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Perfidie di Stefano Torossi

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Messaggi di Novembre 2015

Il paese di Pulcinella

Post n°355 pubblicato il 29 Novembre 2015 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

  30 novembre 2014

IL PAESE DI PULCINELLA



Folli quotazioni

Questo sciocco (e anche brutto) cane di metallo di Jeff Koons è andato all'asta per 55 milioni di dollari, mentre tutti insieme i quadri rubati recentemente a Verona, al Museo di Castelvecchio (Rubens, Tintoretto, Mantegna, Bellini, Pisanello, e altri) non superano i 20 milioni di Euro. Com'è possibile?

In questa notizia ci sono due elementi di stupefacente insensatezza. Il primo è internazionale: i balzi in su e in giù delle quotazioni di artisti contemporanei, per i quali naturalmente non ci sono termini di confronto con pittori di altri periodi, con il mercato serio e soprattutto con la storia; e quindi può succedere di tutto, specialmente grazie ai loro abilissimi mercanti. Per fortuna, spesso, dopo strepitose impennate, capitano sacrosanti tonfi.

Il secondo elemento è squisitamente italiano (si sa, il paese di Pulcinella), e riguarda i modi del furto. Pare che i ladri siano arrivati in quella mezzoretta che i burocrati del museo chiamano "prechiusura", quando il pubblico se n'è già andato e il personale di giorno si sta mettendo il cappotto per tornare a casa. Ma non ci sono ancora gli uomini della sorveglianza, e l'allarme non è inserito. Insomma un comodo spicchio vuoto in cui chiunque si può intrufolare e fare quello che gli pare. Proprio come è successo.

Particolare ancora più ridicolmente italiano: in quel momento preciso la direttrice del museo si stava sedendo a cena con il sindaco di Verona, Tosi.

Noi non ce ne rendiamo conto, ma siamo così fortunati da vivere in una nazione dove la comica finale non c'è bisogno di inventarsela: va in scena spontaneamente.

Vuoi mettere la differenza con i paesi seri (e noiosi)?


 

Sant'Apollinare

Un certo Enrico "Renatino" De Pedis, detto "bambolotto" per la gran cura che aveva per capelli e vestiti, inizia negli anni settanta una brillante carriera criminale: scippi, rapine, sequestri col morto e poi, finalmente, omicidi. In collaborazione con altri ceffi dai soprannomi molto pittoreschi: Zanzarone, er Negro, Paperino, tenta di allargare il ventaglio delle sue attività, ma esagera e finisce sparato da un killer, detto "er Cinghiale" dalle parti di Campo de' Fiori.

E qui entriamo in argomento (delle cose all'italiana, anzi alla romana, anzi alla Santa Romana Chiesa) perché, in aperto spregio delle regole in uso, e comunque del diritto canonico, il nostro viene sepolto nella cripta della basilica di S. Apollinare per suoi presunti meriti di benefattore dei poveri parrocchiani. Lo scandalo, enorme soprattutto per il ripetuto sostegno di monsignori e cardinali, va avanti fino al 2012, quando finalmente i resti del malfattore-benefattore sono cremati e non se ne parla più. Chi muore giace e chi vive si da pace.

Veniamo a noi. La chiesa è bellissima. E ancora più suggestiva è apparsa (superati i precedenti giudiziari) la sera di domenica 22 in occasione del concerto dedicato dal Roma Festival Barocco, nel suo ottavo anno, ad Alessandro Scarlatti sull'edizione critica di Luca Dalla Libera, che ha anche presentato e spiegato; meglio ancora, raccontato fatti, storie e atmosfere dell'epoca: fine '600, inizio '700.

