Creato da Tammare il 22/01/2008

Versi da mare

Su un oceano di scampanellii repentina galleggia un'altra mattina

 

 

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Olmo

Post n°30 pubblicato il 15 Novembre 2008 da Tammare
 
Tag: Plath

Conosco il fondo, dice. Lo conosco con la mia grossa
radice:
è quello di cui tu hai paura.
Io non ne ho paura: ci sono stata.

E' il mare che senti in me,
le sue insoddisfazioni?
O la voce del nulla, che era la tua pazzia?

L'amore è un'ombra.
Come lo insegui con menzogne e pianti.
Ascolta: ecco i suoi zoccoli: è corso via, come un cavallo.

Per tutta la notte galopperò così, impetuosamente,
finchè la tua testa non sarà una pietra, il tuo cuscino
una zolla,
rimandando echi ed echi.

O vuoi che ti porti il suono dei veleni?
Ecco, questa è la pioggia ora, questo grande azzittirsi.
E questo è il suo frutto: bianco-stagno, come arsenico.

Ho patito l'atrocità dei tramonti.
Bruciati fino alla radice
i miei filamenti rossi ardono ritti, una mano di fili di
ferro.

Ora mi rompo in pezzi che volano intorno come clave.
Un vento di tale violenza
non tollerà neutralità: devo urlare.

Anche la luna è spietata: vuole trascinarmi
crudelmemte, lei che è sterile
Il suo splendore mi folgora. O forse l'ho catturata.

La lascio andare. La lascio andare
diminuita e piatta, come dopo un intervento radicale.
Come mi possiedono e mi colmano i tuoi brutti sogni.

Sono abitata da un grido.
Di notte esce svolazzando
in cerca, con i suoi uncini, di qualcosa da amare.

Mi terrorizza questa cosa scura
che dorme in me;
tutto il giorno ne sento il tacito rivoltarsi piumato,
la malignità.

Le nuvole passano e si disperdono
Sono quelli i volti dell'amore, quelle pallide
irrecuperabilità?
E' per questo che agito il mio cuore?

Sono incapace di maggiore conoscenza.
Che cos'è questo, questa faccia
così assassina nel suo strangolio di rami?

Sibilano i suoi acidi serpentini.
Pietrificano la volontà. Queste sono le colpe isolate
e lente
che uccidono e uccidono e uccidono.

19 aprile 1962

("OLMO Per Ruth Fainlight"  OPERE,  Sylvia Plath)


I know the bottom, she says. I know it with my great tap root;
It is what you fear.
I do not fear it: I have been there.

Is it the sea you hear in me,
Its dissatisfactions?
Or the voice of nothing, that was you madness?

Love is a shadow.
How you lie and cry after it.
Listen: these are its hooves: it has gone off, like a horse.

All night I shall gallup thus, impetuously,
Till your head is a stone, your pillow a little turf,
Echoing, echoing.

Or shall I bring you the sound of poisons?
This is rain now, the big hush.
And this is the fruit of it: tin white, like arsenic.

I have suffered the atrocity of sunsets.
Scorched to the root
My red filaments burn and stand,a hand of wires.

Now I break up in pieces that fly about like clubs.
A wind of such violence
Will tolerate no bystanding: I must shriek.

The moon, also, is merciless: she would drag me
Cruelly, being barren.
Her radience scathes me. Or perhaps I have caught her.

I let her go. I let her go
Diminshed and flat, as after radical surgery.
How your bad dreams possess and endow me.

I am inhabited by a cry.
Nightly it flaps out
Looking, with its hooks, for something to love.

I am terrified by this dark thing
That sleeps in me;
All day I feel its soft, feathery turnings, its malignity.

Clouds pass and disperse.
Are those the faces of love, those pale irretrevables?
Is it for such I agitate my heart?

I am incapable of more knowledge.
What is this, this face
So murderous in its strangle of branches?--

Its snaky acids kiss.
It petrifies the will. These are the isolate, slow faults
That kill, that kill, that kill.


19 April 1962

("ELM For Ruth Fainlight Sylvia Plath)


"OPERE" Sylvia Plath, Arnoldo Mondadori SpA. Traduzione: Anna Ravano

  

 
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