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La Leggenda del Dragone

 

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CAPITOLO XXXIV

Post n°38 pubblicato il 06 Giugno 2008 da Tyki_Mikk
 

"Sei sicuro che valga la pena di prendersi tutto questo disturbo per lui?!" si innervosì Jax: "Abbiamo già perso molto tempo inutilmente..."
"Sì, signore, non ho dubbi!" gli rispose l'uomo con gli occhiali: "Sarebbe un guerriero straordinario, è dotato di una forza a dir poco prodigiosa!"
Futili chiacchiere.
Per Jax non contava nessuno. Che fossero forti o deboli, amici o nemici, a lui era del tutto indifferente. Qualsiasi creatura gli si parasse davanti, fosse essa umana o no, Jax l'abbatteva sempre, senza scrupoli o esitazioni. Non si fermava davanti a niente.
"Molti anni fa chiedemmo a suo padre di entrare nella Deathforce. Era persino più forte del figlio, una vera montagna umana!" proseguì l'altro con le spiegazioni: "Ma pure lui rifiutò e in diverse occasioni. Così quattro anni fa tentammo per un'ultima volta, come sempre senza successo. Poco tempo dopo venimmo a sapere che era morto..."
Nonostante tutto ora Jax ascoltava incuriosito, mentre percorrevano i corridoi che lasciavano le prigioni.
"Mi sono sempre chiesto perché avesse rifiutato di unirsi a noi. Non era altro che un vagabondo, che girovagava per il mondo senza una meta precisa e con il giovane figlio a presso." sospirò perplesso il gracile uomo occhialuto: "Di certo non aveva paura di combattere, anzi... quando lo faceva, si assisteva a uno spettacolo incredibile! Ho avuto modo di vederlo all'opera, poteva ridurre facilmente il cranio di un uomo in poltiglia con una sola mano, oppure spaccare le rocce a pugni! Sollevava e scagliava persino massi più grossi di lui!"
Il gigante d'ebano, che camminava alla destra di Jax annuì gravemente per confermare.
"Insomma, ho sempre il rimpianto di non esser mai riuscito a convincerlo!" continuò: "Ma quell'ultima volta in cui lo incontrammo mi accorsi che suo figlio, ormai sedicenne, ripercorreva con grande successo le sue orme. Era già un ragazzo molto alto e robusto. E pure molto forte!" fece una pausa per guardare negli occhi Jax: "Naturalmente non mi feci sfuggire l'occasione di chiedere anche a lui se avesse voluto entrare nella Deathforce, ma il suo vecchio si oppose subito con grande accanimento. Quel ragazzo pendeva dalle labbra del padre e così prese la sua stessa decisione."
"E ovviamente tu non hai digerito questo esito..." concluse Jax al posto suo.
"Esatto!" esclamò con nuova eccitazione: "Come sai la forza bruta non è il mio campo... Ma anche se porto questi spessi occhiali da vista, non sono ancora cieco. Quel giovane è una vera forza della natura e questa volta non ho nessuna intenzione di cedere! Non accetterò un altro no! Entrerà nella Deathforce... con le buone o con le cattive!"
Jax ghignò tra sé divertito. L'importante per lui era di risolvere la questione al più presto, ormai era nauseato da quel luogo chiuso e puzzolente. Giurò a se stesso che non sarebbe tornato a Fort Karadan per un bel po'. Ma finché quel tipo testardo non decideva di arrendersi, era costretto a rimanere.
<<Poco male, anche uno come lui ormai avrà quasi raggiunto il limite. Basterà solo qualche altra frustata...>>

