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RIFORMARE I PARTITI PER MORALIZZARE LA POLITICA.

Post n°812 pubblicato il 23 Ottobre 2009 da triggianoeuropei
 

Luciano Mineo, autore del saggio che riportiamo, è vice presidente del Consiglio Regionale della Puglia, PD, tarantino ha ricoperto incarichi nel PCI ed è stato corrispondente dell'Unità.

In un panorama povero di idee, confronto e personalità autorevoli la tentazione di impossessarsi di analisi e riflessioni "di senso compiuto" frutto di altri può diventare molto forte. In questo caso però va dato atto all'autore del seguente lavoro di aver focalizzato in modo molto preciso il momento sociale e politico che viviamo dominato dall'interrogativo "quale deve essere il rapporto tra etica e politica?".
______________________________________________________________________


Di fronte alle inchieste, che stanno scuotendo la vita politica pugliese, l'unico atteggiamento corretto è quello del massimo rispetto nei confronti della Magistratura. Che le inchieste facciano il loro corso, con la rapidità e con la meticolosità necessarie. Esse, tuttavia, ripropongono una serie di interrogativi, che non è possibile sviare: la "questione morale". Riguarda il centrodestra come il centrosinistra, riguarda la politica come altri settori della società.

Intendiamoci, la politica e la vita delle istituzioni sono ancora, per molta parte, ispirate ad un impegno positivo. La politica è ancora fondamentalmente sana, ma i rischi sono incombenti, sempre più incombenti. Essi nascono da un accantonamento sempre più preoccupante delle finalità proprie dei partiti e della politica e da un intreccio, da un sovrapporsi, divenuto oramai intollerabile, tra partiti ed istituzioni. Con una differenza rispetto alla vicenda di tangentopoli, esplosa nei primi anni '90. Allora, l'invasione fu quella dei partiti nelle istituzioni; oggi, è quella delle istituzioni nei partiti, portata sino al disegno scientifico di annientare i partiti, renderli un orpello, al massimo un comitato elettorale, al servizio delle rappresentanze istituzionali. Di qui deriva un rischio generale di decadimento dei partiti e, più in generale, della politica. I partiti, che dovrebbero costituire lo strumento di produzione della politica, tendono sempre meno a produrre politica, almeno quella con la P maiuscola. I partiti dovrebbero servire ad elaborare e proporre progetti di governo, a indicare valori ed idealità.

Qual è la realtà che, invece, si presenta sempre più davanti ai nostri occhi? Quella di partiti che si riducono ad una sede di lotta per il potere individuale o di gruppi organizzati. Per vincere, nella lotta per il potere, bisogna avere soldi e finanziamenti. Di qui, il rischio della degenerazione, il determinarsi di un rapporto con certi settori dell'impresa e lo scambio tra finanziamenti, pubblicamente dichiarati o a nero, e appalti. In questo terribile sistema, i partiti, o meglio una parte di essi, sono diventati un'altra cosa.

Non è un caso che negli ultimi anni ci sia stato uno spostamento del comando interno ai partiti verso i rappresentanti istituzionali. Oggi, sempre più spesso ci troviamo di fronte a rappresentanti istituzionali che hanno due, tre o addirittura più incarichi. Questa commistione di ruoli ha portato, innanzitutto, come già detto, allo smantellamento dei partiti, ma anche, in qualche caso limite, alla utilizzazione delle istituzioni nella lotta interna ai partiti, quando non a cose peggiori. Tutto quesio riguarda entrambi i grandi schieramenti che sono sulla scena politica: il centrosinistra come il centrodestra ed insieme tutto l'arcipelago dei tanti piccoli partiti.

Come si frena un processo di decadimento della politica? Le risposte fondamentali sono due, insieme a tante altre, a cominciare dalla necessità di leggi di riforma incisive: i partiti devono tornare alla loro funzione originaria, quella prevista dalla Costituzione. I partiti devono innanzitutto tornare ad essere radicati nella società, ad essere organizzati, ad avere una vita democratica vera, quanto quella del giorno per giorno, fatta di scelte condivise, di partecipazione degli iscritti, di sedi decisionali che devono esistere e contare. Il berlusconismo, cioè la cultura di un uomo solo al comando, ha pervaso la vita politica italiana, a tutti i livelli e in tutte le aree politiche. Anche nel centrosinistra, come hanno dimostrato certe recenti vicende.

Ha ragione il prof. Cassano. Il decisionismo antidemocratico del leader, sia rispetto ai partiti che, persino, rispetto alle rappresentanze istituzionali, ha preso piede anche, in Puglia. La cultura berlusconiana, appunto, nella versione di sinistra o, come direbbe Vendola, sbagliando, l'obbligo della solitudine nell'esercizio delle proprie funzioni. Alla solitudine c'è un'alternativa. Un impegno a cui tutti dovremmo dedicarci: riformare i partiti, tornare a partiti in grado di organizzare la democrazia e la partecipazione. Questo è decisivo. L'esistenza di partiti forti significa anche piena autonomia degli stessi dalle istituzioni. Il ruolo dei partiti è quello di elaborare, progettare prospettare valori, organizzare il consenso, radicare una cultura politica nella società; il compito delle rappresentanze istituzionali è un altro: è quello di governare sulla base di programmi condivisi dai partiti della coalizione di riferimento. Ai partiti spetta anche un compito di controllo su chi governa.

Oggi, non è così. Chi governa non risponde a nessuno, tanto meno alla sua tifoseria, alla sua corrente, al suo gruppo, quando non addirittura al suo centro di potere. Questa è una delle distorsioni più gravi e più pericolose che sta vivendo il sistema politico italiano ed, insieme, quello pugliese. Se non si imbocca con determinazione questa strada: quella di un ritorno ai partiti veri, fatti di donne e di uomini, fondati sulla partecipazione e sulla democrazia, in grado di svolgere un ruolo di elaborazione, di rappresentanza sociale e di controllo sull'attività di coloro che hanno il compito di amministrare, il sistema politico non sarà in grado di superare la questione morale e di riconquistare la fiducia dei cittadini.

All'epoca di Tangentopoli ci fu quantomeno il tentativo di reagire all'esplosione della questione morale. Oggi, un tentativo c'è? In Puglia questo dibattito non c'è. Il massimo che ho sentito dire è: "io sono al di sopra di ogni sospetto".

Un'affermazione insufficiente perché o si interviene cambiando il sistema politico oppure continueremo ad essere tutti i giorni alle prese con nuovi interventi della Magistratura. Il cambiamento vero è nella riforma del sistema politico, non nel ruolo taumaturgico di una o due persone. La democrazia e la lotta alla questione morale sono un'altra cosa.

Luciano Mineo

FONTE: Corriere del Giorno
5 agosto 2009

 
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