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Botte e droga, i racconti choc delle schiave del marciapiede

Post n°2861 pubblicato il 19 Ottobre 2009 da Tatianna
 

«Dovevo guadagnare 250 euro ogni notte, altrimenti erano botte e non mi davano da mangiare». Comincia così il racconto di una ventunenne nigeriana liberata dalla schiavitù della prostituzione. Si chiama Anita, è piccola e magra, ha la pelle d'ebano, un viso dolce e pieno di speranze. Ed è stata fortunata: ha fatto la vita di strada per quasi tre anni, tra Torino e Firenze, prima che una persona le facesse conoscere i volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII che ogni notte perlustrano le strade in cerca di «schiave del sesso» da liberare. In occasione della Giornata europea della tratta di esseri umani, che si è celebrata ieri, la parrocchia ai Santi Angeli Custodi, allo Stadio, ha organizzato nella notte tra sabato e domenica una veglia di preghiera per «denunciare al mondo l'ingiustizia di una schiavitù che affligge le nostre città al prezzo della vita di donne, figlie di Dio, amate e create libere». È con queste parole, infatti, è iniziata la veglia che ha radunato decine di ex lucciole che hanno trovato un aiuto a ribellarsi ai propri aguzzini e sfruttatori e sono riuscite a rifarsi una vita. Intanto, fuori, per le strade al freddo, c'era il «gruppo operativo» dei volontari che girava per le vie della Zai cercando di convincere delle giovani sfruttate a spezzare le catene.  Roberto Gerali è il responsabile della Comunità per il problema della prostituzione, da anni è in prima linea e ha visto fino a che punto può arrivare la crudeltà dell'uomo che trasforma le donne in merce, trattate alla stregua, o peggio, di animali. «Sono tutte indotte con la forza, con le percosse e con la droga a prostituirsi, sono spaventate a morte», racconta. «Se riusciamo a trovarle da sole, senza protettori, poco dopo il loro arrivo allora riusciamo abbastanza facilmente a convincerle a sottrarsi al giogo, ma più rimangono sulla strada e più è difficile». E aggiunge: «Per loro non è vita, è una condizione disumana, molte vengono fatte prostituire di continuo, la notte sulle strade e di giorno nelle case, sono merce e niente di più». Roberto racconta che da poco sono riusciti a liberare una giovane dell'Est europeo, incinta di sette mesi e costretta a drogarsi e a prostituirsi nonostante lo stato interessante. «Tante sono minorenni», prosegue il responsabile, «è un orrore che non si può accettare semplicemente dicendo che è il mestiere più vecchio del mondo, noi diciamo che è l'ingiustizia più vecchia del mondo e chi tace sulle ingiustizie, ne è complice». Sono più di trecento le ragazze che sono entrate a far parte delle famiglie della Comunità, settemila quelle che ci sono passate dal 1990 ad oggi.

Fonte: L'Arena

 
 
 
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