Creato da torossis il 08/08/2010
Perfidie di Stefano Torossi

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Giugno 2015 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Ultime visite al Blog

torossisslavkoradiccarmelo.rizzo70minarossi82aristarco7dudeziochiarasanyenrico505tobias_shuffleRavvedutiIn2Sky_Eaglechristie_malryunastella43isolde6antelao63
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

Messaggi di Giugno 2015

Ferrari Cavalcade

Post n°337 pubblicato il 28 Giugno 2015 da torossis

 

 

   

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

29 giugno 2015

  FERRARI CAVALCADE


Per andare a ritirare una raccomandata in giacenza si passa dalle parti del Mausoleo di Augusto. Il 25, giovedì, mentre eravamo diretti appunto alla Posta Centrale, siamo stati colpiti da una visione irreale. Almeno un centinaio di scintillanti, colorate, sgargianti Ferrari erano parcheggiate tutto intorno alla fossa (chiusa da anni da una cancellata, che neanche Guantanamo) ormai fangosa e maleodorante in cui è immerso come un Titanic colpito e affondato, ma ancora coronato di cipressi e oleandri, uno dei più insigni monumenti di Roma, la tomba di Augusto, il suo mausoleo, l'Augusteo insomma.

Non si può fare a meno di notare sbirciando attraverso i ferri della suddetta cancellata la palude da cui emergono i muraglioni romani, piena di canne, potenziale nascondiglio forse di coccodrilli e piranha, certo di ranocchi e libellule. E zanzare. Neanche terzo mondo, qui ci troviamo in un ambiente selvaggio da documentario del National Geographic.

Possedere una Ferrari è senza dubbio un indicatore. Di successo economico, certo; di gusto, non sappiamo. Ma nello stesso tempo, secondo noi, è una gran seccatura: come avere un Van Gogh appeso in salotto, o dei bei vasi etruschi rimediati da qualche ambiguo mercante. C'è da preoccuparsi dei ladri che ti entrano in casa, dei carabinieri che cercano di recuperare i reperti, degli scemi che ti rigano l'auto, o dei maldestri che te la abbozzano in parcheggio. Anche della cacca di un piccione, notoriamente corrosiva. Insomma, una vita d'inferno.

Un'idea ce l'avremmo: ognuna di quelle Ferrari, quasi tutte modelli unici o comunque vintage varrà come minimo trecentomila euro. Sono cento macchine. Totale trenta milioni. Basterebbe un dieci per cento per ripulire, restaurare, rendere decentemente frequentabile il rudere imperiale. Ma chi e come glielo chiede ai proprietari? Non funziona così, vero?

The Beatles, ovvero c'ero anche io all'Adriano.

Il 26 e il 27 alla Discoteca di Stato (che adesso si chiama ICBSA, Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi. Chissà perché burocratizzare cambiando il vecchio nome che andava così bene?) Gianfranco Migliaccio ha organizzato una due giorni nostalgica del "c'ero anche io" ai concerti che i Beatles tennero a Roma. Inevitabilmente una riunione di reduci: basta un veloce calcolo. Dal '75 sono cinquant'anni; chi c'era ne aveva più o meno venti, quindi in platea (e anche sul palco) eravamo tutti almeno settantenni, spesso ultra.

Un paio di cover band opportunamente abbigliate e imparruccate hanno suonato come tutte le cover band che si rispettino: impeccabilmente e senza permettersi sghiribizzi. Bene, ma sempre cover, e in più, se lo strumentale è inappuntabile, non lo è altrettanto la pronuncia dei testi. Ma, in mancanza dell'originale...

C'è stata la sfilata dei testimoni: belle ragazze del Piper, poi in carriera artistica, come Mita Medici, giornalisti che con vari incarichi avevano seguito la faccenda e l'hanno raccontata a immagine e somiglianza del loro carattere.

Fabrizio Zampa sdrammatizzando con gustosi aneddoti; Claudio Scarpa in bilico tra il fan e lo storico musicale; Adriano Mazzoletti, miniera di infinite informazioni, e capace di ricordare giorno, ora e luogo di tutto quello che racconta; Dario Salvatori con il piglio sicuro del conduttore di professione, ma anche con l'autoironia che gli sprizza da tutti i pori (e anche dai capi di abbigliamento).

