Creato da: claudiofondelli il 26/08/2006
appunti per l'amministrazione del territorio

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

Ultimi commenti

L'ipotesi di lavoro che propongo non si pone...
Inviato da: claudiofondelli
il 03/08/2010 alle 16:33
 
Hai beccato giusto, forse unico fra illustri teorici della...
Inviato da: Antonio Bonomi
il 21/07/2010 alle 18:07
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 

I miei link preferiti

Contatta l'autore

Nickname: claudiofondelli
Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 55
Prov: PG
 
 

 

 
« OPERE PUBBLICHE E MODELL...RENDITA URBANA E GOVERNO... »

APPUNTI PER RIQUALIFICARE LE PERIFERIE

Post n°8 pubblicato il 21 Agosto 2008 da claudiofondelli
Foto di claudiofondelli

Se da anni l’attenzione della politica e di riflesso quella degli Amministratori locali si è soffermata sui problemi inerenti la conservazione, il risanamento ed il recupero dei Centri storici, producendo in taluni casi anche risultati interessanti, nessun intervento organico è stato invece ancora proposto per le fasce di recente urbanizzazione (le periferie), ossia per i quartieri e le aree residenziali costruiti, spesso con fini prevalentemente speculativi, dal dopoguerra ad oggi, dove nella quasi totalità dei casi, oltre ad un progressivo degrado fisico-strutturale, si rileva la mancanza di un tessuto connettivo strutturato come di un disegno architettonico coerente e dunque di un ambiente urbano riconoscibile come tale.

Periferie che, per la loro ampiezza (non solo nelle grandi città), l’ingente patrimonio edilizio e la concentrazione di popolazione in esse presente, pongono pressantemente il problema di cosa fare, concretamente, per evitare un loro ulteriore deperimento, tanto delle strutture abitative quanto di quelle urbane (spesso anche carenti),  se vogliamo scongiurare il pericolo, in taluni casi concreto, di un progressivo degrado sia fisico che sociale.

Scartando ipotesi di consistenti interventi di demolizione e ricostruzione del patrimonio edilizio presente nella periferia (difficilmente praticabile per l’alta parcellizzazione della proprietà ed insostenibile economicamente), se consideriamo prioritario il superamento del concetto di periferia quale zona finalizzata al mero soddisfacimento di bisogni primari (residenza), vissuta quasi esclusivamente attraverso la rete della viabilità (caratterizzata da un sempre più preoccupante fenomeno di concentrazione del traffico), ritengo occorra invece focalizzare l’attenzione su tutte quelle attività e quelle relazioni che dovrebbero legare strettamente la residenza al verde ed alle attrezzature sociali, culturali e del tempo libero e conseguentemente intervenire per metterle in “rete”, agendo sulla principale risorsa di cui disponiamo: il patrimonio pubblico dei vuoti e dei pieni urbani.

Le nostre città, ed in particolare le periferie, in seguito all’applicazione della normativa sugli standard urbanistici (DM 1444/68) risultano nella quasi totalità dei casi discretamente dotate, almeno in termini quantitativi, di strutture e spazi pubblici, parcheggi e verde attrezzato.

Tuttavia, a causa della carenza (per non dire dell’assenza) di una corretta impostazione politica e tecnica, esse sono nella maggior parte dei casi (oltre che costituite da materiali scadenti e facilmente deperibili) pressoché  prive di un coerente impianto urbanistico, di una struttura portante, ossia di un sistema organico di attrezzature e servizi, quale ritroviamo ad esempio negli assi civici attrezzati che caratterizzano molti impianti urbani delle città nordeuropee.

Carenza che potrebbe essere superata attraverso la connessione (rete) dei singoli episodi edilizi del patrimonio pubblico sopra citati, agendo sui vuoti e sui pieni urbani utilizzabili, collegandoli tra loro attraverso percorsi pedonali attrezzati, difficilmente recuperabili all’interno della rete stradale esistente.

Si dovrebbe dunque pensare, per il soddisfacimento dei bisogni della comunità, non più a singoli lotti (isole) di servizi pubblici tra loro distanti, ma ad una Rete civica delle attrezzature sociali e del verde che si caratterizzi quale Centro Civico diffuso, non più concentrato in un singolo punto (come i Centri Civici ed Amministrativi tradizionali), ma conformato da un insieme di articolazioni organiche che colleghino l’intero centro abitato, in grado di rimuovere, o quantomeno mitigare, le originarie carenze degli aggregati abitativi periferici, proponendosi come tessuto connettivo dell’intero sistema residenziale. Rete civica che potrebbe essere costituita da un sistema nuovo di connessioni pedonali attrezzate, integrate alle emergenze storiche esistenti (quali piazze, monumenti ed edifici storici), alle aree verdi, ai luoghi di culto, agli impianti sportivi, alle attività produttive ed ai servizi pubblici (Amministrativi, Formativi, Culturali, etc.) e privati (Commerciali, Ricreativi, etc), differenziato dal sistema della viabilità veicolare (al quale, comunque, potrebbe parzialmente sovrapporsi), dove il cittadino ritrovi, singolarmente e collettivamente, i suoi spazi di vita e la sua identità, propri di ogni insediamento che vuol dirsi dignitoso, concepito appunto a misura e dimensione dell’uomo.

