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OGNUNO HA QUELLO CHE SI MERITA

Post n°25 pubblicato il 07 Ottobre 2010 da mr.red_y

Un tempo lavoravo con un ragazzo, deprecabile persona (ma è opinione personale e ininfluente), il quale continuava insistentemente a sostenere la tesi che ognuno ha ciò che merita.

Ho aborrito questo motto per buona parte della mia vita, poi ho iniziato a fare delle distinzioni: è vero fino a quando quello che potresti avere può dipendere dalle tue azioni.

Mi spiego? In soldoni: se ci si lamenta che non si trova lavoro e poi si passa la giornata a casa a vedere i programmi del pomeriggio in tv, è sacrosanto il concetto che quella situazione tendi a volerla.

È vero però anche che non sempre gli eventi che plasmano la nostra vita sono dipendenti dalla nostra volontà, o che noi stessi possiamo mutarne il corso in una qualche maniera, pensiamo soltanto ad una fatalità frutto puramente del caso che ci cambia la vita in maniera definitiva ed inesorabile senza appello.

In buona parte dei casi però è spietatamente vero il contrario e cioè che veramente ognuno ha quello che si merita.

Prendo atto ancora una volta del fatto che le persone peggiori alla fine la spuntano con ragione, inteso che il mondo è dei furbi e degli stronzi, e che basta fare i capricci e le mattane per averla vinta, e ne ho esempi in continuazione.

Sono veramente stanco di dover sempre essere io quello responsabile, l’adulto, quello che deve prendere e farsi un esame di coscienza mentre i ragazzini capricciosi e piagnucolanti o i furbi che fanno i matti la spuntano.

Sono stanco di dovermi solo e sempre consolare. Consolare costantemente del fatto che alla fine mi rimane, in larga massima per carità, la rettitudine e  l’onestà morale. Sono stanco di dover essere io quello che si comporta da adulto.

A questo punto è vero: ognuno ha quello che si merita.

Ognuno ha la vita che merita e se si ha qualcosa che non va bene, beh, è perché lo si vuole.

Tenetevi quello che avete, ve lo meritate tutto, del resto avete lavorato tanto per ottenerlo no? Ma il primo che si lamenta deve essere fucilato alle spalle dopo atroci torture.

 
 
 

ADDIO

Post n°24 pubblicato il 06 Ottobre 2010 da mr.red_y

Piango lacrime amare.

Il mio strumento è volato nelle mani di chissà chi… e io?

Spiego?

All’inizio la corsa era: pronti,via, il primo che arriva prende il premio messo su quella pietra là.

Poi l’evoluzione.

A oggi c’è uno strumento da polso non più pesante di un’ottantina di grammi, che, collegato al satellite, ti dice in tempo reale la velocità a cui stai correndo, la media tenuta, la distanza percorsa, il ritmo cardiaco, il dislivello, la pendenza, altre informazioni più o meno utili e quello bello ti fa anche il the.

Ecco: il mio è, come dicevo prima, nelle mani di chissà chi. Povero, lontano dalla sua culla di ricarica e da chi con passione lo ha portato in giro per il mondo a far danni. Compagno di avventure, di fatiche e di soddisfazioni: ricordo 2x2000, 5x3000, 25x400 fatti in pista, solo a l buio, a girare come un criceto. Ma non solo: c’era lui. Lui che ha sofferto con me gare sotto l’acqua, sotto il sole, sotto la neve…

Colpa mia: quando uno, come succede a me in questo periodo, per una serie di ragioni ha la testa nel buco del (stavo per dire un posto) water, non può tirarsi addosso danni: l’ho abbandonato dopo la doccia nello spogliatoio del campo d’atletica di Redland.

L’idiota se n’è accorto il mattino dopo al momento ti partire per una nuova impresa: “oh, ma dove ho messo il Garmin?” pacca sulla testa con bestemmione incorporato, “al campo, appeso al porta abiti della doccia”. L’ho lavato, l’ho appeso li e non l’ho più portato a casa.

Ho chiesto con fiducia al custode se avesse rinvenuto il prezioso strumento… nulla.

