Creato da uomo_ambiente il 17/01/2007
L' Uomo al centro del sistema ambiente
 

per ora le marmotte alto atesine sono salve!

 

La Cina continua a violare i Diritti umani, a devastare l' Ambiente, ad applicare la pena di morte, a pianificare un genocidio culturale e ad occupare militarmente il Tibet.

La bandiera olimpica e' stata ammainata...

NON DOBBIAMO AMMAINARE LA BANDIERA DEL TIBET!

 

RINGRAZIAMO TUTTI I SOTTOSCRITTORI DELLA NOSTRA PETIZIONE

 CON LA LORO FIRMA HANNO CONTRIBUITO A SALVARE I COLIBRI' DEL PARCO TROPICALE DI MIRAMARE...

PER IL MOMENTO

 - CON UN MODESTO E PARZIALE FINANZIAMENTO MINISTERIALE -

L' EMERGENZA E' STATA SUPERATA!

Ambiente eè Vita FVG

 

L' Ambiente non e' una identita' astratta, ma una realta' palpitante e viva che l' Uomo deve amare, proteggere e fruire responsabilmente 

(Nino Sospiri) 

www.ambientevita.it

 
 

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FREE TIBET

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Anche se prosegue la distruzione... neppure i cinesi riusciranno ad abbattere le piu' alte montagne del mondo, trono degli dei tibetani, che circondano il paese. E percio' anche i futuro, i tibetani piu' devoti, attraversando gli alti passi, potranno dire: "Gli dei vinceranno".

Heinrich Harrer - Autore di "Sette anni nel Tibet"


 

Prima dell’occupazione cinese, il Tibet era, dal punto di vista ecologico, un territorio equilibrato e stabile perché la conservazione dell’ambiente era parte essenziale della vita quotidiana dei suoi abitanti. I Tibetani vivevano in armonia con la natura grazie alla loro fede nella religione buddista che asserisce l’interdipendenza di tutti gli elementi esistenti sulla terra, siano essi viventi o non viventi. Questa credenza era ulteriormente rafforzata dalla stretta osservanza di una norma che potremmo definire di "autoregolamentazione". Una norma comune a tutti i buddisti tibetani, in base alla quale l’ambiente deve essere sfruttato solo per soddisfare le proprie necessità e non per pura cupidigia. Dopo l’occupazione del Tibet, l’attitudine amichevole e armoniosa dei tibetani nei confronti della natura fu brutalmente soppiantata dalla visione consumistica e materialista dell’ideologia comunista cinese. All’invasione fecero seguito devastanti distruzioni ambientali. Le politiche economiche cinesi  causarono la deforestazione, il depauperamento dei pascoli, lo sfruttamento incontrollato delle risorse minerarie, l’estinzione della fauna selvatica, l’inquinamento da scorie nucleari, l’erosione del suolo e le frane. Oggi lo stato dell’ambiente in Tibet è altamente critico e le conseguenze di questo degrado saranno avvertite ben oltre i suoi confini.

 

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Messaggi del 27/03/2007

Post N° 216

Post n°216 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

Se migliorare la Qualita' della Vita e' uno degli obiettivi di chiunque si occupi a qualsiasi livello di Ambiente... non puo' esistere Qualita' e nemmeno Vita se si e' "schiavi". Sembrerebbe assodato che noi oramai si sia "schiavi" del sistema monetario e quindi la Qualita' della nostra Vita e' nelle mani di pochi disinvolti manovratori della finanza planetaria...

 
 
 

Post N° 215

Post n°215 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

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CO.LI.MO

 
 
 

Messaggio 213

Post n°214 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

Non ne sapevo nulla di queste strane manovre finanziarie e monetarie che sembrerebbero essere all' origine di una permanente crisi economica che puo' mettre in ginocchio la nostra Nazione.

Ho partecipato, su invito di un amico piu' attento a certi "mercati" ad un convegno del COLIMO, e vi assicuro che ascoltando dalla bocca di esperti e studiosi certe considerazioni circa lo schiavismo monetario cui siamo soggetti... beh, fa girare le palle

Pubblico questo invito: approfondiamo l' argomento assieme e cerchiamo di capirne di piu'... i nomi di politici ed economisti italiani "coinvolti" nelle operazioni denunciate sono trasversali agli schieramenti... ma fanno pensare!

Dedicate qualche minuto al sito www.colimo.org... fatelo e ditemi che cosa ne pensate!

Grazie

 

 
 
 

Post N° 213

Post n°213 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

COLIMO

Vale la pena leggere….

Da: www.colimo.org

Il Comitato di Liberazione Monetaria è una libera organizzazione autonoma, non politica, non partitica, ma laica, a diffusione nazionale ed internazionale, nata per approfondire tematiche relative alla tutela dei diritti delle persone e delle libertà fondamentali dei cittadini, con particolare riferimento alla promozione tra gli associati della conoscenza e dell´insegnamento dei diritti civili, politici ed amministrativi, dei quali devono godere Tutte le persone.

Si adopererà inoltre per promuovere la conoscenza delle leggi civili, penali, amministrative e dei regolamenti di ogni paese inerenti gli scopi del comitato, al fine di consentire a tutti gli associati una consapevolezza matura rispetto ai diritti sopra citati.

L’antefatto che ha promosso il costituirsi del movimento è il debito pubblico italiano, un’invenzione costruita da politici e banchieri al fine di arricchire gli azionisti privati della banca centrale italiana ed europea.

Questo sito svela i meccanismi ed i segreti di questo sistema di potere che si è eretto e mantenuto sul fatto di essere ignorato dalla gente, ed indica come porre fine legalmente a questo saccheggio.

Cosa accade:

Il lucro da signoraggio è il profitto realizzato dalle banche centrali di emissione stampando cartamoneta e vendendola allo Stato al costo del suo valore nominale più l´interesse, in cambio dei titoli del debito pubblico.

Attraverso l´emissione di questi titoli, nasce e cresce il debito pubblico. Tali banche, di proprietà privata come la banca d´Italia e la Federal Reserve Bank Corporation, o pubblica, come la Bank of England, occultano nei loro bilanci tale lucro o profitto da signoraggio, dato che risulta, per tabulas dai bilanci di dette banche, che nel conto dei profitti e delle perdite, esse non segnano il profitto annuo da vendita della cartamoneta in cambio di titoli del debito pubblico, e che nella situazione patrimoniale, segnano il cespite costituito dalla massa dei titoli del debito pubblico così accumulati, ma lo neutralizzano mettendo al passivo il valore delle banconote in circolazione, come se queste costituissero un debito della banca centrale di emissione, mentre non lo costituiscono affatto.

Se dette banche non adottassero tale occultamento del lucro, sarebbero infatti costrette a restituire (tecnicamente “rimettere”) tutto o quasi tutto questo attivo allo Stato. Ovviamente, i proprietari o gestori privati delle banche centrali di emissione preferiscono tenerlo per sé e spartirselo. I principi contabili, tanto illogici quanto irreali e di comodo, sono accettati e imposti da chi ha interesse a farlo (la BCE, in base al trattato di Maastricht, gode di uno status di sovranazionalità, ed è esente da qualsiasi controllo di istituzioni europee e nazionali, quindi fa ciò che vuole).
Le banche emittenti dovrebbero invece iscrivere nel conto dei profitti e delle perdite, al passivo il costo di produzione delle banconote, e all´attivo i ricavi in titoli del debito pubblico realizzati cedendo queste banconote; e dovrebbero devolvere la differenza allo Stato, trattenendo solo quanto spetta loro per legge come profitto industriale.

Esempio :

Lo Stato prende in prestito una banconota da € 100 euro dalla Banca Centrale e la «paga» con una «obbligazione» da € 100. A fine anno dovrà «drenare» dalla popolazione quei € 100 per restituirli al legittimo proprietario (Banca Centrale), più gli interessi, diciamo un 2,5%. La Banca Centrale ha stampato quella banconota spendendo (tutto compreso) 30 centesimi di euro (quindi era solo un pezzo di carta, una merce come un altra, come un biglietto del cinema) mentre la banconota da € 100 (+2,5%), che lo Stato restituisce alla Banca Centrale, l’ha tolta a tutti noi. La Banca Centrale è una tipografia e si comporta come se fosse la padrona della banconota!

