Creato da votattilio2008 il 28/03/2008

A.T.T.I.L.I.O.

Attivisti Territoriali Terribilmente Incazzati Lievemente Inconsapevoli a Oltranza

 

 

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Pd Roma, fra il dire e il fare...

Post n°264 pubblicato il 14 Ottobre 2010 da votattilio2008
 

Ho riflettuto molto se scrivere o meno di questa vicenda, primo perché mi riguarda direttamente, almeno in parte, secondo perché forse servivano altre prese di posizione, più autorevoli, che al momento tardano ad arrivare.

Alla fine ho deciso di spiegare come la vedo, perché credo sia emblematica rispetto alla situazione del nostro partito, ma anche perché credo che il PD abbia bisogno di persone che pensano e dicono quello che pensano pubblicamente, senza paura. Sarò vecchio ma credo che un dirigente di partito abbia questo dovere. E invece nel PD regna un clima di ipocrisia generalizzata, di tatticismi esasperati, di “meglio che mi faccio gli affari miei”. In tutte le are, componenti, cantucci vari, senza distinzione. Questo è il frutto più velenoso dell’organizzazione correntizia: il fatto che non discute più liberamente, ma si sente cosa dice il proprio capobastone e poi ci si allinea. Ma un partito che premia la mediocrità e l’ipocrisia, il “sissignore”, non va da nessuna parte.

 

La vicenda che vorrei provare a raccontarvi è quella della nomina di Piero Latino, come assessore ai Lavori pubblici del X Municipio.

Inizio facendo gli auguri a una persona che continuo a ritenere uno dei dirigenti più capaci del Pd del Lazio, tanto che ho sostenuto lealmente la sua candidatura come segretario. Auguri non formali: come sempre sarò pronto a dare il mio contributo in termini di impegno e di idee per aiutarlo, se lo riterrà opportuno, in un lavoro che non sarà facile.

 

Detto questo, però, devo dire, con la massima onestà che di questa nomina non ho condiviso né il metodo né il merito.

Come è andata: venerdì scorso il capogruppo del PD in Campidoglio ha incontrato il presidente del X Municipio. E qui le versioni divergono. Secondo Latino gli ha chiesto una sorta di “placet preventivo”, per non aprire una discussione inutile all’interno del PD. Di questo, a quanto mi risulta, era stato preventivamente informato, Marco Miccoli, coordinatore della campagna elettorale del PD di Roma, poi diventato di fatto coordinatore del partito. Secondo Medici, invece, la comunicazione è stata del tipo: “Questa è la scelta fatta dal PD”.

Racconta Latino che, subito dopo il via libera preventivo del presidente, ha chiesto al coordinatore del PD del X Municipio, Giulio Bugarini, di organizzare una riunione del partito del X Municipio per verificare il consenso su questa opzione. Detto fatto. Lo stesso Bugarini, sabato mattina di buon ora ha telefonato ad alcuni dei coordinatori dei circoli. Racconta Valter Avellini (Capannelle): “Mi ha comunicato semplicemente che il PD aveva scelto e il nome indicato a Medici era quello di Piero Latino”. Altro che discussione in una sede di partito. Peraltro difficilmente individuabile, da noi abbiamo il coordinatore, che però si è sempre rifutato di procedere all'elezione del coordinamento. Hai visto mai che qualcuno disturbasse le grandi manovre!

Lunedì, l’area Marino del X Municipio, con la presenza di Maurizio Veloccia, che vorrei ringraziare, aveva già da tempo fissato un incontro con Miccoli, proprio per parlare di questa vicenda. Le dimissioni di un assessore di cui non si sapevano – e ancora non si sanno - le cause.

Malgrado il fastidio per la piega che avevano preso gli eventi, siamo comunque andati all’incontro. Presenti anche Flavia Leuci, consigliere provinciale, Arianna Vannozzi, coordinatrice del circolo di Anagnina.

Miccoli ci ha spiegato che quella postazione, istituzionale non di partito, era stata assegnata in un accordo romano, nel 2008, all’area D’Alema. E che questo equilibrio non si poteva toccare. Almeno fino al prossimo congresso. La suddetta area aveva indicato Latino, scelta su cui lui auspicava un’ampia condivisione di tutto il partito. Latino doveva essere, insomma. E' espressione del PD del territorio? No, abita dall'altra parte di Roma. Particolari competenze nella materia? Boh? In più, essendo consigliere di amministrazione di una grande società pubblica, la Cotral, si apre una delicata questione di conflitti di interesse, oltre che di cumulo di cariche (Latino fa parte anche del coordinamento politico del PD di Roma). Tutto questo conta? No, l'area D'Alema, aveva deciso.

Ieri pomeriggio la nomina ufficiale da parte di Medici, che ha dimostrato di abdicare con grande docilità al volere dei capi di un pezzo di una parte dell’area Bersani. Quando pare a lui i poteri del presidente non contano. In passato quando tutto il partito, all’epoca i Ds, gli indicò un assessore molto scomodo per lui, dimostrò di avere un grado di “autonomia” molto maggiore.