Potrai mai perdonarmi?

Resto in attesa di eventuali insulti, anche se abbisogno di assoluto conforto…

Morale? Il coccodrillo come fa?

 
 
 

La fatica…

Post n°23 pubblicato il 06 Ottobre 2010 da mr.red_y

Lo spunto per questo post viene da una amica che dichiara che “è tutto troppo faticoso”.

In realtà questo post non ha a che fare credo nulla con quanto volesse dire l’autore, ma voglio raccontare il mio rapporto con la fatica.

Per quello che mi piace fare, la fatica è la parte fondamentale: per allenarsi in maniera proficua per una gara di resistenza come può essere una maratona, un ironman, occorre anche fare, oltre a tutto il resto, una serie di allenamenti “da scarichi”, cioè delle uscite di allenamento da digiuni, per insegnare al tuo corpo ad attingere alle riserve di “propellente” che ha a disposizione: sono allenamenti molto duri: pensate a un’uscita di 20 o 25km senza aver mangiato nulla e senza nutrirsi.

Sono esempi come altri.

Bisogna dire però c’è fatica e fatica.

Esiste una fatica che è sostenibile perché sai che comunque ti sta portando verso un obiettivo, non importa se è lontano, un passo dopo l’altro, senza perdere di vista il motivo per cui risorse vengono spese, dimenticandosi ogni giorno di quanto questo ci sprema, avremo i risultati.

Esiste invece una fatica logorante: è quella che si subisce passivamente, è quella da cui non vediamo via d’uscita o quella che pare non portare da nessuna parte, quella che ci sembra insostenibile perché nemmeno fine a se stessa, peggio. Quasi insana. Quella che ci sottrae solamente risorse senza darci nulla in cambio, quella fuori controllo.

Benchè io sia convito che qualunque sforzo indirizzato al miglioramento della propria qualità di vita valga la pena di essere speso, è fondamentalmente carattere; intendo dire: la sostenibilità di uno sforzo è assolutamente personale. In sostanza: se vuoi essere felice devi farti il culo. Se non lotti fino in fondo per fare in maniera di esserlo, vuol dire che non ti frega, di qui il vecchio e annoso discorso del migliorarsi o del cambiare il proprio stato, che gran vespaio suscita sempre (anche recentemente nel blog di un’amica): se sei grasso e ti lamenti del tuo stato, o ti metti a dieta oppure in realtà la tua situazione tutto sommato non è che ti dispiaccia poi così tanto. Ne deriva il concetto fondamentale: se non stai facendo niente per cambiare, ogni lamentela è egocentrismo e compiacimento nel farsi compatire.

Dall’altra parte è sacrosanto trovare il punto invece dove mollare: in parete si taglia la corda per non morire tutti, anche se in realtà moralmente si muore tutti, anche chi rimane ne lascia un bel pezzo. E la vita vera è uguale. Qualunque sia la scelta, occorre avere ben presente l’obiettivo che si vuole raggiungere: si vuole essere felici? Si vuole sopravvivere per avere meno problemi possibile? Ci si vuole trascinare per inedia perché così è molto meno faticoso e ci si può lamentare delle condizioni? Legittimi tutti quanti, sulla condivisibilità ho delle riserve, ma sono opinioni, quindi “opinabili” in per loro natura.

Io voglio essere felice e per ottenere questo non me ne frega niente di farmi il culo: se c’è qualcosa da cambiare lo cambio senza passare dal via, ma prima lotto fino in fondo. Sempre.Niente è troppo faticoso se si tratta di me, per tutto il resto c’e mastercard, esaurito il plafond, finita la festa.

 
 
 

NIENTE FEBBRE…

Post n°22 pubblicato il 02 Ottobre 2010 da mr.red_y

22:09 spengo il secondo telefono, quello per chiamare Lei, così non mi costa nulla e mi posso permettere i record del mondo si telefonata a Lei: 1h18’.

22:09 e vado  a letto, e domani non ho nemmeno una gara che giustifica tanta “ligità”. È solo voglia di spegnermi, magari domani mattina mi faccio un lungo che male non fa mai.