Ergo: il signoraggio su una singola banconota è di € 102,5 - € 0,30 = € 102,20

 
 
 

Post N° 212

Post n°212 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

La crescita della popolazione è sempre un bene

 

INTRODUZIONE

Da almeno trenta anni la nozione di crescita demografica è stata indicata dal movimento ambientalista come il peggiore dei mali.

In linea con gli insegnamenti erronei e catastrofici del reverendo anglicano Thomas Robert Malthus, i guru del variegato arcipelago ecologista hanno sostenuto che la continua ed inarrestabile crescita della popolazione avrebbe provocato: fame, carestie, povertà, scomparsa delle risorse, affollamento insostenibile del globo, inquinamento e avvelenamento del pianeta.

In questo scenario da film dell’orrore abbiamo assistito alla performance di personaggi come il biologo Paul Erlich che già nel 1968 ha descritto la crescita demografica più pericolosa di una bomba atomica, e per lanciare l’allarme ha pubblicato il famoso libro “The Population Bomb”.

 
 
 

Post N° 211

Post n°211 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

La crescita della popolazione è sempre un bene

parte 1

Un po’ di storia

In occasione del 2° Congresso Internazionale del WWF, tenutosi a Londra nel Novembre 1970, l’allora Presidente del World Wildilife Fund, Principe Bernardo D'Olanda,  inviò ai Capi di governo di tutti i Paesi del Mondo il seguente messaggio: «L'annuale e continuo incremento della popolazione umana impedisce, ad un gran numero di persone dei paesi in via di sviluppo, I'accesso ad un decente livello di vita. Nei paesi già sviluppati, invece, questo incremento ostacola sempre più un miglioramento della qualità della vita. II risultato finale sarà la fine della vita umana se non di ogni forma di vita su questa terra. Per la sopravvivenza stessa della razza umana e del suo ambiente si richiede pertanto, urgentemente, che il suo governo prenda ogni provvedimento necessario a stabilizzare la popolazione il più presto possibile utilizzando qualsiasi mezzo venga accettato dai suoi cittadini ».

Commentando la presa di posizione dell’allora presidente del WWF, Carlo Matteotti ha scritto su Panda: «La posta in gioco allora è troppo grave per poter fare concessioni alla demagogia. L'unica via di salvezza è davanti al nostro naso, se non ci ostiniamo a non volerla vedere: l'arresto del folle aumento demografico, con tutti i mezzi a disposizione, ma soprattutto con una massiccia propaganda che scoraggi tanto Ia natalità che la nuzialità, sua causa più diretta; e una energica frenata del moderno, insensato e micidiale processo di industrializzazione irresponsabile».

Nel 1972 venne pubblicato l famoso studio commissionato dal Club di Roma a  Dennis e Donella Meadows, con il titolo «The limit to growth» (I limiti dello sviluppo), in cui si sosteneva che la crescita della popolazione collegata ai consumi sempre crescenti avrebbe esaurito le risorse del pianeta in pochi anni .  Nel 1974  Lester L. Brown, già Presidente del World Watch Institute (WWI), scrisse «I limiti della popolazione mondiale» un libro, massicciamente diffuso nell’allora inquieto mondo giovanile. Il Presidente del WWI sosteneva che «Il tema centrale di questo libro, scritto per l’Anno mondiale della popolazione, è il pericolo demografico. Far fronte a questo pericolo costituisce una sfida fondamentale per la comunità umana».

Nel luglio del 1980 venne presentato a Washington The Global 2000 Report to the President,  uno studio elaborato da una serie di esperti nominati dall'allora Presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter,  in cui venivano esaminati i problemi della popolazione e delle sue attività nei rapporti con le risorse naturali.

I mezzi di comunicazione di massa dedicarono enorme attenzione a questo studio, il quale venne presentato con titoli terrificanti: «Uno studio del governo prevede disastri su scala mondiale», «Global 2000 Report: visione di un mondo lugubre», «Verso un ventunesimo secolo problematico: un gruppo di esperti incaricati dal Governo profetizza un pianeta desolato». Un’intera pagina di pubblicità del Rapporto pubblicata dal New York Review of Books  titolava: «Mari avvelenati, piogge acide, scarsità idrica e l’atmosfera che muore».

Nel 1991 Gianfranco Bologna vicepresidente del WWF, nel presentare la valutazione del WWF sulla crescita demografica, ha scritto: «É necessario fare il possibile per ridurre ovunque il tasso di fertilità totale, cioè la media di figli per donna, in particolare nei paesi poveri. (...) Per ottenere ciò è indispensabile sostenere e finanziare gli investimenti internazionali relativi alla pianificazione familiare da estendere il più possibile sia alle donne che agli uomini (...) La pianificazione demografica dovrebbe essere inclusa in tutti gli altri settori della pianificazione dello sviluppo, con la presenza di un servizio ad hoc specializzato in queste tematiche, presso i ministeri ed i servizi che si occupano di aiuti allo sviluppo. Tali aiuti dovrebbero essere sistematicamente abbinati a programmi di assistenza denatalista. (...) I programmi per la pianificazione demografica dovrebbero ricevere una maggiore assistenza internazionale. Le risorse destinate alla pianificazione familiare nei paesi poveri dovrebbero raddoppiare per raggiungere entro la fine del secolo 9 miliardi di dollari all'anno. (...) É , indispensabile che le grandi fedi religiose - in particolare quella cattolica e quella islamica, che hanno ampia diffusione nei paesi poveri dove la crescita demografica è particolarmente sostenuta - riconsiderino con urgenza le loro posizioni contrarie all'utilizzo di sistemi di pianificazione familiare».

Nel luglio del 2002, poco prima della conferenza ONU di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile, il WWF ha presentato il rapporto “The living Planet”, un elenco infinito di sciagure. «Entro il 2050 - è scritto nel rapporto del WWF- scompariranno le foreste, le specie si estingueranno, non ci saranno più pesci nel mare, né animali sulla terra. I consumi sono troppi, non ci saranno più risorse naturali,  la terra morirà e l’uomo dovrà cercarsi un altro pianeta dove vivere».


 
 
 

Post N° 210

Post n°210 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

La crescita della popolazione è sempre un bene

parte 2

 

Disastri prossimi venturi: scenari suggestivi ma falsi

 

Per fortuna nostra e del mondo intero, queste drammatiche e spaventose previsioni non si sono mai verificate. Alla prova dei fatti le profezie delle “cassandre verdi” si sono rivelate inaccurate, errate nelle elaborazioni e nel metodo. A distanza di anni neanche una delle situazioni previste si è avverata, anzi in molti casi alla presunta scarsità di risorse, di cibo, di acqua potabile, di materie prime, si è sostituita l’abbondanza delle stesse.

Le argomentazioni dei catastrofisti sono state duramente contestate da autorevoli studiosi nel campo dell’economia, della demografia, e dell’ambiente, tra cui diversi premi Nobel.

Questi ultimi sostengono che la scarsità di risorse ed i problemi legati alla crescita ed al consumo hanno un carattere relativo alle tecnologie utilizzate nei diversi periodi della storia. Studi approfonditi ed accurati dimostrerebbero infatti che nel medio e lungo periodo la crescita della popolazione è la prima tra le fonti dello sviluppo economico e sociale. 

Certo l’umanità non è povera di problemi, ma mai nella sua storia è vissuta così a lungo ed in maniera così salubre. Mai è stata capace di produrre tanti beni come nei tempi moderni.  I parametri ambientali, soprattutto nei paesi più avanzati, sono tutti in costante miglioramento.

Alcuni esempi: nel 1900 l'aspettativa di vita media negli USA era di 47 anni, oggi siamo a 77.

Non siamo mai vissuti così a lungo. L’aspettativa di vita media è più che raddoppiata nel corso dell’ultimo secolo, soprattutto nei Paesi in Via di Sviluppo. La mortalità infantile è crollata.  Il numero di persone che soffrono la fame è calato da una percentuale del 35% del 1970 al 18% del 2000.  Più di due miliardi di persone che vivono nei PVS hanno visto il loro consumo calorico salire del 38%.

