Creato da black_rose_and_moon il 21/07/2011

Astral Night Reverie

Stargazers ride through virgin oceans...

 

Messaggi di Maggio 2014

Nuova Vita

Post n°67 pubblicato il 29 Maggio 2014 da oltre_ogni_suono
 

Tornato a New York, fui messo al corrente di due delle novità che il capo aveva in serbo per me: quando andai nel suo ufficio a recuperare la chiave del mio, mi disse che ero stato promosso e quindi il mio ufficio era stato spostato ai piani più alti.

La terza novità mi piombò letteralmente addosso: mentre andavo verso il mio nuovo ufficio, una donna abbastanza in carne, sbucò correndo da un corridoio che si intersecava con quello in cui stavo camminando; mi atterrò, si rialzò velocemente e si scusò imbarazzatissima, poi andò via quasi correndo. La ritrovai accanto alla scrivania nella sala d'attesa del mio nuovo ufficio: appena mi vide arrossì violentemente e si torse nervosamente le mani ma, quando le dissi chi ero, credo abbia desiderato ardentemente di sparire per sempre sotto terra; fu con un filo di voce che si presentò e mi disse di essere la mia assistente, Julia.

Julia non lavorava da poco come segretaria, ma era una di quelle ragazze un po' impacciate perché estremamente rispettose del prossimo, che vogliono dare il meglio di sé per far andare tutto liscio al proprio capo e che hanno sempre paura che qualcosa non vada per il verso giusto, risultando così molto ansiose. Per il suo primo giorno di lavoro con me, aveva scelto di indossare un tailleur pantalone grigio scuro e décolleté nere a tacco basso, era molto elegante e professionale; i suoi capelli rossi, leggermente ondulati, incorniciavano un viso rotondo sorridente, occhi verdi scurissimi e un tocco di rosa pallido sulle labbra. Ispirava simpatia e semplicità da tutti i pori, quella tipica persona di cui sai che puoi fidarti anche alla cieca.

Stavo per farmi raccontare la sua carriera per rompere il ghiaccio, quando arrivò una bionda in tailleur-gonna con tacchi a spillo, borsa e gioielli, tutto in rosso corallo, il trucco era naturale ma sofisticato ad incorniciare i suoi occhi azzurro ghiaccio posti su zigomi perfetti, leggermente colorati di terra bruna. Mi tese la mano "Buon giorno Mr Neri, sono Catherine, la sua assistente personale, sarà un onore lavorare per lei".

Le strinsi la mano e guardai prima lei e poi Julia, addirittura due assistenti personali? In quel momento pensai a che razza di generosa promozione mi aveva dato Mr Honney.

Cathie e Julia si guardarono, quest'ultima fu la prima a distogliere lo sguardo, le presentai e si strinsero la mano con indifferenza. Si era creata un'atmosfera pesante, certamente mi era sfuggito, o stato omesso di dirmi, qualcosa.
"Signore, credo che le ipotesi siano due: o la mia promozione comporterà il triplo del lavoro che avevo prima o una di voi due ha sbagliato ufficio. Perdonatemi, vado a fare una telefonata per informarmi"

Chiamai Mary, l'assistente del mio capo, per chiederle se potevo parlare con lui.
"Mr Honney non può risponderti in questo momento e la sua riunione andrà per le lunghe"
"Mary, ma forse tu ne sai qualcosa: mi è stata assegnata un'assistente?"
"Sì, te la sei meritata e ti servirà"
"Sai dirmi come si chiama?"
"Sì, però aspetta che trovo l'appunto che mi hanno lasciato... Anche se in effetti non ha ancora un nome"
"Come sarebbe a dire?"
In sottofondo sentivo un rumore di carta, la poverina aveva sempre la scrivania inondata di documenti e fogli svolazzanti "Dovrai decidere chi tenere tra due assistenti, Mr Honney ha fatto la prima scrematura ma vuole che sia tu a scegliere chi si adatta meglio al tuo ritmo lavorativo"
"Perché non me lo ha detto stamattina? Sto facendo la figura dell'idiota..."
"Eccolo!" disse, riferendosi all'appunto come se avesse trovato un tesoro in quel mare bianco, quindi lesse i loro nomi e mi disse che mi avrebbe portato i loro CV in giornata.
"Grazie, gentilissima, non potevi darmeli prima?"
"Quando sei passato davanti alla mia scrivania ero al telefono con dei clienti, mi è passato di mente"
"Lascia perdere, è meglio che vada, due donne così in una stanza non mi fanno stare tranquillo... soprattutto se sanno che una di loro dovrà andar via"
"Così come?"
"Mi sembrano opposte... come il giorno e la notte..."
"Le hai già inquadrate?"
"Devo andare... ciao Mary"
"Aspetta... dai, non puoi lasciarmi con questa curiosità!"
"Tra poco ho anche dei clienti, devo organizzarmi"
"Ok, più tardi vengo a vederle"
"Ci manchi solo tu!"