Piccolo inserto storico: "Alessandro Scarlatti è un grand'uomo, e per essere così buono, riesce cattivo perché le compositioni sue sono difficilissime, che in teatro non riescono; in primis chi s'intende di contrapunto le stimarà, ma in un'udienza d'un teatro di mille persone, non ve ne sono venti che l'intendono". Parole del conte Zambeccari, fine musicofilo contemporaneo, che spiegano la progressiva scomparsa dal repertorio di quasi tutte le composizioni di Scarlatti, e il fatto che solo la raccolta dei Concerti Sacri fu pubblicata a stampa, lui vivente.

In altri termini, se si vuole il grosso pubblico, bando alle saccenti complicazioni, bisogna usare semplicità e furbizia. Altrimenti rassegnarsi ad aspettare qualche secolo e poi, forse, se c'è qualcuno come Dalla Libera...

Splendida esecuzione del gruppo Odhecaton, ed eccellente organizzazione (della serata e dell'intero festival che seguirà) di Michele Gasbarro, visto aggirarsi freneticamente per la chiesa con sedie supplementari sottobraccio, e banchi trascinati a integrare i posti a sedere che improvvisamente erano diventati troppo pochi. Evidentemente non ci si aspettava tanta gente. Fa sempre piacere quando, in assenza di prevendita di biglietti, si vive ansiosamente l'attesa dell'ora dello spettacolo, e poi arrivano gli spettatori. Se rimangono in piedi, meglio; l'importante è che siano tanti.

E poi, meno male che la buona musica riesce anche a ripulire un luogo così bello da qualche brutta macchia passata.


                                         

 

 

 
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Coincidenze, ottimismo e piacioneria

Post n°354 pubblicato il 22 Novembre 2015 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

   23 novembre 2015

 COINCIDENZE, OTTIMISMO E PIACIONERIA


Una coincidenza celeste

Ci è appena arrivato "Tony Del Monaco - un artista in punta di piedi", magnifico libro biografico e antologico, con molte foto di cantanti e di dischi, firmato da Giancarlo Colaprete e Fernando Fratarcangeli. Fin dalla copertina, la prima cosa che ci ha folgorato è la coincidenza dei nomi: quello del protagonista e quelli degli autori. Un vero e proprio tris divino, anzi, un quartetto, formato da: il monaco, il prete, il frate e gli arcangeli. Neanche a inventarsela si poteva sperare in una combinazione così unica.

Lasciamo perdere gli scherzi e veniamo alla storia. Quella che ci riguarda.

Il tempo: i primi anni sessanta. Il luogo: gli studi della RCA, il mitico stabilimento sulla Via Tiburtina che, oltre ad avere le più belle sale di registrazione d'Europa, forse del mondo, aveva anche un favoloso baretto interno, dove, come niente, prendevano il caffè insieme Frank Sinatra e Von Karajan. E naturalmente anche noi giovincelli sconosciuti, decisi a tuffarci nel mondo della musica, del successo, dei soldi e delle ragazze.

Lì ci si era conosciuti, con Tony, dando il via a un'amicizia viva.

Insieme facemmo anche un paio di 45 giri, che non ebbero nessuna fortuna perché erano poco commerciali ma soprattutto, per la verità, bruttini. Dopo di che, per una di quelle strane derive della vita, non ci siamo più incontrati.

Tanto separati eravamo, che anche la notizia della sua morte, nel '93, ci arrivò come da una distanza immensa, mentre fra Roma e Sulmona (la sua città) non c'erano che pochi chilometri, e anche gli anni passati non erano poi tanti.

Tony Del Monaco, si diceva. Un bravo cantante, una brava persona; mai uno scandalo, una chiacchiera.

Meno male che adesso c'è questo libro, altrimenti chi se lo ricordava più?


Ottimismo a Nuova Consonanza

19 novembre, Concerto di Nuova Consonanza al Teatro Centrale Preneste, in una strada di quello che negli ultimi tempi viene segnalato come il Bronx di Roma, il Pigneto, un quartiere pericolosissimo, dicono: terra bruciata in mano allo spaccio di droga e alla malavita onnipresente.