È che in questi giorni porta così. Una serie di giorni di “vacanza” passati a fare e progettare casa (cazzo come stanca, quando è quella degli altri stanca un quinto). Passati a Casa. Si , passati a Redhouse, quella nuova, quella vera.

Ho mangiato bene, ho bevuto meglio (forse troppo), ho sentito artigiani per preventivi vari perdendo qualche anno di vita, mi sono allenato troppo poco e mi è mancata Lei. I suoi odori sono ovunque qui, come le immagini di momenti indimenticabili.

Se penso a dove è in questo momento, se penso a che spirito la pervade in questo momento….

Non importa, dopotutto domani è un altro giorno, come usiamo dire noi rossi.

Ora mi faccio quattro risate con un film, magari metto su “il vigile”… ma prima… prima chiudo tutto per bene: cancelletto e imposte della portafinestra della cucina, tanto lei, ne’stasera ne’domattina verrà.

 
 
 

LA PRIMA VOLTA

Post n°21 pubblicato il 26 Settembre 2010 da mr.red_y

La mia settimana è stata intensa: intensa di prime volte. La prima volta può essere molte cose: indimenticabile, disastrosa, magnifica. Probabilmente tutte queste cose. Certamente invece sarà unica.

Lunedì: scrittura privata per l’acquisto della mia prima casa. La prima Redhouse proprio di Red! Proprio mia! , piccola, scassata (da rimettere a posto), ma tutta mia, dalla cantina all’ inutile antenna tv, compreso l’orto e i fiori del giardino, con tutte le meravigliose cianfrusaglie che ci sono dentro… con tutti i miei ricordi.

Ho comprato quei gradini.

Mercoledì: prima notte a Redhouse, ma di questo non scriverò. Tranne che non avrei mai potuto chiedere tanto: non lo scorderò mai fin che vivo.

Giovedì: prima cena a Redhouse. Frugale pasto a base della specialità italiana per eccellenza. È la compagnia ad essere speciale. Conta quella no? Come è bello essere felici a casa propria, e io lo sono? Chiedetemelo tra sei mesi.

Per ora rincorro un sogno … sai, fosse mai.

A piccoli passi.

 
 
 

PARTIRE È UN PO’MORIRE

Post n°20 pubblicato il 20 Settembre 2010 da mr.red_y

Novembre, interno mattina, (praticamente interno notte), carrellata sul buio di una camera da letto. Si intravvede in lontananza l’ora risplendere nel buio: sono le 6. Il silenzio ovattato avvolge tutto e attenua ulteriormente la sensazione irreale di calma. Le coperte non lasciano che l’indefinita incertezza: in corpo; soltanto se ne intuisce la presenza sotto la coltre che lo ricopre.

Musica; la sveglia suona squarciando il silenzio.

Ora tocca uscire dal letto a 28 gradi per attraversare l’ambiente a 16 ed entrare in bagno.

Ce l’abbiamo presente tutti no?

Ecco, io ne ho una versione più sadica e perversa; più dolorosa ancora:

immaginate che siano l’una, le due. Avete passato una serata spettacolare, di quelle dove si mischiano il sesso più sfrenato e l’amore più tenero e intenso. Poi, si rimane a chiacchierare, a ridere, a coccolarsi, insomma, si sta insieme fin che il fisico e mente reggono, fin che anche la volontà cede; fin che si crolla l’uno sull’altro in un meritato sonno pacifico e sereno. Se ti potessi vedere… hai il sorriso sulle labbra.

Trillo agghiacciante del telefono: la sveglia. Già, l’abbiamo impostata per non “far tardi”…

Dal letto caldo di coccole e profumo di Lei, ti devi ribaltare in bagno poi vestire e… devi andare. Violentarti a tornare in un posto che stasera in particolare ti sta stretto.

Salti in macchina, devi farti quei tuoi 30-40km, e in quei km ti vengono in mente pensieri strani: non vorresti fosse così. Vorresti poter rimanere… Addirittura maledici chi resta.