Ci teniamo per ultimo Gianni Bisiach, il quale dopo essere stato tutto il tempo ad aspettare, sornione come un gatto in agguato, appena arrivato il suo momento è scattato.

Chi non lo ha mai ascoltato non può rendersi conto dell'implacabile macinare dei suoi racconti. Comincia da vent'anni prima, divaga su ogni nome, parentela, collegamento; divaga sulle divagazioni, salta da un argomento all'altro, ma ritrova sempre il filo. E non lo molla.

Dopo alcuni minuti di micidiale logorrea di questo inarrestabile novantenne abbiamo notato la appena accennata insofferenza del conduttore e degli altri ospiti trasformarsi man mano in una specie di allarmata preoccupazione. E poi arrivati alla mezz'ora diventare vera e propria disperazione, finché la battuta di un coraggioso: "Gianni, ti stacchiamo la batteria!" ha bloccato l'incontinente.

Danilo Rea al piano ha commentato nel suo modo elegante, giocando con i temi dei Beatles, alcuni quasi invisibili filmati muti e in bianco e nero dei concerti. Più che immagini, ectoplasmi.

Era ora di pranzo quando siamo usciti nel sole e nel benedetto vuoto dei sabati romani d'estate. Tutti al mare, e noi in città, finalmente soli!



                                      

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

La Pelanda (e altri fatti)

Post n°336 pubblicato il 23 Giugno 2015 da torossis

  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

      22 giugno 2015

    LA PELANDA (E ALTRI FATTI)



Nel 1888 l'architetto Ersoch costruisce un moderno mattatoio in uno spazio immenso ai piedi del Monte Testaccio, antica discarica romana dove nei secoli si erano ammucchiati fino a un'altezza di sessanta metri i cocci delle anfore che servivano per trasportare a Roma l'olio iberico. Una volta svuotate, inservibili per altri usi, le rompevano e le scaricavano (già allora c'erano i vuoti a perdere) in quel prato che poco alla volta era diventato una collina.

Il mattatoio continuò nella sua funzione fino al 1975 quando, dismesso, degenerò in una serie di capannoni e cortili fatiscenti; poi, poco alla volta le belle strutture in mattoni, ferro e ghisa vennero recuperate e riutilizzate per la cultura.

Della vecchia destinazione non era rimasto più niente, se non un vago odore di stallatico e i nomi di alcuni padiglioni: lo Stabilimento di Mattazione, il Mercato del Bestiame, il Macello dei Capretti, la Tripperia e, arriviamo a noi, la Pelanda, sulla cui funzione non ci pare necessaria aggiungere spiegazioni.

In questo spazio di archeologia industriale, con ancora sospesi in aria i binari di ferro su cui scorrevano attaccate a ganci le carcasse del bestiame dirette alle vasche per essere scottate e poi scuoiate, si è inaugurata qualche giorno fa una mostra di disegni di Sergio Staino. Noi c'eravamo e bisogna dire che un po' per l'ottimo restauro, un po' per la presenza di gigantografie multicolori, quello che in origine doveva essere un ambiente macabro e sanguinolento si era trasformato in una bella fiera colorata. Presenti molti amici dell'epoca. Aria nostalgicamente sessantottina, o appena post. Una specie di rimpatriata poco politica e molto personale e umana. Divertente.

Leggiamo sui giornali che nei giorni scorsi il gioco si è rinnovato con concerti di vari gruppi musicali, per concludere mercoledì 17 con l'esibizione di una piccola formazione: Michele Staino (il figlio), al contrabbasso, Cantini alla tromba, Mocato al piano e Coscia alla fisarmonica. Sergio Staino (il padre) a fare gli onori di casa. Ci è dispiaciuto non esserci, ma avevamo altro da fare.



E precisamente puntare verso Macerata dove ci aspettava:

Il Festival di Musicultura.

Un'occasione annuale che non perdiamo, cadesse il mondo. E' un festival di musica e di poesia ad alto livello, che a ogni edizione trova il modo di laureare qualche artista nuovo e speciale. L'organizzazione è amichevole e impeccabile, e l'ambientazione fa sì che oltre che ai concerti e alle presentazioni ci si incontri continuamente in giro per le tre strade, le tre piazze, i bar e le trattorie della piccola città. Un salotto colto, mondano e informale.