Per la verità, sia all'arrivo che alla partenza, a sera inoltrata, l'impressione che abbiamo avuto è stata di trovarci in una normalissima, brutta periferia pasoliniana, senza alcuna sensazione di pericolo, però anche senza percepire quella presunta aura da brillante quartiere degli artisti emergenti che ultimamente viene spacciata per la principale dote della zona.

Invece ci ha fatto sorridere la decisione da parte dell'organizzazione del concerto di eliminare dal programma un brano di Charles Ives: Variazioni su "America" per organo, sostituendolo con variazioni dello stesso su "Adeste fideles". Per ragioni di "opportunità storica", ci è stato detto. E' qui che ci ha colpiti l'ottimismo della benemerita istituzione Nuova Consonanza.

Pensare che un programma di musica contemporanea eseguito in uno spazio semisconosciuto di un quartiere defilato di Roma potesse attirare l'attenzione di qualche terrorista sfigato solo perché dentro c'era "America" è vero e proprio ottimismo. Segnaliamo però che sostituire la pericolosissima "America" con "Adeste fideles", inno natalizio decisamente cattolico, avrebbe potuto essere un passo falso e rappresentare un ulteriore, anche se su basi diverse, incitamento all'azione (sempre per il terrorista sfigato di prima). In realtà non si è visto nessun kalashnikov.

Lasciando da parte le nostre malignità serpentine, la serata è stata particolarmente piacevole, grazie all'uso sapiente di un doppio coro misto, tre eccellenti solisti e un super direttore, Stefano Cucci. E anche per l'esilarante intermezzo animale in musica "Repmania" di Ada Gentile. E per la chiusura con i Chichester Psalms di Leonard Bernstein, un autore definito a fine concerto da qualcuno dei maestri presenti (e noi siamo d'accordo) "un vero piacione".

       

A proposito di piacioni...

                                                  Fisiognomica direttoriale: Visto Valerij Gergiev dirigere la Vienna Philarmonic. Nei primi piani concitati sembra ne più ne meno la macchietta dell'operaio dell'Est (salvando la categoria che sicuramente comprende fior di galantuomini): alticcio e infido, barba malrasata, sudore abbondante, occhi e lineamenti alterati dall'alcol. Poco rassicurante davvero.

Superfluo dire che come direttore è bravissimo; come muratore non sappiamo.

Che fotogenia, invece, gli altri colleghi: Von Karajan pensoso, Abbado ispirato, Muti autorevole...


                                       


 

 
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Masochismi

Post n°353 pubblicato il 15 Novembre 2015 da torossis

 

IL CAVALIER SERPENTE

 Perfidie di Stefano Torossi

16 novembre 2015

  MASOCHISMI


Masochismo in salsa di soia

Venerdì 6 novembre, Istituto Giapponese di Cultura: Concerto per trio di strumenti tradizionali: koto, shakuhachi e shamisen.

E' inutile: ci ricaschiamo ogni volta. Forse è la voglia di approfondire, magari è anche un po' di snobismo, nella migliore delle ipotesi un pizzico di curiosità. In realtà sospettiamo che la diagnosi giusta sia masochismo.

Perché la conosciamo la musica giapponese (quella tradizionale, naturalmente). E' diversa da Mozart, ma anche dal jazz, dall'opera o dal liscio. I tempi di percorrenza  sono micidiali. I timbri degli strumenti e delle voci sono al di là della bellezza o bruttezza: sono estranei. Temi melodici forse ci saranno, ma è impossibile identificarli. I ritmi, come mai ci suonano zoppicanti?

