Tyki's Fantasy

La Leggenda del Dragone

 

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CAPITOLO LIII

Post n°57 pubblicato il 23 Marzo 2009 da Tyki_Mikk
 

Come avevano previsto, appena raggiunsero la cima della scalinata che portava alla sala controllo, proprio a ridosso delle mura che cingevano la città, comparvero diverse decine di soldati feoriani, sia di fronte a loro che alle spalle. Olaf e i suoi però proseguirono senza esitazioni e con le armi già in pugno, pronti a farsi largo di forza.
"Prendeteli!!" ordinò immediatamente un sottoufficiale nemico.
I soldati imperiali si gettarono su di loro, ma si schiantarono contro un muro. La grossa mazza ferrata del capitano Hansson iniziò ad abbatterli con colpi possenti quanto violenti. Al contatto con essa armi e armature si sbriciolavano, le ossa si spezzavano. Coperti dai grandi scudi ovali, gli uomini della Guardia reale si richiusero nella formazione a falange, ricacciando con le lunghe aste gli attacchi che giungevano alle loro spalle. Lo stretto passaggio della scala giocava a loro favore. I primi corpi iniziarono a precipitare verso il basso, mentre nuovi nemici risalivano la scalinata in gran numero.
<<Siamo in trappola!>> realizzò lucidamente Olaf: <<Era prevedibile... ciò che conta è che stiano alla larga dalla nave. Perciò dobbiamo fare in fretta!>>
I soldati che lo separavano dalla leva di apertura della chiusa erano quasi due dozzine, ma l'omone vi si lanciò contro come un rullo che travolgeva e spianava, tenendo la mazza minacciosamente avanti a sé. Forte della sua stazza e del suo peso, fece cadere molti feoriani, alcuni dei quali volarono direttamente giù dalle mura.
"Mi dispiace di avervi portati con me..." sussurrò il capitano con lo sguardo cupo a guardare avanti a sé: "Avrete capito anche voi che a questo punto non abbiamo più scampo..."
Si erano appena asserragliati all'interno della sala controllo della chiusa, sbarrando saldamente il cancello ferreo che per il momento li separava dal nemico.
"Sì signore, è un onore combattere ancora al vostro fianco!" rispose prontamente Thordur: "Non abbiamo rimpianti o esitazioni... siamo pronti a tutto per la salvezza della principessa e del regno!"
"Questo vi rende onore..." disse l'omone prontamente, come se si aspettasse quella risposta: "Allora vediamo di fare le cose per bene e di vendere cara la nostra ruvida pellaccia! Sarà sufficiente riuscire ad aprire la chiusa e mantenerla tale sino al passaggio della nave... Quindi, l'unica cosa da fare sarà di resistere il più a lungo possibile!"
Tra i suoi uomini si levarono feroci e inebrianti grida di battaglia, preparativi per la lunga lotta che avrebbero affrontato sino alla fine.

"Ci siamo!" esclamò a un tratto Arne, proprio mentre il massiccio cancello si spalancava davanti ai suoi occhi: "Uomini, avanti tutta!!"
Il capitano Hansson era riuscito a riaprire la via di fuga e il suo vice non esitò un istante a obbedire agli ordini ricevuti precedentemente. Anche se questi prevedevano di abbandonare là il suo superiore e i suoi compagni.
<<Bastano pochi metri... Una volta superata la soglia della chiusa, saremo irraggiungibili per chiunque...>> rifletté Ander indeciso se rallegrarsene o meno.
Dopotutto trovava spietato, ingrato e forse persino un po' vile quello che stavano facendo. Furono istanti lunghi un'eternità, durante i quali venne assalito da dubbi, rimpianti e ansia. Una parte di sé non vedeva l'ora di oltrepassare quella maledetta soglia e di lasciarsi tutto alle spalle, l'altra invece non riusciva a non pensare a coloro che si stavano sacrificando per la salvezza degli altri. Ma era anche vero che quello fosse il loro lavoro. Come tutti i militi d'elité anche quelli della Guardia Reale avevano un prezzo da pagare per godere dei loro privilegi.
Il tromento del cavaliere di Eyrie però non si placava così facilmente, per lui che era stato istruito a non abbandonare i compagni, a difendere chiunque fosse in difficoltà. Per lui che era figlio di suo padre...