I poveri dei nostri giorni hanno accesso ad una serie di servizi come ricoveri ospedalieri, cibo, cure mediche, svaghi, comunicazioni e trasporti che 100 anni fa erano privilegio solo della famiglie più agiate.

Ha scritto l’United Nations Development Programme (UNDP) nel suo rapporto su povertà e disuguaglianza: «Sono pochi coloro i quali si sono accorti dei grandi avanzamenti già compiuti: negli ultimi 50 anni la povertà è diminuita di più che nei 500 anni precedenti ed è stata ridotta, in pressoché tutti i paesi» .

Un singolo agricoltore del mondo avanzato produceva all’inizio del secolo cibo per 7 persone, oggi lo stesso agricoltore produce alimenti per quasi 100 persone.

Nel diciannovesimo secolo quasi tutti gli adolescenti lavoravano nei campi o nelle fabbriche, oggi 9 su 10 frequentano la scuola superiore.

Attualmente i cittadini dei paesi più sviluppati dispongono di tre volte il tempo libero dei loro nonni.

Il prezzo del cibo calcolato in relazione ai salari è crollato.

All’inizio del 1900 ogni americano doveva lavorare due ore per acquistare un pollo, oggi bastano 20 minuti di lavoro.

Non è mai accaduto nella storia che la lunghezza e la qualità della vita crescessero in maniera così repentina e per strati così vasti della popolazione.

Per quanto riguarda le risorse, grazie all’aumento della produttività ed allo sviluppo tecnologico si può affermare che «non esistono limiti fissi all’uso delle risorse per il futuro» e che «Ci sono sì dei limiti momentanei, ma questi si allargano continuamente , e preoccupano sempre meno nel passaggio tra una generazione e l’altra».

Alla prova dei fatti e della storia è evidente che la teoria malthusiana e le sue varianti ecologiste siano completamente errate sia nei risultati che nel metodo, eppure ci sono personaggi che la continuano a sostenere con protervia, sfidando ogni ragionevole argomentazione.

E’ il caso del politologo Giovanni Sartori, che insieme a Gianni Mazzoleni di  ha pubblicato proprio nel 2003 un libro che ci permette di fare il punto sul dibattito relativo ai più rilevanti problemi ambientali.

Già il titolo è tutto un programma: «La terra scoppia - Sovrappopolazione e sviluppo» (Rizzoli 2003)

Scrive Sartori nell’ultima di copertina: «Se la follia umana non troverà una pillola che la possa curare, e se questa pillola non sarà vietata dai folli che ci vogliono in incessante moltiplicazione, il regno dell’uomo arriverà a malapena nel 2100. tra un secolo, di questo passo,, il pianeta Terra sarà mezzo morto e gli esseri umani anche».

La tesi è chiara: siamo in troppi, la tecnologia inquina, perciò dobbiamo ridurre la popolazione, ed è colpa del Vaticano e degli Stati Uniti se non si riesce ad imporre drastici pani di controllo della popolazione.

Già nelle prime pagine scrive Sartori: «Un imputato eccellente è la tecnologia, (...) l’altro imputato è la sovrappopolazione, l’habitat è danneggiato da troppi abitanti .....» Da qui inizia a snocciolare le previsioni catastrofiche e cioè/ Buco dell’ozono che si allargherà a dismisura, riscaldamento globale con scioglimento dei ghiacciai e crescita dei mari. Inondazioni e siccità.  Scarsità di acqua, erosione del suolo, distruzione delle foreste....

Sartori conclude dicendo che l’aumento incontrollato delle nascite è causa ed effetto di povertà e sottosviluppo ....

Andiamo a vedere con i dati reali, quante delle asserzioni di Sartori reggono il confronto con la realtà.

 
 
 

Post N° 209

Post n°209 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

La crescita della popolazione è sempre un bene

parte 3

 

Rapporto ONU: sfatato il mito della sovrappopolazione

 

L’asserzione neomalthusiana secondo cui la crescita demografica e’ come un treno senza freni non corrisponde alla realtà.

Secondo gli ultimi dati della Population Division delle Nazioni Unite, il mondo conta oggi 6,3 miliardi di persone e il numero è destinato a crescere a 8,9 miliardi nell’anno 2050. Con questa cifra, l’ONU ha ridimensionato di quasi un miliardo le previsioni del 1994, quando si parlava ancora di 9,8 miliardi di persone nel 2050.

L’ultimo rapporto biennale delle Nazioni Unite seppellisce il mito della sovrappopolazione

Il Sunday Times ha scritto che: «Le previsioni fatte per decenni da ambientalisti e demografi in merito alla cosiddetta “bomba demografica” vengono completamente smentite da questo rapporto delle Nazioni Unite».

Paola De Carolis sul Corriere della Sera ha aggiunto: «le previsioni, secondo le quali le risorse del Pianeta a metà secolo dovranno sostenere una massa d’umanità pari a 10 o 11 miliardi di abitanti, sono errate».

Secondo il Rapporto elaborato ogni due anni dal Population Population Reference Bureau «la fertilità sta diminuendo rapidamente ovunque, anche nei Paesi in via di sviluppo». In Occidente il tasso attuale è di 1,6 bimbi per donna, cioè al di sotto della crescita zero che è di 2,1 bambini per  donna.

La Gran Bretagna assieme ad altri Paesi nordici è leggermente al di sopra della media, con 1,61. L’Italia è tra i Paesi europei dove le nascite sono al minimo: 1,2 oggi contro i 2,33 figli per donna degli anni ’70. In Spagna il calo è stato ancora maggiore: da 2,86 a 1,13 in 30 anni. In Russia la media è di 1,14.

Ma la vera sorpresa è rappresentata da Paesi in Via di Sviluppo. In Iran, negli anni della rivoluzione di Khomeini, nascevano mediamente 6,5 bambini per donna. Oggi la media è scesa a 2,75 figli. La stessa tendenza si è manifestata in Brasile, in Tunisia e in Indonesia. Anche in India e Cina, i due Paesi più popolosi del mondo, i cambiamenti sono notevoli. L’India in 30 anni è passata da 5,43 a 2,97 figli per donna, la Cina da 3,32 a 1,80.

Al contrario di quanto sostengono i fautori della “bomba demografica”, il problema che si sta profilando all’orizzonte è quello dell’inverno demografico.                 

Se non ci saranno variazioni significative nelle percentuali di fertilità, le Nazioni Unite prevedono che nel 2050 la Russia avrà 25 milioni di persone in meno, il Giappone -21 milioni, l’Italia -16 milioni, Germania e Spagna -9 milioni. Si prevede che l’Europa ed il Giappone nel 2100 perderanno metà della loro popolazione attuale  .

In Tailandia, negli anni ’70, nascevano cinque bimbi a testa. Oggi la media è 1,9. Jintana Aromdee, 33 anni, di Bangkok, intervistata dal Sunday Times ha raccontato: «Ho due figli, una femmina di sette anni e un maschio di due. «Anche le mie sorelle e cugine hanno preferito avere famiglie piccole». Una volta il tasso di mortalità infantile era alto e, in economie rurali, era essenziale avere diversi figli per assicurarsi che ci fossero braccia a sufficienza per lavorare la terra e per badare alla casa. Con l’arrivo della prosperità il tasso di riproduzione ha cominciato a calare».

Ronald Bailey, autore del libro «Ecoscam: the False Prophets of Ecological Apocalypse» (Ecoimbroglio: i falsi profeti dell’apocalisse ecologica) ha detto al Sunday Times che: «Questi dati sorprenderanno gli ambientalisti che continuano a lanciare l’allarme sulla fame e sulla carestia. Le loro paure sono state alimentate principalmente dalla tesi che che gli esseri umani si comportano come gli animali: più mangiano e più si riproducono. Sembra chiaro, invece, che gli uomini si comportano esattamente nel modo opposto».