Ormai che frequentiamo il festival da parecchio e lo abbiamo collocato bene in alto nella nostra stima, ci è stato facile compilare una lista delle Costanti che ritroviamo anno dopo anno. Eccole.

La Costante meteo. Almeno una delle tre serate allo Sferisterio, che si trova, come tutti sanno, all'aperto, è funestata dalla calata dei venti glaciali del Polo Nord. Non si capisce perché, mentre il giorno si suda sotto il sole, la sera queste brezze gelate debbano convergere con assoluta precisione su Macerata. Abiti scollati per le signore, camiciole per i gentlemen a inizio spettacolo, poi poco alla volta spuntano sciarpe, maglioni, eskimo imbottiti e addirittura coperte, finché il pubblico elegante dell'inizio si trasforma in una divisione di alpini alle grandi manovre.

La Costante sicurezza. Fabrizio Frizzi, presente a presentare da tempo immemorabile. Garbato, rassicurante, educato, misurato: nello stesso tempo fanciullesco e padronissimo della scena. Quello di cui nessuna festa può fare a meno: l'amico Frizzi.

La Costante noia. Quest'anno la faccenda ha superato ogni aspettativa. Quasi quaranta minuti di Capossela in tenuta da rabbino. Una tortura gravemente lesiva dei diritti dello spettatore. Letture bisbigliate di sue pagine demenziali, seguite da cantatine indefinibili, altrettanto bisbigliate e altrettanto insulse. Qualcuno dovrebbe dirgli che se ci se la tira troppo, poi si rompe. Impressione (nostra) di una certa malcelata insolenza nei confronti degli spettatori. Da parte loro (gli spettatori), applausi scroscianti. Mah.

La Costante sorpresa. Xiao He, un cinese molto suggestivo che ha suonato strano, e cantato ancora di più, con vocalizzi di profondità abissale e fischi glottici. E poi, nella migliore tradizione occidentale, lo Gnu Quartet, tre archi e un flauto. Finalmente niente batteria, né chitarre elettriche. Un suono classico, impressionistico e ricco nelle armonie inizio novecento, ma anche swingarolo e jazzistico della migliore qualità. Secondo la nostra vecchia fissazione un gruppo così dovrebbe onorare l'alto livella della propria musica suonando in frak. Invece, salvando la flautista, carina ed elegante in lungo, gli altri tre, che non sono particolarmente carini né eleganti, niente da fare: magliette e jeans sformati (eppure su quelle teste abbiamo visto parecchi capelli grigi che dovrebbero sconsigliare troppa disinvoltura giovanilistica). Anche qui, mah?

E per concludere, la Costante imbarazzo. Che prende noi che arriviamo in questa piccola Macerata, che di cose belle ne ha, ma sono niente rispetto a Roma che ne è piena. E l'imbarazzo è nel vedere che qui i cassonetti non traboccano di immondezza, che le strade sono pulite, che in terra le cicche sono pochissime (qualcuna ce n'è, non siamo mica in Svizzera), che le auto sono parcheggiate bene, ecc. ecc. Insomma che è tutto normale, come dovrebbe essere. E invece da noi...

Segnaliamo, come riflessione, una vena di sadismo nei confronti dei cantanti da parte di chi ha scelto la sigla di apertura e chiusura. Sinatra, la sua voce di assoluta perfezione, e "The lady is a tramp" in uno di quei favolosi arrangiamenti dell'epoca (Nelson Riddle?). Sarà datato, sarà che lo swing non è più di moda, ma è come mettere un pittore appena uscito dall'Accademia davanti al Giudizio Universale di Michelangelo. "E adesso datti da fare". Come si sente?



                                 


 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

In mutande

Post n°335 pubblicato il 15 Giugno 2015 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

Perfidie di Stefano Torossi

15 giugno 2015

IN MUTANDE


Archeo inferno. Malgrado tutta la prosopopea del nostro passato imperiale di SPQR, della Veneziana Serenissima Repubblica, dei Magnifici Medici Toscani, del Primato Spirituale del Papato, di Leonardo, Michelangelo, Bernini, eccoci qua, noi italiani eredi di tanta gloria: in mutande.