 
 
 

Nido

Post n°66 pubblicato il 26 Maggio 2014 da oltre_ogni_suono
 

A Natale tornammo entrambi in Italia per trascorrerlo con la nostra famiglia, era poco più di un anno e mezzo che mancavamo da casa. In quella rimpatriata portò con lei John, era una bella occasione per presentarlo a tutti.

Era il loro primo Natale come coppia, sembravano felici, lui un bravo ragazzo. Non avevo occhi che per Francesca, era come cambiata, maturata, sembrava un fiore sbocciato sotto i raggi tiepidi della primavera dopo aver trascorso un inverno schiacciato dalla neve, lottando con tutte le sue forze per sopravvivere alla rigidità dell'inverno. Era felice.
Lasciai quella casa pochi giorni dopo Capodanno, per immergermi come non mai nel lavoro.

***

Anche il Natale successivo ci vide tornare di nuovo tutti in Italia.
Questa volta potevo trattenermi fino a metà gennaio, approfittando di ferie arretrate che il capo mi aveva imposto. "Ragazzo mio, per me sei prezioso, va nel tuo Bel Paese, rilassati e ritorna energico, il nuovo anno ha in serbo per noi tante belle e fruttuose novità... Quindi voglio rivederti il 16 gennaio, puntuale e combattivo!" mi aveva detto il boss il 20 dicembre, prima di farmi gli auguri e sequestrami le chiavi dell'ufficio, sapeva che sarei stato capace di sistemare documenti fino a poco prima di partire.

Rivedere mia sorella fu una sorta di shock: provavo ancora un forte sentimento per lei, ancora quell'amore al di là del rapporto fraterno che avrebbe dovuto esserci tra noi; in quegli anni oltreoceano nessuna donna era riuscita a penetrarmi nel cuore quanto lei; il silenzio che ci gravitava attorno marcava ancora di più quanto mi mancava.

La grande differenza rispetto al Natale precedente fu che Francesca e John erano un po' più freddi tra di loro, come avvizziti. Francesca mi sembrava stanca, stressata dal tanto studio. John stava facendo tirocinio in un grosso studio di avvocati e anche lui era come sbiadito. Andarono via subito dopo Capodanno, dovevano tornare ai loro impegni. Però credo che tornarono a Londra un po' più rilassati rispetto a quando erano arrivati, li vidi salire in taxi tenendosi per mano.

***

Rimanendo, quando mio padre mi chiese di portarvi gli scatoloni del presepio, dell'albero e di tutte le decorazioni natalizie, dovetti fare i conti con la soffitta.

Mi sentivo come un sopravvissuto alla guerra che, tornato alla sua casa, ne vede solo macerie: un uomo che cammina dove prima c'erano le stanze e accarezza gli spezzoni di muro superstiti, i resti di una porta o di un mobile, tutte le cose acquistate con tanti sacrifici o ricordi di persone care, di cui non era rimasto altro che la cenere.

Camminai sulle tavole di legno dove mi sedevo da bambino a giocare in solitudine e quelle accanto, dove poi venne a sedersi Francesca e dove mi abbracciò mio padre quel giorno in cui la accettai. Quelle stesse tavole, avevano sorretto i nostri corpi quando facevamo l'amore o mentre ci coccolavamo e consolavamo; tavole che avevano accolto le nostre lacrime; accarezzai le travi che ci avevano visti crescere e ridere, che conoscevano i nostri segreti di bambini, adolescenti e giovani adulti. Mi accovacciai difronte alla finestra, travolto da quei mille ricordi, scoppiai in lacrime. Ognuna di esse sembrava una lama che si faceva strada fino al mio cuore, erano anni che tacevo quell'amore, che combattevo contro il dolore di saperla nelle braccia di un altro, che cercavo di convincermi che era meglio così. Ma la amavo da quando era nata, non riuscivo a smettere di farlo, non sapevo non amarla con tutto me stesso in modo disinteressato. Avrei voluto stringerla tra le braccia e dirle di venire via con me, lasciare John che la trascurava, troppo occupato a far carriera, un cieco che non si accorgeva dello stress della sua compagna. "Francesca" avrei voluto gridare, "non è giusto non averti".