La professoressa Jacqueline Kasun, autrice del famoso «The War against Population» ha spiegato che il calo della fertilità provocherà problemi e difficoltà agli anziani che vivono nei Paesi in Via di Sviluppo. Anche L’Europa è molto preoccupata dal crollo delle nascite, soprattutto per gli enormi costi che i sistemi pensionistici dovranno affrontare».

Commentando gli ultimi dati relativi alla popolazione, Joseph Chamie, direttore della divisione demografica dell’ONU, in una intervista pubblicata da il Sole 24 ORE ha detto:«Malthus non aveva ragione.Anche noi potremmo sbagliarci ma, al contrario di Malthus, i nostri modelli matematici tengono conto di numerose variabili. Ad esempio la crescita della longevità: il numero delle persone viventi che hanno più di 100 anni è ancora modesto, ma in vent’anni è aumentato di 16 volte».

In merito al coloro che parlano ancora di bomba demografica Chamie ha affermato che : «Secondo le nostre proiezioni, alla fine di questo secolo la popolazione mondiale potrebbe stabilizzarsi poco al di sotto dei 10 miliardi. E potrebbe restare intorno a quel livello e magari scendere un po’, per un lungo periodo di tempo»

Sull’inverno demografico che sta colpendo l’Europa Chamie ha spiegato che:

«Nel 1950 gli italiani avevano un età media di 29 anni, che oggi è di 40 e nel 2050 sarà di 52. I problemi del vostro mercato del lavoro possono essere risolti solo con l’immigrazione. per mantenere gli attuali livelli di popolazione in Italia, dovreste fare entrare 250mila immigrati all’anno per 50 anni. Il che è un impresa ardua...»


 
 
 

Post N° 208

Post n°208 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

La crescita della popolazione è sempre un bene

parte 4

 

La produzione alimentare cresce più della popolazione

Non è vero come asserisce Sartori e i neomalthusiani che più cresce la popolazionpiù ci saranno problemi di scarsità alimentare.

Al contrario oggi produciamo più cibo che in tutta la storia dell’umanità.

E con l’utilizzo delle biotecnologie siamo alle soglie di una rivoluzione che si annuncia sempreverde.

Tra il 1950 e il 1987 la popolazione mondiale è raddoppiata, siamo passati da 2,5 a 5 miliardi.  Nello stesso periodo la produzione alimentare è così cresciuta che il numero delle persone che soffrivano la fame si è ridotto del 75%.

Grazie alle varietà di sementi ed alla prima rivoluzione verde la produttività agricola ha compiuto balzi enormi.

In Pakistan la produzione di cereali è cresciuta da 4,6 milioni di tonnellate nel 1965 a 8,4 milioni di tonnellate nel 1970. In India nello stesso periodo, la produzione di cerali è passata da 12,3 milioni di tonnellate a 20 milioni di tonnellate.

Dal 1968 ad oggi la popolazione indiana è più che raddoppiata. Nello stesso periodo la produzione di cereali è triplicata,  e l’economia nel suo complesso è cresciuta di nove volte.

Il missionario del PIME Padre Piero Gheddo ha sottolineato in una lettera al Corriere della Sera che: «L’India, che ha favorito la democrazia, l’educazione e l’agricoltura, è passata da 390 milioni di abitanti nel 1947 al miliardo attuale. Era il Paese delle carestie, oggi esporta cereali in Medio Oriente e Africa. La crescita di produttività agricola è passata dallo 0,5% annuale nel 1950 al 3,5% oggi, mentre la crescita demografica è diminuita dal 3,1% al 2,1% ».

Secondo la FAO (Food and Agricultural Organization) la dieta per nutrire adeguatamente una persona deve essere di 3000 calorie al giorno.

La Fao ha calcolato che per nutrire 9,3 miliardi di persone senza incrementare l’attuale superficie coltivata che è di 1,4 miliardi di ettari pari all’11% del suolo terrestre, bisogna raggiungere di media una produttività di 1,8 tonnellate per ettaro.

In Africa, il continente con la più bassa produttività agricola del pianeta la produttività non supera 1 tonnellata per ettaro, ma nei Paesi avanzati siamo ben oltre. Negli Stati Uniti la produttività per i cereali è di 3 tonnellate per ettaro, in Europa è di 6 tonnellate per ettaro. Il mais è prodotto negli Usa a 8 tonnellate per ettaro . Il riso è prodotto in Sud Corea al ritmo di 6 tonnellate per ettaro.

In Brasile  la produzione è di 6 tonnellate per ettaro in terreni irrigati, e di tre tonnellate per ettaro in terreni che godono solo del ciclo delle piogge.

A proposito del rapporto tra disponibilità alimentare e crescita demografica, ha scritto Alberto Mingardi sul sito della Fondazione Liberal: «L’idea che fame e “sovrappopolazione” siano l’una la conseguenza dell’altra implica il pregiudizio che un’alta densità di popolazione debba essere sinonimo di carestia. Se fosse vero, non si capisce perché soltanto 7 dei 21 Paesi più poveri del mondo abbiano una densità di popolazione superiore ai 100 abitanti per kmq, mentre tra i 21 Paesi più ricchi ben 12 superano questa cifra.

Come ha notato (su “Federalismo e libertà”) Giorgio Bianco, studioso attento a queste problematiche, se l’India ha una densità di 284 abitanti per kmq, il Belgio ne fa registrare 331, il Giappone 332, l’Olanda 378, Singapore 5373, Hong Kong 5956. La superficie del Madagascar è quasi il doppio di quella del Giappone (587.040 kmq contro 377.835), eppure gli 11 milioni di malgasci muoiono di fame mentre i 126 milioni di giapponesi (con i loro 38160 dollari di reddito pro capite) sono il popolo più ricco al mondo dopo gli svizzeri. E la terra del Sol levante non abbonda certo di risorse naturali».

 Per quanto riguarda la scarsità alimentare, è ormai evidente a tutti che il problema è quello di vincere il sottosviluppo.

La fame si vince costruendo infrastrutture e favorendo l’utilizzo dei moderni metodi di sviluppo agricolo, e non finanziando inumani e costrittivi programmi di riduzione della popolazione.

É certamente vero che la popolazione mondiale dal 1900 ad oggi è aumentata di circa quattro volte, ma grazie al progresso economico, scientifico e tecnologico, nello stesso periodo di tempo il prodotto mondiale  lordo è aumentato di diciassette volte da 2300 miliardi di dollari nel 1900 ai 39.000 miliardi del 1997 .

Un solo dato: all'inizio del 1900 ogni agricoltore americano produceva cibo sufficiente per nutrire altre sette persone; oggi lo stesso agricoltore può sfamarne 96.

Anche ammettendo che la popolazione mondiale sia destinata a stabilizzarsi intorno ai 12 miliardi, non c'è dunque un problema di risorse, semmai di riuscire a trasmettere una cultura che favorisca lop sviluppo ed il benessere.

Ma questo è un problema che non dipende dalla crescita della popolazione bensì dalla gestione politica dei vari Paesi.


 
 
 

Post N° 207

Post n°207 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

La crescita della popolazione è sempre un bene

parte 5

 

Non c’ è sviluppo economico senza densità demografica

 

Sartori cosi’ come i neomalthusiani incappano in una serie infinita di “luoghi comuni” in aperta contraddizione con la realtà dei fatti.

Per esempio non è vero che la sovrappopolazione impoverisce. Al contrario non c’è sviluppo economico dove non c’è densità demografica

Nel 1800 la popolazione umana era di appena un miliardo di persone ed il reddito pro capite era di 100 dollari l’anno. Nel 1900 la popolazione è cresciuta fino a due miliardi ed il reddito pro capite è salito a 500 dollari . Attualmente con 6 miliardi il reddito pro capite è di 5000 dollari e nel 2100 si prevede che sarà di 30.000 dollari.

A tale proposito ha scritto Antonio Socci su il Foglio:  «Il XX secolo, quello in cui si è compiuta la vera, enorme esplosione demografica, è lo stesso secolo che ha visto – nella storia dell’umanità - la più grande crescita della ricchezza, della produttività, della salute, delle condizioni di vita e della speranza di vita e il più vasto arretramento della fame e delle malattie su tutto il pianeta (la popolazione è aumentata di quattro volte, ma il prodotto lordo mondiale è aumentato di diciassette)».