Ce lo ha confermato un tristissimo "tour del brutto" che abbiamo seguito domenica 14, sotto la guida di Mario Tozzi, commissario del Parco dell'Appia Antica, e Roberto Ippolito, giornalista, nell'archeo inferno della Via Appia. Domenica, abbiamo detto. Ci sarebbe un rigoroso divieto di transito, tutti i giorni festivi, dalle 9 alle 18. Naturalmente neanche un vigile in vista, e traffico da terzo mondo, con i poveri turisti, come noi sfiorati da auto e moto a tutta velocità, perfino ambulanze a sirena spiegata sui sampietrini sconnessi e rumorosi.

E' ovvio che non possiamo aspettarci pecore, pastorelli e la romantica solitudine della campagna romana dei secoli passati, ma non sembra giusto né intelligente trovarci addosso, nello spazio di neanche un miglio un'autocarrozzeria, un deposito di carburante, due orridi viadotti, uno ferroviario, l'altro automobilistico, mucchi di immondezza dappertutto, muri pericolanti o crollati, ristoranti annidiati dentro sepolcri imperiali, proprietà private sotto esproprio da decenni, che rimangono private; e così via sottolineando il disprezzo per elementi che, presi da soli, sarebbero sufficienti per attirare carovane di turisti, figuriamoci tutti insieme.

Alla stupidità di chi dovrebbe rendere fruttuosa questa magnificenza di arte, natura e storia (un capitale che con due colpi di scopa, un dipendente in divisa a sorvegliare il traffico e il buon esempio da mettere sotto gli occhi dei cittadini maleducati, potrebbe diventare un conto in banca sempre in nero per la città) si aggiungono obiettive difficoltà: vere, questa volta. Due soprintendenze, tre comuni, l'onnipresente naso del Vaticano ficcato in mezzo alle mappe, competenze sovrapposte, servitù militari, Comune, Provincia, Regione, e così via burocratizzando quello che con un po' di buon senso potrebbe essere semplicissimo.

In più, e questo ci sembra talmente meschino da poterlo definire quasi criminale, ci è stato raccontato da Tozzi in persona che la soprintendenza archeologica non ha gradito, anzi ha dichiarato che "l'Appia Antica non ha bisogno del tour del brutto".

Come dire che i panni sporchi si lavano in famiglia. Nobile pensiero di tipo mafioso.


In mutande (segue).

Visto che siamo in argomento (mutande e scempiaggini), abbiamo notato che si ricomincia a parlare di olimpiadi a Roma nel 2024. Evidentemente non basta come esempio la bancarotta in cui è precipitata la Grecia a causa delle spese folli per le sue del 2004.

Aggiungiamo a questo pensiero tutti quei bei casi di onestà e correttezza spuntati come fiori dal letamaio dello sport, che ci fanno ben sperare, come cittadini italiani, che i pochi spiccioli che ci rimangono in tasca sarebbero in buonissime mani se affidati a coloro per cui l'unica cosa che conta è la fratellanza e la partecipazione. Mica i soldi.

L'altro giorno passeggiavamo per il Foro Italico, magnifico (lo diciamo sul serio) monumento costruito dal fascismo per celebrare lo sport italiano.

Le strutture sportive, insieme a quelle civili: uffici postali, municipi, città della bonifica, case dei mutilati, università e ospedali sono davvero la dimostrazione che ogni tanto anche i regimi, se sanno scegliere bene i propri uomini, sono capaci di produrre un'architettura coerente, omogenea, moderna; insomma, bella.

Poi, mentre facevamo il giro dello Stadio dei Marmi, alzando gli occhi, ci siamo trovati davanti un campionario quasi infinito dei protagonisti della nostra giornata: uomini in mutande.

Mutande di marmo, di bronzo, di corda, o addirittura inesistenti.

E ci è venuto in mente che questi magnifici omoni, opera di scultori, alcuni più bravi o famosi di altri, ma tutti graditi al regime e quindi conniventi con questo stile imperiale e retorico, è possibile che siano stati usati all'insaputa, appunto, del regime, il quale, assordato dal rumore dei suoi stivali e accecato dallo scintillio delle sue baionette, di nulla si accorgeva, come messaggeri per gli italiani: "Attenti: rischiate di finire in mutande!"