Avanzarono prudentemente, ma con decisione. Ander guidava i compagni lungo stretti corridoi di pietra, i loro passi erano leggeri e rapidi. Lungo la via incontrarono pochi soldati assonnati, che non gli badarono, avevano altro a cui pensare. Mentre passavano oltre, i giovani intrusi ascoltavano i loro discorsi. Ben presto sembrò evidente che si riferissero all'imminente partenza di un esercito da Fort Karadan.
Diana non poté fare a meno di pensare alla sua Tunsea e la preoccupazione in lei crebbe enormemente. Lo stesso pensiero era nelle menti dei suoi compagni, i quali si guardarono bene però dall'esprimerli, non era certo il momento adatto. Ma Vash era concentrato su un altro aspetto di quella notizia. Se un esercito stava per muoversi, significava che c'era qualcuno pronto a condurlo. In questo modo si sarebbe spiegato anche l'ordine del coprifuoco. Ne dedusse che a Fort Karadan doveva essere presente un alto ufficiale feoriano e non ne fu affatto compiaciuto.
Dopo lunghi minuti passati a vagare nel labirinto della fortezza con addosso una tensione costante, Ander indicò ai compagni il cancello di ferro che conduceva ai sotterranei. Sarah avrebbe tirato volentieri un sospiro di sollievo, in fondo erano più vicini alla loro meta, ma attraverso le sbarre del cancello si intravedeva un luogo lugubre e inospitale e la ragazza non se ne sentì per niente rassicurata.
Proprio mentre si decisero a proseguire, udirono dei passi che stavano risalendo i gradini nella loro direzione. Ander sussurrò immediatamente ai compagni di nascondersi e questi lo seguirono in una piccola stanza vicina, immersa nel buio. Il cancello di ferro si aprì con un fastidioso cigolio e due figure vi uscirono discutendo sommessamente.
I ragazzi sbirciarono da dietro la porta della stanzetta, in attesa di avere via libera. Quelli che si presentarono agli occhi di Sarah erano due uomini completamente diversi tra loro. Il primo era semplicemente impressionante, una vera montagna di muscoli a petto scoperto, alto molto più di due metri. Il suo aspetto spaventoso era accentuato dal colore scurissimo della pelle, quale Sarah non aveva mai visto, in contrasto con gli occhi bianchissimi, sorprendentemente privi di pupille. Il gigante non apriva bocca e si limitava ad ascoltare e annuire.
Quello che parlava era invece un uomo gracile e non molto alto. Sembrava avere una brutta cera, pallido e malaticcio qual'era. I suoi capelli lisci e grigiastri erano lunghi sino al collo e portava un paio di grossi occhiali, con lenti più simili a fondi di bottiglia. Ma quella specie di topo da biblioteca vestito di abiti ampi e ingombranti, non aveva affatto un aspetto innocuo. I suoi atteggiamenti e il suo tono di voce tradivano una profonda intelligenza, ma anche qualche sintomo di schizofrenia e forse persino pazzia.
I quattro giovani erano troppo distanti perché sentissero di cosa si stesse parlando, ma a un certo punto gli fu ben visibile lo stemma con le lettere "D" e "F", presente su entrambi. Sarah iniziò a tremare senza potersi controllare, terrorizzata dal pensiero di venire scoperta da quei due tipi. Per fortuna poco dopo essi imboccarono uno dei passaggi e svanirono.
"Hai visto?" chiese Ander al cacciatore, con voce tesa e preoccupata: "Quelli..."
"Già, erano proprio i Maestri Gabrain e Anubis." rispose lui: "Maledizione... Speriamo solo di non avere a che fare con loro. Forse è meglio se ci sbrighiamo."
Ma Vash non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase che vennero raggiunti dagli echi di grida allarmate. In breve risuonarono ovunque e il motivo fu subito chiaro. I feoriani avevano scoperto che nella fortezza c'erano degli intrusi.
"Avanti, muoviamoci!" quasi imprecò il cavaliere.

Dopo aver mandato avanti gli altri due, Jax ritornò sui suoi passi. Si diresse verso l'armeria delle prigioni, il luogo in cui si depositavano le armi e gli oggetti personali dei detenuti. Diede un'occhiata in giro, ma la sua attenzione fu presto attirata da una grossa ascia bipenne posata a terra, con il manico sul muro. L'afferrò e provò ad alzarla, ma ci riuscì solo con sorprendente fatica. Pensò che solamente qualcuno dotato di una forza tremenda sarebbe riuscito a maneggiare un'arma simile con efficacia. E in quel luogo non c'erano molti dubbi su chi potesse essere quel qualcuno.
<<Davvero notevole... dopotutto Gabrain non esagerava affatto a considerarlo degno di considerazione.>> rifletté eccitato: <<Con il peso che ha quest'ascia, chissà quali danni sarebbe in grado di fare...>>
A quel punto però iniziarono a diffondersi in ogni direzione le rumorose voci delle guardie e Jax lasciò in fretta l'armeria, senza dimenticarsi però di richiuderla a chiave. Nel corridoio incontrò quasi subito un soldato allarmato.
"Che diavolo sta succedendo, cosa sono queste grida?!" tuonò con la sua solita rabbia.
"G-Gran Ma-Maestro!!" sussultò l'uomo intimorito dall'interlocutore, riprendendosi però in fretta dallo shock: "Signore, sembra che ci siano alcuni intrusi nella fortezza! Hanno trovato due guardie stordite..."
Senza aspettare nemmeno che l'altro finisse di parlare, Jax si diresse tranquillamente verso l'uscita delle segrete. Per quel che ne sapeva, quei due potevano essere anche stati storditi dal vino. A ogni modo non erano fatti che lo riguardavano, né interessavano. E anche se ci fossero stati veramente degli intrusi, nel caso che lo avessero incontrato lo avrebbero rimpianto amaramente.
Destreggiandosi tra gli snodi delle strettoie delle carceri, Jax si bloccò improvvisamente dopo aver imboccato l'ennesimo corridoio. In fondo a esso alcune sagome gli sfilarono rapidamente davanti agli occhi, senza degnarlo nemmeno di uno sguardo. Ma prima di svanire con le altre una delle figure si voltò verso di lui.
Solo per un istante gli occhi di Jax si incontrarono con quelli dell'ombra furtiva.
Ma fu sufficiente perché si vedessero chiaramente.
<<Quel volto... quegli occhi grigi... No, non è possibile!!>> credette di impazzire: <<Non può essere davvero lui!! Era sicuramente un'allucinazione...>>
Per lunghi interminabili momenti, il Gran Maestro Deathforce rimase immobile, con gli occhi sgranati a fissare il vuoto. Era ancora così diversi minuti dopo, quando fu raggiunto da alcune guardie.