"Capitano, una piccola nave sta tentando di attraversare la chiusa!" esclamò un sottufficiale che accorreva incontro ai nuovi arrivati.
"Dannazione!! Mandate una parte degli uomini a imbarcarsi... subito!!" ordinò Kaejis scendendo da cavallo: "Per quale motivo è stata aperta?!"
L'uomo riferì in breve quale fosse la situazione corrente.
"Non siete riusciti a fermare quattro uomini?! Avete permesso loro di barricarsi all'interno della sala controllo?! Siete degli incapaci!!" ruggì il suo superiore: "A quanto pare se voglio che le cose siano fatte per bene, devo sempre occuparmene personalmente!"
Kaejis salì la scalinata e si fece condurre sino all'entrata della sala assediata, seguita dai suoi fidati. Doveva fare in fretta, o la principessa le sarebbe sfuggita. E sarebbe stata una grossa umiliazione da sopportare. In particolar modo perché l'Imperatore le aveva concesso carta bianca nell'affare Dorthavn e un qualsiasi fallimento sarebbe stato considerato esclusivamente farina del suo sacco.
La giovane donna odiava quella città e la sua gente. Vi aveva vissuto un'infanzia difficile e piena di stenti, ma nonostante tutto non desiderava spargere il sangue dei suoi ex concittadini. Certo la sua geniale strategia aveva evitato ciò, riuscendo persino a fare prigioniera la figlia maggiore di re Karl. Ma se ora questa le fosse stata sottratta sotto il naso, non avrebbe rischiato solo qualche presa in giro alle spalle. Sin'ora l'Imperatore si era dimostrato gentile e comprensivo, però Kaejis aveva l'impressione che quell'uomo sarebbe potuto essere capace di qualsiasi cosa. E lei lo temeva molto.
"Fatevi da parte!" tuonò sugli uomini che attendevano davanti al massiccio portone di ferro: "Ehi, voi! Sono Kaejis Lundgren, Capitano di Feor! Vi consiglio caldamente di tirare immediatamente la leva della chiusa e uscire disarmati! E' l'unica possibilità che avete per salvarvi la vita!"
La sua voce fu udita inconfondibilmente da Olaf e dai suoi, ai quali era rivolta l'intimidazione. I quattro furono molto sorpresi di riconoscervi una donna.
"E così infine ci incontriamo, capitano! Anche se ci separa ancora questa porta..." rispose l'omone con tono calmo e controllato: "Ebbene sappiate che io, Olaf Hansson, capitano della Guardia Reale di Northland ho intenzione di declinare la vostra gentile proposta! Non ci importa di avere salva la vita!"
La donna reagì malamente colpendo la parete con un pugno e maledicendo tutto ciò che le veniva in mente.
"Buttate giù la porta!!" gridò infuriata ai suoi.
"Siamo spiacenti, capitano, ma è quello che abbiamo cercato di fare fino a ora... senza successo!" disse il sottufficiale mortificato: "Non abbiamo a disposizione i mezzi adatti per farlo... ci vorrebbe del tempo..."
"Non ne abbiamo!!" ribatté lei.
Kaejis rifletté rapidamente su una soluzione, ma si accorse che in ogni caso non sarebbe più riuscita a fermare la nave della principessa. Non poteva fare altro che affidarsi agli uomini che aveva fatto imbarcare al suo inseguimento. Ma si sarebbe vendicata stanando ed eliminando quei topi che si erano infilati nella sala controllo della chiusa.
"E va bene! Vorrà dire che morirete bruciati vivi là dentro!" sentenziò facendosi udire dai suoi nemici: "Appiccate il fuoco a questo posto e ordinate ai soldati di allontanarsi!"
I suoi uomini obbedirono, mentre lei si incamminò tornando sui suoi passi.
"Tu sei di Northland, non è così?" la fermò la voce di Olaf: "Lo sento dal tuo accento."
"E anche se così fosse?!" si stizzì voltandosi: "Comunque è vero, sono nata in questa città!"
"Quindi non mi sbagliavo... Dietro a tutto ciò c'è qualcuno che conosce fin troppo bene Dorthavn..." constatò l'omone: "Ma allora per quale motivo fai tutto questo contro il tuo paese?!"
"Non ti riguarda, chiaro?!" sbottò lei scocciata: "Adesso taci e goditi il tuo rogo funebre! Addio!"
Il capitano Hansson squadrò un'ultima volta i suoi uomini con orgoglio e leggera commozione.
"Ragazzi, non so cosa pensiate voi, ma io non ho la minima intenzione di andarmene tra le fiamme!" dichiarò solennemente: "Erik, dov'è la nostra nave?"
L'uomo si sporse sulla feritoia che guardava sul canale e si voltò sorridente.
"E' appena passata oltre la chiusa, signore!"
"Molto bene!" approvò lui con entusiasmo: "Adesso non c'è più nulla a legarci qui... Siamo guerrieri e in quanto tali sarebbe giusto e onorevole per noi morire combattendo! Preparatevi!"
"Capitano, vi prometto che porterò con me nell'oltretomba almeno dieci soldati feoriani!" strinse il pugno Birgir.
"Allora non sarà un problema superarti!" affermò Thordur con un ghigno spavaldo.
"Fate quel che vi pare, ragazzi... ma prima vi darò il mio ultimo ordine!" li sovrastò Olaf con la propria voce: "Lasciatemi andare avanti da solo... mi seguirete a debita distanza!"
Gli altri tre lo guardarono senza capire, mentre lui tirava fuori dal borsello qualcosa.
"Ma... capitano, quel fungo che avete in mano è...!!" esclamò Erik con enorme sorpresa.
"Già... era da tanto tempo che non lo usavo. Rivedendolo mi vengono in mente parecchi ricordi del passato!" spiegò distrattamente: "Comunque... se avete capito di cosa si tratta, credo che non avrete alcuna obiezione!"
Visto che nessuno parlò più, Olaf concluse con un breve incitamento.
"Bene... allora andiamo! Facciamoci onore, perché gli antenati ci osservano e il paradiso degli eroi ci attende!!"
Qualche tempo dopo girò voce che il capitano Hansson morì imbattuto, lasciando sul terreno oltre al suo, almeno un centinaio di altri corpi massacrati. La leggenda voleva infatti che il cuore gli fosse collassato per l'immane fatica, senza che nessuno dei feoriani fosse riuscito ad arrestarlo precedentemente.