Il problema del concerto a cui abbiamo assistito è che abbiamo trovato davvero misero, anche se esotico, lo shamisen, una chitarrella a tre corde montate su pelle di serpente (così scriveva il programma di sala, mentre invece il solista presentando lo strumento ha detto pelle di cane, poi ha aggiunto imbarazzato: "Scusi!"; si vede che qualcuno gli aveva fatto sapere che dalle nostre parti i cani non si mangiano e non ci si fanno strumenti). E limitato, anche se suggestivo, lo shakuhachi, un piffero a cinque buchi. E monotono, anche se più facile da ascoltare il koto, una specie di arpa a tredici corde. Per non parlare del canto (con parole per noi incomprensibili, e questo è ovvio) tanto gutturalizzato che più che note sembrano conati. Certo: altre tradizioni, altre culture, altre civiltà.

E allora, visto che noi, figli di Bach e di Mozart più o meno lo sapevamo, c'era bisogno di una conferma? Ecco, la risposta a questa domanda non ce l'abbiamo. Dev'essere proprio masochismo.


Masochismo in galleria

Michelangelo Pistoletto alla Galleria Mucciaccia. Pareti da cui si affacciano personaggi fotografati in grandezza naturale su un fondo specchiante, ovvero, per essere precisi, un riporto fotografico su carta velina applicata su lastra di acciaio inox lucidata a specchio. Il primo di questi specchi è del 1962. "Nato per coinvolgere lo spettatore all'interno del quadro, sottolineare l'interazione e la cooperazione tra autore e fruitore, diventare il punto d'incontro tra visibile e invisibile, espandere la capacità della mente fino ad offrire la visione della totalità" Ipse dixit.

Ok, l'idea era nuova. Il problema è che dopo cinquant'anni stiamo ancora lì.  Sono diversi i personaggi fotografati, certo, ma la trovata rimane la stessa. Ora, non c'è dubbio che ogni artista ha la sua cifra che lo caratterizza e si ripresenta per tutta la sua vita professionale, però di solito c'è anche il suo lavoro, artistico naturalmente. In questo caso, l'idea c'è, d'accordo, ma il lavoro dell'artista, inteso nel senso della mano creatrice che spennella, colora, mescola, insomma crea materialmente l'opera (un po' come, diciamo, Giovanni Bellini che in fondo faceva sempre le stesse madonne, ma se le ridipingeva a mano ogni volta, e come gli riuscivano bene!) ci sembra davvero troppo ridotto. E' un tipo di produzione che, riconosciuta la paternità dell'idea, può essere, anzi con ogni probabilità è realizzata da chiunque disponibile in bottega in quel momento. E allora l'artista?

Forse siamo solo dei parrucconi qualunquisti.


 Masochismo rutiliano

Beh, in questa corsa al massacro non potevamo farci sfuggire, venerdì 13, l'incontro a Spazio 5, condotto brillantemente dal dermatologo Massimo Papi sul tema: "Un diavolo per capello: essere rossi".

Entrati in sala sereni e curiosi di saperne di più, avendo parecchi parenti stretti portatori di rutilismo (bella parola, eh? Significa semplicemente avere i capelli rossi) ne siamo usciti affranti.

Ci hanno fatto sapere che siamo condannati con quasi assoluta certezza a macchie epidermiche, e passi; discheratosi, e bisogna starci più attenti; e poi, tanto per gradire, melanoma, un tumore della pelle molto aggressivo e potenzialmente letale. Inevitabile, ripetuta condanna per aver preso troppo sole senza protezione in gioventù. Lo sapevamo che prima o poi sarebbe arrivato il conto.

Anche in questa occasione abbiamo acchiappato qualche notiziola curiosa: 1. Il gene dei capelli rossi è apparso circa ventimila anni fa, che è un battito di ciglia nella storia dell'evoluzione umana, e si prevede che verrà riassorbito estinguendosi entro pochi secoli. 2. I rossi non sono più del tre per cento dell'umanità. 3. Pare che siano più reattivi al dolore e quindi abbiano bisogno di anestesie più forti. 4. Per ultimo, oltre al fatto di essere da sempre considerati diversi e quindi sottoposti a sberleffi da piccoli e a persecuzioni da grandi (compreso il rogo sotto l'inquisizione, soprattutto le donne, per sospetta stregoneria) si trovano al giorno d'oggi, e questo naturalmente riguarda solo gli uomini, a non essere neanche considerati come donatori dalle banche del seme, perché tanto il seme dei rutiliani non lo vuole nessuno.

