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Perfidie di Stefano Torossi

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Accidenti a Caravaggio

Post n°299 pubblicato il 12 Ottobre 2014 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

  13 ottobre 2014

   ACCIDENTI A CARAVAGGIO

                                                
                                                                                                                                                                         

Villa Medici, o meglio, Académie de France à Rome, lunedì 6. Mostra "I bassifondi del Barocco, la Roma del vizio e della miseria".

Un eccellente esempio di quanto siano importanti presentazione, promozione e soprattutto il titolo per fare un evento.

Folla oceanica e forse pruriginosa all'inaugurazione. Mondanità, gossip, eleganza, più champagne e grappoli d'uva per gli ospiti (i grappoli evidentemente perché in tutte le rappresentazioni della dissolutezza, dall'antica Roma al '600, sono presenti come simbolo, chissà di che, dato che l'uva è un frutto innocente come sapore e per niente allusivo come forma).

Mancava Michelangelo Merisi; in compenso erano presenti pittori caravaggeschi in gran copia (gioco di parole per intenditori). Il che ci spinge a esibirci in una stagionata ovvietà: la quantità non fa la qualità.

Insomma, per farla breve, questa furbissima mostra (e lo dimostra il successo di pubblico) vuole raccontare le cattive abitudini della Roma barocca. I quadri sono addirittura raggruppati seguendo uno schema per sottocategorie del genere: la crapula viziosa, la crapula violenta, quella malinconica, quella disperata. Le scenette sono naturalmente ambientate nelle sudice osterie o nei mercati dell'epoca, dove si consumavano i vizi seicenteschi, se non eterni, dell'uomo: ubriachezza, gioco, prostituzione, furto, violenza e quella che per l'epoca era una novità scandalosa: il fumo. In fondo più innocenti di quelli tecnologicamente avanzati di oggi (droghe sintetiche, musica psichedelica, cocktail micidiali, eccetera).

E Caravaggio che c'entra? Intanto perché non c'è. E poi perché, dopo che lui ha dipinto una scena in un certo modo, nessuno mai riuscirà a farlo meglio. E quindi, spatola o pennello, i Caravaggeschi, presenti numerosi, rimangono imitatori più o meno bravi (di solito meno) mentre il caposcuola se ne sta lassù irraggiungibile.

Ecco perché questa mostra, disposta, guidata, e illuminata con consumata abilità commerciale, per noi è risultata una raccolta piuttosto noiosa di quadri da abbastanza belli, a solo modesti, a, in alcuni casi, decisamente brutti.

Il fatto è che per noi fortunati romani, in un raggio di poche centinaia di metri da lì (chiesa di S. Maria del Popolo, S. Luigi dei Francesi, S. Agostino, Galleria Borghese) i Caravaggi garantiti autentici si sprecano. Quindi, bene lo champagne e l'uva, benissimo la mondanità che in luoghi speciali come Villa Medici riesce meglio, ma poi, una breve passeggiata nei dintorni, e possiamo rifarci gli occhi con l'arte vera.


Contemporanea Mente. GNAM, sabato 11, sei artisti per la X giornata del Contemporaneo. Ecco come, al contrario del precedente di Villa Medici, un titolo che vorrebbe apparire furbo, risulta solo un po' scemo, e fa pensare a fatterelli della domenica camuffati da eventi: "Nonsolotarli" (mercatino di mobili vecchi), "Bau beach" (spiaggia per i cani a Ostia), "BicchierdiVino" (enoteca con degustazione), eccetera.

La Galleria Nazionale d'Arte Moderna è un magnifico edificio dove si gira bene senza urtarsi, e si incontrano amici in buona disposizione d'umore, quindi ogni occasione è piacevole. Stabilito questo, andiamo a parlare degli artisti in esposizione.

Il primo, Gianni Politi rischia grosso perché inserisce i suoi dipinti (collage e non, comunque sull'astratto) qua e la fra i figurativi nelle sale dell'ottocento. Basandoci sulla nostra impressione diremmo che, anche se i suoi quadri non sono affatto male, nel confronto con gli altri ci rimettono, senza peraltro riuscire a scandalizzarci.

Saltando Pietro Ruffo che espone un biplano della Prima Guerra fatto di cartone, molto piaciuto ai numerosi bambini presenti, arriviamo all'aria fritta di Chiara Dynys. Uno scatolone di vetro intitolato "Non c'è nulla al di fuori", a proposito del quale vale la pena di riportare una parte della presentazione fornitaci all'ingresso: "L'artista si interroga da sempre sulla potenzialità della luce (la non materia) e dei materiali, realizzando labirinti, spirali, luoghi dove perdersi ritrovando paradossalmente la propria strada e la propria identità. Davanti alla sua opera è inevitabile incorrere nell'inganno: ribaltamenti prospettici, slittamenti semantici, e bla bla bla...". Se non è aria fritta questa (in fondo è uno scatolone di vetro, e nulla più).

Nel bello spazio del cortile Aldrovandi un'istallazione di cinque elementi che "attraverso il movimento auto generativo si ripiegano su se stessi acquistando la forma di volumi conclusi". Presente l'autore, Pietro Fortuna, che si affanna a spiegare ai visitatori il significato dell'opera. Vecchi lo siamo di sicuro, rimbambiti forse non ancora, comunque ci capita di pensare che un'opera che abbia bisogno di una spiegazione per essere capita e non sappia parlare da sola, mah...

In uno dei giardini abbiamo reincontrato la fontana di Cloti Ricciardi, un tubo montato su supporti da cui, il giorno dell'inaugurazione, cadeva una cortina perfettamente parallela di getti. La deprecata componente calcarea dell'acqua di Roma, e la altrettanto romana mancanza di manutenzione, hanno trasformata l'installazione artistica in una malandata doccia da motel. Molti buchi otturati, altrettanti che buttano di traverso; quel povero tubo avrebbe bisogno di un intervento idraulico d'emergenza.

Certo, uscendo in uno scintillante mezzogiorno di un tiepido ottobre si capisce, anche non giustificandolo, il menefreghismo storico dei romani. Sul sole che c'è non serve intervenire. Sul resto, perché affannarsi? Prima o poi ci penserà qualcuno.


Ancora una mostra, quella di Valerio Adami alla Galleria Andrè, che non ci ha colpito per le opere, ma perché l'autore, nella sua autopresentazione, accostandola alle linee nette dei propri quadri, inserisce una sorprendente e a noi sconosciuta citazione di Arnold Schönberg del '22. "La piega dei pantaloni è uno degli ornamenti più belli dell'uomo. Quindi l'uomo elegante è obbligato a tenere la piega, sebbene, a dire il vero, essa non sia stata stirata per essere portata così; al contrario, è stata fatta per non essere portata così, ma per essere messa in valigia". Diavolo di uno Schönberg!



                                         

 

 
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