportarmi in una situazione del genere e continuai a camminare velocemente, immaginai che potevo provare ad appiattirmi al suolo in caso di problemi di equilibrio.
Dopo un'ora di ricerche e cammino ero stremata, mi sistemai alla meno peggio tra due rocce e il sonno mi raggiunse in pochi istanti.

***

Mi trovavo tra i monti tibetani dopo essere scappata da una realtà che mi stava stretta, ero in un punto della vita in cui non sapevo cosa voler fare: decisi di partire, di fare un viaggio estremo per cercare delle risposte alle domande che avevo dentro, ma che non sapevo esprimere a parole. Erano forse le domande banali della serie "Chi siamo-Dove andiamo"? Non mi importava, percepivo solo l'esigenza di lasciarmi alle spalle tutto (e tutti) per un po'.

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Il mattino dopo quel pomeriggio di tormenta, aprendo gli occhi, vidi un rettangolo di luce che si apriva su una parete. Man mano che i miei occhi si abituavano a quella nuova situazione, mi guardai attorno: ero adagiata su un materasso poggiato su un'asse di canne di bambù incrociate sul pavimento, ero avvolta da calde coperte in una stanza completamente rivestita di legno, gli unici arredi erano appunto quel letto basso, un  comodino e una cassettiera. Mi alzai e mi diressi verso la finestra, la spalancai e sbirciai fuori: la stanza dava su un cortile dove al centro c'era un laghetto ghiacciato circondato da rocce, più in là un pozzo e degli alberi spogli; ogni cosa era ricoperta da un soffice strato di neve candida.
All'ombra di un porticato, in un angolo del cortile, vidi un paio di figure sedute in terra a gambe incrociate, mi resi conto che si trattava di monaci buddhisti. Uno di loro si alzò ed entrò in una porticina posta a pochi passi dietro di se, dopo pochi minuti sentii bussare alla porta della stanza in cui mi trovavo; entrò un monaco che mi portò una ciotola di riso e del tè, mi spiegò che alcuni monaci mi avevano trovata e portata al monastero, poi mi chiese cosa ci facevo in quel mondo sperduto. Lo guardai e, imbarazzata, gli risposi che volevo starmene per un po' lontana dalla vita caotica e ritrovare me stessa. Ma che sarei andata via il giorno stesso per non recare ulteriore disturbo alla quiete di quel luogo.
Il monaco sorrise dicendomi "Tutti siamo alla ricerca di noi stessi, anche se non lo sappiamo. Qui forse riuscirai a capire qualcosa della tua vita, resta quanto vuoi" e andò via.

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In questo monastero ho trovato la pace dell'anima, le giornate passano tra il lavoro negli orti, i parchi pasti, la meditazione e la preghiera, poche semplici cose ma molto importanti per reggere gli equilibri interiori di ognuno.
Passeggio spesso con i monaci in cortile, imparo tanto da loro anche con semplici discorsi, mi parlano raccontando storie di vita o antiche leggende; le loro voci profonde mi affascinano e danno calma; mi narrano di un mondo lontano in cui tutti i buoni valori dell'uomo trionfano sulle ingiustizie e cattiverie di questa Terra. Ognuno di loro è un saggio dal quale attingere consigli e spunti di riflessione.
Ho quasi timore di ritornare alla mia vecchia esistenza perché a volte penso che forse, in realtà, appartengo a questo mondo sperduto tra i monti, dove il tempo sembra essersi fermato; un mondo dove il maledetto orologio, che scandisce le vite dell'uomo moderno, non ha alcuna importanza.

Guardando ciò che inizio ad essere qui, mi accorgo che la vita non è fatta solo di cose e persone perché ogni risposta è dentro di noi, nella nostra anima, e nemmeno tanto in profondità.
L'ho scoperto un giorno, quando un vecchio monaco mi ha detto che ogni risposta è posta sulla superficie della nostra anima come le ninfee nel laghetto del cortile a primavera: in un'anima fredda e buia nulla può sbocciare.