Alcune ore prima di quella stessa notte l'imperatore stava fissando la luna dalla grande vetrata della sala del trono. Ellis era rimasta muta in attesa che il suo signore le parlasse, ma lui sembrava molto preso dall'affascinante panorama che offriva il cielo notturno. E seguendo il suo sguardo anche il Capitano di Feor dovette ammettere che era davvero uno spettacolo magnifico. Le luci di Feor City brillavano sino in lontananza, la capitale infatti era immensa.
La giovane donna provava un piacevole calore dentro di sé al solo pensiero di trovarsi in quel momento da sola con la persona che amava. Ma per quanto lei gli fosse vicina e per quanto fossero in confidenza, il loro rapporto rimaneva poco più che professionale. Ed Ellis intuiva che dopotutto lui non intendeva aprirle totalmente il cuore. Il suo signore le nascondeva di proposito una parte dei propri pensieri. Era una verità dolorosa, ma che il capitano Swanson era disposto a sopportare pazientemente.
"Io davvero non capisco..." esordì lei: "Perché non volete proporre la resa a re Karl?! Con tutta probabilità sarebbe disposto a cedere persino il suo regno pur di avere indietro sua figlia, la principessa, sana e salva!"
Gli aveva posto una domanda simile solo perché era certa che a lei fosse consentita. Nessun altro, a parte forse suo fratello Nash, avrebbe potuto osare tanto. L'imperatore non era certo tenuto a dare spiegazioni, i suoi ordini dovevano essere più che sufficienti. L'uomo mascherato le lanciò una rapida occhiata, ma tornò subito a osservare il cielo stellato.
"Sarebbe troppo facile..." affermò con indifferenza: "Dove starebbe tutto il divertimento, se tutto si risolvesse in questo modo?"
"Cosa intendete dire, mio signore?" chiese delucidazioni l'altra: "Il regno di Northland cadrebbe nelle vostre mani senza che ci fosse bisogno di altre lunghe ed estenuanti battaglie; risparmiereste tempo, denaro e persino un pesante tributo di sangue da entrambe le parti!"
"Non m'importa nulla di tutto ciò..." ribatté con tono cupo e gelido: "Quello che desidero non è la loro sottomissione... invero io voglio la loro distruzione!"
Un brivido percorse la giovane donna, che rimase a fissarlo con gli occhi sgranati. In quel momento Ellis non poteva vedere il suo volto e non riusciva proprio a immaginare l'espressione che il suo signore aveva nel dire parole così terribili. Odiava quella maschera, preferiva di gran lunga quando lui ne era privo. Per un istante le parve che gli occhi dell'imperatore fossero divenuti di un minaccioso rosso fuoco.
Un tempo non avrebbe mai detto cose simili. Un tempo era stato molto diverso. E il ragazzo di cui lei si era follemente innamorata apparteneva proprio a quel tempo. Nel suo cuore Ellis nutriva ancora la speranza che tutto ritornasse come allora, specialmente lui.
Quando era cambiato? Per quale ragione lo aveva fatto?
Pur non sapendo spiegarsene il motivo, la donna in realtà ricordava bene il periodo in cui lui aveva iniziato a comportarsi diversamente. Era accaduto nel periodo in cui morì Padraigh III. Poche settimane prima lui era ritornato dall'ultima delle missioni che aveva svolto da solo come Campione Deathforce. Già allora aveva iniziato a essere strano: silenzioso, freddo e distaccato, persino più di quanto lo fosse mai stato di solito. Legati com'erano a lui, Ellis e Nash non lo avevano abbandonato per così poco, gli avevano anzi offerto tutto il loro appoggio. Anche quando lui gli aveva rivelato la sua nuova, grandiosa ambizione.
