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Perfidie di Stefano Torossi

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Muffa e splendore

Post n°305 pubblicato il 23 Novembre 2014 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

  24 novembre 2014

     MUFFA E SPLENDORE

 

 Cominciamo con la muffa.

 Un pomeriggio di noia travolgente, ma ricco di approfondimenti sulle umane debolezze (sotto la coperta della cultura).

Tempo, luogo e occasione: mercoledì 19; Sala della Crociera al Collegio Romano, un magnifico ambiente zeppo fino al soffitto di libri plurisecolari; presentazione di "NOW, art before the future", curato da Crescentini e Domenicucci, un bel catalogo futuribile delle opere di una quarantina di artisti contemporanei e viventi.

Cinque i relatori annunciati: Bagnato, D'Amico, Siciliani, Lombardi, Nazio, ma siccome per caso c'è anche il pittore Ennio Calabria, ne approfittano per chiamarlo al tavolo a parlare. Non l'avessero mai fatto! Il maestro, dopo essersi schernito con un pericoloso: "Non mi aspettavo questo onore", attacca una tirata di venti minuti parlando molto di sé, del suo rapporto con l'arte, e di un collega morto recentemente, pace all'anima sua, che era suo carissimo amico.

Sopravviviamo, ma prima di sgattaiolare via durante l'ennesimo applauso di compiacenza, ci dobbiamo sorbire un altro po' di chiacchiere di quel genere particolare, chiaramente destinato alle orecchie dei colleghi.

Qui di seguito i tipi umani che si sono esibiti, un vero campionario da presentazione. Tutti nella lista dei relatori, ma non diciamo in che ordine.

Quello che recita la lezione senza prendere fiato, con la tipica concitazione ansiosa e ansiogena del primo della classe che vuol riuscire a dire tutto quello che sa, e fare bella figura. Molte parole inglesi, nomi di intellettuali a pioggia, fra i quali abbiamo sentito perfino Allevi! Faticoso da ascoltare perché ti condiziona sfavorevolmente la respirazione.

L'altro che arriverà tardi perché è in TV a farsi intervistare a "La vita in diretta", ma lo sostituisce un collega che però ha poco tempo anche lui perché è appena arrivato dal Messico, e ha un treno che lo aspetta per portarlo a Torino. Gente importante.

Ancora uno che deve scappare per altri impegni, ma fa in tempo a darci un sunto del suo inglese piuttosto casareccio. Risatine d'intesa della combriccola.

Durante tutta la faccenda ci assilla da uno schermo, in un loop senza fine, un insulso filmato di bambini che fluttuano in una specie di liquido amniotico. Naturalmente in bianco e nero un po' sfocato. Roba da video-art alla Biennale di Venezia, ma di trent'anni fa.

Questa fiera dell'autocompiacimento ci intristisce e ci spinge ad allontanarci prima della fine, non senza darci il pretesto per manifestare il nostro stato d'animo con un commento forse poco intellettuale, ma, ne siamo certi, comprensibile a tutti.

  ZZZZZZZZ!


 ...ma continuiamo con lo splendore.

Ore 21, stesso giorno. Un pomeriggio come quello appena trascorso avrebbe potuto portarci a una serata rovinosa.

Invece, evviva! Ci è capitato uno dei più bei concerti degli ultimi anni. Letteralmente. Alla Sala Sinopoli del Parco della Musica: "Swinging Duke" con Fabrizio Bosso, il suo trio e una big band ridotta (due trombe, un trombone e tre sax) fatta dei migliori strumentisti in circolazione.

La ricetta dell'evento: i pezzi di Duke Ellington, che sono comunque belli; gli arrangiamenti pieni di poesia e di gusto di Paolo Silvestri, un audace che ha osato rifare i già perfetti originali migliorandoli, se è possibile; facendoli comunque diversi e certamente più moderni (che questa parola non sembri una bestemmia, ma è proprio il caso) e le ottime esecuzioni del gruppo.

E in cima a tutto l'assoluta padronanza di Bosso della tecnica, della voce, del gusto e del pensiero musicale applicato alla tromba. Perfezione. Ci si chiede come ha fatto in così pochi anni ad accumulare l'esperienza di una vita. Forse in questo consiste il genio. Chiedere a Mozart.

Sala esaurita, pubblico felice, e i suonatori, entrati con giacche inappuntabili, che poco a poco cominciano a spogliarsi nel fuoco dell'esecuzione fino a rimanere con le maniche arrotolate e l'espressione beata di chi si diverte a fare il proprio lavoro.

E anche noi: non era certo il primo concerto a cui assistevamo, eppure non un minuto di noia, di distrazione, di pensare ad altro.

Un piacere completo dall'inizio alla fine.


Un altro discorso.

Chiusura di settimana con l'inaugurazione del Roma Festival Barocco diretto da Michele Gasbarro. Una magnifica esecuzione dell'Officium defunctorum di Victoria nella chiesa nazionale spagnola di S. Maria in Monserrato, l'unica chiesa a Roma, oltre a S. Maria dell'Anima, illuminata come si dovrebbe. Tutta la luce in alto, verso Dio, e non in basso, negli occhi di noi peccatori.

Musica mistica, abbiamo detto, lontana dal jazz, ma non dalla bellezza, e benissimo eseguita. Prima dell'inizio, discorsetto introduttivo del parroco, spagnolo naturalmente. Beh, fra il tono morbido della voce e l'accento esotico, bastava chiudere gli occhi, ed eccocelo lì davanti: Antonio Banderas con i suoi tarallucci del Mulino Bianco.



                                          

 
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