Ma non era di questo che volevo parlare.

Quello che mi preme mettere in evidenza è la siderale distanza fra quello che viene detto e quello che poi il PD mette in pratica nel suo agire quotidiano.

Ieri sera, così per curiosità, sono andato ad assistere alla direzione romana. Ho sentito una dottissima relazione di Mario Ciarla che evidenziava la necessità di dare maggiori poteri ai coordinamenti municipali, compreso quello, fondamentale, di dire l’ultima parole sulle liste del livello amministrativo corrispondete. Autonomia finanziarie, regole chiare, ecc. ecc.

Stessa tesi che ci ha esposto Miccoli in quell’incontro. E negli interventi, anche di esponenti del X Municipio ho percepito la solita insopportabile retorica: più poteri ai circoli, più voce agli iscritti, coinvolgimenti di militanti ed elettori nelle nostre scelte.

Fra il dire e il fare c’è in mezzo un oceano in tempesta.

Non faccio parte della direzione e quindi non sono potuto intervenire. Ma alcune considerazioni vorrei farle comunque. Se c’è la volontà di fare quello che tanti, troppi, dicono non basta scriverlo in un regolamento. Bisogna metterlo in pratica, dando alle persone che credono davvero a questa linea di azione gli strumenti per battere chi, invece, si compiace della calda sicurezza dei caminetti che garantiscono comode rendite di posizione.

Vicende come quella che ho raccontato e che – non ho dubbi – si ripetono con le stesse agghiaccianti modalità in tutta Roma, al contrario, non fanno altro che rafforzare la catena di comando correntizia, proprio quella catena che, solo a parole, si vorrebbe spezzare.

Dico di più: vicende come questa rafforzano quel senso di estraneità, di non far parte più dello stesso partito che angoscia molti iscritti e militanti. Quando ti comunicano una scelta presa chissà dove, allora, vuol dire che non ci si considera iscritti allo stesso partito.

Quello che succede in X Municipio dalla fondazione del PD a oggi è esemplare: un’area, anzi un blocco di potere che nei congressi rappresenta circa il 55 – 60 per cento del partito, si arroga il diritto di decidere su tutto e su tutti, si prende a forza il 100 per cento del PD, di tutti gli incarichi compresi quelli istituzionali. Merito, valorizzazione delle risorse del territorio, competenze. Che tutto vada a farsi fottere, bisogna essere fedeli alla linea.

E gli esclusi, per loro volontà e per rigido rifiuto di questo modello di partito, devono anche stare zitti. Qualsiasi dissenso, sia pur flebile come il mio, viene tacciato come sfascismo, attentato all’unità del partito. Quando abbiamo denunciato il tesseramento finto, gli iscritti trasportati con i pullman a votare, le persone che non sapevano neanche di essere scritte che si aggiravano con aria stordita nei circoli, quando abbiamo denunciato tutto questo ci hanno risposto che era tutto regolare. Quando abbiamo sbattuto i pugni ci hanno detto che non era educato. Quando siamo stati costretti a “fare i matti” ci hanno detto che eravamo offensivi. E invece dicevamo semplicemente pane al pane, vino al vino, delinquente al delinquente.

Io credo che bisogna non solo parlare, ma gridare. E gridare in questo caso vuol dire ricominciare dalle idee, confrontarsi su quelle liberamente e senza rete. E solo in seguito abbinare a quelle idee le persone più adatte a rappresentarle. Abbiamo bisogno di idee e di dirigenti liberi e autorevoli che le rappresentino. E soprattutto abbiamo bisogno di iscritti che, questa volta, non si facciano prendere in giro dai discorsi belli che si fanno quando si va a parlare nei circoli, dai lustrini mostrati nelle Feste de L’Unità, ma che vadano a guardare la polvere nascosta accuratamente sotto gli zerbini.

Io credo, ne sono convinto che ci siano dirigenti validi in tutte le mozioni. E sono fermamente convinto del fatto che si debba andare oltre le appartenenze, oltre le  divisioni delle primarie del 2009, quelle di Bersani segretario, scomponendo e riaggregando le forze sane del PD intorno a un progetto. Questa è la condizione di base per poter tornare a parlare al nostro popolo: costruire un gruppo dirigente solidale, aperto e plurale.

Non è facile perché la catena correntizia è forte. E’ forte del potere di ricatto che ti dà il posto di lavoro assegnato in quell’azienda pubblica al segretario del circolo. E’ forte perché a chi è fuori da quella logica viene tagliata l’erba sotto i piedi, giorno dopo giorno, con costanza e pervicacia.

Ma si può battere, perché quel Pd autoreferenziale che abbiamo conosciuto, ormai non basta più neanche a mantenere semplicemente questa macchina generatrice di finto consenso. Questo PD, quello delle mafie locali, dei capobastone, ormai ha le ore contate. E se non spazziamo via questo perverso sistema di consorterie, saranno gli elettori a farlo, costretti – da noi, dalla nostra ignavia – a fare di tutta l’erba un fascio.

Vale ancora la pena di farla questa battaglia? Io credo proprio di sì.

 
 
 
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