Sartori ha scritto su l’Espresso che: «la tecnologia ci ha già fatto imboccare il tunnel dello sviluppo "non sostenibile". Non sostenibile nel senso che la natura non è più in grado di provvedere a se stessa, di rigenerarsi e di autoripararsi. Non è solo che noi stiamo consumando risorse finite (petrolio e carbone) che finiranno presto; è anche che stiamo pericolosamente inquinando l'aria e l'acqua e pericolosamente disturbando gli equilibri climatici».     

Non  è vero che la tecnologia inquina. Al contrario, Sartori e i seguaci di Malthus mostrano di non conoscere il fenomeno della dematerializzazione.

Nel 1900 a New York c’erano 120.000 cavalli che producevano più di 200 tonnellate di escrementi. In media ogni singolo abitante di New York nel 1900 produceva più rifiuti dello stesso abitante che vive nel 1990.i 

Per esempio, nonostante che oggi le case siano più grandi, più fornite, più comode , il consumo di legno per costruzioni degli Stati Uniti è sceso a meno della metà di quello che era nel 1900. In parte perché gran parte del legno veniva utilizzato anche come combustibile ed in parte perché è stato sostituito da altro materiale (plastiche, alluminio, zinco, cemento ...)

Un grattacielo richiede oggi il 35% meno acciaio di quanto ne fosse necessario venti anni fa. Meno acciaio significa minor uso energetico, minor emissioni

Un cavo di fibre ottiche richiede circa 65 chilogrammi di silice, e può trasportare lo stesso numero di messaggi di un cavo di rame di una tonnellata.

Un cd rom può contenere 90 milioni di numeri di telefono, equivalenti a 5 tonnellate di elenchi telefonici.

In merito allo sviluppo tecnologico Gino Solitro ha scritto su la rivista telematica dell’Istituto Siciliano di Studi Politici ed Economici (I.S.S.P.E.) «Noi che abitiamo l’emisfero nord della Terra abbiamo avuto la fortuna di essere stati favoriti dalla tecnologia che - dice il prof. Sartori - "ci consente di vivere e di sopravvivere in modo innaturale" (MA ABBASTANZA BENE n.d.r.) perché dovremmo fermarla? Perché negare a quelli dell’emisfero sud igiene, sieroprofilassi, antibiotici, geriatria, diminuzione della mortalità infantile, progressi della medicina e della chirurgia, stabilità di rifornimento alimentari e di sicurezza individuale e collettiva? Per non farli vivere come noi oltre i 75 anni? Perché il numero dei nati morti superi sempre quello dei nati vivi? Il prof. Sartori che é uno scienziato, o quasi, dovrebbe essere meno egoista ed avere più fiducia nella scienza, (che ha già scoperto il genoma del riso, presto sarà la volta del grano, con possibilità nutrizionali impensabili) che avrà la capacità di rendere compatibile alle risorse disponibili l’incremento globale della popolazione mondiale nel rispetto assoluto delle norme morali e dei principi religiosi di ciascun popolo».

 
 
 

Post N° 206

Post n°206 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

La crescita della popolazione è sempre un bene

parte 6

 

Il mondo era migliore quando era meno popolato?

 

E’ opinione diffusa che il mondo fosse migliore quando c’erano poche persone. Ma si tratta solo di una sensazione irrazionale, perché in realtà Londra, Parigi, Roma, erano meno popolate ma altamente inquinate

Nel 1661 lo scrittore John Evelyn così descriveva Londra «A Londra la gente cammina e conversa perseguitata da questo fumo infernale. Si respira una nebbia spessa ed impura mischiata  a vapore sozzo e fuligginoso che causa mille malanni rovinando i polmoni e la salute dell’intero corpo per cui catarri, tisi, tossi e consunzione dominano in questa città »

Quando Goethe visitò Palermo e chiese perché mai nessuno spazzasse via gli escrementi dalle strade, la risposta fu «che la nobiltà gradiva un selciato molle per le carrozze»

In Francia al tempo di Rousseau: «Il fango di Parigi è una complessa mistura di sabbia infiltratasi nei selciati, di nauseabonde immondizie, di acqua stagnate e di sterco; le ruote dei veicoli la impastano, la diffondono, spruzzano le lordure sui muri, sui passanti »

Nel 1902 negli USA La vita media era di 47 anni.

Le prime cinque cause di morte erano: polmonite e influenza; tubercolosi; diarrea; malattie cardiache; ictus.

Non c’erano il DDT e gli antibiotici: la popolazione era decimata da malaria, tifo e tubercolosi.

Solo nel 14% delle case c’era una vasca da bagno e le donne solitamente si lavavano i capelli una volta al mese, usando un tuorlo d’uovo per shampoo.  

Nove adulti su dieci erano analfabeti e solo il 6% della popolazione possedeva un diploma di scuola superiore.

Come si fa a dire che oggi è peggio?

Insieme alla popolazione ed allo sviluppo tecnologico Sartori e Mazzoleni mostrano di soffrire di un altra ossessione: La Chiesa cattolica.

Sartori sostiene che è la Santa Sede la principale responsabile della sovrappopolazione mondiale, perché si oppone da sempre alle politiche contraccettive.

Anche in questo caso Sartori mostra di essere rimasto molto indietro nella conoscenza del dibattito. Anche se il suo ragionamento fosse plausibile alle ultime conferenze dell’ONU l’opposizione alle politiche contraccettive è stata molto vasta, insieme alla Santa Sede si sono schierati gli Stati Uniti e la maggioranza dei Paesi in Via di Sviluppo.

A proposito dell’influenza che la Chiesa cattolica avrebbe nella crescita demografica il missionario Piero Gheddo ha scritto sulle pagine del Corriere della Sera: «Il Terzo Mondo non soffre per troppi abitanti o per scarse risorse, ma per mancanza di educazione, di libertà, di pace, di ragionevoli scelte politiche a favore di campagne, agricoltura, e non delle élite e dei militari. Ecco perché la Chiesa dice: aiutiamo i poveri a svilupparsi e diminuirà anche la loro crescita demografica. L’educazione, unita allo sviluppo, è il solo metodo che funziona. Un rapporto del Parlamento indiano (1976) riconosce che gli unici a veder diminuite le nascite in modo sensibile sono i cristiani, perché le ragazze cristiane studiano, si sposano dopo i 18 anni e hanno, rispetto alle loro coetanee che si sposano a 15-16 anni, due figli in meno. L’ultimo censimento indiano (1991) attesta che nel decennio 1981-1991 le due regioni che hanno avuto il più basso incremento demografico sono le due più popolate da cristiani: Goa (15,96%) e Kerala (13,98%), contro una crescita nazionale del 23,50%. L’incremento demografico in India, nel decennio 1981-1991, è stato del 30,96% fra i musulmani, del 24,14% tra gli indù, del 22,25% tra i buddisti, del 16,83% tra i cristiani. Davvero la Chiesa è responsabile per l'aumento delle nascite nel Terzo Mondo?

E ancora. Le violente campagne di controllo delle nascite realizzate in Cina e in India hanno fallito e procurato gravissimi danni. In Cina, il regime totalitario impone un solo figlio per coppia; nelle campagne (dove vive l’80% dei cinesi) la gente uccide le bambine appena nate; i giovani in età di matrimonio faticano a trovare le ragazze da sposare, s’è creato uno squilibrio fra maschi e femmine: demografi giapponesi hanno calcolato, in occasione del censimento del 1991, che in Cina mancano all'appello 100.000 donne! In Bangladesh, dopo trent’anni di campagne contro la natalità, secondo un rapporto dell’Onu «solo l’8% della popolazione ha diminuito in modo sensibile le nascite». Chi? «Fanno meno figli i ricchi e le classi medie, cioè proprio quelli che dovrebbero averne di più, perché potrebbero mantenerli e dare così una classe dirigente al Paese. I poveri, invece, continuano come prima».