Ma anche chi resta patisce. Patisce il distacco, patisce a rimanere in quel posto pieno dei profumi di chi è dovuto partire, patisce il fatto che quando tocchi, non c’è. Non c’è più.

E soffre; soffre dello stesso male di chi parte: si chiama nostalgia, si chiama incompletezza, si chiama… come si chiama?

 
 
 

STRONZI

Post n°19 pubblicato il 16 Settembre 2010 da mr.red_y

Il paragone tra l’escremento e il soggetto umano definito come tale è impressionante: non mi ero mai soffermato sulla cosa, ma pensandoci bene incredibilmente calzante. Fate caso:

Gli stronzi sono spiacevoli: su questo non ci piove. Chiunque di noi preferirebbe evitare il contatto.

Gli stronzi sono veicolo di infezione: Occorre proteggersi poiché il rischiano di contagio è elevatissimo. Pensate ad un ambiente sano e piacevole. Lo stronzo entra in azione ammorbando una situazione che invece sarebbe piacevole e leggera

Gli stronzi puzzano: è un dato di fatto e purtroppo è una delle cose a dir poco fastidiose che si portano appresso. Dovrebbe essere un vantaggio perché l’odore ci dovrebbe avvisare della loro presenza e permetterci quindi di tenercene lontani. Sovente però non ci è data facoltà.

Gli stronzi galleggiano: sanno nuotare benissimo e restano a galla in qualunque situazione.

Gli stronzi sono dove meno te l’aspetti: se non fai più che attenzione a dove vai, rischi di imbatterti in loro. Come per strada: tu pensi allegramente ai fatti tuoi e come d’incanto… eccolo li. E quella roba te la porti appresso tutto il giorno con l’onere dello schifo di levarti di dosso i segni del suo incontro.

Gli stronzi si mimetizzano, come le pietre: a volte sembrano innocui, abbassi la guardia e invece ecco li che si rivela la reale natura.

Gli stronzi sono eterni: al di la di quelli fossili rinvenuti dagli archeologi nei siti più disparati, il concetto è che gli stronzi non muoiono mai. Ce ne sarà sempre uno in cui ci imbatteremo e che riuscirà a renderci spiacevole un momento più o meno lungo della vita

Gli stronzi sono infiniti: sono come gli idioti di cui la madre è sempre incinta. È un settore che non conosce crisi. Ovunque ti giri imbatti in una situazione ricca di.

Ma ci sono degli stronzi buoni? Oppure sono come i pellerossa per i coloni americani nel far west: “l’unico stronzo buono è uno stronzo morto”. O meglio ancora, ci sono dei lati positivi? 

Secondo me si:

Lo stronzo è salutare: nel momento in cui te ne liberi stai molto meglio, ti sei liberato degli scarti e puoi proseguire sereno, leggero e felice.

Lo stronzo può rivelarsi utile: usato con molta attenzione, bisogna essere veramente bravi, accorti, si può rivelare utile a nostro vantaggio, come fertilizzante ad esempio, portato come esempio negativo, può essere un ottimo deterrente a migliorare l’ambiente: infatti dallo stronzo si può anche ottenere energia.

Morale? Nonostante il bilancio sia pur sempre sfavorevole, non tutto il male viene per nuocere, ma ... che stronzi!

 
 
 

QUANDO LE DIMENSIONI CONTANO

Post n°18 pubblicato il 15 Settembre 2010 da mr.red_y

Noi maschi tendiamo a far a gara a chi ce l’ha più lungo. A partire da chi si fa il SUV delle dimensioni di un autobus londinese perché il vicino o il collega ne ha uno soggetto a patente E…

Ma le dimensioni contano? C’è chi sostiene di no.

Io sostengo accanitamente di si.

Ad ulteriore riprova della mia tesi, il Buon Enrique Iglesias, Noto figlio d’arte, che a seguito di una intervista ad un giornale Britannico dove ha pubblicizzato dimensioni intime diciamo ridotte, è stato contattato da una nota casa produttrice di profilattici extra small per diventare testimonial del prodotto.