Bella beffa.



                                       


 

 
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Er colosseo quadrato

Post n°352 pubblicato il 08 Novembre 2015 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

  9 novembre 2015

    ER COLOSSEO QUADRATO

    


Er colosseo quadrato

Ne ha fatte di fesserie, ma sulla scelta degli architetti non si è mai sbagliato. Mussolini, chi altro? Ce ne siamo resi conto in un incredibile pomeriggio primaverile, il 3 novembre, andando al Palazzo della Civiltà Italiana (una volta Palazzo della Civiltà del Lavoro) che adesso è sposato e di cognome fa Fendi (pare abbia accettato il matrimonio non per amore ma per soldi), però per gli amici è sempre stato e rimane er colosseo quadrato.

Non servono pedanti descrizioni: basta la meraviglia di questo salone con l'arredamento originale, con quei finestroni, gli archi, le statue e, fuori, la luce di Roma.

Esternato questo slancio poetico che ci sgorga dal cuore, la notizia è che finalmente (sono passati appena settant'anni) l'edificio, anche se solo in parte, e grazie a Fendi che l'ha in affitto, è a disposizione dei romani, gratis, per una piccola ma benissimo fatta mostra di disegni, quadri, bozzetti, grafici dell'epoca; insomma elementi che riportano al borioso sogno dell'Esposizione Universale di Roma (E 42, poi EUR), finito male, sappiamo come e perché, ma che dal punto di vista dell'arte, era stato messo in buonissime mani.

Organizzazione perfetta, personale cortese, marmi e vetri lustri. E in più (e questo non è merito umano) cielo, sole e nuvole, come già detto, "de Roma".

Meno male, per noi, che in città ci sono anche i privati.



Il tormento e l'estasi

"Scrivere questo pezzo è stato un tormento e un'estasi! Il mio stesso corpo si opponeva al gesto sacrilego che dovevo compiere confrontandomi con una tradizione così imponente. Nonostante ciò la musica mi investiva come un fiume in piena".

Ma le penserà davvero lui queste furbe baggianate, o le partorisce l'ufficio stampa? Certo, se la gente le beve, hanno ragione tutti e due.

Mercoledì 4 novembre, chiesa di S. Ignazio, ultimo concerto del Festival di Musica e Arte Sacra. Intrufolato fra i compositori veri, Bach e Mendelssohn, c'è anche Giovanni Allevi, con un brano a cui si rifà la imbarazzante dichiarazione di cui sopra: "Toccata, canzone e fuga in re maggiore per organo a canne".

Il nostro per fortuna non suona, ma parla. E lo fa al suo solito modo: furbissimo. Appare accanto all'organo, nell'immensità della chiesa, maglietta, jeans e parrucca, e per dieci minuti (i migliori della serata) racconta al pubblico incantato la struttura della sua composizione, in una banale e nello stesso tempo pomposa terminologia scolastica, offerta dalla sua solita vocina flautata e con parole facili e suadenti all'orecchio impreparato ma disponibile a farsi imbambolare dei fedeli (e non intendiamo quelli della chiesa, ma i suoi personali). Estasi del gregge.

Poi purtroppo è partita la toccata; alla tastiera Carlo Maria Barile. Un modesto minestrone farcito di effetti di tipo cinematografico, con dentro un pizzico di Vangelis, una manciata di Morricone e molta confusione degli altri ingredienti.

Diciamo che in casi come questo, per far capire che non si tratta di aria musicale, ma di semplice aria fritta non c'è davvero bisogna della virtuosa indignazione manifestata a suo tempo da Uto Ughi.

Basta uno sberleffo.

