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Non voglio un figlio da te

Post n°162 pubblicato il 23 Aprile 2013 da ugualmenteabile
 

La toccante storia di una madre a rischio è diventata unlibro pubblicato da un editore “Il mio uomo non voleva quel bambino. Ma io...”La vicenda personale di Raffaella Lamastra: “L’ho scrittaper tutti i piccoli senza padre” 

 

di Giulia Virzì

Raffaella ha scritto un libro. Lo ha scritto più di undicianni fa ormai, mentre una nuova Vita cresceva dentro di lei, nutrendosi inconsapevolmentedelle sue paure, del suo dolore, ma ancora più della sua forza e del suocoraggio straordinari. Un diario intimo, un dialogo avulso dal tempo fra lei eil bambino che diventava più grande, mese dopo mese, dentro di lei. Avulso daltempo perchè Raffaella lo ha scritto tanti anni fa, noi curiosi lettori, avidi di dolori non nostri, possiamosfogliarlo dal febbraio del 2011, quando è uscito col titolo Non voglio un figlio da te con l’editore Albatros, eil piccolo A., la creatura cui sono indirizzate queste pagine, lo leggerà quando sarà ormai un uomo, “perchèun giorno tu possa sapere e comprendere il gesto di tuo padre, il gesto di tua madre” scrive inapertura di volume Raffaella Lamastra, l’autrice.«Stavo insieme al mio compagno da quasi tre anni. Avevamoprovato più volte ad avere un bambino, senza mai riuscirci. Io avevo 37 anni, ci abbiamorinunciato. Avevamo entrambi già un figlio da una precedente relazione, e poi ciamavamo, ed eravamo d’accordo sul fatto di bastare a noi stessi. Poi, senza che ne avessi la benché minima intenzione, rimasiincinta. Ero felice, avevo un compagno che mi amava e un bambino in grembo. Per me era un dono di Dio,e naturalmente non vedevo l’ora che venisse alla luce. M. però (il compagno, ndr) non era dellostesso avviso». Raffaella inizia così a raccontare quello stralcio di vita chele ha fatto tanto male e che, come forse nessun altro, l’ha resa la personaforte che è adesso. Mentre parla, riportando alla mente questi affilatiricordi, nei suoi occhi si vedono scorrere la paura, la gioia, lo smarrimento, l’orgoglio. E io non possofar altro che scrivere, nere parole su bianco foglio, impotente, inorridita atratti, ammirata, mentre il racconto di questa donna satura l’aria. «Mi disseche dovevo abortire. Non voglio un figlio da te, mi disse. In poco tempo eracambiato, non era più l’uomo che conoscevo. Ma allora non riuscivo a capirlo,credevo ancora che fosse amore quello che io provavo per lui, e quello che lui provava per me. Tuttaviaerano diversi: io lo amavo incondizionatamente, lui amava solo me, odiando il bambino,suo figlio, che cresceva nel mio grembo. Avevo paura di perdereM., di vederlo sparire dalla mia vita, come del resto aveva minacciato

di fare nel caso avessi tenuto il bambino. Ero confusa, spaventata all’ideadi dover crescere un bambino da sola. Lamia  ancora di salvezza fu l’altro miofiglio, che allora aveva dodici anni, e che con la semplicità di cui, soli,sono capaci i bambini, mi disse “Non si ammazzano i bambini,non si fanno ibambini e poi si scappa, non c’importa di lui mamma,non ti preoccupare, questo bambinolo teniamo noi!”. La sua forza gettò un po’ di luce sulle mie paure, rendendolemeno forti del piccolo cuore che già sentivo battere infondo, da qualche parte dentro al mio corpo».M. però continua a non accettareil figlio di cui Raffaella è incinta, ed è spaventato, terrorizzato, perché sirende conto del fatto che mancano solo duesettimane allo scadere dei tre mesi, termine ultimo entro il quale è possibilecompiere un aborto, estirpare dall’utero di Raffaella il feto che non vuole cheentri a far parte della sua vita. Lascio a voi il piacere, il dolore, lo smarrimento e l’ammirazione della lettura. E, come recita la dedica a inizio libro, il farvivere il pensiero di tutti i bambini che, come A., oggi non hanno l’amore delloro papà, e ilfar vivere, e basta, tutti i bambini che non hanno e mai avranno la fortuna direspirare l’aria di questo mondo.

 

 

 
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