Il che è poi puntualmente accaduto.



                                                      

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Invidia

Post n°334 pubblicato il 07 Giugno 2015 da torossis

 

 IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

8 giugno 2015

 INVIDIA



Proprio così, l'invidia è stata il primo inconfessabile sentimento che ci è montato nella strozza quando, giovedì 4, siamo approdati sulla terrazza della Fondazione Scelsi a Via San Teodoro. E non è difficile capire perché. Quello che appare nelle foto è solo metà del panorama che si vede da lassù. A sinistra, niente di meno che il tempio di Antonino e Faustina, quello dei Dioscuri, quello di Romolo e la Basilica di Massenzio. A destra, niente di meno che la chiesa di San Teodoro e la rupe del Palatino, con mura dirute e cipressi. L'altra metà del panorama è dietro le nostre spalle, e comprende, sempre niente di meno che, il Campidoglio, l'Altare della Patria, e poi il Foro e la colonna di Traiano, l'arco di Settimio Severo, tetti, cupole, campanili, terrazze fiorite e rondini in volo.

Da schiattare, perché, per di più, il sole tramonta nel quadrante giusto e così facendo illumina di quella speciale luce dorata di Roma i monumenti. E il relatore.

Eccolo: Giancarlo Schiaffini, esimio compositore, trombonista e tubista, da sempre compromesso con la Musica Contemporanea. Ci aspettava per parlarci di "Improvvisazione per scrivere, scrivere per improvvisare, improvvisare per improvvisare". L'uomo è un paradossale (come si può facilmente dedurre dal titolo dell'incontro), garbato e interessante affabulatore. Ci ha tenuti incatenati alle sedie per quasi due ore, con l'aiuto del panorama, certo, ma anche di quella che Alessandra Carlotta Pellegrini, direttrice della Fondazione, ha definito presentandolo, la sua capacità di "snocciolare con semplicità tutta la sua conoscenza ed esperienza".

Ci ha offerto un bel ripasso di storia dell'improvvisazione nella musica colta occidentale: dalla pratica sei-settecentesca del basso numerato con il solista al timone di comando, poi decaduta e passata dalla totale libertà di prima all'imbalsamazione di tutto l'ottocento, alla rinascita a inizio novecento nel jazz, e al definitivo riemergere, a metà del secolo, nella Contemporanea.

Da buon maestro ci ha messo in guardia contro la faciloneria degli incompetenti e ci ha ricordato che anche in musica puoi avere grandi idee, ma se non hai la tecnica in mano non farai certo grandi cose. Neanche se improvvisi.

E poi ha imbracciato un euphonium (una specie di basso tuba in formato ridotto) e ci ha suonato "Maknongan" un brano di Giacinto Scelsi, il padrone di casa, da tempo dipartito, a cui la fondazione è intitolata.

Il glorioso tramonto romano, sui cui colori ci siamo già soffermati, avvolgeva il solista abbracciato al suo lucido strumento. Il quale, e non ce ne voglia l'amico Schiaffini, per sua natura (dello strumento, non di Schiaffini), e specialmente come solista (sempre lo strumento), non può che emettere, sotto il soffio dell'esecutore, sonore, talvolta vellutate, magari anche melodiose pernacchie.

Tutto intorno alla terrazza, nel dorato tramonto, volteggiavano sghignazzando i gabbiani.

Anche su questo termine, non fraintendeteci. Il verso del gabbiano, scientificamente chiamato "Larus cachinnans", uccello sghignazzante, non ha evidentemente alcuna connotazione critica. E' nella natura del larus emettere un richiamo che alle nostre orecchie suona come una sghignazzata.

Lui, ne siamo certi, non se ne rende conto. E soprattutto è garantito che non ha alcuna competenza sull'improvvisazione nella musica contemporanea.

A fine esecuzione si è alzato l'immancabile ponentino (altra pregiata esclusiva di Roma), e la fondazione Scelsi, oltre al panorama, di cui non ci stancheremmo mai di parlare, (che nel frattempo si era tinto di lilla, e poi di ombre azzurre) ci ha fatto omaggio di qualche calice di ottimo prosecco ben gelato.

Non volevamo più andarcene.



                               

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963