Stultifera Navis

Non sono ubriaco, ma diversamente sobrio

 


Vado alla ricerca della felicità naturale e possibile
sapendo che la felicità non è una meta,
ma un modo di viaggiare

 

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« Guardandomi intornoNon è tutto qui »

Zavorre dal passato

Post n°349 pubblicato il 26 Marzo 2015 da hieronimusb

Qualche sera fa ero a cena a casa di amici conosciuti da poco e così, chiaccherando, chiaccherando, mi sono trovato a parlare della mia infanzia , periodo che dovrebbe essere felice per antonomasia, dal quale però mi accorgo di portare un retaggio pesante.

Il metodo educativo di mia madre era quello di farci tendere in uno sforzo per migliorarci sempre, dichiarandosi sempre insoddisfatta di noi, dicendoci che non eravamo mai abbastanza buoni, abbastanza educati, abbastanza diligenti a scuola ecc...

Il suo obiettivo, neppure troppo celato era Domenico Savio, diventato santo all'età di quindici anni.

Un metodo educativo che ricorda vagamente la carota messa davanti al muso dell'asino per invogliarlo a camminare per raggiungerla.
Essendo però la carota appesa all'asino stesso rimaneva sempre alla stessa distanza dal muso e quindi l'asino procedeva senza raggiungerla mai.

Se per l'asino poteva forse funzionare, nella vita quotidiana, questo sforzo mai ripagato diviene prima frustrazione, poi rivolta e così dalla quinta elementare in poi ho iniziato a dare veri dispiaceri.
Non è stata una scelta cosciente e consapevole, è stato piuttosto un istinto quasi di sopravvivenza, il citato santo era morta a 15 anni ed io non volevo fare la stessa fine.

Con il passare del tempo ho modificato il mio carattere, l'ho reso più forte, chi mi conosce oggi sa che sono notevolmente centrato su me stesso e sono abbastanza immune al pensiero che gli altri hanno su di me, eppure...

... eppure quella sensazione di non essere perfetto, quell'intima irritazione personale quando le cose non mi vengono bene o mi accorgo di non essere stato al livello di perfezione che avrei voluto, mi colpisce ancora e mi amareggia la vita.

E' una battaglia del tutto interiore, ma quel seme che mia madre aveva piantato in me è diventato un arbusto che ancora pretende ed occupa il suo spazio rovinandomi spesso i momenti ed obbligandomi ad un duro lavoro per ritrovare, in me stesso, la stima di me.

Come detto è qualcosa che mi accade dentro, fuori non traspare nulla se non forse una vaga inquietudine, legegro malumore.

Poi magari mi rendo conto che altri sono molto meno perfetti di me, ma non c'è nulla da fare, non mi curo degli altri e non mi misuro con gli altri, se non forse quando vedo spazi per migliorare, ma questa sensazione di mancata perfezione è un veleno che quel bambino diventato ormai uomo, deve continuare a bere

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Commenti al Post:
StregaM0rgause
StregaM0rgause il 27/03/15 alle 08:29 via WEB
ottimo post,ci portiamo dietro tutto, ogni anno della nostra vita e soprattutto dell'infanzia.
 
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INFO


Un blog di: hieronimusb
Data di creazione: 10/12/2008
 

UANDEO (E SE) MORIRÒ

Quando , (e se), un giorno morirò
non voglio un prete che mi parli di un dio in cui non credo
o di paradisi che non mi interessano,
di inferni che non ho meritato
e se un purgatoriò ci deve essere
non sarà diverso dal mondo in cui ho vissuto

quando , (e se), un giorno morirò,
non voglio tombe costruite come casa
nè che si estirpino  fiori
se il senso della vita deve essere
nel tornare da dove son venuto
sarà l'utero della terra la mia ultima casa

Quando, (e se) morirò
sarà perchè ho vissuto
in un lungo istante senza tempo
raccolto come seme che diventa albero e poi frutto
come il fiume che corre e corre per tornare al mare
senza pensare neppure un momento
che questa vita possa finire

Se e quando morirò,
sarà perchè ho cercato nell'ultimo viaggio
la chiave segreta del tutto

 Alex

 
 

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