Ciò che era accaduto dopo, Ellis lo avrebbe volentieri voluto dimenticare. I metodi che lui aveva usato per appropriarsi del potere non si sarebbero di certo potuti definire leciti. Ma quel che contò, fu che infine ottennero tutti e tre le posizioni che ricoprivano attualmente.
All'incirca da quel momento aveva iniziato a fare la sua comparsa quell'uomo. Se ricordava bene, tra lui e l'imperatore c'era stata subito una profonda, perfetta intesa, tanto che la donna aveva pensato si conoscessero già da prima. Lei aveva sempre avuto un cattivo presentimento riguardo a quel tale, ignoto a tutti e dall'aspetto inquietante. Vestiva completamente di nero e folgorava chiunque incontrasse con lo sguardo intenso e perforante di quegli occhi scarlatti, così terribilmente inusuali, quasi inumani. Spesso sul suo volto c'era inciso un ghigno divertito, che lei avrebbe definito malefico.
"Mio signore... scusatemi se ve lo chiedo di nuovo..." parlò il capitano Swanson con profondo rispetto, ma ancora più forte curiosità e preoccupazione: "Perché incontrate quell'uomo dai capelli di fuoco...? Chi è? Cosa rappresenta per voi?"
"Se non erro ti avevo già risposto in passato che ciò non ti riguarda." rispose lui secco, mantenendo però un tono pacato: "Ti avevo pure avvertito di non ritornare più sull'argomento..."
"Vi chiedo umilmente perdono... ma davvero ci terrei molto a comprendere come stanno le cose. Quell'uomo mi rende ansiosa e diffidente, sono molto preoccupata per il mio signore!"
"Non hai davvero nulla da temere!" la rincuorò l'altro pensieroso: "Dopotutto non vedo perché non possa dirtelo: quell'uomo è un mio amico. Spesso mi da delle informazioni e dei consigli molto utili. Tutto qui."
<<Tutto qui?!>> ripeté Ellis nei propri pensieri: <<Si limita a consiglirlo o sta manipolando il mio amato signore?!>>
Non si era ancora rassegnata ad accettare come naturale e spontaneo il profondo cambiamento che l'imperatore aveva subito negli ultimi anni.
"Con tutto il rispetto... ma penso che fareste meglio a prendere da solo le vostre decisioni!"
"Non mi piace il tuo tono!" si innervosì lui: "Stai forse insinuando che non sia in grado di usare il mio cervello?!"
"Certo che no!! Non oserei mai!!" implorò pentendosi subito delle proprie parole.
"Forse ti ho concesso troppe libertà... la tua sfacciataggine inizia a mostrarsi come insolenza!" constatò l'imperatore con tono gelido: "Ellis, non abusare della tua posizione privilegiata ai miei occhi... Anche la mia pazienza nei tuoi confronti ha un limite, non dimenticarlo!"
Il Capitano di Feor abbassò il capo profondamente addolorato. La sua gelosia e la sua curiosità rischiavano di compromettere per sempre il suo rapporto con la persona che amava. Si sentì gelare il sangue e per un attimo le si fermò il cuore. Trattenne il fiato.
"Per questa volta sorvolerò..." parlò infine l'uomo mascherato con tono tranquillo e atteggiamento assente: "Adesso però sparisci, questa sera la tua presenza mi infastidisce!"
"Sì, mio signore!" obbedì la giovane donna tirando un amaro sospiro di sollievo.