Per quanto riguarda la posizione assunta dal Presidente George Bush, contrario ad aborto e contraccettivi e favorevole a famiglia e difesa della vita, è certo che il presidente americano abbia tenuto in gran conto le argomentazioni di Giovanni Paolo II, ma ha anche risposto alle sollecitazioni che premi Nobel per l’Economia scienziati,  sindacati e gran parte della società civile statunitense  hanno sollevato.

Basta leggere la stampa anglosassone per constatare come il mito “maltusiano” sia ormai screditato e respinto. 

Stupisce poi che un liberale come il prof. Sartori possa proporre un’autoritarismo contraccettivo, cioè un autorità che intervenga per impedire agli uomini, soprattutto ai più poveri, di non procreare. 

Il prof. Amartya Sen, premio Nobel per l'economia 1998, intervenendo ad un seminario tenuto a Roma il 10 luglio 2000 «Sulla disuguaglianza» ha dichiarato: «Io penso che l’analisi di Malthus sulla crescita della popolazione sia completamente sbagliata. La storia e l’esperienza hanno dimostrato che l’istruzione delle donne è quella che permette di ridurre la fertilità. La produzione agricola inoltre è cresciuta sempre più rapidamente della popolazione. Non c’è quindi nessuna ragione di applicare queste idee antidemocratiche e antiumane di Malthus». 

 
 
 

Post N° 205

Post n°205 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

La crescita della popolazione è sempre un bene

parte 7

 

I Maltusiani hanno una bassissima concezione dell’uomo

 

Quello che più stupisce è la orribile concezione dell’umanità che i neomalthusiani esprimono.

Per i maltusiani gli uomini sono sempre troppi anche quando erano relativamente pochi per i neomalthusiani è l’uomo che è di troppo.

Da qui le considerazioni di Sartori che In una intervista rilasciata a  «Sette» ha detto: «Nel libro scrivo che non è più il caso di parlare di homo sapiens,  oramai sostituito dall’homo stupidus stupidus ».

Questa orribile concezione dell’uomo sta alla base della opposizione con la Chiesa cattolica, che al contrario vede l’uomo come “fatto ad immagine e somiglianza di Dio”.

Questa contrapposizione ci permette di chiarire meglio il punto di vista cristiano dell’ambiente e perché questo è in contrasto con la cultura ambientalista dominante.

Le differenze tra il movimento ambientalista e il pensiero cattolico sono molte e rilevanti.

La concezione dell’uomo per esempio.

Per un cattolico l’uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Per i verdi l’uomo  è cancro del pianeta.

Per un cattolico la crescita demografica è una benedizione del Signore, per gli ambientalisti è una disgrazia, la causa di tutti i mali.

I cattolici hanno una visione teocentrica che tende alla verticalità, dove il creato è stato messo a disposizione del Signore per curarlo, svilupparlo  e governarlo.

Mentre il movimento ambientalista ha una visione orizzontale che tende verso il basso, con la tendenza a divinizzare la fauna e la flora.

Il Dio in cui i cattolici credono è buono, e ama alla follia l’umanità, mentre il movimento ambientalista parla di una natura cattiva e vendicativa che si ritorce contro l’uomo per ogni sua azione.

Sarà forse per queste differenze che ad ogni sessione internazionale delle Nazioni Unite, il Movimento ambientalista si trova sempre sulla sponda opposta di quella della Santa Sede.

 
 
 

Post N° 204

Post n°204 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

COMUNE DI GORIZIA

COMMISSIONE CONSILIARE D’INCHIESTA SULL’ ATTIVITà  DI RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI DELLA SOCIETA' PARTECIPATA IRIS SPA

RELAZIONE

A cura del Consigliere comunale e componente della Commissione

dott. Francesco Del Sordi

(Segretario Provinciale per Gorizia dell’ associazione “Ambiente eè Vita”)

 

1.- Introduzione

Da anni ormai AMG prima, IRIS dopo, effettua la raccolta dei rifiuti per conto del Comune di Gorizia. La vicenda che ha visto nascere la “questione rifiuti” a Gorizia si può riassumere come segue.

Inizialmente la raccolta si effettuava con un sistema misto bilanciato “porta a porta” – “cassonetti stradali”. Allora, e per decenni, il cittadino ha goduto di un servizio per cui venivano effettuate tre raccolte settimanali domestiche di un rifiuto indifferenziato (da inviare a smaltimento), mentre presso contenitori stradali venivano conferiti, su base volontaria, una serie di rifiuti riciclabili.

In questo contesto ed in presenza di tre impianti di smaltimento (inceneritori di S.Andrea e Moraro, discarica di Pecol dei Lupi), il Comune di Gorizia e la sua Provincia godevano di una quasi totale autonomia economica di smaltimento dei rifiuti, fatto salvo lo smaltimento di rifiuti speciali non trattabili per limiti di natura tecnologica ed autorizzativa (batterie esauste, olii minerali, pneumatici, ecc.).

Nel corso degli anni si sono succeduti due importanti eventi: l’inceneritore di Moraro fu chiuso dal Sindaco di allora e, più recentemente, la stessa fine ha subito quello di Gorizia per decisione dell’attuale Giunta.

Eccezion fatta per le zone in cui si effettuava una sperimentazione di raccolta dell’umido, di altre frazioni e per le raccolte nei contenitori stradali, il vecchio sistema veniva gestito, a livello comunale, quasi esclusivamente con le sole risorse umane di AMG prima ed IRIS dopo.

Con l’avvio del nuovo sistema voluto dall’attuale Giunta di centro-sinistra, venne inizialmente introdotto un nuovo sistema che prevedeva il ritiro, una sola volta la settimana, del rifiuto indifferenziato da inviare allo smaltimento, mentre il conferimento del rifiuto riciclabile fu delegato obbligatoriamente, al cittadino-utente.

In quelle circostanze si verificò un aumento delle problematiche relative alla gestione della complessa macchina di raccolta, trasporto, recupero o smaltimento dei rifiuti.

Da una parte il Comune di Gorizia dettava le sue disposizioni per l’organizzazione della raccolta, dall’altra IRIS doveva organizzare la gestione (intesa come raccolta, trasporto, recupero o smaltimento) potendo contare sulle proprie forze, per quanto possibile, ed esternalizzando (o subappaltando) molti altri servizi.

Solo da luglio del 2006 sono intervenute delle modifiche migliorative a questo primo sistema proposto, ma di un tanto non è possibile valutare economicamente i risvolti in quanto la Commissione non ha avuto né il tempo materiale, né tanto meno la documentazione necessaria. Di fatto si è potuta analizzare solo la situazione di spesa e di gestione ante luglio 2006.

 

 

 
 
 

Post N° 203

Post n°203 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

COMUNE DI GORIZIA

COMMISSIONE CONSILIARE D’INCHIESTA SULL’ ATTIVITà  DI RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI DELLA SOCIETà PARTECIPATA IRIS SPA

Relazione

I compiti assegnati alla Commissione dal Consiglio comunale possono essere riassunti in due punti principali:

- valutazione di vantaggi e svantaggi di un maggiore o minore grado di “differenziazione” della raccolta e verifica sulla convenienza, economicità e qualità del servizio in relazione ad eventuali subappalti concessi da I.R.I.S. S.p.A. ed in relazione alle condizioni contrattuali e di lavoro del personale impiegato, sia di I.R.I.S. che di terzi. È innegabile che, se da una parte oggi subiamo gli effetti di un radicato peggioramento della gestione del servizio per cause endogene, ad esempio l’inasprimento dei rapporti sindacali, l’evidente differenza di trattamento dei dipendenti in varie parti del territorio provinciale, l’invecchiamento del parco macchine, grossa parte hanno cause esogene spesso legate ad un aumento incontrollato dei prezzi pagati per le varie fasi della gestione ad opera di un numero esagerato di ditte operanti.

- verifica dei costi sostenuti da I.R.I.S. per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, servizio di cui è concessionaria del Comune di Gorizia, e delle relative ricadute sulla T.I.A. a carico dei cittadini goriziani, con particolare riguardo all’eventuale individuazione di costi non attinenti, di eventuali diversi sistemi organizzativi o correttivi della raccolta;

Da una verifica effettuata sul numero di ditte che hanno operato nella gestione dei rifiuti in sub appalto e per conto di IRIS, si può constatare come per poco più di una ventina di tipologie di rifiuto da inviare a recupero o smaltimento e per varie attività connesse alla tenuta del decoro della città (spazzamento di strade e marciapiedi, svuotamento cestini, pulizia attorno contenitori stradali, ecc.), hanno operato mediamente una ventina di ditte.