Si aprì la botola della soffitta, cercai di asciugare velocemente le lacrime con le maniche del maglione, come un bambino che vuole sembrare forte, ma che in fondo non lo è. Mio padre si avvicinò a me e, con una mano, si appoggiò alla mia spalla per sostenersi mentre si sedeva sul pavimento, mi accorsi di come la sua agilità di un tempo andava svanendo. Mi mise un braccio attorno alle spalle e mi attirò a sè, mi rividi bambino, ma non cercai di sottrarmi a quel contatto.
Mi sorrise "Perché non abbiamo mai messo un divano o delle poltrone qui sopra se ci venivate così spesso?"
Sorrisi anche io "Hai ragione, perché non ci abbiamo mai pensato?"
Mio padre non era mai stato uno che faceva giri di parole, quindi, dopo quell'osservazione, arrivò al punto "Ale, cos'hai? Questa volta non ci sono sorelline in arrivo che potrebbero mandarti via" mi disse, sorridendo dolcemente.
"Papà, quanto ero stupido ad aver pensato quella cosa da bambino... Sto pensando a quanti bei ricordi ci sono qui dentro"
"Ale, però non sono lacrime di gioia"
"Ma no... è solo che vorrei un po' della spensieratezza di quei tempi... sarà lo stress, non lo so..."
Mio padre mi abbraccio come non faceva da tempo.

Capii che, se volevo, potevo smettere di soffrire e trovare anche io la mia felicità. Così come aveva fatto Francesca, anche io potevo, e dovevo, voltare pagina.

 
 
 

Decisioni (seconda parte)

Post n°65 pubblicato il 22 Maggio 2014 da oltre_ogni_suono
 

A New York fui risucchiato dagli impegni lavorativi, da un mondo e una lingua nuova da gestire, da nuovi amici e colleghi. Francesca, dopo l'anno sabbatico in cui stavamo insieme, era riuscita ad entrare in una prestigiosa università di Londra, come aveva sempre sognato.

All'inizio fu dura, complici la lontananza e il suo vivere in una città in cui avevamo dato inizio al nostro amore clandestino. Dentro, Francesca serbava tutto il suo dolore e la voglia di lottare. Infatti, ogni volta che la sentivo mi diceva, convinta, che finiti gli studi mi avrebbe raggiunto, che avremmo trovato un modo per amarci ugualmente, che i nostri genitori avrebbero capito.

Piano piano però accettò la nostra separazione: ne ebbi la conferma quando mi disse che aveva conosciuto un ragazzo simpatico, John, un nuovo amico che la aiutava a distrarsi e con il quale, insieme ad altre persone, passava serate o giornate spensierate. Si erano conosciuti in biblioteca, entrambi appartenevano a due gruppi di studio che poi si erano uniti e avevano cominciato a studiare insieme, me li immaginavo, una decina di ragazzi di varie età che si aiutavano a vicenda nello studio e nella vita.

New York mi teneva molto impegnato e sapere che Francesca si stava abituando all'idea della lontananza mi rendeva più tranquillo, soffrivo meno anche io.
Con quelle vite tanto diverse, separati dall'oceano e dal fuso orario, ci perdemmo di vista, ci sentimmo sempre più di rado e anche tornare in Italia, nello stesso periodo, fu difficile.