 

 

Il supremo sacrificio

Oggi, giovedì, al Foro Romano, che conosciamo come le nostre tasche, ma seguendo un percorso che non avevamo mai visto: la rampa imperiale costruita da Domiziano per collegare il basso del Foro con l'alto del Palatino, appena restaurata e aperta.

E' imponente, naturalmente; è spoglia ma possiamo immaginarne i marmi pregiati; è soprattutto un'altra testimonianza della maestà di quello che è rimasto della grande Roma (anche perché la parte miserabile, infetta, squallida di una città che doveva essere un inferno per i suoi abitanti poveri, con i secoli è sparita).

Finita la visita culturale, a spasso per quel giardino della storia, passiamo accanto al luogo, poi reso sacro e monumentalizzato, dove la fanciulla Virginia, oggetto delle brame di Appio Claudio, fu eroicamente uccisa dal fratello per impedirle di cadere nelle sgrinfie del lubrico decemviro.

E ci rigurgitano in gola le tante altre storie, prima pagane, poi anche cristiane, di ragazze, per le quali la sfortuna, chiamata spesso con ipocrisia supremo sacrificio per proteggere la loro purezza dal maschio infoiato, è stata quasi sempre farsi ammazzare o chiudere in convento.

Mai che a qualcuno sia venuto in mente di suggerire che, forse, era più giusto punire il prepotente invece che la vittima.


 

                                        


 

 
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Maratona d'autunno

Post n°351 pubblicato il 02 Novembre 2015 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

   2 novembre 2015

   MARATONA D'AUTUNNO


 

Henry Moore alle Terme

E' proprio dietro l'angolo, così giovedì 29, tarda mattinata, dopo un appuntamento del tutto sopportabile dal dentista (ah, l'anestesia!), eccoci al Museo delle Terme per la mostra di Henry Moore. L'ultima sua grande parata l'avevamo vista al Forte Belvedere di Firenze, qualche decennio fa.

Allora, trionfo delle forme giganti e arrotondate contro l'azzurro cielo toscano; oggi, delusione. Le belle linee moderne di Moore ci sono sembrate invecchiate. Gli spazi immensi delle Terme di Diocleziano forse gli stanno troppo larghi (o troppo stretti); insomma tutto fa una figura un po' meschina: i disegni preparatori alle pareti, le sculturine e le sculturone; perfino il ritratto di Moore di Marino Marini sembra un gesso insignificante. Il problema è che con la scultura antica è difficile che qualcuno ce la faccia a reggere il confronto. E poi l'allestimento è mal fatto, con fari violenti che dovunque ci si metta ti trapanano gli occhi. Insomma, come abbiamo detto, delusione.

Per fortuna basta passare alle altre sale per riconciliarsi. Ma...ma c'è una cosa che ci ha fatto arrabbiare ancora di più: un video che ricostruisce virtualmente in tutta la sua maestà l'aspetto originale della grande piscina delle terme. Colonne enormi, statue sontuose, archi e volte impressionanti. Benissimo. Per accompagnare le immagini serve una musica, e che musica ha scelto per la grandezza dell'architettura imperiale l'ignoto, sciagurato commentatore? Brani di Rachmaninov, Prokofiev, Brahms, insomma una spremuta di quel romanticismo patetico tardo ottocentesco e slavo che con i marmi di Diocleziano c'entra come i proverbiali cavoli a merenda. Incompetenza.



"Il vizietto cattocomunista"

Un libro di Massimo Teodori presentato lo stesso giorno alla Biblioteca Angelica. Il titolo è arguto, il libro non lo abbiamo letto, né crediamo lo faremo. Pomeriggio moderatamente soporifero, interrotto da divertenti (per noi) guizzi di narcisismo dei relatori (Galli della Loggia, fra gli altri) e da risvegli di attenzione del pubblico quandoil giornalista Polito, dopo il sarò breve di prammatica (mai che ci sia capitato di sentire un sincero: sarò lungo), ci ha ricordato, per esempio, come il vecchio PCI, per essere accettato da tutti gli italiani, si presentava come una compagine conformista e rispettabile, dove la donna aveva un ruolo da angelo del focolare e un'immagine (testuale del relatore) alla Maria Goretti.