Un milione di dollari sarebbe il compenso per quello che per il resto del genere maschile è una iattura a smentire la pubblicità Mastercard.

C’è chi ha tutte le fortune: bello, figlio d’arte, la Kournikova… e mini dotato. Io mi tengo le mie, a volte un po’più piccole e a volte un po’più grandi, e al Sig. Bonaventura lascio il suo milione.

 
 
 

GIOCATTOLI

Post n°17 pubblicato il 13 Settembre 2010 da mr.red_y

L’altra settimana ho comprato un anello vibrante.

Mi incuriosiva, volevo sperimentare. Del resto che c’è di meglio per cementare un’unione che un anello?

Premesso che a me piace il sesso, ma non fine a se stesso, mi piace quel sesso fatto bene, e non è poi così scontato: non a tutti piace. A molte donne che lo fanno con paura o senza trasporto, quasi come un dovere, mentre dovrebbe essere tutt’altro, e, udite udite, anche gli uomini non ne sono immuni. Chi proprio non ne sente la necessità e chi invece li interpreta come un puro “svuotamento di tubo”.

A me no, a me piace e piace farlo bene, con quelle a cui piace, che se lo godono senza inibizioni, senza tabù e con curiosità.

Detto questo, ieri sera mi sono ricordato della cosa, aperto il cassetto, scartato l’oggetto, infilato e… non va.

Non va perché è già scarico. Porc..

Va be’, assodato che non funzionava è stato prontamente da Lei rimosso con ferocia dalla sede e si è provveduto senza meno alla prosecuzione dei lavori.

Insomma, non ne abbiamo fatto un dramma, anzi, è finito tutto magnificamente, in un “esplosione” di chiassosa gioia, Persin meglio del previsto considerando le condizioni fisiche di entrambi.

Però son cose che ti segnano. Poco, ma un po’ti segnano. Ora rimango col dubbio. Al di la del fatto che ero curioso di scoprire questo pubblicizzato incremento delle prestazioni erotiche del 20%, che mi sembra tanto, e quindi oltre che deluso rimango nell’incertezza di aver mancato un superrapporto da lasciare il segno…

Inoltre, che faccio? Lo porto dove l’ho comprato e me lo faccio sostituire? Scrivo alla Durex e me ne faccio mandare un altro? Potrei, ma non ho trovato il certificato di garanzia…

 
 
 

IN ATTESA DI DEFLAGRAZIONE

Post n°16 pubblicato il 13 Settembre 2010 da mr.red_y

Già visto vero? Ma da dietro (o meglio dall’altra parte)… tutta un’altra cosa.

Nei rapporti ci sono alti e bassi, momenti in cui tutto gira per il verso giusto, e altri dove, diciamo, ci sono problemi nel relazionarsi. Ecco, nel mio caso il tutto è elevato all’ennesima potenza: i picchi sono vette Himalayane ma i down sono fosse marine profondissime.

Ecco, questo è uno dei momenti di culmine: siamo in vetta. Il problema è che quando arriverà la “bassa pressione”, perché arriverà, arriva sempre, sarà con la solita detonazione nucleare da parte di Lei aumentata ulteriormente dall’ultima.

Cerco di spiegare meglio che cosa intendo: la paura fa fare cose strane, gesti inconsulti, fa reagire in maniere spropositate, irrazionali, e fin quando ci si lascia trasportare dalla corrente degli eventi, non capita nulla, certo, qualche screzio, ma nulla di che. Poi, di colpo, come uno stormo di uccelli che si leva in volo spaventato dal movimento di un nonnulla, ecco il terremoto. Città del Messico, per rendere l’idea di cosa sto parlando. Frasi del tipo “ti odio perché mi fai stare così”, forte, fortissima insofferenza nel relazionarsi, nervosismo, e dichiarazioni di abbandono definitivo.

Ben inteso: non si sa mai, potrebbe anche non capitare e nell’eventualità grandi salti di gioia stile parkour…

Staremo a vedere. Per ora, come si dice: “carpe diem” no?

 
 
 

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