***

Poi, una sera come tante, Francesca mi telefonò.
Dopo i convenevoli mi disse tutto d'un fiato "Ale... John mi ha chiesto se venerdì sera voglio andare con lui al pub, suonano i suoi amici lì... Ecco... non so se devo andarci..."
"Come mai? Sei andata a vederli altre volte, no? Credevo ti piacesse la loro musica" le dissi canzonatorio, a voler scherzare con lei.
"Non è per la musica, anzi, sono bravissimi... E' che gli altri hanno degli impegni, non possono venire..."
Non capivo cosa volesse dirmi "Quindi?"
"Il gruppo sarà sul palco... Io e John da soli..."
Per un attimo mi tremò il cuore, immaginavo che John fosse ammaliato dalla bellezza fisica e caratteriale di mia sorella, erano due amici molto in sintonia. Feci due più due: John le aveva chiesto un appuntamento, con gli amici sul palco era come se fossero da soli. Respirai profondamente "Francesca..."
"Ale..."
"Vuoi uscire con John?"
"Non lo so..."
"O vuoi sapere se sono d'accordo che ci esci?" le dissi un po' triste, rendendomi conto all'improvviso che, fino a quel momento, avevo solo finto di essere forte, ma ancora speravo anche io nella possibilità del nostro amore. Quello, fu come uno schiaffo.
"Voglio sapere cosa siamo noi"
"Bhè, studiate insieme, siete amici, o no? Che razza di domanda mi fai?" cercai di sdrammatizzare e, nel contempo, di indagare se erano più che amici.
"Non dicevo io e John... ma io e te... Ale, cosa siamo?" mi disse, alterandosi un po', pretendeva una risposta.
"Francesca, ascolta, ne abbiamo parlato tante volte... non possiamo..."
"Ale... lo so che non possiamo stare insieme... ma io ti amo... e se avessi la speranza di un futuro con te non penserei che forse devo lasciarmi andare, provare a dimenticare ciò che siamo stati e magari frequentare qualche altro ragazzo... Tu mi ami?"
Mi rendevo conto che aveva voglia di essere felice e spensierata, semplicemente una ventenne come le altre. Stando quotidianamente a contatto con John si era resa conto che forse la tattica chiodo-scaccia-chiodo poteva funzionare, soprattutto perché per John davvero provava affetto e stima sinceri, si capivano, non era il primo che capitava. Ma aveva, dentro di se, ancora una flebile speranza di felicità con me "Non posso..."
Assunse un tono imperioso "Ale, sì o no? Mi ami?"
"No" fu la risposta secca che le diedi, ancora un'altra bugia di cui forse, questa volta, non si accorse. Me la immaginai crollare su una sedia, fissare il vuoto, cercare di riprendersi, trovare le parole che le erano sparite dalla gola. Sapevo di averla distrutta in un attimo, così come mi ero autodistrutto. Avevo eretto un muro tra noi, finto ma insuperabile, per il nostro bene.
"Ok... quindi è giunta davvero l'ora che io volti pagina... Ale, lo accetto... Ciao, ci sentiamo" disse dignitosamente, più a se stessa che a me, con la voce leggermente incrinata, tratteneva le lacrime, la conoscevo troppo bene per non accorgermene. Ma era semplicemente stanca. Stanca di pregarmi, stanca di soffrire, stanca di aspettarmi.
Quello era un momento cruciale, tentennai, volevo rimangiarmi tutto per non perderla "Francesca..."
"Dimmi" pronunciò quella piccola parola con una fermezza, una freddezza e un distacco che mi colpì come un'ago mortale nel cuore.
Avrei voluto dirle che non era vero, che l'amavo ancora, che la desideravo, che pur di stare con lei avrei voluto mollare tutto per starle più vicino, invece le dissi "Divertiti venerdì, sono fiero di te" come uno stupido che non sa cosa dire. Sei parole messe in croce per riempire un silenzio.
Mi rispose con un velocissimo "Grazie" e mise fine alla nostra telefonata senza darmi il tempo di salutarla.
"Sii felice" mormorai al vuoto.

Com'era ovvio, Francesca e John si misero insieme pochi mesi dopo quella telefonata: ogni volta che la chiamavo mi diceva che si stava preparando per uscire o studiare con lui. Lui la portava al cinema, al ristorante, al museo, al parco... Tutti luoghi in cui avrei voluto portarla per vivere come una coppia qualsiasi. Ovviamente ero geloso, ci stavo male, ma, al tempo stesso, ero contento per lei, per la sua rinascita, per la sua ritrovata felicità. Io me la sarei cavata, anche se non sapevo come.

 
 
 

Decisioni (prima parte)

Post n°64 pubblicato il 18 Maggio 2014 da oltre_ogni_suono
 

Era da un anno che la nostra storia andava avanti, ma non potevamo continuare in eterno a fare i clandestini. Lei non meritava una vita segreta con me, senza la speranza di poterci mai costruire un futuro. Prima finiva questo sogno, prima saremmo riusciti a ricucire le ferite che ci avrebbe lasciato.

