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Perfidie di Stefano Torossi

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Drammatiche letture

 

  IL CAVALIER SERPENTE

 Perfidie di Stefano Torossi

  2 dicembre 2013

   DRAMMATICHE LETTURE

 

In realtà l'invito diceva "Letture drammatiche - Voci contro la violenza sulle donne", ma la qualità dell'evento ci autorizza, semplicemente invertendo i termini, a capovolgere il significato del titolo e nello stesso tempo esprimere il nostro giudizio. Momento e scena del crimine: pomeriggio del 25 novembre all'Università ECampus di Roma in Via del Tritone. Con tutto il corollario (sembra fatto apposta, ma non c'è niente di esagerato) di questo tipo di eventi casarecci. Previsto all'inizio il trailer del film "Christine/Cristina"; non c'è stato verso di far partire il DVD. I microfoni: fischi, scrocchi, e buchi muti. C'era anche un fonico che per imperizia propria o per inefficienza del misero impiantino a disposizione, è riuscito solo ad aggravare la situazione. Stendiamo il proverbiale velo pietoso sulle performance di alcuni allievi/e dell'Istituto. Unico momento di rispetto e divertimento: Miranda Martino che ha letto un testo, cantato una canzone e intrattenuto il pubblico da grande diva quale è sempre stata. Adesso, con l'età, ha raggiunto vette sublimi: "Mi versi un po' d'acqua (che poi non ha bevuto), cara" all'organizzatrice; "Mi raccogli il foglio, caro", al fonico, che stava per farle cadere in testa l'asta del microfono, e via raccontando di sé con maestosa padronanza di tempi, pause e attenzione del pubblico. Una gran dama.

Poco prima eravamo passati al Teatro Argentina per una commemorazione di Aldo Giuffré, ma non avendo avuto il tempo di fermarci possiamo solo accennare alla folta presenza di anziani (c'era da aspettarselo) e alla bruttezza dell'ambiente. Alleghiamo, autocitandoci, un nostro passato accenno sul tema: "La Sala Squarzina è uno dei più tristi esempi del gusto anni '70. Sgraziatissima nelle proporzioni perché troppo lunga, stretta e alta, è stata notevolmente peggiorata con la ristrutturazione. Ha un pavimento di mortuario marmo biancastro, quattro enormi e incombenti lampadari a grappoli di palle luminose, tutto un lato appesantito da tre ballatoi d'acciaio che richiamano un penitenziario, e l'altra parete infilzata da frammenti di mascheroni recuperati dal sottostante teatro romano (quello di Pompeo), di bellissimo marmo di Carrara, che in quel contesto sembra polistirolo di Cinecittà". In più, abbondante e ubiquo, il consueto strato di muffa.


Altro livello, giovedì 28 alla Sala Sinopoli del Parco della Musica. "Ballet Mecanique", omaggio a Fernand Leger. Al lavoro per noi gli ottimi strumentisti del Parco della Musica Contemporanea Ensemble e la Cantoria di S. Cecilia, magistralmente, come sempre, diretti da Tonino Battista; e perfino un pilota con il suo aereo sul palco (un superleggero con le ali ripiegate, naturalmente, ma col motore acceso o spento secondo la partitura). L'occasione era la proiezione del film muto di Fernand Leger (1924), nato per essere accompagnato della musica di George Antheil, che abbiamo ascoltata dal vivo, bella, ben suonata e soprattutto moderna anche se ha novant'anni. Lo stesso film è stato riproiettato, stavolta con il commento di Michael Nyman, molto più recente ma molto meno moderno, meno bello, e molto, troppo furbo. Antheil vince, Nyman perde. Colpisce l'ingenuità del filmato, naturalmente giustificatissima dalla data. Semplici (ma probabilmente strabilianti per l'epoca) moltiplicazioni delle immagini in bianco e nero con effetto caleidoscopio, primi piani di occhi e bocche molto truccati, una graziosa ragazza in altalena e una corpulenta contadina carica di fagotti; l'industria nascente rappresentata da modeste bielle e piccoli stantuffi in movimento con gran sbuffi di vapore.

Il programma era pieno di altri interessanti pezzi, fra cui un "Living room music" per coro e quattro strumenti a percussione guidati da un rosso pianofortino giocattolo. Ancora una divertente dimostrazione della capacità di Cage nel prendere per i fondelli il pubblico, ma così abilmente da non offendere nessuno, anzi, addirittura da passare per serio. Grande.

Ci sembra opportuno aggiungere che ogni volta che andiamo a un concerto di questo genere, ci facciamo premura di passare al bar dell'auditorio, dove preparano un ottimo Negroni, propedeutico alla creazione di una buona ed euforica disposizione all'ascolto. Mai smetteremo di lodare la gioiosa atmosfera del Parco della Musica, un misto fra un vivace e soprattutto giovane campus universitario americano, e, specialmente d'estate, un glorioso parco di divertimenti.


Chiusura di settimana come meglio non si potrebbe con l'inaugurazione del nuovo spazio dell'Associazione ERA DEA, da sabato a mezzogiorno saldamente impiantata (per rimanerci) nel centro del Centro Storico di Roma, fra Panteon, Senato e Argentina, in un vecchio magazzino con cantina, che, visto prima dei lavori, ci aveva fatto inorridire per la sua aria di decrepita topaia. Dal bruco alla farfalla: ora è confortevolissimo, bellissimo e molto razionale. Ci si fa del teatro, della musica, del cinema. E sabato anche eccellenti tramezzini e squisito prosecco.

Ottima breve performance di Rosa Balivo su un testo di Rosa Di Brigida, che è anche presidente, e proiezione del promo di una singolare iniziativa dell'Associazione: una serie di videointerviste da parte del venticinquenne regista Francesco D'Ascenzo a grandi vecchi del mondo dell'arte che si raccontano sull'orlo della fossa. Primo a molte lunghezze, fra i testimoni, il critico d'arte Gillo Dorfles, centotre anni. Gli altri: un cinicissimo Paolo Villaggio, un pessimista Paolo Poli, un rassegnato Franco Cerri, più Lina Wertmuller, Dudù La Capria, Enrico Intra, Carlo Loffredo, Giampiero Boneschi, eccetera eccetera; tutti sopra gli ottanta e molti pericolosamente vicini ai novanta. Soprattutto campioni di umanità beffarda, dolente, amara, ma anche (e non sembri un paradosso visto che stanno, come già detto, con un piede nella fossa) viva.



                                          



 

 
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