Troppe sono state le aziende interessate in queste operazioni e troppo dispersivo l’eventuale lavoro di controllo che molto spesso quindi dava un pessimo risultato. Anche la gestione economica della esternalizzazione deve aver subito una espansione dei prezzi. Poche ditte più grandi potevano forse erogare lo stesso servizio a costi minori.

Per quanto riguarda la gestione delle isole ecologiche si evidenzia come nel 2005 il costo per singola isola si aggirava attorno ai 32.700 €/anno. Tale costo afferisce solo al personale e non a spese di tipo strutturale.

Un capitolo particolarmente interessante è quello del trasporto dei rifiuti a Trieste presso il termovalorizzatore e il punto di raccolta CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi).

Con la citata chiusura degli inceneritori provinciali, la porzione di rifiuti che non veniva smaltita presso la discarica di Pecol dei Lupi doveva essere inviata (e lo è tuttora) a Trieste con un notevole costo per tutta l’utenza. Il costo del trasporto effettuato da IRIS è stimato in circa 210 € a viaggio. Ovviamente, come tutte le spese legate alla gestione dei rifiuti e del decoro urbano, anche questa rientra tra i costi da distribuire sui cittadini

Al punto di raccolta CONAI venivano invece inviati tutti i rifiuti riciclabili raccolti dai contenitori stradali ad opera della ditta Calcina con costi differenziati a seconda della tipologia di materiale (carta, vetro, ecc.) e del giorno di raccolta. La raccolta ed il trasporto effettuata nei giorni festivi costava circa il doppio dei feriali (ad esempio per la carta 800 € la domenica rispetto i 480 € in settimana). Nulla di particolarmente grave se non fosse che abbiamo constatato che i camion raramente sono partiti a pieno carico, anzi spesso erano mezzi vuoti ma, ovviamente il costo sostenuto era lo stesso del pieno carico. Abbiamo verificato anche che durante lo stesso giorno, gli stessi camion partivano per più viaggi senza il pieno carico. Ad una nostra precisa segnalazione sul fatto che, diversamente da quanto previsto dal contratto, spesso la domenica c’era un solo operatore sul camion (il costo era calcolato per due operatori) non è stata riscontrata una opportuna verifica da parte di IRIS. Solo alcuni controlli sono stati eseguiti, e solo dopo la nostra segnalazione, due sole assenze rilevate da IRIS, moltissimi i casi indicati da alcuni consiglieri e non individuati. A fronte di due infrazioni è stata comminata una sanzione da 300 € nonostante la ditta avesse risparmiato tra i 120 ed i 200 € a camion alla volta.

Sembra inoltre che Calcina pesasse i rifiuti sulla sua bilancia ed IRIS non controllasse con una propria ovvero prendesse come riferimento solo gli scontrini di pesatura presentati.

La normativa nazionale dovrebbe riconoscere un’indennità chilometrica a chi è costretto a trasportare i rifiuti riciclabili a piazzole CONAI distanti più di 30 chilometri. Pare invece che il Comune non abbia percepito questa indennità seppur la piazzola CONAI sia localizzata a Trieste e quindi a più di 30 chilometri.

Sempre nel campo dei controlli, praticamente assenti su tutta la filiera, nessuna notizia ci è stata fornita in merito alle operazioni di vagliatura dei materiali provenienti dai contenitori stradali. Capitava spesso che la ditta dovesse “pulire” i materiali riciclabili da quelli non riciclabili a causa di errati conferimenti (ad esempio sacco di secco residuo buttato nel contenitore della plastica). Nulla di preoccupante se non fosse che tale operazione di vagliatura aveva un costo di 113 €/t mentre lo smaltimento del rifiuto residuo 140 €/t.

In merito alla discarica in Polonia, a fronte di un investimento di circa 1.500.000 €, al momento dell’acquisto si ipotizzava un rientro in 8/10 anni a causa dell’ipotetico scenario di chiusura entro il 2006 di molte discariche per l’imminente applicazione della normativa europea. Peccato che i nuovi paesi membri hanno avuto una proroga sull’applicazione di tale normativa e, ad oggi, non è più stimabile un periodo di rientro dell’investimento.

Per quanto riguarda il parco mezzi in dotazione ad IRIS, si è potuto constatare come i mezzi più nuovi siano stati spostati nella Sinistra Isonzo e spesso anche in surplus rispetto alle esigenze. Come conseguenza a Gorizia circolano camion più vecchi e più inquinanti. Mentre nella sinistra Isonzo hanno mezzi nuovi e maneggevoli, a Gorizia i dipendenti IRIS devono lavorare con camion a tre assi, anche per le vie più strette.

Dubbia è pure la convenienza dell’accordo commerciale tra le province di Trieste e Gorizia sullo smaltimento dei rifiuti al termovalorizzatore di Trieste: prezzi imposti dall’accordo ed obbligatoriamente accettati da IRIS, prezzi ingessati forse fuori mercato al quale IRIS non si è potuta rivolgere per cercare condizioni migliori.

Un capitolo a parte va destinato all’impianto di compostaggio di Moraro.

Tale struttura, costata oltre 3 milioni di euro, già dai primi mesi di attività ha dimostrato evidenti e consistenti carenze di tipo progettuale e strutturale.

Mancano già spazi per lo stoccaggio dei materiali poiché quelli che arrivano sono molto di più di quelli che partono.

Ci sono elevati consumi di combustibile per le varie macchine operatrici: circa 3000 litri di gasolio al mese. Ciò determina quindi anche un elevato impatto sul territorio.

Mancano le officine per la manutenzione in condizioni favorevoli  dei mezzi e delle attrezzature con conseguenti perdite di tempo e condizioni disagiate per gli operai.

Per quanto riguarda gli operai in servizio, 5 sono i dipendenti teorici, 3 sono in media quelli presenti.

Molte macchine dovrebbero lavorare in automatico ma invece sono ancora gli operai a svolgere manualmente o con macchine operatrici buona parte di queste attività.

Per quanto riguarda il compost prodotto, circa il 30% dell’umido che entra diventa compost, il 15% va in discarica od inceneritore il resto è composto da liquidi (che vanno trattati), polveri e gas (che ammorbano l’aria nei dintorni e causano disagi alla popolazione).

Spesso poi il compost prodotto non è buono e deve essere smaltito in discarica.

Sembra inoltre che tale struttura generi circa 250.000 €/anno di passivo.

In questo contesto progettuale e gestionale carente, recentemente IRIS  ha subappaltato l’impianto di raffinazione (compost, sottovaglio, rifiuti) alla ditta Gasparutti che gestisce anche la discarica di Pecol dei Lupi.

Nulla è emerso in merito ai costi, ma è plausibile pensare che tale conduzione abbia un costo che in qualche modo si riflette anche sulla TIA di Gorizia.

 
 
 

Post N° 202

Post n°202 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

COMUNE DI GORIZIA

COMMISSIONE CONSILIARE D’INCHIESTA SULL’ ATTIVITà  DI RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI DELLA SOCIETà PARTECIPATA IRIS SPA

3.- Conclusioni

La Commissione ha operato molti mesi utilizzando informazioni fornite da IRIS e dai suoi dipendenti. In questo contesto deve comunque essere citato anche l’intervento del Presidente del Consiglio d’amministrazione di IRIS dott. Gutty, effettuato in Consiglio comunale il 18.12.2006.

Dal punto di vista economico gestionale le forti immobilizzazioni che sono state determinate negli anni hanno creato in IRIS una situazione debitoria generale di circa 17 milioni di euro.

In questo contesto forti sono i deficit causati da scelte politiche dell’Amministrazione provinciale e comunale.

La chiusura dell’inceneritore di Gorizia provoca circa 900.000 €/anno di passivo per maggiori costi di personale e smaltimento ma anche per minori introiti.