Presi una decisione importante e uscii dall'ufficio del mio capo con un sorriso triste nell'anima e il cuore sigillato.
Misi il punto definitivo alla situazione quando, poi, dissi a Francesca che l'azienda in cui lavoravo mi trasferiva alla sede newyorchese.
Lei mi guardò con occhi ghiacciati ma sperduti "Stai scappando da me?"
"No, mi obbligano ad andarci. Sai, gli altri hanno tutti una famiglia qui, quindi restavo solo io...". Stavo mentendo, avevo scelto io di andarci, vedendo la separazione fisica come la soluzione anche a quella delle anime. Dovevamo farcene una ragione per il bene di tutti.
Forse lei capì che le stavo raccontando una bugia, si intristì e mi guardò fisso "Capisco... tu non hai una moglie e dei figli come loro..." apprezzai la sua finta comprensione, rendeva le cose più semplici per entrambi. Per la prima volta, si era arresa, forse perché si rendeva conto dell'impossibilità delle cose e non provò a chiedermi di poter venire con me.
Mi lasciò solo in soffitta, tirai un sospiro triste e mi stropicciai gli occhi per scacciare via le lacrime.

Perché era capitato a me un amore così bello ma proporzionalmente impossibile? Sì, Francesca, stavo scappando, separarci era la cosa giusta da fare.

Da quel momento cercammo di non avere più contatti fisici, forse per abituarci piano al cambiamento. Cercai di partire il prima possibile.

***

Nonostante avessimo fatto di tutto per anestetizzarci alla mia partenza, fu comunque molto doloroso salutarci. Lo facemmo in soffitta, era il nostro posto, non lo avevamo deciso di proposito, era stato il nostro istinto a portarci automaticamente lì.
Mi stesi sul pavimento e mi misi a guardare le travi del tetto, conoscevo quasi a memoria ogni nervatura del legno di quel luogo in cui avevo trascorso chissà quante ore della mia vita.

Francesca guardava fuori dalla finestra come in trance, la sua voce mi arrivò come un flebile sospiro "Staremo ancora insieme?"
Temevo quel momento, temevo quella domanda, temevo i tormenti di Francesca. La raggiunsi e l'abbracciai forte.
Nei suoi occhi si accese un lume e iniziò a piangere in silenzio, come se una diga fosse ormai crollata, ma la voce le uscì ferma dalle labbra "Ti prego, proviamoci lo stesso" era il suo ultimo tentativo.
Non seppi che dire, vederla così fece cedere anche la mia diga e con quel silenzio credo di averle detto di sì, rimandando la rottura al futuro.

 
 
 

Non arrendersi

Post n°63 pubblicato il 15 Maggio 2014 da oltre_ogni_suono
 

Le passeggiate, i pasti, il relax, ogni singolo momento, presero un altro sapore, quello dell'amore che avevamo tenuto nascosto persino a noi stessi e che, finalmente, avevamo trovato il coraggio di accettare.
Mi sembrava di vivere qualcosa di irreale, in un mondo fantastico in cui avevo occhi e cuore solo per Francesca. Improvvisamente, lei non era più mia sorella, ma la mia anima gemella, l'altra metà della mia mela, il diamante che si incastonava perfettamente nella mia anima.
Ma c'era un argomento che ci premeva in petto e che nessuno dei due voleva affrontare: cosa avremmo fatto una volta tornati a casa?

***

La sala da tè era gremita, fuori piovigginava e non ci sembrava estate, ma uno di quei giorni grigi alle porte dell'autunno.