O quando Maurizio Ferrara, accomodatosi in poltrona dopo aver girato per la sala con il suo passo da tricheco sornione, ha dichiarato di essere figlio di genitori comunistissimi a cui peraltro il partito aveva chiesto di sposarsi in chiesa.

Alleggeriamo. Ci è piaciuta, all'ingresso della Biblioteca, che è un meraviglioso salone foderato da tre piani di volumi, la vetrinetta con dentro una pila di vecchi codici tarlati, e un bel cartello "Salva la vita a un libro". Sacrosanto



Povero Marino

Venerdì 30 - Conferenza Stampa di presentazione del nuovo CdA della Fondazione Musica per Roma. Al tavolo, fra gli altri, il sindaco Marino (ancora in carica, anche se per poco) nonché: dentro, un battaglione di fotografi d'assalto e, fuori, un battaglione (oops) di poliziotti di guardia.

Tutto liscio, compresa l'accorata e un po' arrabbiata esternazione del futuro ex sindaco. Che ci è, malgrado tutto, simpatico. Poi sappiamo come è andata: al solito, poca eleganza e zero stile.



Un vezzo artistico privato

Sabato. Prima di passare alla musica, ci siamo affacciati alla Galleria 28 Piazza di Pietra dove si è inaugurata una mostra di Michelangelo Antonioni. Un omonimo? No, proprio lui. 

Nella presentazione, dopo la ovvia sfilza di Oscar e Palme d'Oro vinte dal regista, si legge che la pittura era per Michelangelo "il più privato dei vezzi artistici".

Mai definizione fu più appropriata. Vezzo senz'altro, ma poco di più. E privato avrebbe dovuto rimanerlo. Invece, prosegue il foglietto, "si è voluto dare agli ammiratori del regista la possibilità di scoprire questo suo lato poco conosciuto". Forse era meglio di no.



Una bella cassa armonica

Centotrentamila metri cubi: questo dovrebbe essere, secondo i nostri calcoli, il volume interno della chiesa di S. Ignazio (appunto la cassa armonica), dove siamo capitati a mezzogiorno del 31, per un concerto del St Jacob's Chamber Choir, a Roma per il XIV Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra.

Primo brano, il bellissimo Credo di Giovanni Bonato. Testo non importante per noi, ed esili melodie non obbligatorie da seguire, ma armonie audaci ed efficaci. Suono puro. Sparsi tutto intorno all'immensa chiesa i coristi, accompagnati da qualche campanello e da quei tubi giocattolo che quando si fanno roteare producono un sibilo misterioso. Nell'enormità di questa cassa di risonanza, siamo stati colpiti e affondati dalla fascinazione delle voci. Sotto le strepitose prospettive dipinte sulle volte, nel riverbero delle absidi, il suono: solo suono, puro suono, magica suggestione acustica e mistica.

Puntualmente rovinata, all'uscita sulla piazza, da uno di quei mendicanti che appestano i gradini delle chiese del centro storico. Insolenti, finti umili che ti importunano con il loro ossessivo viscido farfugliare "Bambini...mangiare...centesimi...dare..." e intanto ti scrutano con occhi malevoli in bieco contrasto con l'atteggiamento servile e sottomesso.

Saranno anche schiavi di qualche organizzazione criminosa, saranno anche persone socialmente sfortunate, ma viene da immaginarli, con quelle facce, pronti a tagliarti la gola appena giri le spalle.

Da parte nostra, carità cristiana zero, lo sappiamo, ma invochiamo l'attenuante della continua provocazione.



                                    



 

 
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