La chiusura dell’inceneritore di Moraro ha invece determinato un esubero di 8 persone, impiegate in altro modo, ma comunque determinanti un maggiore costo.

Per quanto riguarda la perdita del settore rifiuti questa era già nota da tempo ai Sindaci: 1 milione nel 2003, 1,5 nel 2004, 2,6 nel 2005.

Se è pur vero che IRIS ha organizzato il servizio con difficoltà in osservanza a quanto stabilito dal Comune, è altrettanto vero che, in base ai documenti visionati, non sembra abbia scelto la via più breve per risolvere i vari problemi che di volta in volta sono sorti.

È mancato un controllo capillare degli adempimenti contrattuali delle ditte incaricate a svolgere i vari servizi.

Anche nella gestione del personale di IRIS e dei suoi mezzi, è ipotizzabile che la distribuzione differenziata dei veicoli a Gorizia (pochi e vetusti) abbia influito sulle spese generali

Per concludere ritengo che sia necessario procedere urgentemente alla stesura di un nuovo contratto di affidamento del servizio con clausole più restrittive e condizionanti per IRIS Il Comune da parte sua deve individuare una figura preposta alla verifica “in continuo” degli adempimenti contrattuali e dell’addebitamento dei costi di gestione.

È infine auspicabile che il Comune verifichi attentamente anche l’eventualità di affidare il servizio ad un altro gestore qualora le condizioni economiche e la gestione operativa siano più vantaggiose per i cittadini.

dott. Francesco Del Sordi

 
 
 

Post N° 201

Post n°201 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

Dal cestino del capo Redattore de "Il Piccolo"

Scusate il “personalismo” e il “localismo” ma… se la stampa locale non si degna di pubblicare comunicati e lettere che non siano a firma di esponenti delle blasonate e lautamente remunerate holding dell’ ecologismo “politicamente corretto”  (leggi Legambiente, WWF e compagni…), non abbiamo altro mezzo che sfruttare il “passaparola” e la rete e’ di grandissima utilita’.

Quelle che seguono sono considerazioni espresse circa una “emergenza” ambientale relativa a Trieste. Emergenza che nasce nel momento in cui si e’ costretti a fermare due delle tre linee di alimentazione del termovalorizzatore comunale, ma che ha radici profonde… perche’ un assessore “part time” per l’ Ambiente e’ troppo poco.!

“Sull’ onda emotiva dello stop al termovalorizzatore e dell’ incombere di una emergenza rifiuti, qualcuno a Trieste chiede per l’ Ambiente, un assessore comunale “a tempo pieno”… Magari! Ma sappiamo che non e’ realistico. Accontentiamoci di quello “part-time”, ma poniamogli dei punti fermi e degli obiettivi, perche’ cosi’ non si va da nessuna parte, e se quello dei rifiuti e’ solo un episodio, grave, ma  circostanziato, c’e’ molto altro di cui vorremmo parlare, senza fare demagogia e senza allarmismo, ma spinti da una profonda delusione…

Partecipazione e condivisione delle scelte di politica ambientale, dialogo e confronto con le associazioni e con i portatori di interesse, erano una procedura oramai consolidata con l’ assessore Ferrara, e c’erano in programma anche quelle azioni concrete, ora e’ di moda chiamarle strutturali, che attendiamo da tempo… alcune impostate preliminarmente gia’ con gli assessori Bradaschia e Frezza, molte puntualmente individuate in “Agenda 21” di cui da anni si e’ persa traccia e persino il ricordo.

Tra tanti provvedimenti attesi il “Piano del traffico”, va bene avviare la sperimentazione, purche’ non sia l’alibi per insabbiarlo! E ancora la variante al “Piano regolatore”, quello che l’ arch. Portoghesi ha predisposto in base ai desiderata del sindaco Illy e di qualche suo “previdente” assessore. Una variante invocata da tutti per porre un freno alla devastante invasivita’ di certe lobby del mattone e contestualmente una riedizione piu’ seria e credibile del “Regolamento edilizio”, quello nato asfittico dopo una gestazione di 35 anni… e che permette alla scarsa qualita’ edilizia, paesaggistica ed estetica della periferia di minacciare anche aree residenziali e centrali, una volta di pregio.

Si parlava poi della seconda puntata del “Regolamento del Verde”, per completare l’ opera ferma al solo verde pubblico, del problema dei ripetitori e delle antenne, delle polveri sottili e delle emissioni inquinanti prodotte non solo dalla Ferriera e dal traffico, ma anche da impianti di riscaldamento sul cui controllo qualcosa ci sarebbe da dire. Aggiungiamo, restando in tema, lo spreco di energia per l’ inutile surriscaldamento degli edifici, in particolare di quelli pubblici, ma anche di tanti esercizi commerciali e ancora dell’ inutilita’ di illuminare fino a tarda notte monumenti e palazzi di una citta’ deserta. Aggiungiamo ancora che, in considerazione dell’ insistenza sul territorio comunale di un vasto sito di interesse nazionale, contaminato e da bonificare, si e’ formata una diffusa competenza tecnica di settore verso la quale ci si sarebbe aspettati un po’di attenzione da parte del Comune se non altro per indagare e risolvere i problemi di altre aree private o pubbliche che notoriamente sono state oggetto di pesante contaminazione, ma sulle quali, nonostante siano di specifica competenza comunale, e’ sceso il velo dell’ oblio. Tanto per citarne qualcuna il Broletto con gli idrocarburi nella falda, le antiche Fonderie di via della Tesa con metalli pesanti e idrocarburi mai caratterizzati, o la diossina nel sottosuolo dell’ ex inceneritore di via Giarizzole.

Questa “nota della spesa ambientale” che - senza rancore - sottoponiamo all’ attenzione dell’ assessore Bucci potrebbe essere molto piu’ lunga, per quieto vivere ci fermiamo qui… Forse non sono tutte competenze di un assessore all’Ambiente, certo sono tutte criticita’ che un assessore all’ Ambiente dovrebbe porre in discussione con i colleghi di Giunta… puntando i piedi, se necessario, e alzando la voce!  Ma un assessore part-time puo’ avere altre priorita’ e dimenticarsi che l’ Ambiente e’ uno dei punti di forza di qualsiasi amministrazione che abbia a cuore la Qualita’ della Vita dei suoi cittadini… ma e’ anche uno dei temi su cui ci si gioca il consenso degli elettori.”

(firmata)

Ambiente eè Vita

Il Segretario Regionale per il FVG

 

 

 

 
 
 

 

Post n°200 pubblicato il 27 Marzo 2007 da uomo_ambiente

INDICATORI DI SOSTENIBILITA'

Premesso che qualsivoglia valutazione della sostenibilita’ di un intervento che incida sul territorio richiede degli indicatori specifici e che in questa direzione si sono mossi da tempo i piu’ importanti istituti di ricerca applicata all’ Ambiente.

I cosiddetti indicatori di sostenibilita’ sono uno strumento per rappresentare in modo sintetico i diversi problemi indagati, senza che vada perso nel “fare sintesi” il contenuto informativo sviluppato nel corso dell’analisi. Essi sono utilizzati da tempo anche in economia o nelle indagini sociali. Il loro scopo è quello di rappresentare e mettere in evidenza per ogni fenomeno indagato, le tendenze nel tempo, il rapporto con obiettivi di legge o con obiettivi di sostenibilità, le relazioni causa-effetto, l’efficacia delle politiche pubbliche, la capacità di innovazione ambientale del sistema economico e dei cittadini.

Gli indicatori sono necessari inoltre per saldare la conoscenza con la scelta politica, tramite quell' atto cruciale che è la valutazione delle prestazioni, in termini di sostenibilità, dei sistemi che vanno governati e delle azioni di governo.

Senza questa valutazione, l'azione politica procede alla cieca. Per queste ragioni, la messa a punto di un insieme di indicatori di sostenibilità, fondati su buone teorie, efficaci nell'orientare i processi decisionali, efficienti nei monitoraggi, è diventato uno dei compiti primari della ricerca in tema di sostenibilità.

 
 
 
 
 

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