Guardai Francesca. Quel giorno aveva scelto di indossare dei jeans semplici, un paio di scarpe da tennis e una maglietta azzurra con la stampa di un bacio di labbra carnose dipinte di viola. Allungai il braccio verso di lei e subito pose una sua mano tra le mie. Salii lungo il suo braccio con le dita solleticandole l'interno del gomito, lei mise sul mio polso l'altra mano e iniziò a giocare con i miei braccialetti. Li fissava sorridendo, sognante e felice, e io sorridevo tra me e me, ammaliato dalla sua semplicità; liberai il braccio e portai le mie dita alle sue labbra pizzicandole e il suo sorriso si trasformò in un soffio di riso.
Risi anche io "Vieni qui"
Si accigliò divertita "Sono già qui"
Il tavolo era molto piccolo, eravamo praticamente attaccati, mi ci sporsi e atteggiai le labbra ad un bacio al quale, pronta, rispose subito. La fissai negli occhi e feci un lungo e profondo respiro "Cosa faremo una volta tornati a casa?"
"Non lo so, Ale"
Appoggiai i gomiti sul tavolo e chiusi le mani a pugno per appoggiarvi il mento, pensieroso "E' un casino, forse dovremmo arrenderci all'idea che non possiamo continuare"
Si intristì, abbassò lo sguardo "Perché?"
"Non mi va di parlarne... lo sai benissimo perché"
Alzò gli occhi e li puntò nei miei, mi cinse le mani con le sue e mi rivolse un sorriso amaro, ma di incoraggiamento "Perché non proviamo a vedere se, invece, funziona?"
Le sorrisi dolcemente, la mia piccola sognatrice non si arrendeva così facilmente. Le presi il viso tra le mani "Vedremo"
Il suo volto si illuminò di gioia per quella piccola vittoria. Il suo sorriso malizioso mi fece intendere che avrebbe fatto di tutto pur di continuare la nostra storia.

***

Tornati a casa, c'era una sorta di barriera insormontabile che non ci permetteva di "violare" con l'intimità di coppia le nostre camere, troppo intrise della nostra infanzia e adolescenza. Inevitabilmente, la soffitta si trasformò nella nostra alcova. 

Quando non eravamo impegnati ad amarci e nei momenti di razionalità, le dicevo di smetterla, che se lo avessero saputo i nostri genitori sarebbero morti di crepacuore, che non era concepibile una cosa del genere nonostante non avessimo alcun legame di sangue. Vergavo, con le parole, una lista infinita di aspetti negativi che odiavo, erano solo scuse che volevano soffocare il nostro amore. Fosse stato per me e Francesca, avremmo fatto tutto alla luce del giorno.

Lei avrebbe voluto gridare al mondo che, quando ci si ama davvero nella nostra situazione, non esiste perversione e non esistono barriere. Ma non poteva.

A volte ce ne fregavamo di tutti questi ragionamenti e gioivamo del nostro amore amplificato da quel brivido di paura misto all'eccitazione del segreto; altre volte, Francesca si disperava per l'assenza di un futuro ed entrambi soffrivamo. Cedevo proprio per questo: se le stavo accanto stava un po' meglio; anche solo se la tenevo stretta, la sua anima non si spegneva; se la "allontanavo" si aggrappava a me con tutte le sue forze. Mi sentivo terribilmente in colpa. In bilico tra ciò che volevo e ciò che non potevo fare, incatenato a Francesca anche dalla sofferenza. E per lei era lo stesso.

Ma, nonostante tutte le difficoltà, quel periodo fu, forse, uno dei più belli della mia vita.

 
 
 

DALLE NOSTRE PENNE....

"Te Quiero"
(fading_of_the_day)

By Chance:
"Meet"
"Princess Tower"
"Broken Love"
"Dangerous Joke"
"Sunset"
(oltre_ogni_suono)

"Beyond Belief"
(fading_of_the_day)

"Sueños Baratos"
(fading_of_the_day)

"Nyota wa Maisha"
(oltre_ogni_suono)

"Angel's Punishment"
(fading_of_the_day)

"Promesse Da Marinaio"
(oltre_ogni_suono)

Magic Desire:
"Blackberries And Flute"
"Start"

"The First Oracle"
"Abyss"
(oltre_ogni_suono)

"The Drowning Age"
(fading_of_the_day)

"The Ghost Woman And The Hunter"
(fading_of_the_day)

Waterlily In The Soul:
"Storm"

"Mosaic Of Life"

(oltre_ogni_suono)

Attracted By Her Laughter:
"Wrong Love"
"Thanks"

(oltre_ogni_suono)

 

DALLE NOSTRE PENNE (III)...

Passion:
"Starting Fires"
(fading_of_the_day)

"Gazza Ladra"
(oltre_ogni_suono)

Passion:
"Celtic Dreams"
(fading_of_the_day)

Tell Me About The Ocean:
"Decision"
"Beginning"
"Fears"
"Ending"
(oltre_ogni_suono)

Passion:
"Tides Of Time"
(fading_of_the_day)

War:
"La Nebbia Purificatrice"
(oltre_ogni_suono)

 

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