In tale processo un ruolo importante potrebbe essere svolto da un Piano di Riqualificazione Edilizia della periferia che interessi gli edifici di Edilizia Economica e Popolare esistenti e nuove puntuali costruzioni di edilizia pubblica (rinnovata nelle forme e nei contenuti), trasformando tale patrimonio in vera e propria attrezzatura sociale della città, non più composta da enormi edifici monofunzionali (residenza) ma da volumi edilizi più contenuti, altamente connotati architettonicamente, capaci di dare risposta anche a specifici bisogni abitativi (nuclei monofamiliari, giovani coppie, anziani autosufficienti, studenti, etc.) ed  ospitare funzioni complementari (servizi pubblici, attività commerciali di quartiere, attività direzionali, etc.), con le nuove costruzioni collocate strategicamente, non più in aree concentrate ma diffuse all’interno della periferia, occupando vuoti, patrimonio edilizio inutilizzato, margini urbani, aree strategiche e parti fortemente degradate, mutuando e reinterpretando l’esperienza sperimentale dei PEEP interni ai centri storici di comuni quali Bologna, Gubbio, Bergamo, etc

Una proposta forse ambiziosa e non priva di difficoltà (anche di carattere economico) ma, proprio perché in grado di offrire condizioni di vivibilità meno elementari e contemporaneamente favorire l’affermazione di quei valori spaziali ed ambientali attualmente carenti, irrinunciabile.

Inoltre, benché lo spazio legislativo e le risorse finanziarie disponibili (contributi statali e della CEE) per tali operazioni siano indubbiamente limitati, il ricorso a forme più articolate di gestione del territorio, quali la creazione di specifiche unità operative di coordinamento di tutte le azioni che lo interessano (dunque non soltanto la pianificazione, ma anche la progettazione delle opere pubbliche e il settore manutentivo) ed il ricorso, oltre agli strumenti di gestione del territorio previsti obbligatoriamente della legislazione vigente, a strumenti settoriali e complementari di governo del territorio (Piano del Traffico, Piano degli Orari della Città, Programma della rete ciclo-pedonale, Programma del verde urbano, etc.) coordinati tra loro, possono rappresentare, per il raggiungimento di tale obbiettivo, strumenti dalle enormi potenzialità e dai costi amministrativi contenuti.

Come del resto una politica urbanistica che favorisca, per il soddisfacimento della domanda abitativa, la trasformazione ed il riuso del patrimonio edilizio esistente rispetto alla nuova edificazione, permetterebbe di liberare cospicue risorse (che in questo caso non sarebbero impiegate per la realizzazione di nuove opere infrastrutturali quali la rete viaria, il verde, i parcheggi, l’illuminazione pubblica, etc., come è necessario nel caso di nuovi comparti edificatori) da destinare a questo obbiettivo.

Per assicurare un sufficiente livello di organicità degli interventi alle differenti scale urbane, attraverso il coordinamento dei succitati strumenti, si potrebbe  ipotizzare un Programma organico degli interventi urbani che risponda ai criteri sopra enunciati, se non pensare, più ambiziosamente, ad un vero e proprio Piano quadro (strategico) della Rete civica delle attrezzature sociali e dello spazio urbano, attraverso i quali impostare la programmazione delle opere pubbliche.

Strumenti che dovrebbero vedere lavorare assieme tecnici, amministrativi, politici e cittadini (mutuando il modello dei Bilanci Partecipativi o con altre forme da definire), da gestire attraverso una struttura di Coordinamento (nelle forme che prima richiamavo)  e, dove le risorse amministrative lo permettano, in luogo delle tradizionali strutture tecniche (ufficio Urbanistica, Ufficio Lavori Pubblici, etc.), da una specifica Unità Operativa con competenze interdisciplinari (che impieghi trasversalmente parte del personale dell’ente e ricorra, per le competenze non presenti, alla collaborazione di esperti esterni).

Se è indubbio che le situazioni storiche mutano, come così sono differenti per ogni epoca i contesti culturali, sociali ed economici, certo è che il problema di rinnovare i valori di convivenza civile (dunque anche della città) permane, come la crescente partecipazione sociale degli ultimi anni attesta.

Quella sopra formulata potrebbe essere una delle strade che abbiamo per contrapporci al rifugio nel privato e all’impoverimento delle condizioni di vita; un modo alternativo di proporre lo spazio urbano, dove gli esseri umani possano riconoscersi e vivere da protagonisti.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963