La notte ormai copriva con il suo manto scuro la vasta pianura di Feor. La capitale del potente impero era immersa nel sonno e ovunque regnava una quiete quasi irreale, così distante dalle guerre che Feor stessa aveva portato nelle terre confinanti.
Su un'altura non molto lontana dalla grande metropoli, eppure completamente disabitata e ricoperta di vegetazione, tre figure si stagliavano immobili nel mezzo di una radura. Nel buio che li avvolgeva sembravano poco più che ombre. Una delle tre sedeva comodamente sul prato, osservando in tutta tranquillità Feor City, mentre le altre rimanevano ritte in piedi alle sue spalle.
"Ci vorrà ancora un altro po' di tempo..." esordì l'uomo seduto: "...e finalmente vedremo le nostre ambizioni realizzarsi."
Gli altri due annuirono in silenzio, l'espressione grave e seria.
"Però io vorrei rendermi utile! Mi annoio a morte, dimmi cosa devo fare!" domandò l'imponente figura alla sua destra con voce profonda e impaziente: "Sono stanco di restarmene a guardare!"
"Abbi pazienza, amico mio!" lo redarguì lui ghignando divertito: "Non ci sarà bisogno di agire, per il momento. Ci penseranno loro a fare il nostro gioco. Fidatevi, vedrete che ci ritroveremo la strada spianata senza alcuna fatica."
"Ma io voglio fare qualcosa!" protestò il gigante, che ora pareva adirato: "Non c'è nessun divertimento a fare semplicemente da spettatore!"
"Calmati fratello, non è il caso di scaldarsi tanto." intervenne la sensuale voce femminile della terza persona, che si rivolse quindi all'altro uomo: "Pensi davvero che questi conflitti saranno utili e sufficienti ai nostri scopi?"
Lui si radrizzò, passandosi una mano tra i lunghi capelli ispidi.
"Feor è di gran lunga il paese più potente. Ha inesauribili risorse economiche e umane, in breve potrà esportare la guerra in ogni angolo del mondo." spiegò con aria di sufficienza: "Sono convinto della scelta che ho fatto, anche se non posso scommettere su una vittoria facile e completa. Ma non importa: appena questo impero perderà lo slancio conquistatore, entreremo in scena personalmente per concludere l'opera."
"Mi chiedo se tutto ciò sarà davvero così semplice." insistette lei dubbiosa: "Il mondo è composto da numerose nazioni diverse, spesso pure densamente popolate. Sarebbe troppo ottimistico credere che tutte possano distruggersi a vicenda."
"Morte e distruzione appartengono alla natura umana, per questo sono fiducioso." proseguì l'altro: "E' lecito scommettere che alla fine potrebbe esserci un numero notevole di sopravvissuti, ma costoro non avrebbero scampo contro di noi. Anche se... potremmo decidere di essere magnanimi e risparmiarne qualcuno... sempre che dimostrino una totale sottomissione ai nuovi padroni del mondo!"
Gli altri due rifletterono su quelle parole scambiandosi un largo sorriso malizioso.
"Certo che odi profondamente gli Umani... non è così, Marduk?" domandò l'omone alla sua destra.
L'uomo seduto sospiro pigramente, quasi come se preferisse ignorare quella domanda.
"La loro era sta per giungere al tramonto. Finalmente ci riprenderemo ciò che è nostro." affermò invece: "E nel frattempo inizierà la loro discesa nell'oblio, diventando ben presto una razza dimenticata dalla storia e cancellata dalla memoria. Faranno la stessa fine che già avevano tentato di farci fare molto tempo fa. Questa sarà la nostra vendetta!"
Infine l'uomo dai capelli di fuoco si alzò in piedi sgranchindosi e osservando distrattamente la luna. Tutti i suoi propositi erano adesso in mano a una sola persona, il sovrano di quella terra, a cui lui stesso aveva fornito l'appoggio necessario a raggiungere quel enorme potere.
<<Mi raccomando, non deludermi... Anshar!>> pensò tra sé lasciandosi sfuggire l'ennesimo ghigno malvagio.

 
 
 
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Un blog di: Tyki_Mikk
Data di creazione: 15/04/2008
 

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