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Post N° 16

Post n°16 pubblicato il 25 Novembre 2007 da Dave_Tiongreis
 

 

Effetto Compton, seconda parte

Note: una buona comprensione di questo post richiede la conoscenza di alcuni post già pubblicati.

In un post precedente abbiamo considerato l'effetto Compton dal punto di vista della teoria del tempo guida (TG). In tale descrizione l'interazione di un fotone con un elettrone produce due onde elettroniche, una per ogni direzione del tempo. In seguito, un'onda elettronica proveniente dal futuro interagisce con la discontinuità che costituisce il residuo dell'interazione precedente e dà origine a due nuove onde elettroniche, le quali cancellano quelle vecchie, ed un fotone, il quale completa l'effetto Compton (vedi Il tempo guida e l'effetto Compton).

Ora vogliamo considerare la descrizione in maggior dettaglio, in particolare per quanto riguarda l'energia-impulso e la forma delle onde elettroniche. Quest'analisi mostrerà che in questa teoria le onde elettroniche non soddisfano l'equazione di Dirac per una semplice ragione: le soluzioni dell'equazione di Dirac hanno lo scopo di provvedere mezzi atti a calcolare probabilità, mentre quelle qui considerate rappresentano le vere onde associate alle particelle elementari.

Consideriamo le energie e le quantità di moto coinvolte nel processo. Per semplicità ci poniamo nel riferimento in cui le quantità di moto dell'elettrone e del fotone incidente sono uguali ma di segno opposto. Se chiamiamo (Ee, pe) e (Ef, pf) le loro energie e quantità di moto, allora pe = -pf, e l'energia-impulso totale è (ET, pT) = (Ee + Ef, 0).

Sebbene a riposo, l'energia che ne risulta dopo la prima interazione è ovviamente maggiore di quella del solo elettrone, ossia maggiore della massa di un elettrone moltiplicata per c2. (Nota: Ee non è uguale alla massa di un elettrone a riposo moltiplicata per c2, perché la quantità di moto pe è diversa da zero).

Questo non dovrebbe sorprendere, poiché ciò che abbiamo considerato fino ad ora costituisce solo parte dell'effetto Compton osservabile. Fino a questo punto è stato assorbito un fotone, ma non è stato emesso alcunché; di conseguenza la risultante energia totale è maggiore di quella di un elettrone a riposo. L'energia extra risulterà necessaria per emettere un fotone al termine del processo.

Un risultato importante consegue da questo semplice calcolo: Il fatto che la combinazione delle onde fotonica ed elettronica nel punto di interazione produca un aumento dell'energia a riposo e si abbia l'improvviso arresto dell'onda fotonica, con la conseguente emissione di due onde elettroniche, mostra che l'etere non può accettare energie (a riposo) diverse da quelle di un insieme di valori ammissibili.

In altre parole, poiché in termini di onde energia significa frequenza, l'etere non può accettare qualsiasi frequenza lungo le direzioni di tipo tempo, ma solo quelle associate alle particelle esistenti in natura. Ciò spiega perché le particelle possiedono energie a riposo specifiche, ben definite. Lungo le direzioni caratterizzate dalla velocità della luce invece non c'è tale restrizione.

Perciò è la combinazione delle onde, con la conseguente produzione di frequenze inammissibili, che produce l'improvviso arresto dell'onda fotonica e l'emissione delle due nuove onde elettroniche.

In Il tempo guida e l'effetto Compton abbiamo visto che il fotone incidente ha due fronti, uno puntante all'indietro ed un altro in avanti nel tempo. Dopo l'interazione il fotone non esiste più, ma due nuovi fronti d'onda si stanno muovendo, quelli associati alle due nuove onde elettroniche, uno verso il passato e l'altro verso il futuro. Di conseguenza il processo conserva il numero di fronti d'onda (quello associato all'onda dell'elettrone incidente non viene alterato).

Un'altra conseguenza del fatto che l'etere ammette solo frequenze specifiche è che l'ampiezza delle onde prodotte dall'interazione rimane costante. Infatti, la serie di Fourier dell'onda lungo qualsiasi direzione di moto richiede che l'ampiezza dell'onda non cambi affinché sia composta da una sola frequenza.

Questo appare piuttosto strano, perché nel mondo macroscopico, come le onde si espandono, la loro ampiezza diminuisce; è una questione di conservazione dell'energia. Tale legge non si applica qui, perché l'energia è un concetto legato al numero di onde per unità di tempo. Evidentemente le leggi ordinarie non hanno alcun significato in questa situazione e non vanno applicate. La legge imperativa da applicare qui è che lungo le direzioni di tipo tempo uscenti dal punto di emissione solo frequenze specifiche sono ammesse.

Ciò spiega perché nella meccanica classica le ampiezze delle onde elettroniche non influenzino la fisica, il che è espresso dal fatto che non appaiono nelle equazioni, mentre in meccanica quantistica esse devono essere normalizzate. Perciò, in questo scenario in cui non si parla di probabilità, le ampiezze delle onde sono grandezze fisiche immutabili.

Qual'è la forma dell'onda che si diparte dal punto di interazione? Nel sistema di riferimento in cui (E, p) = (Ee + Ef, 0), la direzione lungo la quale l'elettrone si può muovere deve essere tale che alla fine del processo le leggi di conservazione dell'energia e della quantità di moto (come pure dello spin) debbano essere soddisfatte.

Per ottenere questo risultato e far sì che tra l'energia e la quantità di moto del fotone uscente esista la relazione E = | p |  c, il fotone uscente deve avere la stessa energia di quello entrante. In altre parole, l'insieme di tutte le possibili quantità di moto, sia del fotone che dell'elettrone (si rammenti che p = pe = -pf), descrive una sfera nello spazio della quantità di moto, e le proiezioni delle quantità di moto lungo una qualsiasi direzione spaziale variano da -p | a p |.

Corrispondentemente, lungo una qualsiasi direzione spaziale la velocità dell'elettrone varia da -v a v, con v = | p | / ( mo  γ ), dove mo è la massa dell'elettrone a riposo e γ = 1 / ( 1 - v2 ). Di conseguenza, visto da questo sistema di riferimento il fronte dell'onda elettronica si propaga come la superficie di una sfera che si va espandendo.

 
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