"Che ti prende, Vash?!" esclamò Ander.
Il cacciatore stava respirando profondamente e rumorosamente. Stringeva i pugni con tale forza, da fargli tremare le braccia e il cavaliere credette di sentire persino i suoi denti scricchiolare. Vash sembrava semplicemente fuori di sé, come se si trattenesse a stento.
Diana intanto guardava freneticamente all'interno di ogni cella che attraversavano di corsa, cercando disperatamente il volto famigliare del fratello. Ander le diceva inutilmente di evitare di chiamarlo per nome gridandolo a squarciagola. Sarah rabbrividì allo spettacolo che si presentava all'interno di quelle piccolissime stanzette sporche e puzzolenti. Molte erano vuote, altre invece ospitavano dei volti scarni o persino scheletrici, che li osservavano con occhi pieni di paura, piuttosto che di speranza. Altre ancora erano divenute tombe di disgraziati ancora insepolti.
"Per fortuna che ci sono poche decine di celle a Fort Karadan!" tentò di consolarsi il cavaliere: "O la ricerca sarebbe potuta divenire davvero interminabile... anzi impossibile!"
Ma a Diana balenò l'idea che forse si era illusa troppo. Forse suo fratello non era mai stato portato lì, o magari lei era arrivata troppo tardi... Per un attimo si fece prendere dal panico.
"Diana?" sussurrò da qualche parte una voce flebile.
Lei si voltò di scatto nella sua direzione.
"RYAN!!!"
La ragazza di Tunsea abbracciò immediatamente la sagoma provata del fratello attraverso le sbarre.
"Sei proprio tu, sorellina?" chiese lui con il tono disilluso di chi era alle prese con un ennesimo scherzo dei sensi affaticati e indeboliti dalla fame. Ma mentre le lacrime di lei lo bagnavano, Ryan iniziò a realizzare che seppure ciò che si presentava ai suoi occhi sembrasse improbabile, non era nient'altro che la realtà. In qualche modo la sua cara sorellina era venuta da lui, in quel tremendo luogo di sofferenza e morte.
"Co-Cosa ci fai qui?!" domandò con infinita sorpresa: "Come hai fatto...?!"
"Ti tirerò fuori e ti portero via!!" esclamò lei con fermezza.
Ma per aprire la cella, composta da spesse sbarre metalliche, non c'era altro modo che usare le chiavi giuste e Diana iniziò a guardarsi attorno nervosamente. Non si accorse nemmeno che Ander era sparito, finché questo sbucò da un angolo con in mano un mazzo di chiavi che scuoteva tra le dita con vanto.
"Dove...?!" chiesero contemporaneamente le due ragazze.
"Eh, eh... segreto professionale..." rispose sempicemente il cavaliere.
Una volta aperta la cella, Ryan fece fermare il gruppo dei suoi salvatori.
"Scusate, ma se non è chiedere troppo, vorrei che portassimo con noi il mio compagno di cella." supplicò il giovane tunseiano: "Stian, andiamo... avanti!"
In precedenza nessuno dei quattro aveva fatto caso a un'ombra scura che sedeva silenziosa e immobile in fondo alla cella. Ma a quelle parole essa si alzò in piedi ed emerse alla luce delle torce del corridoio. Quello che si presentò ai loro occhi era un giovane uomo di vent'anni circa, di statura elevatissima e dotato di una massa muscolare impressionante, considerando pure che in fondo si trattava di un prigioniero denutrito.
"Ormai è divenuto mio amico e non lo posso lasciare qui..." spiegò Ryan: "Mi ha aiutato molto, lo devo a lui se sono riuscito a sopravvivere sino a ora!"
"Ok, non c'è problema..." rispose Ander: "Ma per quanto sia doloroso, sia chiaro che non possiamo fare niente per tutti gli altri che sono rinchiusi in queste prigioni. Sarà già un miracolo se ce la faremo a uscire noi sei..." continuò: "Entrare è stato relativamente facile, ma il peggio arriva adesso..."
Le ragazze intanto osservavano il gigante muscoloso fortemente impressionate. Nel buio delle segrete era difficile vederlo chiaramente, ma la sua sagoma faceva comunque provare una certa soggezione.
"Stian Bo Gunnarsson, al vostro servizio." parlò lui con voce calma e profonda, seguito da un lieve inchino.
"Va bene, rimandiamo le presentazioni a più tardi!" esclamò il cavaliere mentre udivano decine di passi in avvicinamento: "O tra breve avremo addosso tutte le guardie di Fort Karadan!"

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Data di creazione: 15/04/2008
 

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